Terza giornata italiana della statistica -
21 ottobre 2013
ISTAT - Roma
Tavola rotonda: La Statistica sui banchi di scuola
Intervento di Carlo Dapueto
••• Riflessioni, rapide, di politica scolastica.
Dal punto di vista, diciamo, dei matematici.
Le ho articolate in 3 punti.
•1• Quando compare la statistica nella scuola di tutti, e in tutti i livelli?
•2• Quali sono le indicazioni dei programmi, di realizzare interazioni, veriticali e orizzontali?
•3• Ma che cosa accade nella scuola italiana? Perché?
(non solo per la statistica) E
che fare?
•1• Quando compare la statistica nella scuola di tutti, e in tutti i livelli?
•a•
La statistica e la probabilità sono da 30 anni nei programmi scolastici, dalle "elementari"
alle "superiori". Basta ricordare i nomi di Prodi e Villani, presidenti dell'U.M.I., che
furono i principali protagonisti del rinnovamento dei programmi italiani di matematica, che divennero,
all'epoca, senza alcun dubbio, i migliori del mondo.
•b•
Basta ricordare che nelle superiori (in analogia
con quanto fu fatto per le elementari e le medie inferiori) il programma di matematica
venne articolato in 5 temi: La geometria del piano e dello spazio, Gli insiemi numerici e il calcolo,
Relazioni e funzioni, Elementi di probabilità e statistica, Elementi di logica e di informatica.
(2 temi su 5 completamente nuovi, e gli altri formulati in modo ben diverso dai vecchi programmi).
•c•
E si diceva «L'ordine con cui sono stati elencati i cinque "grandi temi" non deve tradursi in un ordine di
svolgimento; al contrario, essi saranno esposti prevalentemente in modo parallelo, valorizzando e
mettendo in evidenza le reciproche connessioni».
•d•
E c'era l'indicazione esplicita di intrecciare la matematica con le altre discipline.
•2• Le indicazioni dei programmi, di realizzare interazioni, verticali e orizzontali.
•e•
I programmi di matematica di tutti i livelli scolastici furono articolati grosso modo negli stessi
temi. C'era l'indicazione di sviluppare i temi "a spirale", riprendendoli e man mano
formalizzandoli in modo più astratto nei diversi livelli.
•f•
E c'era l'indicazione di intrecciarli con le altre discipline, cosa
che era facilitata dall'organizzazione scolastica: nelle elementari avrebbe dovuto essere facile per gli
insegnanti intrecciare la statistica con tutte le aree disciplinari, nelle medie sarebbe stato
naturale l'intreccio all'interno delle cattedra "matematica e scienze", nei licei
all'interno della cattedra "matematica e fisica", per non parlare degli intrecci, suggeriti,
tra docenti di aree diverse, per tutti i tipi di scuola.
•g•
Nella scuola elementare si sarebbe dovuti partire dalle prime classi: gli istogrammi a
crocette consentono di confrontare e ordinare facilmente quantità prima di saper
operare esplicitamente con i numeri (come per altro è accaduto nella storia dell'umanità).
Nella scuola superiore, ad esempio, ci sarebbe dovuto essere un intreccio naturale con l'introduzione dei primi elementi
di analisi matematica: basti pensare all'introduzione dell'integrazione per misurare le aree e/o
per calcolare il lavoro e/o per calcolare le probabilità. In un famoso libro di Villani e Spotorno, del 1974,
si diceva che, accanto alla Statistica e al Calcolo delle Probabilità, i concetti di base del calcolo differenziale dovevano essere introdotti, in modo euristico,
già nel biennio.
Ma tutto ciò non si realizzò.
•3• Che cosa accade nella scuola italiana? Perché? (non solo per la statistica) E
che fare?
•h•
Nei libri di testo più diffusi, non nei rari libri di testo buoni, ora la statistica c'è ma è un capitolo in più,
magari in un altro volume, che si aggiunge agli altri,
tutti rigorosamente separati gli uni dagli altri, contro le indicazioni dei programmi.
I libri di testo ora sono 5 volte, come spesa e come volume, quelli di un tempo.
Se non si risolvono questi problemi più generali non si risolve quello dell'insegnamento della statistica.
Potremo avere qualche classe che fa qualche elemento di statistica, ma a scapito di altri temi: non era
questo ciò che avevano pensato coloro che avevano progettato un rinnovamento curricolare.
