Una rapida storia della geometria (e del suo insegnamento)

    Già diversi secoli prima di Euclide, presso Egizi, Babilonesi, Indiani, …, una discreta parte delle proprietà geometriche enunciate nei suoi Elementi erano utilizzate nella pratica, per misurazioni, costruzioni, studi astronomici, … . La fiducia in queste proprietà era fondata essenzialmente o sulla loro evidenza (nei casi più "semplici") o su considerazioni sperimentali.
    Presso i Greci si incomincia a dare un'organizzazione razionale alle conoscenze geometriche, nell'ambito di una speculazione filosofica sulla natura delle cose e, in particolare, dello spazio cosmico. Ecco qualche tappa: 
• i Pitagorici (500 a.C.), che, concependo il "punto" come corpuscolo elementare indivisibile e le figure come quantità finite di punti, tentarono di dare una trattazione aritmetica della geometria, articolata, anche se non organicamente, in postulati (principi ritenuti evidenti) e dimostrazioni;
• la "crisi" dovuta alla scoperta di lunghezze incommensurabili;*
* È una crisi "filosofica", non "matematica", legata allo studio "fisico" dello spazio come entità cosmica, non come spazio astratto, e che ci è difficile comprendere. Nei libri di testo se ne trovano invece spesso presentazioni banalizzate o caricaturali, così come accade per i paradossi di Zenone, ridotti spesso a un problema di serie convergenti.
• la distinzione in Democrito tra particelle elementari (di dimensioni finite, ma varie) e "punti-posizione", e i suoi metodi infinitesimali per calcolare estensioni (a cui poi Eudosso ha dato una sistemazione "∀ε∃"), e il "punto" come idea in Platone (400 a.C.);
• l'ordinamento logico delle scienze descritto da Aristotele: definizioni che associano un nome a un "ente", nel senso di cosa – oggetto o idea – che esiste, che è "reale"; nozioni comuni (o assiomi) che indicano alcuni principi generali comuni a tutte le scienze; postulati che indicano alcune proprietà evidenti da cui si vogliono dedurre le altre proprietà della scienza che si vuole ordinare;
• la realizzazione di questo ordinamento nel caso della scienza che si occupa dello spazio: la trattazione della geometria negli Elementi di Euclide (300 a.C.), che riorganizza e integra gli studi compiuti nei secoli precedenti.

    Nell'appendice 1 abbiamo riprodotto un estratto della presentazione della geometria fatta negli Elementi di Euclide (qui puoi trovare l'intera opera).
    Come si può osservare, Def1-14 non sono definizioni in senso matematico, sono solo – in accordo con Aristotele – delle assegnazioni di un nome a enti che vengono "individuati" appoggiandosi a concetti il cui significato è lasciato all'intuizione e al linguaggio comune ("lunghezza", "inclinazione", "giace uniformemente", …); la descrizione può non essere perfetta, ma tali enti esistono. Def15-20 sono invece abbastanza simili alle definizioni-abbreviazioni della matematica ("essere un triangolo equilatero" per "essere un triangolo e avere i lati uguali"). Si notino, inoltre, le differenze rispetto ai termini geometrici odierni: linea come arco di linea (Def3, Post1, …), distanza come segmento particolare (Post3), … e l'ottica costruttiva di Post1-3, che garantiscono la possibilità di effettuare alcune "operazioni".
    Per meglio comprendere l'impostazione degli Elementi di Euclide, analizziamo le dimostrazioni di due proposizioni (Prop), riportate nell'appendice 1 (riscritte con un lessico moderno). 
    Osserviamo che nella dimostrazione di Prop1 il passo 3) non sembra giustificato: non c'è alcun postulato che, date due circonferenze soddisfacenti opportune condizioni, garantisca l'esistenza di punti comuni a entrambe (in determinate condizioni è garantita, da Post 5, solo l'intersezione di rette). 
    Nella dimostrazione di Prop4 al passo 1) si esegue un'operazione di "trasporto" di figure la cui possibilità non viene postulata. Per altro ciò appare in contraddizione con il procedimento complesso (di 12 passi, non riportato) con cui viene dimostrata Prop2, teorema che vuole certificare la possibilità di trasportare segmenti. Anche il passo 5) lascia perplessi, a meno che, dati due punti, Post1 assicuri, oltre all'esistenza, anche l'unicità del segmento che li ha per estremi.

