Area
In Fisica e nella pratica per ottenere una misura approssimata per difetto di una lunghezza si conta quante volte si possono riportare (senza superare tale lunghezza) degli oggetti dalla forma di segmento assunti come unità, ad esempio il metro e : il centimetro, ottenuto suddividendo il metro in 100 segmenti uguali, il chilometro, ottenuto congiungendo 1000 metri,
. Analogamente, per ottenere un'approssimazione per difetto dell'area di una superficie, nei casi più semplici si può contare quante copie di oggetti di forma quadrata si possono inserire, senza sovrapposizioni, in tale superficie.
Ad esempio nel caso della superficie rettangolare riprodotta sotto a sinistra, avente i lati lunghi
Ma posso inserirvi anche 31 per 17 quadrati di lato 1 mm, ossia prendere 527 mm2 come approssimazione per difetto dell'area del rettangolo considerato. Poiché in 1 cm2 contiene esattamente 100 mm2 e 527/100 = 5.27, posso esprimere questa misura anche come 5.27 cm2, valore che potevo ottenere direttamente moltiplicando le approssimazioni per difetto ai centimetri (3.1 e 1.7) dei lati del rettangolo.
In Matematica, dove possiamo supporre di conoscere "esattamente", cioè con tutte le cifre che vogliamo, le lunghezze dei due lati, possiamo definire come area del rettangolo il prodotto di tali lunghezze: man mano che calcoliamo questo prodotto usando approssimazioni di queste con più cifre otteniamo come risultato una approssimazione via via migliore dell'area.
Del resto l'estensione delle operazioni tra numeri interi ad operazioni tra numeri reali si basa proprio sull'idea di trovare modelli matematici per alcune attività di tipo fisico: per sommare lunghezze nel caso dell'addizione e per valutare l'estensione di una superficie rettangolare nel caso della moltiplicazione. Abbiamo usato questa idea anche per illustrare questioni di
calcolo approssimato e per
motivare alcune proprietà algebriche.
Nel caso di un rettangolo avente lati lunghi 3.1
e 1.7
(in matematica le lunghezze sono numeri, senza unità di misura), possiamo quantificare via via anche la precisione delle misure: l'area è compresa tra 3·1= 3 e 4·2= 8, anzi tra 3.1·1.7= 5.27 e 3.2·1.8= 5.76, anzi
Consideriamo un parallelogramma (quadrangolo con lati a due a due paralleli) come composto da tante striscioline disposte parallelamente a uno dei lati, ad es. come se fosse realizzato con tante cannucce da bibita. Se facciamo scorrere le striscioline in modo che le loro estremità rimangano allineate, nel corso del movimento il parallelogramma cambia forma ma mantiene (per la proprietà additiva) la stessa area (la somma delle aree di tutte le striscioline). Indichiamo con l la lunghezza del lato che rimane fisso e con h la distanza tra la retta a cui esso appartiene e il lato opposto. Durante il movimento h non varia. | ![]() |
Possiamo, in particolare, trasformare (senza mutare l'area) il nostro paralleogramma in un rettangolo avente l e h come dimensioni. AreaParallelogramma = AreaRettangolo = l · h Nell'immagine soprastante il parallelogramma è diposto come se fosse appoggiato sul lato scelto. Se il parallelogramma fosse disposto diversamente potrei comunque posizionarmi (o ruotare il piano) in modo da vederlo appoggiato su tale lato, così da poter pensare l come "base" e h come "altezza" del parallelogramma. Con questa convenzione la formula precedente può essere riscritta come: AreaParallelogramma = Base · Altezza o: AreaParallelogramma = Lato · AltezzaRelativa dove con altezza relativa a un lato si intende la distanza tra retta a cui appartiene e il lato opposto ( ![]() |
Si può dimostrare che paralleogrammi con uguale base e uguale altezza hanno uguale area anche in un altro modo. Consideriamo prima due paralleogrammi come i seguenti A e B: con la traslazione di un triangolo posso trasformazione A in B: le due figure sono composte dalle stesse parti, per cui, per la proprietà additiva, hanno la stessa area.
