Un alunno ritiene tutte corrette le seguenti trasformazioni:

2·(A+B)  →  2·A + 2·B,   (A·B)²  →  A²·B²,   (A+B)²  →  A² + B²

nonostante che l'insegnante gli abbia fatto osservare che, mentre (1+2)² = 3² = 9, 1²+2² = 1+4 = 5.  Come mai, secondo te?

Questo esempio, tratto da "Cominciamo da zero", di Vinicio Villani, rappresenta un errore molto frequente nei primi anni di scuola secondaria di 2º grado.

Esso è essenzialmente il frutto di un insegnamento in cui il cosiddetto calcolo letterale, ossia l'uso (e la manipolazione) di termini e formule in cui compaiono variabili è stato introdotto in modo stereotipato,  senza farlo scaturire da attività con funzioni e termini in cui vengono impiegate variabili (non solo x ed y, anzi, inzialmente non x ed y) per rappresentare grandezze (fisiche, economiche, biologiche, …),  in cui si impara a manipolare formule rendendosi conto che l'impiego di variabili cosituisce una generalizzaione di analoghe attività fatte con i numeri,  in cui si impara a rappresentare graficamente funzioni ad un input ed un output e a risolvere equazioni affiancando il metodo grafico a quello algebrico, …

Se non si avvia all'uso e alla manipolazione delle formule in tal modo si viene a costruire negli alunni l'idea che non ci sia alcuna relazione tra le operazioni con i numeri e le operazioni con le lettere.

Impostazioni didattiche di questo tipo fanno il paio con quelle in cui si fanno comprare agli alunni libretti distinti per le varie aree della matematica, separando l'uso delle formule dalla geometria, la statistica e la probabilità dall'uso delle formule e dalla geometria, le altre scienze dalla matematica, …

Frutto, più grave; di queste impostazioni è la costruzione negli alunni (anche in molti di quelli che imparano a manipolare in modo formalmente corretto le espressioni letterali) della difficoltà a sceglire di volta in volta le manipolazioni opportune in vista di uno specifico obiettivo.  Come ad esempio avevano osservato Giovanni Prodi e Vinicio Villani in "Anche il calcolo letterale può essere intelligente", un articolo della rivista "Archimede" del lontano 1982,  nel "trasformare un'espressione in un'altra equivalente ... non esiste, in generale, una formula standard a cui si vuole pervenire.  Questo dipenderà dallo scopo che ci si prefigge nel calcolo.  Ciò pone una grossa difficoltà agli allievi, i quali non si rendono conto del motivo per cui in certi casi si chiede loro di seguire un procedimento, in altri casi un procedimento opposto".  Si vedano ad esempio i commenti all'esercizio 2a.3 sulle equazioni, qui.