Proiezioni tra superfici

#1  L'ombra di un cartello stradale è una figura F' che ha l'aspetto di una deformazione della forma F (triangolo, rettangolo o cerchio) originale; ad es. un cerchio può diventare un'ellisse non circolare o un triangolo equilatero può diventare un triangolo scaleno. L'associazione tra cartello e sua ombra può essere considerata come una trasformazione geometrica di una figura piana in un'altra. In questa sezione ci soffermeremo su questo aspetto, cioè su come alcune trasformazioni tra figure bidimensionali possono essere interpretate nello spazio tridimensionale.
    In una voce successiva, rappresentazioni cartografiche, ci occuperemo dei modi in cui si possono ottenere rappresentazioni sul piano di porzioni della superficie terrestre
 

#2  Trasformazioni nello spazio "3D"

Prima introduciamo, senza una eccessiva formalizzazione, alcuni concetti di geometria tridimensionale. Abbiamo già considerato, in più occasioni ( lo spazio, figure 1) l'uso delle coordinate per individuare punti e particolari figure nello spazio. Abbiamo anche visto come estendere a questo caso la matematizzazione della distanza in linea d'aria e l'indicazione di vettori ( vettori).

  Figure tridimensionali facilmente descrivibili mediante le coordinate sono le superfici sferiche (si hanno equazioni simili a quelle dei cerchi): a sinistra è raffigurato un ottavo della sfera di centro (0,0,0) e raggio 1 (l'insieme dei punti che hanno distanza 1 dall'origine).
Sono facili da descrivere, ad es., anche alcuni piani: a destra sono raffigurati parzialmente il piano z=4 (l'insieme dei punti che stanno a quota 4) e il piano z=x+1 (il piano che contiene la retta z=x+1 del piano xz e tutti gli altri punti (x,y,z) che hanno z=x+1). La retta in cui si intersecano è z=4 AND x=3.
 

#3  Vediamo alcune trasformazioni geometriche nel caso tridimensionale, senza precisarne la descrizione in termini algebrici [può essere sviluppata in modo simile, anche se tecnicamente più complesso, a quanto fatto per il caso bidimensionale].
    Se variamo le x, le y e le z di tutti punti di una figura di tre valori fissati h, k e q, rispettivamente, abbiamo operato una traslazione di vettore (h,k,q): vedi il disegno A, sotto a sinistra, in cui la figura ha la forma di un fermaglio.
    Se ruotiamo della stessa ampiezza ogni punto della figura attorno all'asse z (ogni punto ruota in un piano z=h, dove h è la quota del punto), abbiamo eseguito una rotazione attorno all'asse z; in modo analogo si hanno le rotazioni aventi come asse di rotazione l'asse x e l'asse y.
   Nel disegno B il fermaglio è collocato in un piano che passa per l'asse di rotazione. Nel disegno C giace in un piano perpendicolare all'asse di rotazione (ossia, se l'asse di rotazione è l'asse z, giace in un piano del tipo z=h; il punto evidenziato è quello in cui l'asse z interseca il piano del fermaglio).

    Attraverso una sequenza di traslazioni e di rotazioni attorno agli assi x, y e z è possibile "spostare" una figura in una qualunque altra posizione e disposizione senza modificarne forma e dimensioni (ossia lasciando invariate le distanze tra i suoi punti).

    A lato è rappresentato un quadrato nel piano z=0 che viene ruotato attorno all'asse x e poi all'asse z facendogli assumere un'altra posizione e un altro orientamento.
    Le figure geometriche iniziale e finale vengono dette sovrapponobili e la trasformazione complessiva viene detta movimento.
 

    Se, dati due oggetti dello stesso materiale, li consideriamo eguali quando essi (o, meglio, le loro forme, cioè le figure geometriche che rappresentano lo spazio da essi occupato) sono sovrapponibili, possiamo dire che i due fermagli del disegno D sono eguali, mentre le due maniglie non lo sono: comunque se ne sposti una, non si riesce a collocarla nella stessa posizione occupata dall'altra. Tuttavia se le due maniglie sono nella disposizione raffigurata e se collochiamo opportunamente un vetro tra di esse, la maniglia vista in trasparenza viene a sovrapporsi all'immagine riflessa dell'altra.
    Le riflessioni speculari vengono dette anche simmetrie (il piano della superficie che funge da specchio viene detto piano di simmetria). Due figure tali che una possa essere sovrapposta ad una immagine speculare dell'altra vengono dette inversamente sovrapponibili.