    Per inciso osserviamo che, anche correggendo la formulazione degli assiomi, con gli Elementi di Eucilide, che ammettono solo l'uso di "riga (non graduata) e compasso", oltre a non potersi misurare lunghezze e ampiezze angolari, non si possono fare molte costruzioni elementari; ad esempio non si può (tranne che in casi particolari) dividere un angolo in tre parti uguali (impossibilità dimostrata nel 1837 - la dimostrazione di Archimede, riportata qui, usa una "riga graduata" per prendere C tale che DC = OC), né, dato un cerchio, si può costruire un quadrato che abbia la sua stessa area (impossibilità dimostrata nel 1882).

    Nei secoli successivi gli Elementi sono stati oggetti di uno studio intenso (costellato da errori simili a quelli descritti in questi esercizi [1,2], che mettono in luce anche le difficoltà "logiche" dei processi dimostrativi), soprattutto nel tentativo di dimostrare Post5 a partire dagli altri assiomi o di sostituirlo con un altro postulato più evidente, ma si deve arrivare al seconda metà del XIX secolo perché si comincino a mettere a fuoco le "carenze" della presentazione euclidea a cui abbiamo accennato sopra. Deve infatti farsi strada l'idea della geometria come studio degli spazi astratti, che usi definizioni e dimostrazioni che non ricorrano a concetti e argomentazioni di "fisica".
    Un contributo in questo senso era già stato dato dall'ideazione della geometria analitica (Cartesio e Fermat, XVII secolo), con cui erano stati fusi due metodi noti sin dall'antichità, l'impiego dell'algebra in geometria e l'uso delle coordinate, per dare una definizione "numerica" dello spazio e dei concetti geometrici di base.
    Nella prima metà dell'Ottocento si dimostrò l'indipendenza di Post5 dagli altri postulati e si prospettò la possibilità di sviluppare le cosiddette geometrie non euclidee, ma questi studi rimasero del tutto marginali nella comunità scientifica.
  Anche le riflessioni sui limiti dell'intuizione fisica, come quelli che mette in luce questo esercizio [3] (che riprende un "paradosso" ideato nel XVIII secolo), non si erano sviluppate fino alla messa a fuoco dei limiti intrinseci della identificazione tra "evidenza spaziale" e verità geometrica.
    È nella seconda metà dell'Ottocento che (in relazione all'estendersi degli ambiti di applicazione della matematica conseguente agli sviluppi tecnologici e ai mutamenti nell'organizzazione economica) si precisa l'esigenza di dare una fondazione autonoma alla matematica. Inizialmente ciò accade in riferimento all'analisi matematica: fino ad allora la definizione delle operazioni e le proprietà dei numeri reali erano fondate su considerazioni fisiche (la geometria intesa alla Euclide - vedi), non ci si preoccupava di definire che cos'è una funzione (che veniva intesa come la descrizione di una "legge" che lega una grandezza fisica a un'altra grandezza, non come una generica associazione di output ad input), … .
    Diventa man mano chiara la necessità di definire i modelli matematici indipendentemente dai contesti, di usare linguaggi formali con una sintassi e una semantica più rigorose di quelle delle lingue naturali, … al fine di consentire l'applicazione della matematica ai più vari fenomeni, di rendere più controllabili le dimostrazioni e, quindi, più sicuro l'impiego della matematica, … e di favorire lo sviluppo stesso della matematica (facilitare le generalizzazioni, l'individuazione di analogie tra aree matematiche diverse, l'interpretazione di una teoria in altre, …).

