Il teorema di Pitagora
    Nella situazione illustrata dalla animazione a fianco, per trovare l'area della parte centrale della figura (un quadrato di lato c) senza misurare direttamente c, ma conoscendo a e b, posso ragionare nel modo illustrato dalla animazione:
immaginare di ritagliare dall'intera figura i quattro triangoli rettangoli e spostarli all'interno di essa senza che rimangano sovrapposti. La parte rimanente della figura ha forma diversa ma uguale estensione alla superficie di cui voglio cercare l'area, che ora posso calcolare come somma delle aree dei due quadrati di lati a e b. Ovvero: c2 = a2 + b2 (vedi). Questa relazione tra le lunghezze dei lati di un triangolo rettangolo è nota come teorema di Pitagora.
 

La denominazione teorema di Pitagora è entrata nella tradizione da molti secoli, anche se l'attribuzione del teorema a Pitagora deriva da alcuni dei molti aneddoti leggendari riferiti a questo filosofo greco, vissuto nella seconda metà del VI sec. a.C.: la proprietà era nota e usata - sicuramente dai babilonesi e dagli egizi - già un migliaio d'anni prima.

    Il ragionamento di sopra, con cui abbiamo scoperto questa relazione, sembra convincente. Ma se proviamo a verificare questa relazione praticamente, procedendo di due tratti rettilinei (a, b) a partire dallo stesso punto con direzioni che differiscono di 90° e misuriamo la distanza (c) tra i due punti di arrivo, per piccole dimensioni troviamo che tale relazione è in accordo con le misure trovate, ma che all'aumentare delle dimensioni questo accordo svanisce, fino a situazioni come quella a lato, in cui a è lungo 1/4 della circonferenza terrestre e c ha la sua stessa lunghezza invece di essere maggiore.
    E in questo caso la somma degli angoli del triangolo supera di molto 180°: già la somma dei due angoli alla base è 180°!
 

    In altre parole la relazione chiamata "teorema di Pitagora" è un buon modello matematico per piccole porzioni "piane" (cioè con altitudine costante) della superficie terrestre (come un piccolo lago o una pianura non troppo estesa).
    Fino a qualche secolo fa il ragionamento inziale veniva considerato una "dimostrazione" del teorema di Pitagora. Ora il teorema di Pitagora può essere dimostrato a partire da una particolare definizione "matematica" di piano (non solo da una sua descrizione intuitiva, come quella che si può trovare in un vocabolario della lingua italiana), con argomentazioni che usano procedimenti a loro volta definiti matematicamente (non basta dire «si vede che spostando questa parte di figura …»), e non in tutte le definizioni matematiche di piano esso vale.
    Vale in particolare nel piano euclideo, che può essere definito in vari modi; ad esempio può essere caratterizzato come piano numerico dotato della distanza euclidea, che viene appunto definita in modo da rappresentare situazioni in cui si possa assumere come valido il teorema di Pitagora.

Vale sulle cartine?

    Rappresento la superficie terrestre sul piano, mantenendo i paralleli tra loro "paralleli" e raffigurando con rette parallele, verticali, anche i meridiani (che invece avvicindosi ai poli convergono) come nel disegno sotto a destra.  Il 42º parallelo in questa rappresentazione è raffigurato con la stessa scala dei meridiani, ma i paralleli superiori sono allungati e quelli immediatamente inferiori sono accorciati.  In questa cartina solo nei pressi del 42º parallelo vale con una buona approssimazione il teorema di Pitagora.  Ma "esattamente" esso non vale in alcuna porzione della cartina.