Nota. Se fossimo nello spazio bidimensionale neanche i due fermagli sarebbero uguali: con un movimento che non esca dal piano non posso sovrapporre uno all'altro (si veda la discussione su "uguale" alla voce trasformazioni geometriche).

    Nel linguaggio comune due oggetti dello stesso materiale inversamente sovrapponibili vengono detti simmetrici (le mani di una persona, un paio di scarpe,…); viene detto simmetrico anche un oggetto che abbia un piano di simmetria, cioè che possa essere tagliato da un piano in due parti che siano una l'immagine speculare dell'altra (certe foglie, la forma di gran parte degli animali, molti edifici,…).
    Le trasformazioni ottenute eseguendo successivamente movimenti e simmetrie vengono dette isometrie in quanto lasciano invariate le misure di lunghezza (la distanza tra due qualunque punti della figura "trasformata" è eguale a quella dei corrispondenti punti della figura iniziale), e quindi anche le misure di superficie e di volume.

    Una trasformazione geometrica che altera in un rapporto costante le distanze viene detta invece similitudine (se ad es. il rapporto è 2, ciò significa che la distanza tra due punti della figura trasformata è eguale al doppio di quella dei corrispondenti punti della figura di partenza).
    Figure ottenibili l'una dall'altra mediante una tale trasformazione si dicono simili.
    Come nel caso piano, le similitudini sono ottenibili componendo isometrie e trasformazioni di scala monometriche: a destra è illustrata la trasformazione di una figura mediante la trasformazione di scala di fattore 2 (x,y e z dei punti della figura OABC vengono moltiplicate per 2, ottenendo la figura ODEF).
 

#4  Proiezioni parallele

  Consideriamo una quadrettatura (figura A) disegnata su un vetro e osserviamone l'ombra generata dai raggi del sole su un cartoncino bianco. Se teniamo il vetro parallelo al cartoncino (figura B) otteniamo un'immagine eguale al disegno (figura C). Infatti l'ombra ottenuta non è altro che il risultato di una traslazione nella direzione dei raggi del sole.

    Se incliniamo il vetro o il cartoncino otteniamo un'ombra con forma in genere diversa dalla quadrettatura originale, come le figure D ed E.
    La figura E è stata ottenuta tenendo il vetro in modo tale che il lato corto della quadrettatura fosse perpendicolare ai raggi del sole: vedi disegno F. Nel caso particolare in cui i raggi del sole siano inclinati di 45°, il vetro sia verticale e il cartoncino orizzontale, si ottiene come ombra A, ossia una figura uguale all'originale: vedi disegno G; infatti i triangoli AHB e CHD evidenziati nella visione in sezione hanno due angoli di 45° e sono perciò [ triangoli] isosceli, per cui HB=HA, HD=HC e quindi DB=CA, ossia il lato della quadrettatura è uguale alla sua ombra.

    Queste trasformazioni (così come quelle ottenibili invece che con i raggi del sole con un proiettore che genera un fascio di luce unidirezionale) vengono dette proiezioni parallele, cioè con raggi proiettanti che hanno la medesima direzione.

#5   A questo punto occorre fare qualche precisazione: che cosa sono i raggi del sole? ma sono davvero paralleli? e come si potrebbe definire il parallelismo nel caso tridimensionale?
    I raggi di luce non sono delle cose concrete, sono un modo comodo per indicare la direzione verso cui si propaga la luce, di cui si può avere un'idea osservando il pulviscolo illuminato dal fascio di luce che attraversa un foro. Nel caso della figura sotto a sinistra il "raggio di sole" evidenziato è la semiretta che ha origine nel centro del sole e passa per il vertice del cartello, e che ci può essere comodo considerare per disegnare l'ombra del cartello stesso.
    I raggi del sole non sono paralleli, in quanto stanno su rette che passano tutte per il centro del sole, ma su una stessa superficie che venga man mano allontanata arrivano sempre più allineati, come si vede nella figura sotto al centro. La Terra è tanto lontana dal Sole che in una regione terrestre sufficientemente piccola i raggi del sole arrivano tutti con inclinazioni che non sono praticamente distinguibili. Nei nostri ragionamenti possiamo, quindi, far finta che siano paralleli.

