Funzione (1)

#1  Quando il valore di una grandezza B può essere individuato sulla base del valore assunto da un'altra grandezza A si dice che B varia in funzione di A.

km

tariffa

1 - 10

1100

11 - 20

1400

21 - 30

2100

...

...

901 - 950

56700

1001-1100

60900

...

...

2801-2900

84000

2901-3000

85300

 

Ad esempio la tabella a fianco esprime (per un dato anno, in cui era in vigore ancora la lira) il costo in lire di una corsa ferroviaria in funzione della lunghezza del percorso.

La formula  V = l esprime il volume V di un cubo [espresso, ad es., in cm3] in funzione della lunghezza l del suo spigolo [espressa in cm].

Posso rappresentare queste situazioni con gli schemi seguenti: 

input

    

output

lunghezza
del tragitto
  →
 f 
costo della
corsa
lunghezza
dello spigolo
  →
 g 
→    volume
del cubo

cioè come due "macchine" f e g che trasformano il valore x che entra, input, in un nuovo valore che esce, output, che indichiamo f(x) o g(x) ("effe di x", "gi di x").

#2  Mentre ciò che fa la macchina g è sintetizzato dalla equazione g(x) = x3 (l'input, cioè la lunghezza dello spigolo, viene elevata al cubo) per la macchina f non c'è descrizione più breve della tabella.
   Possiamo, tuttavia, ottenerne una descrizione approssimata [ esempio ] mediante l'algoritmo rappresentato sotto.

#3  Invece di considerare come la misura di una particolare grandezza (fisica, economica, …) varia in funzione di quella di un'altra, si possono considerare anche trasformazioni di numeri astratti, come nel caso a fianco, che esprime un aumento del 25%.

x
 h 
→ x · 1.25

(x può rappresentare un valore monetario, un peso, una popolazione, …)
    In ogni caso, se indichiamo con x (o con un altro nome) il numero dato come input e con y (o con un altro nome) il numero che la macchina fornisce come output, invece di parlare di una grandezza che varia in funzione di un'altra, possiamo parlare della variabile y che varia in funzione della variabile x [ formule ]; x e y vengono dette, rispettivamente, variabile di input e variabile di output  (o variabile indipendente e variabile dipendente).
    La relazione che intercorre tra x e y viene chiamata funzione. Invece che di macchina f, macchina g, … parleremo, quindi, di funzione f, funzione g, … .

Esercizio  [soluzione]

Nota. Se voglio indicare con F la funzione che aumenta ogni input di 7 posso anche dire "sia F la funzione che a x associa x+7" o scrivere "F: x → x+7". Qui ho usato la variabile x per indicare un generico input, ma al suo posto avrei potuto usare una qualunque altra variabile e scrivere, ad esempio, F: w → w+7 o F: q → q+7.  È sbagliato dire che la funzione è "F(x)", in quanto x è un nome come un altro che serve solo per descrivere il comportamento di F: è semplicemente con "F"  – o con "F(.)", dove il "." indica il posto in cui va inserito l'input –  che si deve indicare la funzione. F(x) è invece l'output associato a x, così come F(z) è l'output di z, F(3) l'output di 3, ….  Questi "abusi" di espressione sono tollerabili se dal contesto è chiaro che una certa variabile è da intendere come variabile di input: ad es. se si dice che  "l3 è la funzione che descrive il volume del cubo di lato l" si capisce che si intendeva dire "l3 esprime il volume del cubo in funzione del lato l" e che la funzione sarebbe ll3 ovvero x → x3 o …  Sono corrette espressioni come "3x+1 e 5x+2 sono entrambi funzioni di x", in cui si intende che si tratta di due termini il cui valore varia in funzione di x.

#4  Sotto sono rappresentati i grafici [ Diagrammi ] delle tre funzioni considerate sopra.

 y = g(x) []


y = h(x) []
y = f(x) []

#5  Una relazione tra una variabile x e una variabile y in alcuni casi può essere descritta con una tabella, in altri con una formula, in altri con un algoritmo, …, in altri a parole (ad esempio: "x e y hanno lo stesso ordine di grandezza", "x e y sono numeri interi e y è un multiplo di x",…). In ogni caso possiamo rappresentarla mediante un grafico, come un insieme di punti (x,y) in un sistema di riferimento fissato.

#6  Se la relazione è una funzione esaminandone il grafico possiamo stabilire se a un dato input x corrisponde un output y e, in caso affermativo, trovarne il valore.
   Ad esempio nel caso A sotto raffigurato possiamo vedere che all'input –2 non corrisponde alcun output: se traccio la retta verticale che corrisponde a x = –2 non trovo alcuna intersezione con il grafico. Invece per l'input 9 posso trovare graficamente l'output 3.

