Figure (2)
Consideriamo alcune figure della geometria piana euclidea.
La semiretta di
origine A e direzione α è l'insieme
dei punti che possono essere ottenuti da A con traslazioni di
direzione α. Intuitivamente, è la figura generata da un punto che parte da una posizione fissata e prosegue (oltre ogni limite) in una direzione fissata.
Potremmo anche dire, equivalentemente, che è una semiretta ogni figura "uguale" alla parte "non negativa" dell'asse x
Se B è un altro
punto della semiretta, possiamo chiamarla anche semiretta AB
(la direzione è quella del vettore AB). Il segmento
AB è l'insieme dei punti ottenibili da A con traslazioni di modulo
minore o uguale a d(A,B); intuitivamente, è la figura generata da un punto che parte da una posizione
fissata e prosegue in una direzione fissata fino a raggiungere una certa distanza dalla posizione iniziale.
Questa distanza viene chiamata lunghezza del segmento, e a volte indicata con
(solo se A e B coincidono, ossia se il segmento si riduce ad un punto, la lunghezza di AB è nulla e, ovviamente,
la direzione da A a B non è fissata).
Il suo punto medio, generalizzando quanto visto per gli intervalli,
è il punto di esso equidistante dagli estremi, ossia
Potremmo anche dire che è un segmento ogni figura "uguale" a un intervallo limitato dell'asse x, ossia ottenibile ruotando e traslando intervalli limitati dell'asse x.
Dati
una semiretta a e un numero φ, con 0° ≤ φ ≤ 360°,
l'unione delle semirette ottenute da a con rotazioni
antiorarie attorno all'origine di a di ampiezza minore o
uguale a φ viene chiamata angolo ab (e indicata
L = d(A,B) è la lunghezza
del segmento AB, A e B ne sono gli estremi.
φ è l'ampiezza
dell'angolo ab, a e b ne sono i lati.
Se φ = 0° (angolo nullo, ridotto a una semiretta) o φ = 360° (angolo giro, pari a tutto il piano) i lati dell'angolo coincidono; quando i lati coincidono occorre specificare quale, tra 0° e 360°, si considera come ampiezza.
Nota. I movimenti piani conservano, oltre alle distanze, anche le ampiezze angolari. Infatti le traslazioni non modificano le direzioni delle semirette, mentre le rotazioni le modificano tutte della stessa quantità. Lo stesso accade per le simmetrie (che, però, invertono l'ordine con cui devono essere considerati i lati).
I seguenti disegni richiamano altre definizioni (alcune sono precisate più avanti):
Rette con la stessa
inclinazione si chiamano parallele. Rette con
inclinazioni che differiscono di 90° si chiamano perpendicolari. Il fatto che due rette r e s siano parallele e quello che siano perpendicolari sono spesso indicati con, rispettivamente,
Ogni retta con inclinazione
diversa da 90° è descrivibile come il grafico di una
funzione del tipo
Due funzioni lineari con pendenze p1 e p2 hanno grafici paralleli quando p1 = p2. Hanno grafici perpendicolari quando p1 = 1/p2: infatti (vedi figura sopra a destra) la funzione che trasforma un punto nel suo ruotato di 90° attorno a (0,0) scambia i valori assoluti di x e y e cambia il segno della prima coordinata.
Due insiemi di oggetti matematici vengono detti incidenti se hanno "almeno" un oggetto in comune. In particolare, due segmenti, semirette o due rette, o due figure in generale, sono incidenti se hanno almeno un punto in comune. Nel caso di due semirette S e T col vertice in comune, si chiama angolo di incidenza l'angolo ∠ST; se S e T coincidono, l'angolo è nullo (in alcuni manuali, erroneamente, si mette la condizione che il punto sia "esattemente" uno, perdendo il caso degli angoli nulli; controllate la definzione che usa il libro, per interpretare correttamente ciò che in esso si intende dire). Il termine deriva dal verbo latino incidere, che significava cadere; ne fece uno dei primi usi Galileo chiamando incidente un raggio di luce che incontra una superficie e punto di incidenza il punto di incontro.