   

#6  Nel caso tridimensionale, come in quello bidimensionale, possiamo dire che due vettori hanno la stessa direzione se hanno componenti proporzionali, con un fattore di proporzionalità positivo, e direzione opposta se sono proporzionali secondo un fattore negativo. Nel caso del disegno sopra a destra AB, CD ed EF sono vettori ugualmente diretti, mentre BA ha direzione opposta rispetto ad essi. Le rette generate da punti che si muovono traslando secondo vettori con direzione uguale od opposta sono parallele. Le rette AC, CD ed EF (e le altre rette per cui, presi due loro punti, si ottengono Δx, Δy, Δz proporzionali a 2,1,1) sono tra loro parallele. La retta HG non è ad esse parallela, ma è parallela all'asse z (su di essa Δx e Δy sono nulle).  Si noti che, comunque, HG non ha alcun punto in comune con le altre tre rette: nello spazio tridimensionale il non avere punti in comune non è una condizione sufficiente affinché due rette siano parallele.
    Nel caso di due piani (di cui sopra abbiamo visto qualche esempio di descrizione formale; gli altri piani sono ottenibili da piani del tipo z=h con rotazioni attorno agli assi) questa è invece una possibile caratterizzazione del parallelismo: due piani sono paralleli se non hanno punti in comune; in caso contrario hanno in comune una retta: è la retta in cui i due piani si tagliano.
    Tuttavia, sia per le rette che per i piani possiamo usare la stessa caratterizzazione del parallelismo se facciamo riferimento al concetto di distanza (euclidea):
due piani [rette] sono paralleli [parallele] se tutti i punti di una delle due figure hanno uguale distanza dall'altra figura.
Nel caso dei due piani paralleli α e β sotto rappresentati, preso comunque un punto su uno dei due, esso dista 2 dall'altro piano. Nel caso delle rette parallele r e s (che sono dirette come l'asse y), preso comunque un punto su una delle due, esso dista 2 2 dall'altra.

    Due piani paralleli (come α e β nel caso sopra illustrato) che attraversano un altro piano (γ) lo tagliano in due rette che sono parallele (r e s); infatti esse stanno su uno stesso piano e non possono avere punti in comune perché appartengono anche a due piani che non si intersecano.

#7  Le sperimentazioni con il vetro quadrettato, confermate dai ragionamenti svolti nei punti precedenti, ci consentono di conludere che le proiezioni parallele tra due piani conservano l'allineamento tra punti e il parallelismo, proprio come le trasformazioni di scala (monometriche e non) [ trasformaz. geom.]. Una proiezione parallela produce un'ombra allungata (dilatata) o accorciata (contratta) lungo una particolare direzione (che è perpendicolare alla linea lungo cui si intersecano il piano del "vetro" e quello del "cartoncino"), e questa stessa deformazione è ottenibile mediante una trasformazione di scala: si dispone la figura in modo che tale direzione coincida con quella, ad es., dell'asse y e si moltiplicano le y per un opportuno fattore di scala. Sotto è illustrato come produrre le "ombre" A' e A" della figura A.

      Le proiezioni parallele tra due piani, come le trasformazioni di scala, trasformano proporzionalmente i segmenti allineati:  segmenti in rapporto k tra loro che stanno su una stessa retta vengono trasformati in segmenti che stanno su una stessa retta e sono tra loro nello stesso rapporto. Nel caso illustrato a lato BC è uguale ad AB, CD ne è il doppio, e B'C' e C'D' sono rispettivamente uguale e il doppio di A'B'.
Questa proprietà è una conseguenza del teorema delle proiezioni parallele, considerato per discutere della similitudine dei triangoli.
    Le trasformazioni ottenute medianti proiezioni paralelle da un piano a un altro, eventualmente sottoposte a un ingrandimento o a una riduzione di scala, o a un ribaltamento (ossia guardando le figure su una faccia o sulla faccia opposta del piano in cui stanno), trasformano una figura piana in una nuova figura piana che può non essere simile ad essa (un rettangolo può diventare un parallelogramma non rettangolo) ma che ha comunque una certa somiglianza con essa; si dice che è ad essa affine, e questo tipo di trasformazioni vengono chiamate affinità.
    Ne sono un caso particolare anche le deformazioni lineari ottenibili con gli usuali programmi per disegnare al computer [ calolatore(5)].
    Le proiezioni parallele sono ottenibili, come visto poco sopra, componendo un movimento piano e una trasformazione di scala lunga una sola direzione (una contrazione se il fattore è minore di 1, una dilatazione se è maggiore di 1); i loro ingrandimenti o riduzioni o ribaltamenti, ossia le affinità, sono quindi interpretabili anche come composizioni di tralazioni, rotazioni, riabaltamenti e trasformazioni di scala (una generica trasformazione di scala può essere infatti scomposta in una trasformazione di scala lungo una sola direzione e una trasformazione di scala monometrica), o, più in breve, come composizioni di isometrie e trasformazioni di scala.