    Se il grafico contiene dei punti che hanno la medesima ascissa non siamo di fronte a una funzione.

Ad esempio nel caso B (figura a destra) in corrispondenza dell'ascissa 9 abbiamo sia un punto con ordinata 3 che un punto con ordinata –3: non possiamo stabilire quale sia l'output di 9!

Esercizio  [soluzione]

Esercizio  [soluzione]

Esercizio  [soluzione]

(A)

y = √x
(y è funzione di x)
(B)

y2 = x
(y non è funzione di x)
   Nota.  Vedrai più avanti che vi sono funzioni (come x → xx il cui grafico è parzialmente tracciato a fianco) che sembrano non rispettare quanto ora detto. Il fatto è che, in questo caso, i due rami del grafico a sinistra dell'asse verticale sono ciascuno costituiti da un'infinità di punti fittissimi che hanno ascisse diverse da quelle dell'altro ramo. L'impressione è che siano due tratti di rami di curva continua mentre in realtà essi presentano un'infinità di buchi. È un po' come accade per l'insieme dei numeri esprimibili come frazioni tra interi: è possibile trovare due frazioni diverse sempre più vicine l'una all'altra; ad esempio le approssiazioni per difetto e per eccesso di √5 (vedi ) sono sempre più vicine (2 e 3, 2.2 e 2.3, 2.23 e 2.24, 2.236 e 2.237, …) ma tra esse vi sarà sempre √5 che non è esprimibile come rapporto tra due interi.    

#7  Se a un input w la funzione f associa [non associa] un output si dice che f è [non è] definita in w o che il termine f(w) è definito [indefinito]. Nel caso A sopra considerato possiamo dire che √9 è definito e che √-2 è indefinito. L'insieme degli input in cui f è definita si dice insieme di definizione (o dominio) di f. Nel caso della radice quadrata il dominio è l'insieme di tutti i numeri non negativi.

#8  Se agli output di una funzione f si applica un'altra funzione g il risultato è una nuova funzione h.

Ad esempio a fianco è illustrato il caso in cui f e g siano x → x · 2 (la funzione che a x associa x · 2) e xx · 3. Componendo f e g ottengo la funzione xx · 6.

 
In altre parole: ingrandire con scala 2 e poi ingrandire con scala 3 equivale a ingrandire con scala 6.
h(x) = g(f(x)), per cui h può essere indicata g(f(.)).
    È interpretabile come una composizione di funzioni anche l'applicazione di due successive  variazioni percentuali.

#9  Quando, sia applicando prima f e poi g, sia, viceversa, applicando prima g e poi f, si riottiene l'input dato alla prima funzione, come nel caso a fianco, si dice che f e g sono funzioni una inversa dell'altra: raddoppiare e poi dimezzare o, viceversa, dimezzare e poi raddoppiare ha, comunque, come risultato il numero di partenza.

    Nel caso in cui una funzione esprima una relazione di  proporzionalità con fattore di proporzionalità K, la sua funzione inversa esprime la relazione di proporzionalità con fattore 1/K.

#10  La radice quadrata composta con l'elevamento al quadrato restituisce l'input iniziale. Scambiando l'ordine delle due funzioni ciò continua ad accadere per gli input non negativi, mentre per questi ultimi si ottiene come output il loro opposto:

    Il valore che mediante questa seconda composizione corrisponde all'input x viene chiamato valore assoluto di x e indicato | x |  ( rappr. decimale dei numeri).

 