•i•
Abbiamo letto tutti le "statistiche":
la scuola italiana è sull'orlo di un baratro. Nonostante l'impegno di molti, negli ultimi 15 anni
siamo scesi in fondo alle "classifiche" sulle abilità e conoscenze dei ragazzi (al di là delle
critiche che si possono svolgere alle indagini che le mettono a punto).
Se vogliamo rinnovare l'insegnamento dobbiamo chiederci perché? Propongo, rapidamente, alcuni
elementi di riflessione.
•j•
Non è colpa delle case editrici: il loro obiettivo è vendere. È colpa
di un sistema che non opera alcun controllo sulla qualità scientifica dei libri (non sulla
loro impostazione didattica, che è bene sia varia, dando alla possibilità agli insegnanti
di scegliere, sulla base di questa, non sul numero di esercizi presenti
).
È di un sistema scolastico che dà luogo ad una corsa al posto
di insegnamento più vicino, che non discrimina fra i docenti che si impegnano (nella didattica)
e gli altri, che toglie entusiasmo ai giovani nuovi docenti, sballottati di qua e di là prima
di potersi fermare per qualche anno in un posto, e
che fa comprare i libri di testo, quando non
c'è alcun obbligo di adottarli (esistono varie esperienze, in Italia, di usi di testi online
gratuiti, e c'è molto materiale online in lingua inglese; poi, non c'è alcuna
motivazione sostenibile per cui un docente debba adeguarsi a libri di testo scelti dai
colleghi che non corrispondono alla sua impostazione).
•k•
I ragazzi italiani non sono più scemi di un tempo, è la scuola che non sa interagire
con il loro modo di comunicare, di scrivere, di leggere, ..., che evolve sempre più velocemente
(basti pensare al loro modo di
comunicare con i cellulari, di usare le nuove tecnologie, ma non solo);
è la scuola che spende soldi per qualche baraccone, come le LIM,
invece di
dotare tutte le classi di collegamenti internet e di piccoli proiettori, e di
usare, ed educare all'uso, delle enormi risorse che sono in rete; e di
usare poco software gratuito
e affidabile (il software statistico R, che consente di fare "tutto", dalla analisi
alla geometria 3D, ne è un ottimo esempio), invece che mille
programmi o programmini, magari a pagamento.
Gli insegnanti devono diventare dei docenti protagonisti: non dei ripetitori di cose, ma degli adulti colti,
che interagiscono con gli alunni, apprendendo anche qualcosa.
•l•
Io ho avuto un ictus un po' di anni fa: ho perso una memoria stabile delle cose, ho problemi di scrittura
con la penna,
ma il computer mi consente di fare tutto: mi annoto le cose, faccio lezione
col proiettore, scambio messaggi e do/correggo compiti agli studenti via rete, devo solo parlare
un po' più lentamente per cercare di "ascoltarmi" prima di parlare (nei primi tempi crea problemi
con studenti abituati a prendere appunti "senza capire",
ma poi risulta anche a loro essere una cosa profondamente "utile"),
Ma nella scuola "vera" di oggi (in cui bisogna imparare a memoria, per breve tempo, un po'
di cose, in cui si valuta la velocità più che la comprensione,
) non so se come studente sarei stato accettato!
Per certi versi penso che anche chi voglia porsi l'obiettivo di educare all'uso della statistica
riferendosi a dati reali (come quelli dell'Istat o come quelli rilevati elettronicamente
facendo un esperimento di fisica) debba porsi problemi analoghi, ossia quelli legati all'uso delle nuove
tecnologie.
Indubbiamente le iniziative che si stanno realizzando come le prove INVALSI, il progetto
Piano Lauree Scientifiche, esperienze di aggiornamento degli insegnanti che coinvolgono l'Istat
e l'Università (a Genova sperimenteremo un'iniziativa del genere)
. sono tutte esperienze utili, che stanno contribuendo al
cambiamento della scuola. Penso che una maggiore collaborazione tra UMI, SIS e Istat
possa essere utile in questa direzione. Ma, ripeto, secondo me occorre un rinnovamento che investa aspetti
strutturali dell'organizzazione del lavoro degli insegnanti. Anche in questa direzione occorre "spingere".
Link:
Dai "vecchi" nuovi programmi
Dal sito UMI-CIIM
A Genova