Compact Disc (CD)
Il compact disc - memoria digitale a lettura ottica tramite
fascio laser - fa la sua apparizione sul mercato nel 1983 e in pochi
anni rende il tradizionale disco analogico LP a 33 giri del tutto
desueto. La riproduzione tramite compact disc presenta un
certo numero di indiscutibili vantaggi, che conviene riassumere
brevemente prima di passare alla descrizione del funzionamento. In
primo luogo, nessun logorio grazie all'assenza di qualsivoglia
contatto fisico tra disco e il meccanismo di lettura. Inoltre,
impronte delle dita, polvere, graffi non hanno conseguenze
importanti. Secondo: grande intervallo dinamico, pari a circa 90 dB
(da pppp a ffff), contro i 50 dB soltanto (da pp
a ff) del disco LP. Terzo: assenza quasi totale di rumore,
fruscio, distorsione, alterazioni di frequenza. Quarto: semplicità
e praticità del sistema riproduttore, che non richiede, ad
esempio, sofisticazioni meccaniche e condizioni operative di
particolare stabilità e orizzontalità. Quinto: maggior
affidabilità dei laser e dell'elettronica digitale. Sesto:
accesso rapido e sicuro ai contenuti memorizzati. Settimo: dimensioni
contenute, leggerezza e indeformabilità del disco stesso.
Da ultimo, il fattore decisivo a favore del CD: l'altissimo rapporto
tra l'informazione immagazzinata e la superficie a disposizione. In
un diametro di dodici centimetri, sono memorizzati quasi 700 MB,
corrispondenti a oltre cinquecento dischetti magnetici da 1,4 MB,
ossia più di 100 milioni di parole, quelle contenute in
qualcosa come 100000 pagine di enciclopedia. La musica digitalizzata
richiede molti più spazi di memoria che non un testo verbale e
ciò spiega perché, pur con una tale dimensione di
memoria, un CD offra soltanto un'ora di musica. La memorizzazione di
dati in forma digitale si realizza, nel CD, sfruttando le diverse
proprietà di riflessione della luce offerte da una superficie
liscia (riflettente in modo speculare) ovvero corrugata (diffondente
in tutte le direzioni). Se si associa il numero 0 del codice binario
a una posizione riflettente della superficie del disco, dove la luce
- per incidenza perpendicolare - torna indietro tutta nella direzione
di arrivo ed è «vista» da un opportuno sensore, il
numero 1 può invece essere rappresentato da un piccolo
avvallamento o pozzo (in inglese pit), prodotto ad esempio
facendo localmente fondere il materiale plastico del disco con un
intenso pennello di luce laser. Tale pozzo non restituisce al sensore
che una frazione della luce.