    È in questo ambito che viene messa a fuoco la concezione moderna dei sistemi assiomatici e che, tornando alla geometria, si arriva alle prime presentazioni "matematiche" di tipo assiomatico della geometria, di cui la più rigorosa e, nel contempo, con un'articolazione più vicina agli elementi di Euclide, è quella messa a punto da Hilbert (1899): vedi appendice 2.
    L'introduzione che Hilbert premette all'elencazione degli assiomi («Consideriamo tre diversi sistemi di oggetti …») chiarisce la natura del metodo assiomatico matematico, ma viene oscurata dal modo in cui sono stesi gli assiomi: per venire incontro alle difficoltà dei suoi contemporanei di fronte all'uso del linguaggio simbolico, i termini e le relazioni primitive  (un concetto si dice primitivo se non è definito esplicitamente, ma è definito implicitamente dagli assiomi: essi esplicitano come usarlo ma vi sono diversi concetti matematici che potrebbero essere usati per rappresentarlo in diverse interpretazioni del sistema assiomatico)  vengono descritte ricorrendo a parole del linguaggio naturale, spesso sostituite con sinonimi o parafrasi, col rischio di far perdere al lettore la natura astratta della formulazione, cioè la profonda differenza dalla presentazione assiomatica di Euclide. Per cogliere meglio questo aspetto può essere utile riscrivere gli assiomi usando dei simboli: 
–    il simbolo ε per indicare la relazione "giacere": ε(A,a) sta per "A giace su a"
–    il simbolo τ per indicare la relazione "fra": τ(A,B,C) sta per "B sta fra A e C"
–    il simbolo per indicare la relazione "… è congruente a …" 
    Gli assiomi di collegamento caratterizzano "ε". Ad esempio I.3 può essere riformulato così: «Data a, esistono A e B distinti tali che ε(A,a) e ε(B,a), ed esiste c tale che non ε(C,a)».
    Gli assiomi di ordinamento caratterizzano τ. Ad esempio II.1 può essere riscritto così: «Se τ(A,B,C), allora A, B e C sono distinti, τ(C,B,A) ed esiste a tale che ε(A,a), ε(B,a) e ε(C,a)».
    Gli assiomi di congruenza, ovviamente, caratterizzano il simbolo .

    A questo punto possiamo chiarire meglio perché le dimostrazioni nell'ambito di una presentazione assiomatica della geometria sono più "esposte" all'utilizzo implicito di proprietà non ancora dimostrate: si usano gli stessi termini (punto, retta, segmento, …) impiegati per descrivere il concetto intuitivo di spazio che si vuole caratterizzare assiomaticamente, e, quasi con un circolo vizioso, si ricorre a questo (sotto forma di disegni) anche per guidare le dimostrazioni.
    Il rischio è più attenuato nel caso di sistemi di assiomi che non vogliono caratterizzare un unico "oggetto matematico", ma concetti, classi di oggetti, come nei casi degli assiomi dei gruppi, della definizione di distanza, di probabilità, …. In questi ambiti è più chiaro anche il ruolo della dimostrazione a partire degli assiomi: si vogliono individuare delle proprietà che valgono per tutti gli oggetti che verificano gli assiomi.
    Affrontiamo questo esercizio [4]. I libri impostati come quello dell'esercizio hanno un'introduzione che fa più o meno riferimento alla concezione matematica dei sistemi assiomatici (quella descritta da Hilbert nella premessa), ma, poi, hanno uno svolgimento "alla Euclide" (il 1° criterio di eguaglianza dei triangoli non è assunto come assioma, come fa Hilbert, ma è dimostrato riproducendo, malamente, la dimostrazione euclidea di Prop4): per Euclide i concetti e i procedimenti impiegati traevano comunque giustificazioni dalla loro realtà nel "mondo delle idee", nel caso di questi libri "dimostrazioni" come quella riportata oscurano il ruolo della matematica, la natura dei modelli matematici  (altri esercizi per riflettere sui libri di testo li trovi qui).

