Dalla quarta di copertina di M. Donaldson, Come ragionano i bambini, Emme Edizioni, 1979
    Per decenni i tentativi di ragionamento scolastico sono stati dominati dalle teorie di Piaget sullo sviluppo mentale dei bambini e sui modi in cui l'insegnamento dovrebbe adeguarvisi. Ma ormai una gran quantità di dati sperimentali dimostrano che la psicologia dell'apprendimento più o meno di ispirazione piagetiana si basa su idee in larga misura ingannevoli. La concezione di una crescita naturale ha indotto a sottovalutare le sorprendenti capacità razionali dei bambini anche molto piccoli, e al tempo stesso ad ignorare la consistenza dell'ostacolo che rappresenta per essi l'impatto con la scuola.
    Questo libro dimostra, sulla base di ricerche scientifiche recenti, che, se li inseriamo in situazioni e ci rivolgiamo loro con un tipo di lingua che abbia senso ai loro occhi in termini di esperienza umana reale, i bambini riescono ad eseguire compiti che spesso ci sembrano superiori alle loro possibilità.
    Ma la scuola ha oscillato finora tra due estremi: la pretesa di far acquisire delle abilità completamente slegate da contesti di vita concepibili, e la svalutazione delle riflessioni sistematiche per reazione all'astrattezza della didattica tradizionale.
    Si avverte il bisogno si sottrarsi a questa contrapposizione: concretezza e astrazione, esperienze dirette e conoscenze trasmesse (soprattutto veicolate dalla lingua) sono reciprocamente necessarie per produrre lo sviluppo intellettuale, che non è affatto un processo naturale e non avviene senza un preciso contesto sociale e un intervento culturale adulto.