  F: x → x2
  G: x → √x
  H: x → G(F(x)) = √(x2) = |x|
  K: x → F(G(x)) = (x) 2

[per il calcolo della radice quadrata Approfondimenti]
Nota 1. A volte qualcuno dice che il valore assoluto di un numero è il numero stesso privato del segno. Si tratta di un errore che, a sua volta, è fonte di altri errori. Il valore assoluto di –3 è il suo opposto, ossia 3, ma il valore assoluto di 3 è 3 stesso, da cui non ho tolto nulla: è un numero positivo, non un numero "senza segno". Più in generale, il valore assoluto di x è l'opposto di x se x è negativo, è x stesso altrimenti. Pensare in termini di "togliere il segno" induce l'errore di pensare che il valore assoluto di –N sia N; ciò è vero se N è positivo, ma se è N è negativo il suo valore assoluto è –N: se N è –3, –N è –(–3), che equivale a 3, e ha valore assoluto 3, non N, ossia –3.
    Per inciso, non ha alcun senso scrivere +3 per indicare il numero positivo 3, quel "+" è un ingombro inutile, che spesso è fonte di confusioni. Può aver senso impiegarlo, volendo, in alcune occasioni per indicare delle variazioni:  nel caso di un fenomeno che fluttui nel tempo si può dire: "ieri la variazione è stata –1.2, oggi +0.4", in quanto mette in luce che al dato dell'altroieri è stata applicata la funzione "–1.2": x → x – 1.2, a quello di ieri la funzione "+0.5": x → x + 0.5.  Anche il software, in alcuni casi, per esigenze tipografiche, mette il "+": in R, ad es., se introduco 7 miliardi in notazione esponenziale, come 7e9 (7 per 10 alla 9), il numero viene poi visualizzato come 7e+9, in modo da mantenere lo stesso spazio occupato dal caso di esponenti negativi, come 7 milardesimi: 7e-9.
    Analogamente, non ha alcun senso parlare di numeri assoluti (numeri interi assoluti, numeri razionali assoluti, …) come entità distinte sia dai numeri positivi che da quelli negativi (3 sarebbe un numero assoluto, diverso da +3 e –3): i numeri (interi, razionali e reali) diversi da 0 sono positivi o negativi; non ci sono altri numeri!
Nota 2. L'aggettivo assoluto in matematica viene usato anche in altri modi. In particolare spesso si usa  "variazione assoluta" invece che "variazione", quando si vuole mettere in evidenza che non si sta considerando la "variazione percentuale". Ma quest'uso non ha niente a che fare con il "valore assoluto": la variazione assoluta da 27 a 23 è –4 (che è un numero negativo), mentre il valore assoluto della variazione è 4.
Nota 3. Il valore assoluto di un numero viene chiamato anche modulo di esso (è un termine usato non solo per i numeri reali ma, più in generale, nel caso dei vettori).

#11  Le funzioni sopra considerate sono a 1 input e 1 output. Vengono anche dette funzioni a 1 argomento e 1 valore. Sulle calcolatrici sono tasti di funzione a 1 argomento e 1 valore: , , , , …

  Ad esempio se voglio introdurre il numero –12 uso il tasto ("cambio-segno" o "negazione"):

  batto  
        12
  premo     ottengo  
      – 12
input funzione output

  Se voglio calcolare l'espressione decimale di 1/12 usando il tasto :

  batto  
        12
  premo     ottengo  
8.3333-02
input funzione output

  Se invece vogliamo calcolare 2.45 ·1800 usiamo il tasto nel modo seguente:

  batto  
    1800
  premo     batto  
       2.45
  premo     ottengo  
      4410
input funzione input       output

    La moltiplicazione, cosi come la divisione, l'addizione, …, è una funzione a 2 argomenti (2 input) e 1 valore (1 output).   
    Ma nel caso della sottrazione e della divisione a seconda dell'ordine in cui si mettono le frecce in ingresso può cambiare il risultato.  Ciò non accade per l'addizione e la moltiplicazione, che per questo sono chiamate operazioni commutative  ("commutare" vuol dire "scambiare").
 
 

   Le  quattro operazioni sono le prime funzioni di cui, a scuola, si fa conoscenza. Gran parte delle funzioni che si usano sono costruite ricorrendo alla composizione delle quattro operazioni. Ad es. (vedi figura a sinistra) la media tra due numeri è ottenuta componendo una addizione e una divisione per 2.
Nota.  La parola "operazione" è spesso usata in matematica per indicare funzioni che hanno input ed output appartenenti allo stesso insieme (l'addizione, a due input e un output, il cambio segno, a un input e un output, la divisione intera con resto, a due input e due output, discussa nel prossimo paragrafo, …), ma anche altri tipi particolari di funzioni, che, eventualmente, incontrerai nella prosecuzione degli studi.

#12  Su alcune CT è presente il tasto (o un tasto simile) che opera nel modo seguente:

  batto  
     170
  premo     batto  
          18
  premo     ottengo  
   9      R 8
input funzione input       output

  Dati come input i numeri interi 170 e 18 vengono visualizzati due output:
  il risultato della divisione intera (cioè il troncamento agli interi di 170/18, che a volte viene indicato 170\18), cioè 9 (infatti 170 diviso 18 fa 9 e rotti)
  e (preceduto da una r) il relativo resto, cioè 8 (infatti prendendo 18 parti grandi 9 ottenendo 162, e mi rimane ancora 170-162 = 8 da suddividere).

[vedi qui se non ti ricordi come si effettua "a mano" il calcolo della divisione intera con resto]

In questo caso siamo di fronte a una funzione a 2 argomenti (2 input) e 2 valori (2 output).

 

Nota.  Spesso (ma non sempre) vengono distinte le parole quoziente e quoto per indicare in un caso il risultato di una divisione con resto, nell'altro il risultato di una divisione esatta.

