Quintogenita di Guido Castelnuovo e di Elbina Enriques, sorella del matematico Federigo Enriques, Emma Castelnuovo nacque il 12 dicembre 1913. Si laureò nel 1936 presso l’Università di Roma – dove dal 1953 l’Istituto di matematica è intitolato al padre, famoso studioso di probabilità e fondatore della scuola italiana di geometria algebrica – discutendo una tesi di geometria algebrica.
    Nei due anni successivi fu bibliotecaria in quell’Istituto dal quale venne licenziata nel 1938 a causa delle leggi razziali promulgate dalla dittatura fascista. Per la medesima ragione non ottenne la cattedra di insegnante nella scuola secondaria per la quale, nell’agosto del 1938, aveva regolarmente vinto un concorso.
    Dal 1939 al 1943 insegnò nella scuole israelitiche frequentate dagli studenti ebrei che erano stati cacciati da quelle pubbliche a seguito della legislazione razziale. Si trattava di istituti secondari particolari concessi dal regime e da questo controllati tramite un Commissario “ariano”, nominato direttamente dal Ministero dell’educazione nazionale. Quello di Roma fu organizzato da Guido Coen in meno di due mesi ed articolato in un ginnasio-liceo, un istituto magistrale ed uno tecnico ad indirizzo commerciale.
    Nonostante la scuola fosse in un certo qual modo parastatale, gli allievi la frequentavano a rischio della propria incolumità personale costantemente minacciata dalle azioni delle “squadre” fasciste. Come insegnanti vennero reclutati sia quei professori che avevano perso la cattedra e tra questi anche Emma, sia alcuni coraggiosi insegnanti “ariani” solidali con i colleghi ebrei. Sede della scuola, aperta nel dicembre del 1938, fu una palazzina situata in Via Celimontana, vicino al Colosseo. Nel 1940-41 si dovette trasferire nei locali dell’Asilo israelitico ubicato al n. 13 di Lungo Tevere Sanzio, a pochi passi dal tribunale speciale organizzato dal regime per sorvegliare i cittadini.
    Allorquando i primi studenti si diplomarono, Emma, tramite l’attività del padre, visse l’esperienza dell’università ebraica clandestina. Terminati gli studi secondari, infatti, non solo era preclusa agli allievi ebrei l’iscrizione alle università pubbliche, ma era pure vietato alla comunità israelitica di istituire corsi universitari per così dire “privati”. Guido Castelnuovo non si diede però per vinto e, nell’autunno del 1941, prese accordi tali con l’ingegnere Guido Bonzanigo, direttore dell’Istituto tecnico superiore di Friburgo in Svizzera, da rendere possibile l'iscrizione dei “suoi” studenti senza obbligo di frequenza. Fu così che nel dicembre di quell’anno sotto il nome fittizio di «Corsi integrativi di cultura matematica» aprì una vera e propria università “fuori legge” che, nei due anni successivi, permise a 25 studenti di sostenere esami legalmente riconosciuti dall’Istituto svizzero. Fu Guido Castelnuovo in persona a redigere i programmi dell’università clandestina e a reclutare i professori (R. Lucaroni, G. Bisconcini, B. Cacciapuoti, A. Di Castro, G. Supino, V. Camiz, F. Enriques, M. Piazza).
    Nel 1943 l’occupazione tedesca costrinse la famiglia Castelnuovo a dividersi e a nascondersi sotto falso nome. Emma, che nel frattempo aveva pubblicato senza firmarsi alcuni libri di testo per la scuola secondaria in collaborazione con Marcello Puma – un matematico che si era laureato con il padre e che allora dirigeva la scuola "Galileo Ferraris" – , si rifugiò prima da amici e, poi, presso ospedali, istituti religiosi, piccole pensioni, spostandosi frequentemente per ragioni di sicurezza.
    Dopo la liberazione di Roma, mentre gli studenti della scuola clandestina furono riammessi all’Università di Roma ed iscritti direttamente al 3° anno grazie alla sollecitudine di Guido De Ruggiero, nuovo Ministro della pubblica istruzione per le zone libere d’Italia, Emma ottenne una cattedra in una scuola media statale dedicandosi da allora in poi, per sua scelta, all’insegnamento.
