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Scheda 4 - Funzioni di densità e di ripartizione

6. Riflessioni didattiche ed epistemologiche sulla DEFINIZIONE di PROBABILITA` (e sui LIBRI e i PROGRAMMI scolastici).

    Ecco alcune possibili (tentativi di) "definizioni" di probabilità, così come sono formulate in alcuni libri di testo:

Definizione classica
    Si chiama
probabilità di un evento casuale il rapporto tra il numero dei casi favorevoli al verificarsi dell'evento e il numero dei casi possibili, purché questi siano ugualmente possibili.

Definizione frequentista
    Si assume come
probabilità dell'evento E il valore intorno al quale tende a stabilizzarsi la frequenza relativa dello stesso evento, all'aumentare del numero delle prove ripetute nelle stesse condizioni.

Definizione soggettivista
    La
probabilità di un evento E, secondo l'opinione di un certo soggetto, è uguale al rapporto s/S dove s è il prezzo che quel soggetto stima equo pagare per avere il diritto di ricevere il compenso S, solo se l'evento E si verificherà.

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  Su vari libri di testo sono presenti critiche alla "definizione classica" simili alle seguenti. Sono "centrate" e utili a chiarire il concetto matematico di probabilità?
(1)   Esistono molti eventi casuali per cui è difficile o impossibile conoscere il numero dei casi favorevoli e quello dei casi possibili; e qualora questi ultimi siano noti, non sempre si è in grado di stabilire con certezza se essi siano equiprobabili.
(2)   I matematici moderni hanno sollevato obiezioni sulla validità generale del principio di ragion sufficiente ("due eventi casuali sono da considerarsi equiprobabili quando non vi siano ragioni sufficienti per pensare che uno di essi possa verificarsi più facilmente dell'altro") con cui Laplace ha giustificato la definizione.

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  Su vari libri di testo sono presenti critiche alla "definizione frequentista" simili alle seguenti. Sono "centrate" e utili a chiarire il concetto matematico di probabilità?
(1)   Per valutare la probabilità con cui il giocatore di pallacanestro X fa centro nei tiri liberi non si può applicare tale definizione in quanto non si mantengono le stesse condizioni (cambia lo stato psico-fisico di X, cambiano le condizioni atmosferiche, …). Subentrano, dunque, delle considerazioni di carattere soggettivo sulle condizioni in cui X, di volta in volta, effettua un tiro libero.
(2)   La definizione frequentista ha dei limiti di applicazione: se un evento non si è mai realizzato, ma si potrebbe realizzare, non è possibile stabilirne la validità; ad esempio come stabilire la probabilità che un UFO atterri davanti alla scuola durante un compito di matematica o che nasca un gatto con tre zampe?

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  Di seguito sono riportate due possibili critiche alla "definizione soggettivista". Quali considerazioni didattiche possono stimolare?
(1)   Se la probabilità matematica fosse una misura quantitativa del grado di certezza del ricercatore, allora la teoria della probabilità si ridurrebbe a qualcosa affine alla psicologia e tutte le conclusioni tratte da asserzioni probabilistiche sarebbe private del loro contenuto oggettivo.
(2)   La definizione così formulata non è una definizione matematica in quanto fa riferimento a concetti non matematici.

    Riassumendo, spesso le osservazioni critiche sulle "definizioni" non "assiomatiche" (cioè diverse da quella data nel §2 della scheda 2, basata su una elencazione di proprietà che deve soddisfare una misura di probabilità) che appaiono nei libri sono fuori luogo e, a volte, contengono grossolani errori. Il nocciolo della questione è, invece, che non siamo di fronte a "definizioni matematiche" in quanto sono tutte riferite a considerazioni extra-matematiche (anche se in alcuni casi – con apparati matematici molto complessi, attraverso una matematizzazione del concetto di casualità o mediante una formalizzazione nell'ambito della teoria dei giochi o … – potrebbero essere "trasformate" in definizioni matematiche).

    Considerarle definizioni (come sembrano suggerire anche i programmi elaborati dalla Commissione Brocca), invece che possibili approcci alla determinazione di alcuni valori di probabilità, contribuisce a oscurare la comprensione sia della natura dei modelli matematici che del ruolo del calcolo delle probabilità.

    Altro conto sarebbe (nel contesto di una riflessione più generale sui modelli matematici e sulla natura della matematica) inquadrare storicamente queste "definizioni" come tentativi definitori tipici di un periodo in cui la matematica non aveva ancora assunto un proprio status autonomo.

    Per altro, se un insegnante è interessato a sviluppare le problematiche storiche, potrebbe essere utile esaminare con gli alunni i primi problemi probabilistici formulati esplicitamente nel XVII secolo e le difficoltà incontrate da "matematici" (o, meglio, "intellettuali" che si occupavano di scienza in generale, di tecnica e, in molti casi, anche di filosofia, letteratura, …; il "matematico puro" non esisteva ancora) dell'epoca:

–   non comprensione del perché giocando con 3 dadi 10 viene più frequentemente di 9 (la perplessità derivava dal fatto 9 può essere formato addizionando 6 diversi "insiemi" di numeri – {1,2,6}, {1,3,5}, {1,4,4}, {2,2,5}, {2,3,4}, {3,3,3} – e che lo stesso vale per 10; non si teneva conto che le "terne ordinate" che danno luogo a 10 sono più di quelle che danno luogo a 9),

–   convinzione che lanciando due volte una moneta ci siano 2 possibilità su 3 di ottenere "testa",

–   …

    Più avanti ( scheda 5) si ritornerà sulla definizione assiomatica di probabilità e sulla definizione di variabile casuale, riferendosi alle più canoniche presentazioni a livello universitario.