Gli
altri poligoni ( "figure dai molti angoli", dalle parole greche polís, molto, e gonia, angolo) sono ottenibili a partire da un
triangolo mediante successive, opportune, unioni di nuovi triangoli:
dato un n-agono (ABCD nel disegno soprastante) si ottiene un n+1-agono se si unisce un triangolo che abbia
in comune con esso solo un lato (AD) e abbia l'altro vertice (E) non allineato con i lati "vicini" (AB e DC); i lati del nuovo poligono sono n+1: i lati del vecchio poligono e quelli del triangolo escluso il lato comune; gli n+1 angoli sono gli n-2 angoli del vecchio poligono (vertici B e C) e l'angolo del triangolo (E) non delimitati dal lato comune, e i due nuovi angoli ottenuti unendo i rimanenti angoli del vecchio poligono e del triangolo (vertici A e D).
Richiamiamo che cosa sono alcuni particolari tipi di poligono. I rettangoli possono essere definiti, oltre che nel modo accennato alla voce figure (1) (come frutto di rotazioni di rettangoli a lati paralleli agli assi o come quadrangoli con gli angoli retti), anche come generati da un segmento che viene traslato perpendicolarmente a sé stesso: l'unione dei segmenti ottenibili da un segmento dato l traslandolo con vettori di modulo minore o uguale ad un numero fissato h e aventi come direzione una delle due direzioni perpendicolari al segmento (l e h vengono a volte chiamati "base" e "altezza" del rettangolo). I parallelogrammi, oltre che come quadrangoli con i lati a due a due paralleli, possono essere descritti come le figure generate da un segmento che viene traslato con vettori di direzione fissata (non parallela al segmento) e modulo minore o uguale ad un numero fissato. I rombi sono quadrangoli con i lati uguali. I quadrati, oltre che nel modo accennato alla voce figure (1) (ottenibili traslando e ruotando figure di equazione
I trapezi sono quadrangoli con una coppia di lati paralleli. I triangoli [e i trapezi] sono detti triangoli [trapezi] rettangoli se hanno un angolo retto e isosceli ("con i gambi uguali", dalle parole greche ísos, uguale, e skélos, gambo) se hanno due lati [non consecutivi] uguali.
In tutti e questi i tre casi ad essere rigorosi avremmo dovuto aggiungere "almeno" davanti a, rispettivamente, "una coppia di lati paralleli", "un angolo retto" e "due lati uguali"
per esplicitare il fatto ve ne possono essere altri.
Infatti tra i triangoli isosceli vengono considerati in particolare quelli equilateri (che hanno 3 lati uguali),
tra i trapezi vengono considerati anche i parallelogrammi (che hanno due coppie di lati paralleli)
e tra quelli rettangoli vengono considerati anche i rettangoli (che hanno 4 angoli retti - e comunque ogni trapezio rettangolo ha almeno 2 angoli retti).
In genere, in una definizione, quando si vuole precisare che vi sono N elementi con una certa proprietà e non ve ne sono altri,
si dice "esattamente N". Vengono detti triangoli scaleni quelli che hanno i lati diversi
l'uno dall'altro.
Note. | ||
Esistono anche diverse interpretazioni dei termini poligono e cerchio, a seconda che si considerino solo il contorno o anche i punti interni. Anche qui a volte le due parole sono usate in entrambi i modi: in genere dal contesto si capisce quando ci si riferisce solo al contorno o anche ai punti interni. Osserviamo che c'è chi, considerando parte del "cerchio" anche i punti interni, usa la parola circonferenza per indicare ciò che qui abbiamo definito come cerchio (noi la useremo per indicare la lunghezza del cerchio, come del resto si fa nel linguaggio comune e nel linguaggio scientifico internazionale); a volte, per indicare il contorno del cerchio si usa anche la parola circolo. | ||
Nel linguaggio comune si dice che (vedi fig. a sinistra) muovendosi da A e B verso il punto P si va nella stessa direzione: si è diretti verso la stessa meta. In matematica invece le due traiettorie (ossia le semirette s e t) vengono considerate di direzione diversa, mentre si considerano ugualmente dirette solo traiettorie come s e q. | ||