    Nel 1949 pubblicò il libro Geometria intuitiva per il primo ciclo della scuola secondaria, libro che costituisce una sorta di manifesto del suo pensiero didattico. Ripercorrendo le orme del padre, il quale aveva affrontato temi relativi all’insegnamento della matematica fin dai primi del Novecento criticando il sistema didattico dell’epoca a suo dire troppo astratto, teorico e poco incline a cercare agganci con la pratica e le applicazioni, Emma pone l’accento sulla necessità che il processo d’apprendimento vada dal concreto all’astratto. Ciò significa che agli allievi devono essere presentati prima i fatti e poi le teorie che li spiegano, privilegiando un approccio “sperimentale” e “operativo” alla materia che, attraverso il disegno, semplici strumenti matematici e l’esperienza diretta, aiuti a scoprire alcune delle proprietà fondamentali delle figure geometriche e a interrogarsi sulle ragioni della loro esistenza, rendendo più interessante l’apprendimento. Solo in un secondo momento si potranno sostituire alle linee e alle superfici materiali delle figure i simboli astratti della matematica e dedurre da questi ultimi proposizioni meno evidenti. Un simile metodo richiede dunque, per un verso, lo sforzo personale dell’allievo chiamato a svolgere un vero e proprio lavoro creativo; per l’altro, gli fa percepire «progressivamente la necessità di un ragionamento logico» [Castelnuovo, 1949].
    Nel settembre del 1949 Emma fu invitata al convegno Les classes nouvelles che si teneva a Sèvres presso Parigi per discutere proprio del cosiddetto «insegnamento attivo». Il suo punto di vista, così lontano dalle rigide idee dei docenti francesi in materia d’istruzione, suscitò una tale opposizione che dovette venirle in aiuto un gruppo di colleghi belgi allievi di Paul Libois, studioso di geometria algebrica, che Emma aveva già conosciuto prima della guerra a Roma, ove era giunto per lavorare con il padre di lei e con lo zio, Federigo Enriques.
    La disavventura parigina fu l’occasione per stabilire, a partire dal 1950, una duratura collaborazione con le attività organizzate dall’Ecole Decroly, uno dei centri pedagogici più vivaci dell’Europa di allora, e dall’Università Libera di Bruxelles soprattutto in relazione ad una nuova iniziativa nota con il nome di «esposizioni di matematica», capace di costruire quella visione attiva del processo di apprendimento appena descritta.
    Realizzata da parte degli allievi, un’esposizione di matematica consiste nella costruzione di oggetti, panelli, modelli dinamici in grado di evidenziare tanto le proprietà varianti quanto quelle invarianti di una figura e materiale didattico in genere, utilizzati dagli studenti medesimi per esporre l’argomento prescelto.
    Collaborò alle attività della International commission for the study and improvement of mathematics teaching, sorta nel 1950 allo scopo di promuovere l’analisi e il miglioramento della didattica della matematica. Nel 1956 la Commissione organizzò a Madrid un'esposizione nel corso della quale ella, insieme agli alunni del liceo italiano della città, illustrò un metodo didattico per lo studio delle sezioni coniche. In Italia, tuttavia, questo genere di progetto decollò solo alla fine degli anni Sessanta quando Emma avviò, tramite Bruno De Finetti e Lucio Lombardo Radice, professori nell’ateneo di Roma, una cooperazione con alcuni studenti di matematica prossimi alla tesi tanto interessati alla didattica da lavorare nella scuola media "T. Tasso" a stretto contatto con i suoi allievi.
    Coadiuvata da questi laureandi, nel 1971 realizzò un'altra esposizione questa volta di lavori dei suoi alunni a Milano presso "L’Opera preparazione professionale insegnati"; due anni dopo si replicò a Roma. Questi eventi diedero vita a due pubblicazioni generali: Documenti di un’esposizione matematica. Da bambini a uomini (1972) e Matematica nella realtà (1976).
    Ben presto le esperienze milanese e romana ottennero una visibilità internazionale prima a Bruxelles presso l’Ecole Decroly (settembre 1974), poi al congresso di Karlsruhe dell’International commission mathematics education (ICME) nell’agosto 1976 e, infine, nella sede dell’Association professeurs de mathématiques a Limoges (1977).
    Nel 1979 furono introdotti nella scuola media i nuovi programmi in gran parte ispirati da Emma che faceva parte della commissione incaricata della loro stesura. Nello stesso anno furono organizzate due ulteriori esposizioni da De Finetti e Lombardo Radice nel palazzo dell’Accademia dei Lincei per festeggiare il pensionamento di Emma. La sua attività è tuttavia proseguita anche nel corso degli anni Ottanta e Novanta: ha continuato a condurre sperimentazioni nella scuola media, a scrivere libri di divulgazione, a partecipare a convegni.
    È morta nel 2014.