Nel caso dei parallelogrammi W e B seguenti non posso procedere con una sola traslazione di un triangolo in quanto hanno l'inclinazione dei lati non orizzontali è molto diversa. Mediante un numero finito di traslazioni simili alla W A sotto illustrata posso comunque ricondurmi al caso precedente:
Consideriamo un triangolo come composto da tante striscioline disposte parallelamente a uno dei tre lati, ad es. come se fosse realizzato con tante cannucce da bibita. Se facciamo scorrere le striscioline in modo che le loro estremità rimangano allineate, nel corso del movimento il triangolo cambia forma ma mantiene la stessa area (la somma delle aree di tutte le striscioline). Indichiamo con l la lunghezza del lato che rimane fisso e con h la distanza tra la retta a cui esso appartiene e il vertice opposto. Durante il movimento h non varia. | ![]() |
Possiamo, in particolare, trasformare (senza mutare l'area) il nostro triangolo nel triangolo rettangolo pari a metà del rettangolo avente l e h come dimensioni. AreaTriangolo = AreaRettangolo / 2 = l · h / 2 Nell'immagine soprastante il triangolo è diposto come se fosse appoggiato sul lato scelto. Se il triangolo fosse disposto diversamente potrei comunque posizionarmi (o ruotare il piano) in modo da vederlo appoggiato su tale lato, così da poter pensare l come "base" e h come "altezza" del triangolo. Con questa convenzione la formula precedente può essere riscritta come: AreaTriangolo = Base · Altezza / 2 o: AreaTriangolo = Lato · AltezzaRelativa / 2 dove con altezza relativa a un lato si intende la distanza tra la retta a cui esso appartiene e il vertice opposto ( ![]() |
La forma di un triangolo, a differenza di quella dei quadrangoli, dipende solo dalla lunghezza dei suoi lati.
Quindi è possibile determinare l'area di un triangolo solo a partire da dalla lunghezza dei suoi lati. In moltissime situazioni procedere in questo modo è molto
più semplice che usare la formula "base·altezza/2". Di questo di discute più avanti.
Per determinare l'area del cerchio x2+ y2 = 1 (o meglio, x2+ y2 ≤ 1, dato che ci riferiamo anche ai punti interni) possiamo procedere sia direttamente approssimandola con unioni di quadretti, sia utilizzando opportunamente la proprietà additiva. Il primo metodo è illustrato nella figura a lato nel caso dei quadretti di lato 0.1 e per un quarto di cerchio; per gli altri tre quarti la situazione è analoga. Vi sono 67·4 = 268 quadretti contenuti, per cui 2.68 è una approssimazione per difetto; contando anche i quadretti a cavallo del bordo otteniamo 86·4 = 344 quadretti, per cui 3.44 è una approssimazione per eccesso. | ![]() | |
Sotto è riportato che cosa si otterrebbe suddividendo ulteriormente i quadretti: | ||
|
I valori precedenti sono stati ottenuti col seguente programma, redatto in R, nel quale per contare i quadretti contenuti si è valutato per ciascuno di essi se il vertice più lontano dista al più 1 da (0,0), per contare anche quelli che stanno sul bordo si è valutato se il vertice più vicino dista meno di 1 da (0,0).
P <- function(n) { min <- 0; mag <- 0; L <- 1/n for(i in 0:n) for(j in 0:n) { x <- i*L; y <- j*L; d <- x*x+y*y; if(i > 0 & j > 0 & d <= 1) min <- min+1; if(d < 1) mag <- mag+1 } A1 <- min/n^2*4; A2 <- mag/n^2*4; c(A1, A2) } P(10) # 2.68 3.44 P(100) # 3.1016 3.1796 P(1000) # 3.137548 3.145520 P(2000) # 3.139586 3.143579 |
Dalle uscite si può congetturare che l'area sia π.