Mentre in matematica con angolo si intende una parte illimitata di piano, nel linguaggio comune con questa parola si indica una zona dell'angolo vicina al vertice: quando si dice «la sedia che sta in quell'angolo» ci si riferisce a quella che è vicina al vertice di esso (ogni altra sedia che sta nella stanza - se questa non ha una forma "strana" - sta in quell'angolo). Si noti che la parola stessa lato in matematica è usata con un significato quando è riferita a un poligono (indica un segmento) e con un altro quando è riferita a un angolo (indica una semiretta). | ||
Abbiamo definito il triangolo come la parte di piano “spazzata" da un segmento con un estremo fissato su un vertice e l'altro che si sposta sul segmento che ha per estremi gli altri due vertici. Se avessimo scelto in maniera diversa l'estremo fissato (vedi immagine a lato) avremmo ottenuto la stessa figura? Come si vede nell'immagine, ogni punto U della figura generata nel modo illustrato a sinistra (che sta sulla semiretta AU) fa parte anche della figura generata nel modo illustrato a destra (sta anche sulla semiretta CU). Analogamente, facendo riferimento alla definizione di poligono, si può osservare che lo stesso poligono può essere costruito unendo triangoli diversi. |
Il cerchio di
centro C e raggio r è l'insieme dei punti che distano r
da C:
{ P : d(P,C) = r } =
{ (x,y) : (x xC)2 + (y yC)2 = r 2 }
Tutti i cerchi sono comunque
ottenibili dal cerchio di centro (0,0) e raggio 1, cioè di
equazione x2+y2=1, componendo trasformazioni di
scala monometriche e traslazioni.
Le ellissi sono le figure ottenibili dallo stesso cerchio componendo movimenti piani e trasformazioni di scala anche non monometriche.
A lato (disegno a sinistra) è illustrato come dal cerchio x2+y2=1 (α) è ottenibile il cerchio β con una trasformazione di scala monometrica (di fattore 4) e, poi, il cerchio γ con una traslazione (di vettore (4,3)). | ||
A destra è illustrata la generazione delle ellissi β (con una trasformazione di scala fattori 5 e 3) e, poi, γ (con una traslazione di vettore (4,4) seguita da una rotazione attorno a (4,4) di 30°). |
Qualche figura con R
Le figure di equazione y = ax2 (con a numero reale diverso da 0) e quelle ottenute da esse con movimenti piani vengono chiamate parabole. Il disegno sotto a sinistra illustra una possibile generazione della parabola γ: la parabola y=2x2 (α) viene traslata con Δx = 3, Δy = 1 (ottenendo β) e infine ruotata di 240° attorno alla nuova posizione del vertice, cioè del trasformato del punto (0,0) della parabola iniziale.
Le figure di equazione y = a/x
e tutte quelle ottenute da esse con movimenti piani vengono chiamate
iperboli equilatere. Sono tali α (y=1/x) e β (ottenuta da α con una rotazione di 45°) nel
disegno sopra a destra (altri esempi: , ).
I due "rami" che compongono una iperbole equilatera tendono a spiaccicarsi su due rette perpendicolari.
Si chiamano iperboli anche le figure ottenute applicando
trasformazioni di scala non monometriche (la figura γ nel disegno, ottenuta da β con una trasformazione di scala che lascia immutate le x e moltiplica le y per 3/4);
queste figure tendono a spiaccicarsi su due rette non perpendicolari (le rette su cui tende a spiaccicarsi un'iperbole, o un altro tipo di curva, vengono chiamate asintoti).
Al posto di iperbole equilatera si usa spesso l'espressione iperbole rettangola, che meglio richiama il fatto che si tratta di una iperbole ad asintoti perpendicolari (nel caso dei poligoni l'aggettivo "equilatero" indica l'equaglianza dei lati, qui
la eguaglianza di due particolari segmenti che intervengono in un metodo per tracciare le iperboli che verrà discusso in una successiva voce).
Sia i cerchi, che le parabole e le iperboli equilatere sono figure tutte tra loro simili.
La figura a lato illustra la trasformazione di scala monometrica di fattore 2 di un cerchio e di una parabola. Le nuove figure sono meno "appuntite" ma hanno la stessa
forma. La parabola y = ax2 si ottiene da y = x2 con la scala |
Ellissi, parabole e iperboli sono tutte figure simmetriche, cioè
dotate di assi di simmetria: rette rispetto alle quali possono essere "ribaltate" senza cambiare aspetto, ossia rispetto alle quali sono simmetriche
di sé stesse
Ogni retta è simmetrica (oltre che rispetto a sé stessa) rispetto a una qualunque retta ad essa perpendicolare.