    Riprendendo la panoramica storica, ci si pose anche il problema: come ci si può assicurare che un sistema di assiomi per la geometria definisca effettivamente qualcosa, cioè non porti a contraddizioni?
    Per dimostrare la non contraddittorietà del suo sistema di assiomi Hilbert ha dimostrato che lo "spazio cartesiano" ne è un modello, cioè che l'interpretazione degli assiomi nello spazio cartesiano (nel caso piano: punti come coppie di numeri reali; rette come equazioni di primo grado; "giacere su …" come verificare l'equazione …; …) dà luogo a proposizioni vere. In altre parole si è ricondotto alla geometria analitica.
    Ma, dato che era già chiaro da qualche decennio come definire i numeri reali autonomamente dalla fisica (attraverso successive costruzioni algebriche a partire dai numeri naturali o precisando il concetto di numero decimale illimitato) e che quindi era soddisfacente una presentazione analitica dello "spazio euclideo", quale necessità c'era di darne anche una definizione assiomatica?
 
    Hilbert voleva dare una forma rigorosa alla presentazione assiomatica di Euclide, cioè dare una presentazione del concetto di spazio che fosse il più possibile in termini puramente geometrici. Non a caso nei primi quattro gruppi di assiomi non intervengono neanche concetti insiemistici (l'"appartenenza" non è quella insiemistica, ma è regolata da specifici assiomi) e solo nell'ultimo gruppo di assiomi interviene il concetto di numero naturale.*
* La versione di V.2 data in appendice riproduce, sostanzialmente, la formulazione della completezza per i numeri reali; quella originale era: «un modello della "geometria piana" è un modello di I, II, III, V.1 tale da non ammettere alcuna estensione propria che verifichi I, II, III, V.1» (un modello della "geometria piana euclidea" deve verificare anche IV); è una versione più difficile per il lettore non "allenato" (non è un assioma in senso stretto) ma più "autonoma" dal concetto di numero reale
    Ciò non solo per fini storico-critici. Attraverso una opportuna scelta dei concetti primitivi e delle proprietà che li caratterizzano, Hilbert voleva rendere chiara la portata dei vari assiomi, dar modo (con tagli e aggiunte che garantissero la categoricità del sistema – esistenza di unico modello a meno di isomorfismi) di definire altri concetti matematici di spazio, …*
* Gli assiomi di Hilbert sono anche indipendenti ciascuno dai rimanenti; ciò è utile per studiare la portata dei vari assiomi; didatticamente, per semplificare le dimostrazioni, può a volte essere utile trascurare questo aspetto. 
    A scuola, in genere, si perdono tutti questi aspetti, sostanziali, di una presentazione assiomatica della geometria (quali finalità ha? definisce effettivamente qualcosa? definisce un'unica cosa? …). Sia la significatività che la correttezza di una definizione dipendono dal contesto culturale: non possiamo criticare con gli occhi di oggi la significatività e la correttezza degli Elementi di Euclide, così come è difficile pensare che si possa dare una definizione assiomatica della geometria (oggi accettabile come corretta e significativa) agli studenti della scuola secondaria superiore, che non hanno gli strumenti culturali per affrontarla.*
* così come non si vede che valenza culturale possa avere - e come possa essere portata a termine correttamente - la costruzione di R (o anche solo di Q) a partire da N, senza inquadrarla storicamente nel tentativo di fondare tutta la matematica sull'aritmetica e di dimostrare sintatticamente la non contraddittorietà di una presentazione assiomatica di quest'ultima.