Usando la proprietà additiva si poteva pensare il cerchio come l'unione del triangolo equilatero
inscritto A sotto raffigurato, e dei triangoli isosceli B inscritti nelle 3 parti non coperte da A, e dei triangoli isosceli inscrivibili nelle 6 parti non coperte neanche da B (quelli che sono stati aggiunti per ottenere la figura sotto al centro),
:
Con la prima unione, in pratica, si passa da un triangolo equilatero a un esagono regolare (ossia con lati e angoli uguali), con la successiva si passa a un dodecagono regolare (raffigurato sopra al centro), poi a un poligono regolare a 24 lati, a 48 lati,
che tende a coincidere col nostro cerchio.
Per calcolare l'area di uno di questi n-agoni basta (sempre per la proprietà additiva) calcolare l'area di uno degli n triangoli aventi un vertice nel centro in cui può essere scomposto l'n-agono e moltiplicarla per n. Sopra è illustrato come calcolarla nel caso del dodecagono: se considero come base il lato opposto al centro, i triangoli hanno base = 2·sin(15°) e altezza = cos(15°), e quindi area = sin(15°)·cos(15°). L'area del dodecagono è quindi 12·sin(15°)·cos(15°).
Più in generale l'n-agono ha area n · sin(360°/(2n)) · cos(360°/(2n)).
Con un programma (ma si potrebbe benisimmo usare una semplice calcolatrice) si può, ottenere la successione di approssimazioni sotto riportata a sinistra (le uscite, arrotondate a 7 cifre, si stabilizzano rapidamente).
N.lati Area 3 1.299038 6 2.598076 12 3 24 3.105829 48 3.132629 96 3.13935 192 3.141032 384 3.141453 768 3.141558 1536 3.141584 3072 3.141591 6144 3.141592 12288 3.141593 24576 3.141593 | P <- function(n) n*sin(pi/n)*cos(pi/n); v <- 13 n <- 3; for(i in 1:v){n <- n*2; print(c(n,P(n)))} | |
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Anche con questo metodo otteniamo valori che ci suggeriscono di congetturare che l'area sia π.
La illustrazione sopra a destra spiega come convalidare questa congettura: il dodecagono considerato nell'illustrazione precedente può essere scomposto in 12 triangoli uguali, che possono essere trasformati in triangoli di uguale base e uguale altezza tali che la loro unione formi un triangolo della stessa altezza e avente come base il perimetro del poligono. Questo triangolo ha la stessa area del poligono. Posso ripetere questa trasformazione per ogni n-agono (a 24, 48,
lati). Man mano che raddoppio i lati del poligono la base di tale triangolo tende a coincidere con la lunghezza del cerchio (2π) e la sua altezza tende a coincidere con il raggio di esso (1), quindi tende a diventare un triangolo che ha area (2π·1)/2 = π.
Per inciso, ricordiamo che l'altezza degli n triangoli uguali in cui può essere scomposto un n-agono regolare (cioè la distanza dei lati dal centro) viene chiamata apotema.
Per quanto osservato sopra, essa vale
La determinazione dell'area di una figura approssimandola man mano meglio con una successione di poligoni che hanno i vertici sul suo contorno è chiamata metodo di esaustione. Il metodo è molto antico (risale a vari secoli avanti Cristo) ma il suo nome (dal verbo esaurire) risale al 1647.
Si può anche ricavare l'area del cerchio in un modo più rapido (che è bene comunque si affianchi alle considerazioni precedenti, che consentono di introdurre considerazioni sui poligoni regolari) come quello utilizzabile nella scuola di base richiamato qui.