Ogni segmento è simmetrico (oltre che rispetto alla retta a cui appartiene) rispetto alla retta perpendicolare che passa per il suo punto medio
(che viene in genere chiamata semplicemente asse del segmento). Ogni angolo è simmetrico rispetto alla bisettrice, ossia
alla retta che lo divide in due angoli di uguale ampiezza. L'ellisse ha 2 assi di simmetria; se è un cerchio ne ha infiniti. L'iperbole ne ha 2, la parabola 1. Il rettangolo e il rombo ne hanno 2; se sono quadrati ne hanno 4. I poligoni regolari, ossia con lati e angoli uguali, ne hanno tanti quanti i lati: essi sono ottenibili a partire da una retta che sia bisettrice di un qualunque angolo mediante successive n-1 rotazioni ampie 360°/(2n), se n è il numero dei lati. Vedi le figure sottostanti. I quadrangoli regolari sono i quadrati, i triangoli regolari sono i triangoli equilateri (i quadrangoli equilateri non sono invece necessariamente regolari: possono essere rombi non quadrati). A destra la figura illustra come i vertici di un poligono regolare stanno tutti su uno stesso cerchio. |
Segmenti, rettangoli, rombi, ellissi e iperboli sono tutte figure dotate di un centro di simmetria:
un punto rispetto al quale possono essere ruotate di 180° senza cambiare aspetto, ossia rispetto alle quali sono simmetriche
di sé stesse |
Una retta che
"tocca" il cerchio senza attraversarlo viene detta
tangente al cerchio. La parola
"tangente" deriva dal latino, in cui significava "che
tocca". La "funzione tangente" [ direzioni e funzioni circolari] deve il suo
nome al fatto che, ad es., tan(30°) può essere determinata
prolungando il versore di direzione 30° applicato in (0,0) fino
a intersecare la "retta tangente" in (1,0) al cerchio di
centro (0,0) e raggio 1: nella figura a lato, in cui è rappresentata la direzione 30°,
c e s sono rispettivamente il coseno e il seno di 30°; il fatto che il valore dell'ordinata t sia effettivamente
la tangente di 30° deriva dal fatto che il rapporto tra t e 1 (cioè t) è uguale al rapporto tra s e c,
cioè a |
La retta tangente è
perpendicolare al raggio che passa per il punto di contatto con il
cerchio.
Il concetto di retta
tangente può essere esteso ad altre figure.
Su ciò ci si soffermerà in successive sezioni.
Consideriamo un'asta omogenea (ossia costituita da un solo tipo di materiale, con peso specifico che non varia da zona a zona), la cui forma possiamo approssimare con un segmento. È come se fosse composta da tante masserelle uguali. Se la sospendiamo per il punto medio, le masserelle sono a due a due disposte da parti opposte e ad uguale distanza da esso, producendo momenti di uguale intensità ma di direzione opposta; quindi annullano reciprocamente i loro effetti: l'asta non ruota e mantiene qualunque posizione in cui la disponga. Quindi il punto medio è il baricentro.
Consideriamo un disco omogeneo. Se lo appendo per un punto, esso ruota fino a che il diametro (e asse di simmetria) passante per tale punto si dispone verticalmente: infatti, in questa disposizione, è come se il disco fosse composto da tante asticciole orizzontali ciascuna delle quali è appesa per il punto medio e non esercita quindi alcuna spinta rotatoria. Se sospendo il disco per un altro punto dello stesso diametro la situazione non cambia: il diametro rimane disposto verticalmente. È come se la forza-peso agisse lungo il diametro, senza produrre momenti; quindi il baricentro, cioè il punto che si comporta come se la forza peso complessiva fosse applicata ad esso, deve stare su questo diametro. Lo stesso discorso si può fare per qualunque altro diametro: il baricentro è dunque un punto comune a tutti i diametri: è il centro del cerchio.
Nella illustrazione precedente è considerato anche il caso di una piastra omogenea di forma triangolare.
