Quale prospettiva?

Abbiamo approfondito il concetto di prospettiva   attraverso fondamentalmente due vie, una, piu’ immediata, attraverso la lettura dei quadri stessi, l’altra piu’ tecnico matematica. Per rispondere alla domanda che ci siamo posti inizialmente occorre considerare anche il piano filosofico, in quanto, come ha sottolineato Panofsky, "diviene essenziale per le varie epoche e province dell’arte chiedersi non soltanto se conoscano la prospettiva, ma di quale prospettiva si tratti".

Si e’ visto che il passaggio per arrivare alla prospettiva lineare e’ stato possibile solo una volta che si è giunti alla concezione dello spazio sistematico.
Perche’ i greci non riuscirono a superare la barriera costituita dallo spazio discreto?
L’operazione logica che fa confluire le linee parallele in un punto esprime sia l’accettazione che la rappresentazione dell’infinito in atto, che non era concepito nel mondo classico, in cui le rette erano solo segmenti potenzialmente prolungabili, e in cui i corpi erano dei contenitori a loro volta contenuti in un recipiente limitato.

Non ha senso domandarsi se i greci conoscevano la prospettiva, e’ piu’ interessante osservare quale prospettiva utilizzavano.

E allora,  ricollegandoci alla parte iniziale,  si puo’ capire in che termini abbia senso parlare di prospettiva sia
per il "Cenacolo" di Leonardo, nella sua perfezione,   che per   "La cena" di Duccio da Boninsegna, sebbene scorretta, sia per   "La deposizione di Cristo " di Mantegna, caratterizzata da quella che si potrebbe definire una licenza prospettica, che per "Il sogno" e   "Les demoiselles d’Avignon” di Picasso,  in cui,  consapevolmente, si abbattono i principi della prospettiva centrale, primo fra tutti l’unicita’ del punto di vista,  in favore di una resa pittorica dirompente che sfruttando una visione molteplice permette di osservare la scena nella sua totalita’, introducendo nello spazio anche la dimensione temporale.