#8  Proiezioni centrali

    Se utilizziamo una sorgente di luce puntiforme (una lampadina senza specchio retrostante, una candela) nel caso in cui vetro e cartoncino siano paralleli otteniamo un'ombra quadrettata, simile alla figura disegnata sul vetro (vedi disegno F).

    Se incliniamo il vetro o il cartoncino otteniamo un'immagine deformata, come le figure G e H. La figura H è stata ottenuta con il vetro posto in modo che le linee "orizzontali" della quadrettatura fossero parallele al cartoncino.

    Immagini analoghe si ottengono usando un proiettore con fascio di luce concentrico (vedi disegno I); se il centro del fascio di luce è interposto tra vetro e cartoncino l'immagine viene capovolta (disegno J).

    Tutte queste trasformazioni vengono dette proiezioni centrali , cioè con raggi proiettanti che passano per un medesimo punto (il centro di proiezione).

#9  Nel caso delle proiezioni parallele i raggi avevano in comune la direzione, quelle centrali hanno in comune un punto.
    Le proiezioni parallele possono essere considerate un caso limite delle proiezioni centrali: come abbiamo visto sopra, se il centro di proiezione si allontana, su una piccola superficie i raggi arrivano con direzioni man mano più vicine, e sono via via con migliore approssimazione considerabili paralleli. Nel caso particolare della figura F, man mano che allontano la lampadina l'ombra rimpicciolisce e tende ad assumere le stesse dimensioni della figura originale.

  Ma in vari contesti l'uso di rette parallele e di rette che passano per uno stesso punto sembra evidenziare delle contraddizioni non risolvibili:
– se le ombre dei tronchi sono parallele perché nella foto non appaiono tali?
– se traccio due semirette con uguale direzione, come se procedessi lungo le rotaie di un binario senza fine, per quanto vada avanti non arrivo a un punto di incontro; come è possibile che le loro rappresentazioni nella fotografia abbiano invece un punto in comune?
    Non è facile spiegare queste apparenti contraddizioni. Se ne occupa la successiva sezione sulla prospettiva.
 

#10  Le proprietà delle figure piane che vengono conservate da una trasformazione affine vengono dette proprietà affini. "Essere un parallelogramma" ne è un esempio: le proiezioni parallele trasformano segmenti paralleli in segmenti paralleli. "Essere un quadrato" no: segmenti uguali non allineati possono diventare diversi, angoli retti possono diventare non retti. Se esaminiamo l'ombra solare di una figura piana siamo in grado di stabilire se la figura originale è un parallelogramma, non se è un quadrato.
    Le proprietà che vengono conservate da una proiezione centrale vengono dette proprietà proiettive. "Essere un triangolo" o un "quadrilatero" ne sono un esempio: le ombre di segmenti non allineati non possono diventare allineate, per cui il numero dei lati non può diminuire. "Essere un parallelogramma" no: segmenti paralleli possono diventare non paralleli. Se esaminiamo l'ombra solare di una figura piana siamo in grado di stabilire se la figura originale è un quadrilatero, non se è un parallelogramma.
    In altre parole, dal punto di vista affine, i parallelogrammi sono figure equivalenti; dal punto di vista proiettivo, i quadrangoli sono figure equivalenti. Si tratta di una generalizzazione del concetto di equivalenza/eguaglianza tra figure discusso alla voce trasformazioni geometriche.

Esercizi:    

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