Il concetto di modello - Considerazioni didattiche

La matematica può essere definita la scienza dei modelli. Il concetto di modello deve dunque avere un ruolo centrale nel suo insegnamento sin dai primi livelli. La voce Modello deGli Oggetti Matematici può essere la sintesi conclusiva di una serie di attività didattiche che, all'inizio della scuola superiore, mettano a fuoco, a partire dalle esperienze e le conoscenze degli alunni, una prima immagine di che cosa sia la matematica.

Tra gli esempi a cui puoi accedere dalla sezione percorsi e materiali puoi trovare materiali ("i primi modelli", "la numeraz. babil.", "il diagramma della temperatura", "un viaggio in treno", "il circolo della povertà") che possono essere utilizzate per attività di questo genere.

Tra gli esempi trovi anche le Schede di Lavoro e tra queste a quelle della unità didattica "La matematica e i suoi modelli" (e la relativa "guida"), che mettono a disposizione materiale utilizzabile, direttamente o opportunamente rielaborato, per organizzare una attività didattica più organica.

Se, nell'indice alfabetico, cerchi la voce "modello", trovi vari link a parti deGli Oggetti Matematici in cui il concetto di modello viene variamente approfondito ed esemplificato. L'esame di questi possibili sviluppi può essere utile per impostare le prime attività.

Qualche considerazione didattica generale relativa all'importanza (ma anche alla difficoltà) di riferire l'insegnamento della matematica a significative attività di modellizzazione puoi vedere anche questo documento (è predisposto per la conduzione di un seminario o una lezione: dove si propone una "discussione" pensa ai problemi proposti prima di proseguire nella lettura).

Il tema della modellizzazione, per altro, accomuna tutte le discipline (es. riferiti alla educazione linguistica, alla storia, alla fisica, … sono presenti nella voce Modello degli Oggetti Matematici), anche la filosofia (si pensi, per fare alcuni dei moltissimi esempi, alle analogie/differenze col concetto di modello delle "idee" di Platone, Kant, …, alle interpretazioni dei fenomeni naturali, da quelle dei primi filosofi naturali a quelle di Galileo, alle riflessioni epistemologiche e gnoseologiche). Questo offre numerose e feconde occasioni di interazioni tra l'insegnamento della matematica e quello delle altre discipline.

La figura seguente illustra il rapporto tra "modello" e "realtà".  Data una situazione reale un modello ne è una sua rappresentazione semplificata che ne illustra alcuni aspetti, per certe finalità.  A seconda delle finalità vi possono essere modelli differenti della stessa situazione (un modello di un aeroplano può avere la stessa forma e colore di un aereo vero ma non volare, o può non assomigliare ad un aereo vero ma volare).  La "bontà" di un modello dipende dalla sua adeguatezza agli obiettivi per cui è stato costruito (per evidenziare meglio alcuni aspetti, per generalizzare alcune proprietà, per facilitare il confronto con altre situazioni modellizzate in modo analogo, …).  La fase preliminare della modellizzazione circoscrive gli aspetti della realtà coinvolti nel problema che si vuole studiare. Usando la terminologia messa a punto da Aris (Aris R., Mathematical Modelling Techniques, Pitman, London, 1978) e ripresa da Gilchrist (Gilchrist W,. Statistical Modelling, John Wiley & Sons, New York, 1984), possiamo chiamare ambiente del prototipo la parte di realtà che viene isolata, non dettagliatamente, in questo modo, e chiamare prototipo gli aspetti del fenomeno o della situazione da modellizzare (incluse le assunzioni, le intuizioni, le percezioni, le intenzioni, … di chi costruisce il modello) di cui si vorrà tener conto nella rappresentazione.  Tutto questo può essere schematizzato nel modo seguente:

 
modello
e realtà

Posso rappresentare la stessa situazione con modelli diversi. Abbiamo visto diversi esempi nella voce Modello degli Oggetti Matematici. Vediamo un altro esempio, semplice, in cui affrontiamo un problema con due modellizzazioni matematiche differenti.

Voglio studiare il legame tra la distanza DS lungo la strada e quella DA in linea d'aria di Genova dalle altre località dell'Italia Settentrionale.  Posso affrontare il problema in modo concettuale  (capire che quando DA = 0 ho DS = 0, che DS ≥ DA, che data la presenza di molte curve il rapporto tra DS e DA sarà circa pari al rapporto tra semicirconferenza e diametro, ossia circa 1.5, …).

