Proprietà delle funzioni continue e di quelle derivabili

#1  Richiami sulle funzioni continue
    Abbiamo visto che una funzione F viene detta continua in un intervallo [a, b] se all'infittire degli input in esso i corrispondenti output si possono infittire a piacere, ossia se fissato ε si può trovare δ tale che, se x' e x" stanno in [a, b] e distano meno di δ, allora F(x') e F(x") distano tra di loro meno di ε:  ∀ε > 0 ∃δ > 0 (|x' - x"| < δ ==>  |F(x') - F(x")| < ε).
    Possiamo definire F continua in (a, b) (intervallo i cui estremi, a e b, non appartengono ad esso) imponendo che sia continua in ogni intervallo [c, d] contenuto in (a, b).
    Oppure potremmo definire F continua in (a, b) se, presi comunque x1 e x2 in (a, b), per ogni valore k compreso tra F(x1) e F(x2), il grafico di F interseca la retta y = k in almeno in un punto.

    In alternativa potremmo definire F continua nel punto p se p sta in un intervallo in cui è definita F e F(x) → F(p) per x →p. Abbiamo già osservato che si potrebbe dimostrare che se questa condizione è verificata per ogni p contenuto in un intervallo allora F è continua in esso. Noi, qui, per semplicità, evitiamo di dimostrare questa implicazione.

    Abbiamo anche visto che ( limite) sommando, sottraendo, moltiplicando, dividendo (dove il secondo termine non tenda a 0) o ( limite) componendo funzioni continue si ottiene una funzione continua.

    A lato è raffigurata, parzialmente, la funzione f così definita:
f(x) = x  se x < 0,    f(x) = x2  se 0 ≤ x ≤ 1,
f(x) = 2/x  se 1 < x < 2,   f(x) = x − 1  se x ≥ 2
    Essa è definita in IR, è continua in (−∞,1] e in (1,∞), ma non è continua in tutto IR:  f(1) = 1 ≠ 2 = lim x → 1+ f(x).  Se prendiamo un intervallo contenente 1 sufficientemente piccolo, ad esempio J = (0, 1.5), abbiamo che f(J) = (0, 1] U [4/3, 2):  l'immagine mediante f di esso non è un intervallo.
    Invece si può dimostrare che se una funzione f è continua in un intervallo I allora
  l'immagine f(I) è un intervallo
   

e se I è un intervallo [a,b], chiuso e limitato, allora
  l'immagine f(I) è un intervallo chiuso e limitato.

        La figura a fianco illustra diverse situazioni del primo caso:  una funzione definita su un intervallo (a, b) aperto e che ha come immagine un intervallo (k, h) anch'esso aperto;  se si estende il dominio ad (a, c) l'immagine diventa l'intervallo [0, h), aperto da un lato e chiuso dall'altro;  se come dominio si prende (b, d) l'immagine diventa l'intervallo chiuso [0, j].
    Nel secondo caso, in cui il dominio è sempre chiuso e limitato, abbiamo invece che l'immagine è anch'essa sempre un intervallo chiuso e limitato:  se pensiamo l'intervallo [a, b] con gli estremi appartenenti al dominio della funzione otteniamo che l'immagine è l'intervallo chiuso e limitato [k, h];  e, ovviamente, anche se prendo [a, c] ho che l'immagine, [0, h], è un intervallo chiuso e limitato.

    Entrambi i teoremi, noti anche, rispettivamente, come "del valore intermedio" (in quanto assicura che se y e z stanno nell'immagine di f vi deve stare anche ogni valore tra essi compreso) e come "di Bolzano-Weierstrass" (dai matematici che indipendentemente, uno un po' prima l'altro un po' dopo il 1850, lo dimostrarono), sono abbastanza intuitivi. [Chi vuole può vederne una dimostrazione qui. A volte il secondo teorema è chiamato solo "di Bolzano" ed è formulato in un modo diverso, ma equivalente]

#2  Richiami sulle funzioni derivabili
    Abbiamo visto sopra un esempio di funzione continua attorno a 0 e attorno a 2 senza essere derivabile né in 0 né in 2.  Altri esempi di funzioni continue in un intervallo senza essere ivi derivabili li abbiamo visti alla voce derivata,  dove abbiamo visto anche un esempio di funzione derivabile ovunque senza che la derivata sia continua in tutto il dominio.
    Gli stessi esempi ci hanno fornito anche situazioni in cui una funzione ha un punto di estremo (di massimo o di minimo) senza che ivi essa sia derivabile, e la derivata sia nulla.
    Alla stessa voce abbiamo visto anche che (se k è una costante e g ed f sono funzioni) D(kf) = kD(f)  e  D(f+g) = D(f)+D(g)
    Richiamiamo, ora, altre proprietà.