    I programmi elaborati dalla Commissione Brocca, oltre all'indicazione "ambigua" di riferirsi alle varie "definizioni" di probabilità, presentano altri aspetti critici:

–   statistica e probabilità sono troppo separate (mentre la teoria della probabilità è essenzialmente la messa a punto di metodi indiretti per trovare, a partire dalle probabilità note di alcuni eventi, la probabilità di altri eventi ad essi connessi: il punto di partenza è nella maggior parte dei casi, una indagine di tipo statistico per individuare o convalidare alcune valutazioni probabilistiche iniziali);

–   non sono esplicitati possibili collegamenti/"sinergie" con altri temi matematici che facciano percepire che il tema "probabilità e statistica" non è solo "cose in più" rispetto ai vecchi programmi, anche se viene data in generale l'indicazione di disaggregare i contenuti presentati nei vari "temi" e riaggregarli in itinerari didattici che tengano conto dei collegamenti concettuali e applicativi tra aree matematiche… (per esempi di collegamenti si pensi come nelle attività statistiche e, poi, in quelle probabilistiche, sono presenti riferimenti a: rappresentazioni dei numeri, ordini di grandezza, approssimazioni, disequazioni, …; al concetto di funzione (funzioni di diretta proporzionalità; funzioni lineari; tabelle di dati, cioè insiemi di coppie; le funzioni, a uno e due argomenti, della calcolatrice; composizione di funzioni, funzioni inverse, somma di funzioni); alle rappresentazioni grafiche e a considerazioni riferite a simmetrie, traslazioni, …; alla manipolazione di formule per rappresentare/trasformare procedimenti di calcolo; … ; ai concetti di derivazione e integrazione).

    Il lavoro svolto nel corso di queste prime schede fa emergere anche altre considerazioni didattiche:

  i temi della statistica e della probabilità, che offrono una grande varietà di attività di modellizzazione significative e realizzabili con tecniche matematiche elementari, possono avere un ruolo importante nell'educazione matematica, nell'esplorazione delle abilità di matematizzazione degli alunni, nel recupero di motivazioni alla "matematica", … .

  esplorare i significati che gli alunni attribuiscono ai termini, mettere in luce le differenze tra linguaggio comune e linguaggi specialistici, … è necessario per prevenire/superare confusioni concettuali, per evitare che la cultura scolastica rimanga una cultura ad hoc, una parentesi temporanea senza interazioni con la vera cultura dei ragazzi, … .

    è bene non privilegiare problemi stereotipati e che privilegiano attività di calcolo combinatorio presentate in forme banali e meccaniche (così come accade per le attività algebriche ridotte al "calcolo delle espressioni") a scapito delle attività di matematizzazione e dello sviluppo della mentalità probabilistica; così come, ad es., è da privilegiare la capacità di modellizzare problemi come quello del quesito 7 della scheda 3 con tabelle, diagrammi di Venn, grafi, … piuttosto che la memorizzazione della formula di Bayes e della associazione "meccanica" ad essa di problemi che abbiano una tale "struttura".

  escludere dall'insegnamento le situazioni "probabilistiche" che si presentano nella vita quotidiana ma non sono inquadrabili in schemi come "(n° casi favorevoli) / (n° casi possibili)" forse "semplifica" l'insegnamento, ma non anche la comprensione e l'apprendimento; analogamente l'abuso dell'impiego di "a caso" come "a caso con distribuzione non uniforme" tende a favorire misconcetti (anche se è vero che spesso si sottointende che "prendere a caso", ad esempio una carta in un mazzo o un nominativo in un elenco, significhi farlo in modo uniforme, senza privilegiare alcuna "zona"; ma sarebbe meglio esplicitare quanlche convenzione con gli alunni, del tipo: "quando diremo «del tutto a caso» intenderemo che la distribuzione è uniforme").

  gli ineludibili legami con situazioni reali forniscono occasioni per ragionamenti "contestualizzati", valutazioni "intuitive", … , favorendo la partecipazione anche degli studenti con più lacune tecniche iniziali senza essere noiosa per i "bravi" (per interpretare dati, grafici, … non bastano le abilità di "calcolo"); consentono anche di interagire, più o meno esplicitamente, con i "bisogni" degli adolescenti: la statistica (se riferita a situazioni significative) può costituire un supporto culturale che aiuti gli alunni a razionalizzare e affrontare i problemi di inserimento sociale (confronto con gli altri, …, sia dal punto di vista dell'aspetto fisico che da quelli delle situazioni economica, familiare, …) tipici della fase terminale dello sviluppo, e, quindi, può costituire anche un elemento di motivazione allo studio della matematica.

  è importante far osservare che affrontando un problema (non deterministico) non sempre è sufficiente il ricorso alla statistica e alla probabilità e, più in generale, mettere a fuoco la natura e i limiti dei modelli matematici.

  è utile far riflettere gli alunni sui pregiudizi da cui sono spesso affette le nostre valutazioni, le immagini mentali con cui interpretiamo/ricostruiamo/registriamo ciò che vediamo, … , fare congetture e stime con gli alunni prima di affrontare risoluzioni "rigorose":

  il ricorso al computer è didatticamente importante sia perché è un modo in cui oggi si "fa" matematica,

      si controllano risultati ottenuti per via teorica o si fanno valutazioni che sarebbe troppo dispendioso ottenere per via teorica, si fanno esperimenti per congetturare o indirizzare la ricerca di proprietà, si realizzano vere e proprie dimostrazioni, si costruiscono facilmente rappresentazioni grafiche, spesso preferite alle sintesi numeriche sia nella modellizzazione di situazioni che nella comunicazione di informazioni, …

sia, soprattutto, perché, per fare una simulazione, è necessario comprendere il problema, esplicitare le ipotesi sottointese, dettagliare la traduzione "realtà" "modello matematico", …

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