Se sospendo la piastra per uno dei vertici, essa ruota fino a che la retta passante per il vertice e per il punto medio del lato
opposto (retta che viene detta mediana - da non confondere con l'omonimo concetto statistico) si dispone verticalmente:
infatti è come se il triangolo fosse composto da tante asticciole parallele a tale lato ciascuna delle quali è appesa per il punto
medio e non esercita quindi alcuna spinta rotatoria. Analogamente al caso del cerchio, possiamo concludere che il baricentro deve stare su questa
retta, così come sulle altre due mediane, ossia le rette che congiungono gli altri due vertici ai lati a loro opposti.
Quindi per trovare il baricentro basta fare l'intersezione tra due di queste rette. Nota: sono chiamati mediane anche i segmenti che congiungono
i vertici del triangolo con i punti medi del lato opposto.
Il procedimento sperimentale sopra descritto (sospendere l'oggetto per due punti diversi, trovare l'intersezione delle due rette che in un caso e nell'altro passano per il punto di sospensione e sono verticali) funziona in generale, anche per oggetti tridimensionali. Ma, come abbiamo visto per il triangolo e il cerchio, nei casi in cui un oggetto è omogeneo e ha una forma semplice, il suo baricentro può essere determinato in base a considerazioni geometriche teoriche, prescindendo dal particolare materiale di cui è costituito. Data una figura, il punto che corrisponde alla posizione che avrebbe il suo baricentro se essa fosse costituita da materiale omogeneo, viene chiamata centroide in quanto generalizza il concetto di centro del cerchio (a volte viene chiamata più semplicemente centro o centro geometrico). In un oggetto composto da più tipi di materiali in genere baricentro e centroide non coincidono: in un disco composto da un semicerchio di plastica e un semicerchio di metallo il baricentro con coincide con il centro, ma è all'interno della parte metallica.
Per affrontare problemi in cui c'è da calcolare il baricentro (o centro di massa) di più oggetti di masse diverse è molto
comodo determinare le coordinate di esso facendo riferimento ad un sistema di assi e calcolando i momenti dei diversi oggetti dotandoli
di segno. Precisiamo queste considerazioni facendo riferimento alla situazione illustrata a fianco, in cui supponiamo che le due masse siano
di 1 kg (quella a sinistra) e di 2 kg (quella a destra). Fissato un generico punto (h,k), si calcola il momento del primo oggetto rispetto a x=h, pensandolo proiettato sull'asse x, facendo il prodotto tra la differenza della sua ascissa da h e la sua massa: (1−h)·1 kg. Si fa lo stesso per l'altro oggetto: (4−h)·2 kg. Si calcolano analogamente i momenti rispetto a y=k pensando gli oggetti proiettati sull'asse y: (3−k)·1 kg, (0−k)·2 kg. Si prende come baricentro il punto (h,k) per cui la somma dei momenti dei due oggetti è nulla: (1−h)·1 kg + (4−h)·2 kg = 0 → 1·1 kg+4·2 kg + h·(1+2) kg = 0 → h = (1·1 kg+4·2 kg)/((1+2) kg) = 9/3 = 3 Analogamente si ottiene: k = (3·1 kg+0·2 kg)/((1+2) kg) = 3/3 = 1. Abbiamo ritrovato il punto (3,1). | |
In generale, se ho le masse m1, m2, m3,
aventi ascisse x1, x2, x3,
e ordinate y1, y2, y3,
,
il baricentro (h,k) è: h = (x1·m1 + x2·m2 + x3·m3 + ) / (m1 + m2 + m3 + ), k = (y1·m1 + y2·m2 + y3·m3 + ) / (m1 + m2 + m3 + ). Spesso al posto di "centro di massa" si usa "centro di gravità", che è definito in maniera analoga facendo riferimento ai pesi invece che alle masse; nella pratica, per corpi di dimensioni non enormi, in cui l'accelerazione di gravità non varia, i due concetti coincidono (vedi). | |
Se una figura ha dei buchi il centroide si calcola in modo analogo.
