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Scheda 8 - Caso, informazione e algoritmi

1. Definizione di probabilita` e CASUALITA`

    Questa scheda ha l'obiettivo di illustrare alcuni collegamenti tra teoria della probabilità, informatica, trattazione/trasmissione delle informazioni (e logica). Oltre a finalità culturali, vi è quella di suggerire alcuni possibili rapporti con altre materie.

    Nella prima scheda, prendendo in considerazione il fenomeno dell'arrivo delle telefonate durante una televendita, eravamo giunti alla conclusione che un approccio deterministico al problema del calcolo del numero di linee necessario a non perdere telefonate era insufficiente: in tal modo, infatti, non tenevamo conto della "casualità" dei tempi di arrivo delle telefonate.

    Avevamo allora cercato di interpretare il fenomeno attraverso un modello stocastico (avevamo analizzato i dati mediante StatFile pervenendo così all'istogramma di distribuzione dei tempi di arrivo delle telefonate; successivamente avevamo cercato una curva che approssimasse il contorno dell'istogramma).

    Attraverso questo esempio abbiamo introdotto la distinzione tra modelli deterministici e modelli stocastici [ §8 della scheda 1], che abbiamo poi approfondito introducendo il concetto (intuitivo) di fenomeno casuale [ §3 della scheda 2].

    In particolare ci siamo posti il problema di che cosa sia da intendere per fattori casuali. Abbiamo convenuto che il caso è solo il segno della nostra ignoranza sullo stato di un sistema fisico (o più in generale sulla realizzazione di un certo fenomeno), sia esso indeterminato oppure sconosciuto (il livello di conoscenza è un fattore soggettivo che dipende da chi analizza il problema, dal tempo e dalle risorse che intende dedicare all'analisi di esso).

    La possibilità di ricondursi a un modello deterministico in molti casi vale solo in via di principio, ma non è praticamente realizzabile. In alcuni casi non vale neanche in via di principio. In particolare in fisica vale il principio di indeterminazione (Heisenberg, 1927) per il quale non tutte le grandezze relative a un dato sistema possono essere misurate contemporaneamente con precisione arbitraria. Questo principio non ha influenze pratiche sulle misurazioni di grandezze macroscopiche, ma solo su misurazioni riferite a fenomeni a livello atomico.

    Una sorta di principio di indeterminazione di tipo "psicologico" vale anche per test, sondaggi, …: di fronte a un quesito o a una domanda una persona, per carenza di motivazioni o agitazione, o per paura di manifestare le proprie opinioni o …, può rispondere in modo difforme da come farebbe se affrontasse il quesito o la domanda spontaneamente, tra sé e sé.

    I dibattiti sulla possibilità/impossibilità di interpretare i fenomeni naturali con modelli deterministici sono stati molto accesi nel XVIII e nel XIX secolo e hanno accompagnato la nascita della scienza moderna (lo sviluppo della termodinamica, la nascita della matematica come scienza autonoma, le prime teorie relativistiche, fino allo sviluppo della meccanica quantistica) e, in parte, anche negli ultimi decenni (ma, scissi dalle tensioni culturali che hanno animato lo sviluppo scientifico sopra accennato, sono ormai, spesso, terreno di filosofi poco colti o di elzeviristi della scienza). Una riflessione storica su questi aspetti potrebbe essere, nel triennio, un'ottima occasione per attività o riflessioni interdisciplinari.

    Nella definizione "assiomatica" di probabilità [ §2 della scheda 2], dovuta essenzialmente a Kolmogorov (1933), non entra in gioco il concetto di fenomeno casuale, a differenza di quanto accade in precedenti tentativi definitori di tipo "frequentista", in cui si dovette affrontare il problema della matematizzazione del concetto di casualità:

Definizione statistica di probabilità (von Mises 1919):

    Dato un esperimento statistico se ne contrassegnano le uscite; si definisce collettivo una successione di contrassegni soddisfacente le seguenti condizioni:

1.   esiste il limite della frequenza di un contrassegno, quando il numero degli elementi della successione tende all'infinito;

2.   condizione della casualità della successione: quando si scelga una sottosuccessione della successione originaria, il limite della frequenza relativa di un contrassegno nella sottosuccessione deve essere il medesimo della successione originaria.

    Solo all'interno di un collettivo si può parlare di probabilità e si definisce la probabilità di un contrassegno in un collettivo come il limite a cui tende la frequenza relativa di esso quando il numero degli elementi del collettivo tende all'infinito.

    A questa "definizione" furono fatte varie critiche:

  l'indeterminatezza del concetto di limite (fu superata introducendo concetti più generali di convergenza; vedi la formulazione della "legge dei grandi numeri di Bernoulli" data in scheda 5,§5);

  non è possibile calcolare la probabilità di fenomeni non ripetibili;

  non viene precisato come selezionare una generica sottosuccessione: scegliendo una sottosuccessione in cui un determinato contrassegno ha frequenza relativa 0 o 1 (è sempre possibile!), si contraddice la condizione di casualità (non esisterebbe alcun collettivo).

    Risolto assiomaticamente il problema della definizione di probabilità, rimase irrisolto (sostanzialmente fu abbandonato) il problema di come precisare matematicamente il concetto di casualità

    In anni successivi, l'estendersi dell'esigenza di utilizzare successioni casuali di numeri (per campionamenti e, poi, per tecniche di programmazione, per simulazioni al calcolatore, …) e di precisare le caratteristiche che deve avere un generatore di numeri pseudo-casuali, hanno favorito il riemergere del problema.

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