    Un'applicazione (che opera su tutte le piattaforme) che ti consente di calcolare facilmente i valori di funzioni ad uno o più output è R, il cui uso è discusso ed esemplificato qui.  Un semplice esempio qui sotto; un altro più avanti: 
F <- function(x) x^2; G <- function(x) sqrt(x)
G(F(-5))
[1] 5

F(G(-5))
[1] NaN   [Non è un Numero]

Esercizi:  testo 1  e  soluzione,   testo 2  e  soluzione,   testo 3  e  soluzione.
Altri   esercizi

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Approfondimenti

#13 Sul calcolo della radice quadrata di un numero
    Come si può calcolare la radice quadrata di un numero, ad. es. di 5, utlizzando le "quattro operazioni". Per trovare il numero positivo che al quadrato fa 5 posso procedere per tentativi tenendo conto che a numero positivo più grande corrisponde un quadrato più grande:
12 = 1 < 5 e 42 = 16 > 5; se prendo un numero maggiore di 4 il suo quadrato è più grande di 16, se ne prendo uno più piccolo di 1 il quadrato è più piccolo di 1; √5 deve essere compreso tra 1 e 4;
32 = 9: anche 3 è troppo grosso; √5 deve essere compreso tra 1 e 3;
 … e così via, seguendo l'algoritmo illustrato dal seguente diagramma di flusso (cliccalo per ingrandirlo):

 x         x*x           difetto   eccesso
 1         1         <5   1
 4         16        >5             4
 3         9         >5             3
 2         4         <5   2
 2.5       6.25      >5             2.5
 2.4       5.76      >5             2.4
 2.2       4.84      <5   2.2
 2.3       5.29      >5             2.3
 2.24      5.0176    >5             2.24
 2.23      4.9729    <5   2.23
 2.235     4.995224  <5   2.235
 2.236     4.999696  <5   2.236
 2.237     5.004169  >5             2.237

Se mi fermo a questo punto posso concludere che √5 è compresa tra 2.236 e 2.237, ossia che, troncando, √5 = 2.236. Procedendo posso trovare √5 con tutte le cifre che voglio.

Il calcolo col software R (senza usare "sqrt"):
p <- "è troppo piccolo"; g <- "è troppo grande"
x <- 2; ifelse(x*x < 5, p,g)
[1] "è troppo piccolo"
x <- 3; ifelse(x*x < 5, p,g)
[1] "è troppo grande"
...
x <- 2.23606797749977; ifelse(x*x < 5, p,g)
[1] "è troppo piccolo"
x <- 2.23606797749978; ifelse(x*x < 5, p,g)
[1] "è troppo piccolo"
x <- 2.23606797749979; ifelse(x*x < 5, p,g)
[1] "è troppo grande"

Nota. In una voce successiva ( Strutture numeriche) si spiega come si eseguono le operazioni tra numeri reali di infinite cifre. Osserviamo che, per quanto riguarda il numero che sopra abbiamo descritto come trovare, il fatto che il suo quadrato sia 5 deriva dal fatto che i prodotti delle sue approssimazioni per difetto e di quelle per eccesso ai decimi, di quelle ai centesimi, di quelle ai millesimi, … vengono a formare intervalli ([2.2, 2.3], [2.23, 2.24], [2.236, 2.237], …) che via via si inscatolano l'uno nel precedente e si restringono sempre più attorno al numero 5.

    Come opera una calcolatrice tascabile quando premo ? Una macchina non può procedere per tentativi "ragionati", cioè di volta in volta scegliere con qualche "ragionamento" il nuovo numero di cui provare a calcolare il quadrato. Deve seguire un procedimento meccanico, cioè un algoritmo in senso stretto, in cui lo sviluppo sia determinato in modo univoco, senza libere scelte come invece avveniva nel diagramma precedente.
    Ecco un diagramma, riferito al calcolo della radice quadrata di un generico numero positivo A, che risponde a questi requisiti, anche se non rappresenta l'algoritmo che nella realtà seguono le CT. Si tratta di un procedimento in cui si trovano approssimazioni per troncamento di √A con man mano più cifre: trovata una approssimazione, la successiva approssimazione viene trovata incrementando ripetutamente l'ultima cifra, fino a che non si trova un quadrato che eccede A.

Ecco cosa accade per A=5:
 X        N     X*X        troncamento al posto N
 1        0    1
 10       1    100 >5
 2        0    4
 3             9 >5             2
 2.1      -1   4.41
 2.2           4.84
 2.3           5.29 >5          2.2
 2.21     -2   4.8841
 2.22          4.9284
 2.23          4.9729
 2.24          5.0176 >5        2.23
 2.231    -3   4.977361
 2.232         4.981824
   ···
 2.236         4.999696
 2.237         5.004169 >5      2.236
 2.2361   -4   5.00014321 >5    2.2360
 2.23601  -5   4.9997407201
 2.23602       4.9997854404
   ···
 2.23606       4.9999643236
 2.23607       5.0000090449 >5  2.23606