    A questo punto è utile completare la panoramica storica con qualche cenno a varianti o alternative alla presentazione assiomatica hilbertiana. 
    Una prima variante è quella che fa ricorso alla teoria degli insiemi: le figure geometriche vengono interpretate come insiemi di punti e sono soggette alle usuali operazioni e relazioni insiemistiche (appartenenza, inclusione, intersezione, unione, …). Si vedano, per esempio, nella appendice 3, gli assiomi dell'"Enriques-Amaldi" (si noti, in particolare, che l'assioma di Pasch – II.4 – viene sostituito da quello che abbiamo indicato come 12-ASS, noto come assioma di separazione). 
    Un'ulteriore variante è quella di assumere come primitivo non il concetto di congruenza, ma quello di movimento. Al posto degli assiomi di congruenza abbiamo (nel caso piano):
1)  I movimenti del piano sono funzioni bigettive dal piano nel piano che (rispetto alla composizione di funzioni) costituiscono un gruppo.
2)Se f è un movimento e s è una semiretta di origine A, f(s) è una semiretta di origine f(A).
3)Se in un movimento restano fermi tre punti non allineati, tutti i punti restano fermi, cioè il movimento è la funzione identità.
e la definizione:  due figure sono congruenti quando esiste un movimento che trasformi l'una nell'altra. 
    Questi (o altri equivalenti) sono gli assiomi mancanti nel libro di testo dell'ultimo esercizio.

    Le presentazioni fin qui discusse vengono a volte chiamate sintetiche, per distinguerle dalle presentazioni che fanno ricorso al concetto di numero reale, che possono essere puramente analitiche (punti come n-uple di numeri reali) o ricorrere alla struttura dei numeri reali solo per semplificare l'ordinamento della retta e l'introduzione della continuità.
    Queste seconde presentazioni, decisamente "ibride" (da un punto di vista "tradizionale"), di cui si è iniziato a fare uso negli anni trenta, vengono usualmente descritte come approccio metrico alla geometria. Come concetti primitivi si considerano due funzioni a valori in [0,∞): 
d,  avente come argomenti le coppie di punti, con gli assiomi che la caratterizzano come distanza e l'assioma del righello (per ogni retta r esiste fr → R bigettiva tale che d(A,B) = | f(A) - f(B) | per ogni A,B∈r), 
m,  avente per argomenti gli angoli (intesi come coppie di semirette con origine comune), con assiomi che la caratterizzano come misura angolare (sostanzialmente dando una rappresentazione astratta delle caratteristiche del goniometro). 
    Il postulato del righello, che, in pratica, dota la retta di un sistema di coordinate, consente di definire la relazione "C sta tra A e B" come "A, B e C sono allineati e d(AB) + d(BC) = d(AC)". È evidente come la congruenza sia riconducibile a d e m. 
    La continuità della retta è "scaricata" su R. 
    È abbastanza facile dimostrare sia il teorema "Retta-cerchio" (esistenza di due punti comuni a un cerchio e a una retta che abbia un punto esterno e uno interno al cerchio) che il teorema "Due-cerchi" (esistenza di due punti comuni a due cerchi aventi la distanza fra i rispettivi centri minore della somma dei rispettivi raggi: proprietà utilizzata implicitamente da Euclide dimostrando Prop1).
    Questi teoremi sono di più difficile dimostrazione in una trattazione sintetica. Vi sono, dunque, anche assiomatizzazioni di tipo sintetico in cui al posto dell'assioma di completezza vengono assunti come assiomi i due teoremi stessi. In questo modo, tuttavia, si perde la categoricità del sistema assiomatico * (l'"Enriques-Amaldi" introduce questi due assiomi - ass. 11 e 12 - per affrontare la costruzione di perpendicolari, trasporti di angoli, …, rinviando a un secondo momento, per affrontare il concetto di misura, l'introduzione dell'assioma di completezza - ass. 14).
* Con tale sostituzione il sistema ha come modello sia l'usuale piano cartesiano che quello che si ottiene rimpiazzando R con l'insieme I così definito:  1∈I; se a∈I allora √(1+a²)∈I; se a,b∈I allora a+b, a-b, a·b e (se b≠0) a/b sono elementi di I.

