Sperimentare numericamente e congetturare il limite per n → ∞ delle seguenti successioni, e provare le congetture:

3 + n3n
———————
7n2 + √(4n6+1)
√(n2+3) – √(n2–2)
√(n2+n) – √(n2–2)

Studiamo i 3 limiti usando ad esempio questa calcolatrice  (vedi):

mettendo il termine con Q al posto di x in d e mettendo in g valori man mano più grandi:

( 3+pow(Q,3)-Q ) / ( 7*Q*Q+sqrt(4*pow(Q,6)+1) )
1e1, 1e5, 1e10, 1e15, 1e20

clicco [F] e in k ottengo:
0.36777774372428507, 0.49998250056248184, 0.499999999825, 0.4999999999999983, 0.5

sqrt(Q*Q+3) - sqrt(Q*Q-2)
1e2, 1e3, 1e4, 1e5

clicco [F] e in k ottengo:
0.024999375218726527, 0.002499999375004336, 0.000249999999141437, 0.000025000001187436283

sqrt(Q*Q+Q) - sqrt(Q*Q-2)
1e1, 1e3, 1e5, 1e7, 1e9

clicco [F] e in k ottengo:
0.5885935450898501, 0.5008750629609722, 0.5000087500084192, 0.500000087544322, 0.5

Passiamo allo studio "teorico".

lim n → ∞ 3 + n3n  è del tipo "∞/∞". Divido i termini del rapporto per n3.
———————
7n2 + √(4n6+1)

3/n3 + 1 – 1/n2  →  0 + 1 – 0 = 1/2
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7/n + √(4 + 1/n6) 0 + √(4 + 0)

Ho usato il fatto che il passaggio al limite conserva le somme e poi quello che conserva i rapporti.  Avrei potuto anche osservare che un rapporto tra infiniti ciascuno dei quali è la somma di infiniti tra i quali ce n'è uno rispetto al quale gli altri sono "trascurabili", ha lo stesso comportamento al limite del rapporto tra l'infinito "principale" a numeratore e quello principale a denominatore, ossia, nel nostro caso, tra n3 e √(4n6+1), che avrei potuto scrivere come ((n6)/(4n6+1)). L'argomento della radice è un altro rapporto tra infiniti, che si comporta come = n6/(4n6) il quale è uguale, e quindi tende, a 1/4. Anche la radice conserva il limite, e quindi la successione di partenza converge a √(1/4) = 1/2.

Avrei anche potuto usare "" (per n → ∞):
3 + n3nn3
4n6+1 ≈ 4n6
√(4n6+1) ≈ √(4n6) = 2n3
7n2 + √(4n6+1) ≈ 7n2 + 2n3 ≈ 2n3
Quindi:  (3 + n3n)/(7n2 + √(4n6+1))n3/(2n3) = 1/2.

lim n → ∞  ( √(n2+3) – √(n2–2) )  è del tipo "∞–∞". Posso usare (a-b)(a+b) = a2-b2:

√(n2+3) – √(n2–2) =  (√(n2+3)–√(n2–2))(√(n2+3)+√(n2–2)) =  (n2+3) – (n2–2)
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√(n2+3) + √(n2–2) √(n2+3) + √(n2–2)

5  → 0  in quanto  √(n2+3) + √(n2–2) → ∞
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√(n2+3) + √(n2–2)

Sarebbe stato sbagliato arrivare a questa conclusione così:  la prima radice ha come argomento n2 più qualcosa di trascurabile; lo stesso vale per la seconda; quindi il tutto si comporta come n–n, e tende quindi a 0:
mentre di fronte ad un rapporto tra infiniti possiamo trascurare le componenti additive di ordine inferiore, lo stesso non possiamo fare nel caso di una differenza.
[usando la o-notazione, da √(n2+3)=√n+o(√n) e √(n2–2)=√n+o(√n) posso dedurre che √(n2+3) – √(n2–2) = 0 + o(√n), ossia solo che è trascurabile rispetto a √n: potrebbere convergere, ma non sappiamo a cosa, o divergere]

Ad esempio nel caso del terzo limite   √(n2+n) – √(n2–2),  pur essendo sia √(n2+n) che √(n2–2) infiniti del tipo  n + "termine trascurabile",  non si comporta come n-√n, ossia non tende a 0, ma tende a 1/2, come si può facilmente dimostrare (o controllare con una sperimentazione numerica):

√(n2+n) – √(n2–2) =  (√(n2+n)–√(n2–2))(√(n2+n)+√(n2–2)) =  (n2+n) – (n2–2)
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√(n2+n) + √(n2–2) √(n2+n) + √(n2–2)

n+2  → 1/2  (vedi metodi usati per la 1ª successione)
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√(n2+n) + √(n2–2)