#3   x → x2 = x·x  non ha come pendenza il prodotto della pendenza di x → x per sé stessa, che sarebbe 1·1 = 1, ma, come abbiamo visto alla voce derivatax → 2x.  Quindi:  NOT ∀f ∀g  Dx(f(x) · g(x)) = Dx(f(x)) · Dx(g(x))
    Che relazione c'è tra la pendenza di una funzione e quelle delle funzioni di cui è il prodotto?
   f(x+Δx)·g(x+Δx) =
   (f(x) + f'(x)·Δx + o(Δx)) (g(x) + g'(x)·Δx + o(Δx)) =
   f(x)·g(x) + f'(x)g(x)·Δx + f(x)g'(x)·Δx + o(Δx) =
   f(x)·g(x) + ( f'(x)g(x) + f(x)g'(x) ) Δx + o(Δx)    Concludendo:

D(f·g) = D(f)·g + g·D(f)  ovvero:  Dx(f(x)g(x)) = f '(x)g(x) + f(x)g'(x)

Nota.  Le formule precedenti sono vere nel loro dominio, ovvero dove tutte le funzioni sono definite. In particolare possono non esistere D(f)(x) e D(g)(x) ed esistere D(f·g)(x).  Esempio:
f(x) = g(x) = |x|;  f e g non sono derivabili in 0 mentre f·g, che a x associa |x|·|x| = x2, è derivabile in 0.
Esercizio:  testo e soluzione

#4   In accordo con quanto visto alla voce derivata per Dx(1/x2) abbiamo:

D(1/f) = −D(f)/f2  ovvero:  Dx(1/f(x)) = −f'(x)/f(x)2

Infatti:  0 = D(x → 1) = D(f·(1/f)) = D(f)·(1/f) + f·D(1/f)  da cui  D(1/f) = ...
Esercizio:  testo e soluzione

#5   Dalle due precedenti formule abbiamo che:

D(f/g) = (D(f)·g − f·D(g)) / g2  ovvero:  Dx(f(x)/g(x)) = (f'(x)g(x) - f(x)g'(x)) / g(x)2

Infatti:  D(f/g) = D(f·(1/g)) = D(f)(1/g) + f·D(1/g) = D(f)/g − f·D(g)/g2 = ( D(f)·g − f·D(g) ) / g2
Nota.  Anche in questo caso possono non esistere D(f)(x) e D(g)(x) ed esistere D(f/g)(x).  Ad esempio se  f(x) = g(x) = |x|+1,  f e g non sono derivabili in 0 mentre f/g, che a x associa 1, lo è.
Esempio:  Dx(x/(x2+1)) =  (Dx(x)(x2+1) − xDx(x2+1)) / (x2+1)2  =  (1−x2)/(x2+1)2
Esercizio:  testo e soluzione

#6   Per quanto riguarda la composizione di funzioni abbiamo:

D(f(g(.)) = D(f)(g)·D(g)  ovvero:  Dxf(g(x)) = f '(g(x))·g'(x)

Infatti in  x → g(x) = t → f(t) = f(g(x))  abbiamo prima g che moltiplica la variazione dell'input x per g'(x),  poi f che moltiplica la variazione dell'input t = g(x) per f'(t), ossia per f '(g(x));  in tutto la variazione dell'input x viene moltiplicata per f '(g(x))·g'(x).  [Chi vuole può vederne una dimostrazione formale qui]
Nota.  Può non esistere D(g)(x) ed esistere D(f(g(.))(x):   f(x) = x2,  g(x) = |x|,  f(g(x)) = |x|2 = x2.
Esempio:  dimostriamo, come annunciato alla voce derivata, che  Dx(xα) = α·xα-1:
Dx(xα) = Dx(exp(log(xα))) = Dx(exp(α·log(x))) = D(exp)(α·log(x))·Dx(α·log(x)) = exp(α·log(x))·α·1/x = xα·α/x = α·xα-1
Esercizio:  testo e soluzione