    Vi sono molti libri di testo che utilizzano l'approccio metrico, ma quasi tutti (non il "Prodi" - si veda il suo ASS.04 - a cui accenniamo più avanti) con errori grossolani. Ecco due tipici esempi: 
•  il postulato della continuità presentato come: «esiste una corrispondenza biunivoca tra la retta e R», non mediante l'assioma del righello o simili, senza stabilire collegamenti con la metrica, consentendo che la retta sia zeppa di "buchi" e che sia "limitata" (a volte si aggiunge l'assioma "ogni retta è illimitata in entrambi i sensi", ma senza spiegare che cosa voglia dire "illimitata"); 
    la lunghezza presentata, dopo aver introdotto i concetti di distanza e di isometria, come «quel "quid" che accomuna i segmenti che appartengono a una stessa classe di equivalenza, associata alla relazione di isometria», mescolando, rozzamente («quel "quid" …), approccio sintetico e approccio metrico: in un approccio sintetico ha senso introdurre la lunghezza come classe di equivalenza di segmenti congruenti, non ha alcun senso farlo se si dispone già del concetto di distanza. 

    Negli anni sessanta sono state proposte alcune "eleganti" caratterizzazioni puramente algebriche della geometria. Famose sono quella proposta da Blumenthal (lo spazio euclideo come spazio metrico completo, dotato di un determinante opportunamente definito, che verifica quattro assiomi dalla formulazione molto "semplice") e, soprattutto, quella proposta da Dieudonné: il piano [lo spazio] euclideo come spazio vettoriale su R munito di un prodotto scalare × (la distanza tra P e Q diventa √((P-Q)×(P-Q))). 
    Anche queste sono formulazioni equivalenti a quelle di Hilbert, ma … si perde ogni collegamento diretto con l'intuizione spaziale. La presentazione di Dieudonné è particolarmente economica e è indubbiamente significativa nell'ambito di in un corso universitario, ma, ahimè, Dieudonné, col motto «abbasso Euclide» la propose come punto di riferimento per l'insegnamento nella scuola secondaria! 
    Choquet, negli stessi anni, cercò di realizzare un compromesso tra la geometria intesa come struttura algebrica e la geometria "classica", definendo i vettori e il prodotto scalare non assiomaticamente, ma a partire da assiomi più "geometrici":
–   postulati di incidenza e di ordine (sostanzialmente il I, il II e il IV gruppo di assiomi di Hilbert),
–   postulati di struttura affine (sostanzialmente, il postulato del righello e il "teorema di Talete"), e definizione dei vettori,
–   postulati di struttura metrica (assiomi che caratterizzano la nozione di perpendicolarità), e definizione del prodotto scalare. 
   La presentazione assiomatica di "Prodi" (vedi appendice 4); può essere considerata una variante del sistema proposto da Choquet che cerca di ridurne i formalismi e accentuare i collegamenti con l'intuizione spaziale. Una differenza che val la pena di sottolineare è la definizione di angolo. Choquet, dopo aver criticato le usuali definizioni di angolo, propone un'altra definizione o, meglio, definisce un'altra cosa: chiama angoli in P non delle figure, ma le rotazioni di centro P (cioè le isometrie che lasciano fisso il solo punto P), e lo fa dopo uno studio sistematico delle isometrie. Prodi, invece, anticipa la definizione di angolo, che dà "alla Hilbert", come coppia di semirette.*
* La presentazione assiomatica di Prodi (la prima edizione del suo "Matematica come scoperta" è del 1977) non è presentata in una volume specifico per la geometria: la geometria è intrecciata con capitoli dedicati alle funzioni, al calcolo delle probabilità, all'algebra, …. Per dare un'idea della sua impostazione citiamo qualche brano dalla introduzione alla guida per gli insegnanti del volume per la classe seconda:
«… L'insegnante che voglia utilizzare in modo ottimale il testo può modificare l'ordine di esposizione e può anche, in un primo tempo, omettere certe saldature di tipo logico, che potranno essere poi compiute successivamente. Riflettiamo, ad esempio, sulla geometria del piano, che occupa tanta parte di questo secondo volume; molte delle difficoltà che essa presenta dipendono dal fatto che tutte le proprietà, ivi comprese quelle che si enunciano in termini analitici, devono essere dedotte dagli assiomi posti all'inizio (nei capitolo 13, 14, 15 del 1º volume); ad esempio non è del tutto facile ottenere la rappresentazione analitica delle traslazioni partendo dalla loro caratterizzazione geometrica (con particolari simmetrie). Ma, in una prima esposizione, qualcuna di queste catene deduttive può essere omessa, se si ritiene che la classe non sia sufficientemente matura. … Del resto, in un punto importante (misura degli angoli), il testo porta un assioma non essenziale (l'assioma A10), cioè un'affermazione che potrebbe essere dimostrata: allo stesso modo l'insegnante può alleggerire l'esposizione inserendo qualche "si può dimostrare che …". È sempre meglio procedere così che non introdurre un'assiomatica variabile e incoerente!»
    Vi sono diversi libri di testo che si sono ispirati alle proposte di Choquet, ma anche in questo caso spesso con errori abbastanza vistosi. Tipico è quello di far seguire alla definizione di angolo come rotazione (alla Choquet, non come parte di piano generata da una semiretta che ruota attorno all'origine) definizioni e teoremi in cui si fa riferimento ad angoli intesi come figure (ad es. la definizione di bisettrice di un angolo come asse di simmetria dei suoi lati, mentre gli angoli alla Choquet non hanno lati!).*
* In questa sintesi storica non ci si è soffermati sulla caratterizzazione generale della geometria data nel 1872 da Klein: «dato un insieme S di elementi (ad es. punti, rette, cerchi, …) e un gruppo G di trasformazioni applicate a S, la geometria associata a S e G è lo studio delle proprietà di S che rimangono invariate se a S sono applicate trasformazioni appartenenti a G». In questo modo venne precisato (e relativizzato) il significato di proprietà geometrica (se G è il gruppo dei movimenti abbiamo le proprietà metriche, se è il gruppo delle trasformazioni lineari abbiamo le proprietà affini, …

