Le note musicali

1. La musica è un suono particolare, costituito da una successione di note, cioè piccoli suoni dalle oscillazioni regolari. Consideriamo uno strumento musicale molto semplice, costituito da una lamella metallica fissata per un'estremità a un supporto (figura sotto a sinistra). Se spostiamo e rilasciamo l'estremità libera della lamella, questa si mette a oscillare con frequenza presso che costante, producendo un suono (ossia delle onde d'aria che raggiungono il nostro orecchio e ne fanno oscillare il timpano) che è rappresentabile graficamente come segue (grafico a sinistra):

    In 3.2 ms questa particolare lamella compie un ciclo, cioè compie una oscillazione completa, che poi ripete immediatamente dopo allo stesso modo: 3.2 ms è il periodo; quindi in 1 secondo (=1000 ms) la lamella compie 1000/3.2=310 (circa) cicli: il fenomeno si ripete con una frequenza di 310 Hz.  Ogni 1.6 ms il grafico attraversa la retta tratteggiata (una volta in "salita" e una volta in "discesa"); ciò corrisponde ai passaggi della lamella per la "posizione di riposo", cioè per la posizione in cui resterebbe se non venisse sollecitata.
    L'ampiezza dell'intervallo costituito dai valori assunti dalla pressione dell'aria (cioè, sul grafico, la variazione massima delle "y") dipende dall'ampiezza dell'oscillazione della lamella; se, all'inizio, avessimo spostato maggiormente la lamella dalla posizione di riposo, avremmo ottenuto un grafico con ampiezza maggiore, ma non sarebbe cambiata la frequenza delle oscillazioni (questa dipende solo dalle caratteristiche della lamella: materiale, lunghezza, spessore, …).
    In realtà, dopo la sollecitazione iniziale, l'ampiezza delle oscillazioni della lamella man mano diminuisce, ma lentamente: il grafico corrispondente (figura sopra a destra) non è altro che il grafico precedente deformato mediante una progressiva riduzione della variazione verticale.
    Dalla frequenza del fenomeno, dipende la altezza dell'effetto sonoro: maggiore è la frequenza con cui vibra la lamella (ovvero, minore è il tempo che impiega a compiere una oscillazione) più acuto è il suono.   Invece dall'ampiezza dell'oscillazione dipende l'intensità dell'effetto sonoro: maggiore è l'ampiezza, maggiore è il volume del suono.
    Per esempio se, suonando un'armonica a bocca, soffio sempre nella stessa posizione ma con diversa intensità cambia il volume ma non l'altezza (è sempre la stessa lamella a vibrare); se invece cambio posizione muta anche l'altezza del suono: diventa più o meno acuto a seconda della direzione in cui mi sposto.

  

  Nelle sirene le onde sonore sono prodotte soffiando aria contro un disco ruotante dotato di fori. Aumentando la velocità di rotazione viene prodotta un'onda sonora che oscilla sempre più velocemente, ossia un suono man mano più acuto.

    Un suono di altezza costante, che corrisponde a un grafico periodico o "periodico-smorzato", viene detto nota. Si estende anche al caso dello "smorzamento" il concetto di frequenza, anche se, a rigore, il fenomeno non si ripete esattamente allo stesso modo.
    Gli strumenti musicali "meccanici" (a percussione, a fiato, …) producono note con smorzamento. Solo con strumenti elettronici, in cui le onde sonore sono prodotte da dispositivi alimentati elettricamente, si possono produrre anche note non smorzate.
    Una nota prodotta da uno strumento musicale, ad esempio una chitarra, corrisponde a un'onda che ha un grafico meno semplice di quello della lamella: una corda di una chitarra non ha una semplice oscillazione avanti e indietro come la lamella, ma vibra in modo più complesso; qui sotto è rappresentato il grafico corrispondente a una nota (un la dalla frequenza di 440 Hz) suonata da un particolare strumento.

Se un medesimo brano musicale viene eseguito al pianoforte o alla chitarra, comprendiamo che si tratta dello stesso pezzo, anche se il suono prodotto nei due casi è diverso: in corrispondenza della stessa nota la corrispondente corda del piano e quella della chitarra vibrano con la stessa frequenza, ma in modo diverso: ciascuno strumento dà una sua "impronta" (o timbro) alla nota; in altre parole si tratta di onde rappresentate da funzioni che hanno lo stesso periodo ma hanno grafici con forma anche molto diversa.