Oppure posso studiare il problema in modo empirico  (raccogliere i dati relativi alle minime distanze stradali da Genova dei capoluoghi di provincia di Piemonte, Lombardia e Veneto, e, in modo approssimato, usando correttamente le cartine o altre fonti, quelli relativi alle distanze in linea d'aria, rappresentarli graficamente, cercare di approssimare i punti con una retta, mettere a punto il modo in cui realizzare e interpretare questa approssimazione, …).

Questo secondo approccio è illustrato a lato  (anche con questo approccio stabilisco che la relazione è circa DS = 1.5·DA; posso poi studiare con tecniche statistiche che precisione assegnare ad 1.5).

   

Semplificando, possiamo dire che il prototipo era la relazione tra le distanze in linea d'aria di Genova dai capoluoghi di provincia dell'Italia Settentrionale e le minime distanze lungo la strada,  mentre l'ambiente del prototipo era riferito genericamente alle distanze di Genova dalle varie località.  Il problema lo abbiamo modellizzato con l'equazione DS = 1.5·DA.

In molte situazioni occorre poi reinterpretare il modello verificandone l'adeguatezza a rappresentare il fenomeno studiato ed eventualmente ridefinire il prototipo stesso. Possiamo raffigurare meglio la situazione modificando lo schema precedente aggiungendo una freccia modello → prototipo che evidenzi questo riadattamento, come illustrato nella figura seguente.

Questa figura prende in esame non solo i rapporti modelli-realtà ma anche gli "strumenti" impiegati per costruire i modelli e come la loro messa a punto interagisca col processo educativo, ossia con gli alunni, i docenti e il complesso delle conoscenze (le discipline, le tecniche, …).

I modelli sono rappresentazioni astratte di oggetti o fenomeni "reali" (di tipo materiale: una rappresentazione topografica è il modello di un territorio; di tipo sociale: i concetti di "verbo", "sostantivo", ... sono dei modelli per rappresentare certi elementi della comunicazione verbale; … o di tipo astratto: la "proprietà commutativa" è un modello per descrivere un aspetto di alcune operazioni matematiche).

I modelli sono costruiti utilizzando artefatti cognitivi, ossia "oggetti materiali"  (carta, segni, suoni, colori, …)  o "costruzioni artificiali" ad hoc  (il linguaggio, i concetti, …)  che l'uomo usa come protesi della sua mente.  Il termine "cognitive artifact" fu introdotto da Donald Norman nel 1993 (Norman D.A., Things that Make us Smart, Wesley Publishing Company, Addison, 1993), mentre quello di "prosthesis tools" fu proposto da Jerome Bruner nel 1986 (Bruner J.S., Actual Minds, Possible Worlds, Cambridge, Mass., Harvard University Press, 1986).

La messa a punto degli artefatti cognitivi per modellizzare le situazioni non avviene episodicamente, ma in un contesto sociale di crescita culturale che viene via via ad organizzarsi in forme strutturate di conoscenza, che vengono trasmesse da una generazione all'altra attraverso processi educativi, in cui gli alunni e i docenti interagiscono tra loro e col sapere, quello in costruzione e quello consolidato.  Queste reciproche interazioni sono descritte dal triangolo didattico sopra raffigurato che (al di là delle sue riproposizioni fatte contemporaneamente, all'inizio degli anni '80, da vari ricercatori in didattica: Herbart, Chevallard, …) risale a Cicerone (De Oratore, 55 a.C.).  Esso fu poi usato anche da Quintiliano (Institutio Oratoria, 96 d.C.), e, successivamente, da molti altri. L'idea di Cicerone, a sua volta, era una rielaborazione di un analogo "triangolo", ai cui vertici c'erano il simbolo (o segno), la referenza (o significato del segno) e il referente (o oggetto a cui si riferisce il segno), messo a punto da Aristotele (La Retorica, IV sec. a.C.) per illustrare la "retorica".

Quanto osservato sin qui vale per tutte le discipline e le forme organizzate di sapere. Ma la matematica (come osservato nella voce Modello degli Oggetti Matematici) ha la specificità di non essere caratterizzata da una particolare area di problemi o di fenomeni che cerca di modellizzare (come la fisica, la storia, la linguistica, …), bensì dalla tipologia degli artefatti che impiega per la costruzione dei modelli, e che vengono utilizzati in tutte le altre discipline.  Quindi lo schema grafico visto sopra (che di per sé è una semplificazione) al fine di rappresentare la situazione dell'insegnamento della matematica deve essere almeno arricchito col tratteggio verticale raffigurato a lato:  gli artefatti, per la matematica, presto, da strumenti conoscitivi diventano degli oggetti di conoscenza, da modelli che "astraggono" a partire da situazioni diventano man mano degli strumenti "concreti" per mettere a punto nuove astrazioni, in una spirale senza fine.  Il sapere matematico, che nasce dai contesti modellizzati, si organizza internamente non sulla base di questi, ma dei rapporti e delle analogie strutturali tra i suoi artefatti.

