Considera le seguenti "definizioni", presenti in un libro di testo, e analizzale criticamente.
Si chiama monomio ogni funzione che consiste in un prodotto di fattori numerici e di potenze aventi come basi lettere e come esponenti numeri naturali. Si chiama polinomio una somma di due o più monomi.

  Per parlar di polinomi in matematica (la matematica dei matematici dell'ultimo secolo - cerca "polynomial" in WolframAlpha) occorre specificare la o le indeterminate: si parla di polinomi in x o in x e y o … ().
  È un concetto diverso rispetto a quello proposto dal libro, non più restrittivo. Ad es. il polinomio in x   x2 / k + x   non rientrerebbe nella definizione del libro.
  Prescindendo da queste considerazioni, ipotizziamo che il libro intenda definire come monomio ciò che potrebbe essere descritto come:
"una costante o una variabile o un termine costruito a partire da costanti e variabili introducendo opportunamente simboli di negazione [per ottenere, ad esempio, –x] e di moltiplicazione", includendo la possibilità di abbreviare la moltiplicazione ripetuta di uno stesso termine mediante un elevamento a potenza [e ad es. scrivere x2 invece di x·x],
e come polinomio ciò che si potrebbe essere descritto come:
"un monomio o un termine ottenuto addizionando più monomi", includendo la possibilità di abbreviare la addizione della negazione di un termine con la sottrazione dello stesso [e ad es. scrivere A–B invece di A+(–B)].
  Stiamo supponendo anche che il libro con "fattore numerico" intenda "costante" ("numerico" vuol dire che rappresenta un numero: una variabile può essere numerica o no; ad es. può rappresentare una coppia, un vettore, una grandezza fisica, …). E che con "lettera" intenda "variabile" (π è una lettera ma, in genere, è interpretata come una costante; invece in "Area = Lato2" le variabili non sono lettere).
  Sarebbero monomi: 3·a·b2, –a2·x3, … e polinomi: 5, –a2·x3 + 3·a·b2 + 5, …
  Supposto ciò, consideriamo in dettaglio le definizioni del libro. Quella di "monomio" innanzi tutto confonde grossolanamente il concetto di funzione con quello di termine ().
  Poi esclude dalla definizione molte categorie di monomi, come ad esempio le costanti, le singole variabili o termini del tipo –x, a meno che non si intenda che siano da considerare monomi anche i termini algebricamente equivalenti a quelli ottenibili con la definizione: la costante 3 potrebbe essere pensata come equivalente al prodotto di 3 per x0, –x come equivalente al prodotto di –1 per x, ecc.. Ma allora qualunque termine che includa l'applicazione di radici, funzioni circolari ed esponenziali, … e che risulti essere equivalente a un monomio sarebbe un monomio. E non è sicuramente questo che vuole il libro.
  E dai polinomi esclude (forse inconsapevolmente) i monomi! Ad esempio per considerare x come un polinomio occorre pensarlo come 1·x+0·x.
  E poi, quando studierà l'"algebra" dei polinomi, il libro non terrà conto di tutte queste definizioni, ma considererà solo i polinomi in x, e anche quelli in cui compaiono altre lettere sotto al segno di frazione o all'interno di una radice quadrata o …!