Nel caso dell'unione di due figure di aree A1 ed A2 e centroidi C1 e C2 l'ascissa xC del centroide C è tale che
|
NOTA 1. Se ho un oggetto di lamiera o di compensato dalla forma di istogramma, dove devo praticare un foro a cui appenderlo in modo che la "base" rimanga orizzontale come nella sottostante figura A? Devo fare in modo che le spinte rotatorie a sinistra e a destra del foro si bilancino, quindi non posso disporlo al centro della base, come nella figura B, in quanto la colonna all'estremità sinistra "pesa" di più della colonna all'estremità destra, e l'istogramma ruoterebbe. | |
Non posso disporlo neanche nel punto della base per cui passa la perpendicolare che taglia in due parti di eguale area (6 quadretti e mezzo) l'istogramma, come in C: l'istogramma ruoterebbe in senso opposto in quanto la parte a destra è più larga, ha un baricentro che dista da tale punto più di quanto dista quello dell'altra parte, e quindi, pur avendo lo stesso peso, produce un momento maggiore. | |
Queste considerazioni ne richiamano altre svolte alla voce valori medi (2) sulla distinzione tra media e mediana. In effetti, come si può intuire, il foro deve essere praticato in corrispondenza della posizione che corrisponde alla media della distribuzione rappresentata dall'istogramma. In altre parole, la media è la ascissa del baricentro dell'istogramma. | |
Vediamone la dimostrazione: indichiamo con x la coordinata (rispetto al sistema di riferimento tracciato) del foro e cerchiamo di descrivere con un'equazione (che poi cercheremo di risolvere rispetto a x) le condizioni di equilibrio. Valutiamo il peso in quadretti. Evitando di esplicitare le unità di misura, possiamo dire che la colonna posizionata in 1 esercita rispetto al foro il momento (= distanza per peso) (x-1)·4. Quella posizionata in 9 esercita il momento (9-x)·1. Eguagliando la somma dei momenti prodotti dalle colonne a sinistra del foro e quello prodotto da quelle a destra abbiamo: | |
(x1) · 4 +
=
+ (9x) · 1, da cui: (x1) · 4 + ( + (9x) · 1) = 0 (x1) · 4 + + + (x9) · 1 = 0, cioè (x1) · 4 + (x3) · 3 + (x5) · 2 + (x7) · 3 + (x9) · 1 = 0 x · (4 + 3 + 2 + 3 + 1) = 1·4 + 3·3 + 5·2 + 7·3 + 9·1 x = (1·4 + 3·3 + 5·2 + 7·3 + 9·1) / (4 + 3 + 2 + 3 + 1) = 4.077. | |
[che corrisponde alla formula che esprime la media artimetica] | |
Questa interpretazione "fisica" spiega perché la media aritmetica, quando si dispone di valori dotati di frequenza ( valori medi (1)), viene spesso chiamata media pesata. |
NOTA 3. Se conosco le coordinate dei vertici di un triangolo ABC, per determinarne il centroide posso fare la media di esse: xcentroide = (xA+xB+xC) / 3 ycentroide = (yA+yB+yC) / 3 Infatti se congiungo i punti medi dei lati suddivido il triangolo in 4 triangolini uguali e, quindi, di "massa" uguale: vedi figura a destra. Il centroide (o baricentro) M deve dunque coincidere col baricentro di 3 masse uguali posizionate nei baricentri M1, M2 e M3 dei tre triangolini esterni (l'altro, come è facile concludere, ha baricentro in M). Per quanto visto nella nota precedente, le coordinate di M sono la media delle coordinate di M1, M2 e M3. Ma, poiché CM3 è uguale alla metà di CM (essendo 1/2 il fattore di scala tra traingolo e triangolini), M3 sta a metà tra C e M; analogamente M2 e M1 stano a metà tra B e M e tra A e M. Quindi la media delle coordinate di M1, M2 e M3 coincide con la media delle coordinate di A, B e C. |
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Per determinare il centroide di un poligono P posso suddividerlo in triangoli, o in altri poligoni, P1,
, Pn, trovare i centroidi di questi e poi
prendere come centroide di P il baricentro dei centrodi di P1,
, Pn assumendo come massa di ciascuno di essi la sua area.
Ad es. nel caso a fianco il centroide del primo quadrato è (1,1); quello del secondo è (2.5,0.5); la ascissa del centroide dell'intera figura è
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Esercizi: testo1 e soluzione, testo2 e soluzione, testo3 e soluzione, testo4 e soluzione, testo5 e soluzione, testo6 e soluzione