Le assiomatizzazioni alternative a quelle di Hilbert per certi aspetti si sono allontanate maggiormente dall'intuizione spaziale, per altri aspetti - specie quelle di Choquet e di Prodi - hanno recuperato elementi dell'intuizione spaziale (legati al concetto di simmetria e di similitudine) che l'impostazione Hilbertiana aveva mantenuto in secondo piano. Può essere utile, per riflettere su ciò, affrontare questo esercizio [5].
    Quest'altro esercizio [6] (e il relativo commento, e i link in esso presenti) dà un'idea degli sviluppi che hanno avuto le geometrie "non euclidee".

Il seguente esercizio [7] propone alcune altre riflessioni sul significato di dimostrazione (e su alcune questioni didattiche connesse). L'esercizio, e l'analogia che suggerisce, consente di introdurre l'osservazione che, nell'ambito della problematica della dimostrazione, nella seconda metà del XX secolo ha fatto prepotentemente ingresso il ruolo del computer, e che a ciò si è associata un dibattito sull'analogia tra matematica e scienze sperimentali, che è arrivato a mettere in discussione il ruolo della dimostrazione (chi fosse interessato a questi aspetti "filosofici" veda questo articolo).
    Quel che è più significativo è, però, che l'impiego del computer ha condotto a nuovi ripensamenti sulla presentazione dei concetti geometrici, con più forti intrecci sia con l'algebra lineare che con il calcolo differenziale. Per avere un'idea, a livello molto elementare, di questi cambiamenti, e sulle problematiche didattiche connesse, può essere utile affrontare questi esercizi [8-12], coi quali chiudiamo questa rapida "storia" della geometria. [vediamo solo questo]

Appendice 1 - Dagli Elementi di Euclide
Appendice 2 - Dai Fondamenti della geometria di Hilbert
Appendice 3 - Dal manuale di Enriques e Amaldi
Appendice 4 - Dal manuale di Prodi