In un libro di testo i criteri di eguaglianza per i triangoli sono
introdotti così:
− Un capitolo introduttivo sulla natura della geometria spiega che
tutte le proposizioni devono essere dimostrate a partire dagli
assiomi e che tutti i concetti devono essere definiti a partire dai
concetti primitivi, il cui significato è spiegato
implicitamente dagli assiomi; tra i concetti primitivi pone
quelli di punto, retta, piano e movimento rigido;
definisce uguali due figure quando esiste un movimento che
porta una di esse a coincidere punto per punto con l'altra; come
assioma relativo ai movimenti pone solo quello che l'eguaglianza
così definita è una relazione di equivalenza.
− Più avanti si trova questa
dimostrazione del criterio lato-angolo-lato (il "1° criterio"):
Tesi: ΔMNP=ΔABC | ||
Poiché
∠A=∠M,
esiste un movimento che fa sovrapporre le semirette MN e MP
rispettivamente alle semirette AB e AC. Poiché AB=MN e AC=MP lo stesso movimento deve far coincidere pure N con B e P con C. Quindi con un movimento è possibile far coincidere i vertici dei due triangoli, che sono dunque uguali. |
(1) Pierino, un po' cocciuto e senza un grande feeling con l'insegnante di matematica, che ha adottato tale libro, non capisce a che serve dimostrare l'eguaglianza di due figure evidentemente uguali. (2) Poi, gli sembra che qualcosa non torni nel ragionamento condotto dal libro, ma non riesce a precisare meglio questa sensazione. (3) Infine, quando si trova a dover studiare il criterio lato-lato-lato, che il libro dimostra impiegando due pagine, perde ogni fiducia, non sa se in sé o nella matematica: perché tanti discorsi quando bastava procedere con qualche "movimento" come nell'altro caso?
Discuti (1), (2) e (3).
Il punto (1)
del quesito è da collegare al problema della motivazione
alla attività di dimostrazione, e, in
particolare, ai due seguenti aspetti:
Nel
caso di questo teorema, come nel caso di gran parte dei teoremi
relativi a una presentazione assiomatica della geometria o ad
altre teorie assiomatiche, la dimostrazione non si preoccupa tanto di
certificare la verità di quanto
affermato, quanto la sua deducibilità dalle cose prese per
buone. In altre parole si vuole soprattutto verificare
l'adeguatezza dei postulati alla "cattura"
delle conoscenze che si vogliono inquadrare assiomaticamente.
Ciò, tutto sommato, valeva per Euclide (che, sostanzialmente,
ha riorganizzato conoscenze geometriche note e utilizzate da secoli)
come vale per la matematica attuale; quello che cambia è il
significato che si dà alle "conoscenze matematiche" (proprietà di oggetti reali o di
modelli matematici definiti dall'uomo). Senza un inquadramento
culturale di questo ruolo delle dimostrazioni sono
giustificate (anzi, dovute) le perplessità di Pierino.
Anche
se questo criterio d'uguaglianza fosse affrontato in un'ottica
diversa da quella di una presentazione assiomatica della geometria si
porrebbe, comunque, la comprensione del suo significato culturale: a
che serve? Si può osservare che la situazione didattica
cambierebbe nettamente se il criterio fosse introdotto mediante il
problema: "conoscendo un angolo e le misure dei due lati che ne
hanno il vertice come estremo, sono in grado di riprodurre il
triangolo in una qualunque posizione del piano?", o, quanto
meno, se non si disegnasse completamente il secondo triangolo. Questo
secondo aspetto del problema della motivazione, essenzialmente legato
all'uso di tecniche didattiche più o meno
appropriate, è più facilmente
abbordabile.
L'insoddisfazione di Pierino (o di una qualunque
persona che cerchi onestamente di capire il ragionamento condotto
dal libro) presentata nel punto (2) nasce
probabilmente dalla banalità dell'argomentazione condotta e
dal fatto che essa non sembra far riferimento ad assiomi o ad altri
teoremi già dimostrati. Insomma, non sembra una
dimostrazione.
Ad un'analisi più
approfondita ci si accorge che la dimostrazione è un piccolo
imbroglio: dal fatto che esistono un
movimento M1 che trasforma ∠M
in ∠A, un
movimento M2 che trasforma il segmento MN nel segmento AB e un
movimento M3 che trasforma il segmento MP nel segmento AC, non si
può dedurre che esiste un "movimento" (M1 o un
altro) che fa tutte e tre le cose.
Dietro alle perplessità
di Pierino (e alle difficoltà degli autori dei libri di testo)
probabilmente si possono individuare anche questioni più
generali legati alla natura della geometria: le figure sono
corpi o parti di
spazio? i punti sono punti materiali
o posizioni? che cosa sono i
movimenti rigidi?
, e al significato
di eguaglianza: le figure (definite come insiemi di punti) sono
uguali come insiemi o come
figure? che vuol dire mettere in corrispondenza?
.
Sono questioni che vengono eluse dalle presentazioni della geometria
che non mettono in luce il concetto di modello matematico,
usano un lessico inadeguato (es.: "movimento rigido" invece
di "movimento" come modello matematico dello spostamento di
un corpo rigido), non fanno confronti tra i diversi significati che
un termine può assumere in contesti diversi,
Con un
"ragionamento" simile a quello impiegato nel libro per il
primo criterio e con qualche difficoltà in meno (invece delle
semirette AB, AC,
ho già i segmenti) potrei
"dimostrare" il criterio lato-lato-lato, che, poi, è forse
quello più "intuitivo" e che richiede concetti che
appaiono come più elementari. Anche le perplessità di
Pierino considerate nel punto (3) sono
giustificate: il libro di testo non ha delimitato il (ovvero, non ha
esplicitato assiomaticamente la portata del) concetto di
movimento: le proprietà che i movimenti
conservano, il modo in cui possono essere composti,
; ne ha
fatto un uso illecito nella dimostrazione del primo criterio
inducendo una confusione tra spiegazioni "fisiche" e argomentazioni "matematiche".
Per approfondire questi aspetti, e in particolare il ruolo di definizioni (e assiomi) e dimostrazioni (e il fatto che queste non possono appoggiarsi su considerazioni legate ad un particolare contesto), vedi qui.
[chi volesse ulteriori approfondimenti relativamente alle presentazioni assiomatiche o alle problematiche realtive all'impostazione dell'insegnamento geometrico può vedere, negli Oggetti matematici, qui e qui]
Che cosè un movimento? Se non definiamo i movimenti in modo analitico (vedi) e introduciamo assiomaticamente il "movimento" come concetto primitivo, al posto degli assiomi di congruenza abbiamo (nel caso piano):
1) | I movimenti del piano sono funzioni bigettive dal piano nel piano che (rispetto alla composizione di funzioni) costituiscono un gruppo. |
2) | Se f è un movimento e s è una semiretta di origine A, f(s) è una semiretta di origine f(A). |
3) | Se in un movimento restano fermi tre punti non allineati, tutti i punti restano fermi, cioè il movimento è la funzione identità. |