#7   Infine, se g è la funzione inversa di f, abbiamo:

D(g) =  1   ovvero:   g'(x) =  1    se  y = g(x)
———— ——
D(f)(g(.)) f'(y)

Infatti  g  ha come grafico la figura che si ottiene dal grafico di  f  scambiando tra loro ascisse e ordinate, quindi la pendenza di  g  in  (x, g(x)), ossia  D(g)(x), è il reciproco della pendenza di  f  in (g(x), x)), ossia  1/D(f)(g(x)).

Abbiamo già usato la regola implicitamente per trovare la derivata di  √ :
  Dx(√x) = 1/Dy(y2) = 1/(2y) = 1/(2√x) = 1/2 x–1/2
e quella di log:
  Dx(log(x)) = 1/Dy(ey) = 1/ey = 1/x
Esercizio:  testo e soluzione

    

#8  Altro sulle funzioni derivabili
    Vediamo alcuni esempi che possono essere utili per non dare per scontate alcune proprietà che, come vedremo, non è detto che siano verificate.
    Il primo esempio richiama il fatto che una funzione f  (nel nostro caso f(x) = x·sin(1/x) per x ≠ 0, f(0) = 0, che oscilla tra  g(x) = x  e  h(x) = −x)  può essere continua in un intervallo e non essere derivabile solo in un punto interno ad esso.  Un esempio simile, già discusso in precedenza, può essere visto qui.

    Il secondo esempio, x → x2·sin(1/x), 0 → 0, raffigurato sotto a sinistra, illustra una funzione con derivata che è nulla in 0 senza essere continua in 0:  f '(x) per x → 0 non ha limite, ma f '(0) esiste.

    Il terzo esempio, x → x+2x2·sin(1/x), 0 → 0, raffigurato sopra a destra, illustra una funzione con derivata positiva in 0 ma non crescente in intervalli contenenti 0.  Qui si può trovare un esempio analogo, discusso più a fondo.

#9   È facile vedere che se F è costante in un intervallo allora la sua derivata è ivi nulla:  F(x+Δx) − F(x) = 0.  È altrettanto facile verificare che se è crescente, e derivabile, in un intervallo allora la derivata è non negativa  F(x+Δx) − F(x) ≥ 0 quando Δx ≥ 0. 
    Non sono così ovvie le implicazioni inverse, anche se le abbiamo già utilizzate, con giustificazioni intuitive, in voci precedenti: derivata.
    Esse possono essere ottenute come conseguenze del teorema del valor medio o dell'incremento finito (o di Lagrange, matematico, ed altro, nato a Torino nel 1736 e morto a Parigi nel 1813), che afferma che se F è continua in [a, b] e derivabile in (a, b), allora esiste almeno un punto c in (a, b) in cui il grafico di F ha la stessa pendenza del segmento che congiunge gli estremi del grafico di F:

D(F)(c) = (F(b) − F(a)) / (b − a)   
    Ecco, a destra, un caso in cui di tali c ne esistono 2.
    Il nome "teorema del valor medio" deriva dal fatto che, nel caso in cui s(t) rappresenti la strada complessivamente percorsa all'istante t da un mezzo, s'(t) rappresenta la velocità all'istante t, mentre  (s(b)-s(a)) / (b-a)  esprime la velocità media del mezzo tra gli istanti a e b,  per cui il teorema asserisce che
esiste almeno un istante c compreso tra a e b in cui il mezzo aveva velocità uguale alla velocità media tenuta nell'intervallo di tempo [a, b].