Alla voce
trasformazioni geometriche si è già osservato che le trasformazioni di scala moltiplicano le aree per il prodotto dei due fattori di scala: se una figura contiene Q quadratini, trasformandola ad esempio con la scala orizzontale H (le x vengono moltiplicate per H), l'area di ogni quadratino viene moltiplicata per H e quindi anche l'area della figura viene moltiplicata per H; se la figura subisce anche una trasformazione di scala verticale di fattore K, alla fine la sua area viene moltiplicata per H·K.
Un aspetto collegato è che se voglio esprimere in cm2 un'estensione di 4 m2 non devo moltiplicare 4 per 100 (il fattore di scala tra centimetri e metri) ma per 1002 = 10000 (il numero di cm2 che stanno in un m2).
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Se di un triangolo conosco i vertici, posso facilmente determinarne l'area nel modo illustrato a lato: come differenza dell'area di due trapezi, di cui, come abbiamo visto, so calcolare l'area facilmente. |
Ecco una generalizzazione: il calcolo dell'area di un poligono a partire dalle coordinate dei suoi vertici. Riferendomi alla figura seguente, penso il poligono come ABCD come la figura HMABC a cui venga sottratta la figura MADCH, figure entrambe pensabili come unioni di trapezi:
Se
A = (11,8), B = (3,13), C = (1,3) e D = (7,8), facendo i calcoli tenendo conto che le "basi" sono date dalle ordinate e le "altezze" dai Δx, ottengo:
Area =
Volendo, potevo prima manipolare simbolicamente la formula ottenendo:
Area =
(
xA(yB-yD) +
Questa formula per il calcolo dell'area (che ho ottenuto pensando il poligono sopra all'asse x) non cambia valore se traslo il poligono verticalmente, ossia se vario dello stesso numero tutte le y; infatti
In modo ovvio posso estenderla per calcolare l'area di un generico poligono P1P2
Pn (con i vertici elencati in senso antiorario):
Area = ( (y1+y2)(x1-x2) + (y2+y3)(x2-x3) +
+ (yn+y1)(xn-x1) ) / 2
Area = ( x1(y2-yn) +
Ovviamente, la formula precedente vale anche se scambio le "x" con le "y": se ribalto la figura attorno alla bisettrice del primo quadrante non ne cambio l'area.
I calcoli sono fattibili facilmente con R. Vediamo il caso del poligono precedente:
x <- c(11, 3,1,7)
y <- c( 8,13,3,8)
n <- length(x); area <- (y[n]+y[1])*(x[n]-x[1])
for (i in 1:(n-1)) area <- area + (y[i]+y[i+1])*(x[i]-x[i+1]); area <- area/2
area
[1] 35
Qui come calcolare l'area della penisola italiana
I calcoli sono fattibili anche da rete usando questo semplicissimo script:
Vedi qui per calcolare, con una formula simile, il centroide di un generico poligono.
Vedi qui e qui come fare calcoli simili una volta azionato source("http://macosa.dima.unige.it/r.R").
L'estensione di un triangolo dipende dalle dimensioni dei suoi lati. Oltre
che trovare l'area facendo "base·altezza/2" (o usando, come appena visto, le coordinate dei suo vertici) posso trovarla
con una formula che dipende dalle misure a, b, c dei lati. Senza dimostrarla, ricordiamo che essa è
Area =
• se c²=a²+b², √( (a+b+c)·(a+b−c)·(a−b+c)·(−a+b+c) )/4 =
√( ((a+b)²−c²)·(c²−(a−b)²)) )/4 = √(2ab·2ab)/4 = a·b/2
Da essa possiamo ricavare direttamente, in altro modo, la formula per l'area del triangolo equilatero:
• se a=b=c=L, √( (a+b+c)·(a+b−c)·(a-b+c)·(−a+b+c) )/4 = √( 3·L·L·L·L )/4 = √3/4·L²
Qui trovi come usare il comando AREAT per fare rapidamente questo calcolo
con R, dopo aver azionato
Esercizi: testo e soluzione, testo e soluzione, testo e soluzione, testo e soluzione.