  Un rumore è un suono che produce sensazioni sgradevoli. Il grafico corrispondente ha una forma "brutta", priva di regolarità.

2. Facciamo alcuni esperimenti con una specie di chitarra a una corda come quella raffigurata a lato, che possiamo costruire utilizzando una tavoletta di legno, due viti ad occhiello, una corda di nylon e una striscia di carta graduata. In alternativa possiamo usare una chitarra vera, e un nastro misuratore di lunghezze.  

    Se premiamo con un dito la corda in un punto qualsiasi e poi la pizzichiamo in un altro punto, compreso tra il precedente e, ad esempio, l'occhiello destro, e ripetiamo più volte l'esperimento, ci accorgiamo che, più il punto tenuto premuto è vicino all'occhiello destro, ossia più è corto il tratto di corda che vibra, più è acuto il suono che viene prodotto. Ciò non stupisce: la frequenza con cui oscilla una corda pizzicata, come si può osservare facilmente a occhio nudo, è tanto più bassa quanto più lunga è la corda.
    Si può verificare che tale frequenza è inversamente proporzionale alla lunghezza della corda.

    Facciamo un secondo esperimento. Pizzichiamo la corda senza premere alcun punto e, poi, dopo aver premuto il punto di mezzo, e confrontiamo i suoni prodotti. Ripetiamo l'esperimento generando e confrontando due altri suoni: uno ottenuto premendo la corda in un punto qualunque e l'altro nel punto a metà tra il punto precedente e l'occhiello.
    Possiamo notare che ogni volta generiamo una coppia di suoni tra loro simili: al dimezzarsi della lunghezza della corda vibrante, ovvero al raddoppiarsi della frequenza, il nuovo suono è più acuto ma mantiene una somiglianza col precedente. Il nostro orecchio è in grado di percepire se tra due suoni c'è questa somiglianza, ossia se uno è ottenibile dall'altro mediante uno più raddoppi della frequenza.

    Entrambi questi fenomeni sono stati scoperti sin dall'antichità, in quasi tutte le parti del mondo. Praticamente ovunque si è scelto un intervallo di suoni che va da una certa frequenza alla frequenza doppia e all'interno di esso si sono scelti in modo opportuni altri suoni. La serie di suoni così ottenuta è una cosiddetta scala musicale.

3. La scala musicale oggi utilizzata praticamente in tutto il mondo si basa sulle seguenti note "fondamentali" (fra parentesi abbiamo indicato la notazione anglosassone delle note, in genere usata anche dal software):
DO (C) 261.6 Hz;  RE (D) 293.7 Hz;  MI (E) 329.6 Hz;  FA (F) 349.2 Hz;  SOL (G) 392.0 Hz;  LA (A) 440.0 Hz;  SI (B) 493.9 Hz
    Sono DO anche i suoni con frequenza (in Hz) 261.6/2, 261.6/4, 261.6/8, … e 261.6·2, 261.6·4, 261.6·8, … ; considerazioni analoghe valgono per le altre note: per quanto osservato nel paragrafo precedente si dà lo stesso a note che hanno frequenze con rapporto pari a una potenza di 2. Ogni gruppo di note, da un DO al DO successivo (escluso), costituisce una ottava.   

Questa scala musicale è stata introdotta in tempi relativamente recenti, intorno al 1700. In essa hanno un ruolo importante le funzioni esponenziali e logaritmo. Vediamo perché.

Esercizio 1. (a) Completa le indicazioni delle note fondamentali sull'asse verticale del seguente grafico in modo che ad ogni nota corrisponda la sua frequenza.

(b) La distanza tra una nota e la successiva non è sempre la stessa: ci sono alcuni "buchi". Quali altre note occorrerebbe aggiungere per riempirli (informatevi sul ruolo dei cosiddetti diesis e bemolle per trovare una risposta).

(5) Qual è il rapporto tra la frequenza di una nota e quella della nota successiva (nella scala musicale ottenuta "riempendo i buchi" nel modo trovato affrontando il punto precedente dell'esercizio).

Esercizio 2. Osservate la figura seguente, che ha una stretta parentela col grafico dell'esercizio precedente, e cercate di dare un nome ai "pallini" e di trovare un modo per descrivere matematicamente questa spirale.