    La dimostrazione del teorema del valor medio, a dispetto del suo contenuto intuitivo, non è affatto banale, e la tralasciamo (essa è usualmente dimostrata come conseguenza del teorema di Rolle, che non è altro che il caso particolare del precedente teorema quando F(a) = F(b) - Rolle, francese, uno dei fondatori dello studio delle derivate, è vissuto tra il 1652 e il 1719).  Da esso possiamo facilmente dedurre le considerazioni iniziali:
 •  se D(F)(x) = 0 per ogni x, deve essere F(b)-F(a) = 0 ovunque, ossia F deve essere costante;
 •  se D(F)(x) ≥ 0 per ogni x, deve essere F(b)-F(a) ≥ 0 se b > a; e, ovviamente:
 •  se D(F)(x) ≤ 0 per ogni x, deve essere F(b)-F(a) ≤ 0 se b > a.

Abbiamo, inoltre, che:
 •  se D(F)(x) > 0 [o D(F)(x) < 0], tranne in qualche punto isolato in cui la derivata è nulla, F è strettamente crescente [decrescente] per ogni x.

Esercizio:  testo e soluzione

#10   Si può dimostrare anche che se,  per x → α,  f(x) e g(x) sono entrambe infinitesimi o entrambe infiniti, e f '(x)/g'(x) ha limite,  anche f(x)/g(x) ha lo stesso limite.  Questo risultato è noto come regola de L'Hopital, dal nome del francese Guillaume Francois de L'Hopital che lo enunciò, nel 1696, nel primo manuale sistematico di analisi matematica ( derivata);  il risultato, di qualche anno precedente, è dovuto a Johann Bernoulli.  Questa proprietà è abbastanza intuitiva, e la illustreremo con alcuni esempi, rinviando a questo sito la sua dimostrazione (per il caso più evidente, ossia quello del rapporto tra infinitesimi).

    Partiamo da un limite che sappiamo già calcolare ( infiniti e infinitesimi):  lim x → 0 sin(x)/x. È il rapporto tra due funzioni infinitesime; vediamo come studiarlo usando questa regola.  Il rapporto tra le derivate è cos(x)/1 che, per x → 0, tende a 1. Questo è dunque anche il limite del rapporto tra le due funzioni iniziali.

    Un altro esempio facile, già studiato in altri modi ( funz. esponenziale e logaritmo), è  lim x → ∞ ex/x.  È il rapporto tra due funzioni infinite.  Il rapporto tra le derivate è ex/1 che, per x → ∞, tende a ∞.  Questo è dunque anche il limite del rapporto tra le due funzioni iniziali.

    Un altro esempio:  lim x → 0+ √x / (1 − e2√x).  È il rapporto tra due infinitesimi.  Pongo t = √x.  Mi riconduco a  lim t → 0+ t / (1 − e2t).  Uso la regola de L'Hopital studiando  1 / −2e2t, che tende a −1/2.  Questo è il limite cercato.

    Occorre stare attenti a non usare questa regola a sproposito.  Ad esempio di fronte a  lim x → 1 (3x2−2x−1)/(x2−x), che è del tipo "0/0", uno potrebbe ricondursi a:  lim x → 1 (6x−2)/(2x−3),  e quindi a:  lim x → 1 6/2  e concludere che il limite è 3, mentre la seconda applicazione della regola de L'Hopital non è corretta in quanto  (6x−2)/(2x−3) non è indeterminato per x → 1, ma tende a −4.  Altro esempio (e commento).

Esercizi (svolgibili sperimentalmente e teoricamente):  testo e soluzione,   testo e soluzione.

#11   Osserviamo che, nel caso di una funzione f definita in un dominio contenente un intervallo (a, c], si dice  derivata (da) sinistra di f in c  l'eventuale limite finito  lim h → 0− (f(c+h)−f(c)) / h  (ovvero il lim h → 0+ (f(c)−f(c−h)) / h), che viene indicato  D(f)(c)  o  f '(c).
    Se f è definita in un dominio contenente un intervallo [c, b) si dice  derivata (da) destra di f in c  l'eventuale limite finito  lim h → 0+ (f(c+h)−f(c)) / h, che viene indicato  D+(f)(c)  o  f '+(c).
    Ad esempio della funzione x → |x| già considerata ( derivata) possiamo dire che la sua derivata da destra in 0 è 1 e che quella da sinistra è −1 (non esiste, quindi, la derivata della funzione in 0, altrimenti le derivate da destra e da sinistra, che esistono, dovrebbero coincidere).

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