La situazione, poi, si fa più complessa in quanto sia il "triangolo", sia la tipologia degli "artefatti", con l'avvento dell'informatica, sono divenute più articolate: il software è diventato un interlocutore "animato" che interagisce tra i diversi soggetti, in modi molto diversi a seconda dell'uso che ne viene fatto e della consapevolezza con cui viene impiegato. Senza complicare ulteriormente la schematizzazione precedente, occorre tener presente che il software ha ora, e avrà sempre più, una incidenza decisiva nel modo in cui i diversi aspetti interagiscono tra di loro.

[Sono spesso usati termini particolari per individuare specifici artefatti cognitivi.  Si tratta di termini usati in modi diversi dai vari autori, anche all'interno della stessa disciplina.  Ne richiamiamo alcuni, con alcune possibili interpretazioni.  Un segno è un artefatto cognitivo costituito da un "oggetto" che  (per una particolare comunità di persone)  rappresenta un particolare significato o può essere una parte ben individuabile di tale oggetto  (può essere un segno ad esempio il due punti, ":", ma possono esserlo anche ciascuno dei due punti che lo formano).  Un simbolo è un oggetto, un individuo o un'altra cosa più o meno concreta usata per evocare un oggetto reale o un'entità astratta;  in "matematica" è un oggetto costruito con particolari segni che rappresenta, in una particolare area della matematica, una costante, una variabile, una funzione, una relazione, ….  Un segnale è un'immagine, una frase, un suono o un'azione che serve per comunicare un messaggio, un ordine, …]

Riassumendo, possiamo comunque dire che lo studio della matematica si articola nel rapporto (non lineare) tra  porsi problemimodellizzare  le situazioni per affrontare la soluzione dei problemi,  costruire e ricorrere a  teorie  che organizzano internamente i rapporti tra gli artefatti impiegati per la costruzione dei modelli e mettono a punto nuovi eventuali artefatti.

Tutto ciò rende cruciale, nell'educazione matematica, il ruolo dell'insegnante. Egli deve:
  progettare e curare percorsi didattici che diano concretezza ad artefatti man mano più lontani da forme elementari di percezione,
  far emergere i conflitti realtà-concetti astratti  (da quelli tra specchi "fisici" e "matematici" ai molti altri presenti sin dalle prime esperienze di insegnamento)  che, se non esplicitati, rischiano di essere fonti di misconcezioni, mentre, se affrontati, sono un'occasione per trasformare una "opposizione distruttiva" in una "dialettica produttiva", che contribuisca a costruire un'immagine adeguata della matematica come disciplina,
  educare alla scelta dei modelli (non esiste "il" modello migliore) a seconda delle esigenze e delle "risorse" (artefatti fisici e concettuali) disponibili,
  organizzare l'insegnamento in modo che i riferimenti ad oggetti o situazioni reali  non siano solo dei pretesti  ma instaurino dei rapporti virtuosi con le conoscenze (e le motivazioni) extra-scolastiche degli alunni,  decentrando,  cercando di aver come riferimento non solo le proprie conoscenze e le proprie motivazioni ma, in un rapporto dialettico, anche quelle degli alunni,
  e dare organicità alle conoscenze da loro man mano acquisite in campo matematico (anche affiancando allo studio di situazioni problematiche la messa a punto - a partire da esse - di nuovi concetti e il consolidamento di alcune abilità operative attraverso opportuni esercizi, che dipendono dal livello delle conoscenze e delle tecnologie storicamente disponibili) in modo che diventino un solido terreno di partenza per nuove astrazioni,
  tenendo conto che, specie nei primi livelli di istruzione, la costruzione di rapporti virtuosi con l'extra-scuola dipende anche dal coinvolgimento delle "famiglie": occorre farle partecipare "culturalmente" al progetto educativo che si sta portando avanti (partecipare "culturalmente" non vuol dire "fare i ripetitori", ma collaborare con i docenti nella costruzione di rapporti tra le attività scolastiche e la vita extrascolastica); questo è uno dei compiti più difficili; anche questo aspetto andrebbe opportunamente inserito nel "triangolo didattico" considerato sopra …

Qui, alla voce "modello" trovi vari link a "i limiti dei modelli" che illustrano come l'individuazione di una relazione matematica (statistica, funzionale, …) tra due grandezze reali non indichi sempre la presenza di una relazione di causa-effetto tra di esse. A questo aspetto, implicitamente già presente tra i punti precedenti, è assai importante dare rilievo nell'insegnamento.

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