Risoluzione di equazioni (1)

 

#1  Vi sono equazioni [ formule] che non contengono variabili. Ad esempio 1+4=3+2 è un'equazione con cui esprimiamo il fatto che 1+4 ha lo stesso valore di 3+2. Anche 1+4=5+6 è un'equazione, ma, a differenza della precedente, è falsa.

#2  Le equazioni che contengono variabili a volte vengono impiegate per descrivere proprietà. Ad esempio dicendo «√(3+2) è uguale a √(2+3) in quanto x+y=y+x» usiamo x+y=y+x per descrive la proprietà: "comunque prenda due numeri x e y, x+y ha lo stesso valore di y+x" (commutatività dell'addizione).
    Le equazioni possono essere usate anche per dare definizioni, ad esempio: «definiamo: x2=x·x».
    In questi due casi siamo di fronte a equazioni che (comunque assegniamo valori alle variabili) sono sempre vere.

#3  In altri casi usiamo una equazione per descrivere un modello matematico di una particolare situazione: intendiamo che l'equazione sia vera quando le variabili rappresentano i valori che particolari quantità, misure o … assumono nella situazione considerata.
    Ad esempio le equazioni:   (α) x+35 = 126   (β) C = N·U   (γ) c+10 = c·c

possono essere usate per:    
(α)  descrivere il problema di come completare il grafo di flusso a fianco;
(β)  descrivere come calcolare il costo totale C noto il numero N dei pezzi acquistati e il costo unitario U;
(γ)  descrivere il fatto che il numero c è tale che aumentandolo di 10 (c+10) si ottiene lo stesso risultato del suo elevamento al quadrato (c·c).

    In casi come questi si parla di risoluzione dell'equazione E rispetto alla variabile v per indicare la ricerca dei valori da assegnare alla variabile v affinché l'equazione E che si sta considerando sia vera.  Si parla, equivalentemente, anche di risolvere l'equazione considerando v come incognita.

    Ad esempio risolvere l'equazione (α) rispetto a x vuol dire trovare quale numero devo mettere al posto di x affinché x+35 faccia 126.
    Analogamente assumere c come incognita dell'equazione (γ) vuol dire porsi il problema di che cosa mettere al posto di c affinché c+10 abbia lo stesso risultato di c·c.
    Risolvere l'equazione (β) rispetto a N vuol dire trovare come devo prendere N affinché, noto il costo unitario U, la spesa complessiva sia pari a C.
    Nel caso (β) non posso determinare qual è il valore di N, posso solo cercare di esprimerlo in funzione di C e di U. Otterrò N=C/U [].
    Posso stabilire il valore di N solo se fisso un valore per C e uno per U (ad es. se fisso: C = 1 milione, U = 20 mila, ottengo N = 1 milione/20 mila = 50).

Note.    Spesso la parola equazione viene usata in modo errato. Vedi questo esercizio e la sua soluzione.
  I valori che sostituiti alla incognita fanno diventare l'equazione vera vengono chiamati soluzioni della equazione. Il termine soluzione viene utilizzato in generale in matematica per indicare un numero o un altro oggetto matematico che risolve un dato problema; ad esempio il problema qual è il massimo numero il cui quadrato è minore di 10? ha come unica soluzione il numero 3.  Viene però utilizzato anche per indicare, come nella nota precedente, la descrizione di un procedimento per risolvere un dato problema, matematico o non (ad esempio una qualunque questione, un dubbio, …).  Il termine viene usato anche con altri significati.  Ad es. può indicare una miscela omogenea di varie sostanze (in chimica), un accordo (alla fine sono venuti ad una soluzione), l'esito positivo di una situazione difficile (la soluzione di una crisi), una interruzione (è una superficie compatta, senza soluzioni di continuità), un pagamento (ho restituito il prestito in un'unica soluzione).
  A volte invece di soluzioni di un'equazione si parla di radici di essa. L'origine del termine è legata al fatto che con radice di un numero positivo k in genere (almeno sin dai tempi di Dante Alighieri) si indica un numero il cui quadrato faccia (ovvero sia alla radice, all'origine di) k, ossia, in linguaggio moderno, sia la soluzione, positiva, dell'equazione in x  x²= k.  L'espressione è stata successivamente estesa, un paio di secoli fa, ad indicare le soluzioni di una qualunque equazione.  A volte, se un'equazione in x è della forma  F(x) = 0, una soluzione di essa viene chiamata, oltre che radice dell'equazione, anche radice della funzione F.

#4  Abbiamo già visto [ formule] che spesso si può cercare di risolvere un'equazione con metodi grafici.

    Ad es. per risolvere (α) rispetto a x posso tracciare i grafici di F: x → x+35 e di G: x → 126 e cercare per quali valori di x F e G danno lo stesso output y, cioè cercare eventuali punti (x,y) comuni ai due grafici.
    Trovo che ciò accade per x di poco superiore a 90; vedi figura sotto a sinistra:

    Modificando la scala (vedi figura sopra a destra) posso determinare con più precisione il valore che deve assumere x e trovare che i due grafici si intersecano per x=91.0 (arrotondamento ai decimi). Vedremo poi come risolvere graficamente (γ).

Esercizio:  testo e soluzione

#5  Usando metodi algebrici ( formule) posso risolvere rispetto a x la stessa equazione cercando di isolare la x, cioè cercando di trasformare l'equazione in un'equazione equivalente dalla forma:  x = …

  Posso fare ciò osservando che, come evidenzia la figura (A) sottostante, x+35=126 equivale a 126–35=x, ossia a x=126–35.

    Posso vedere ciò anche come un caso particolare della equivalenza tra a+b=c e a=c–b [ formule].

  Posso anche dire: per isolare la variabile x devo annullare "+35" (cioè la funzione u → u+35) e per ottenere ciò trasformo l'equazione applicando a entrambi i suoi membri l'operazione inversa "–35" (u → u–35): vedi la figura (B) soprastante. Ecco la sequenza delle trasformazioni:

(1) 

x + 35 = 126   equazione iniziale

(2)

x + 35 – 35 = 126 – 35   ho applicato "–35"

(3)

x = 126 – 35    la funzione "+35" è stata annullata dalla funzione inversa "–35"

(4)

x = 91   ho effettuato i calcoli numerici

    La risoluzione di un'equazione con metodi algebrici consiste in una serie di passi con cui l'equazione viene man mano trasformata in equazioni ad essa equivalenti, passi che, in genere, sono di due tipi:

  sostituzione di un membro dell'equazione con un termine equivalente ad esso, come si è fatto nel passo (3) (sostituzione di x+35-35 con x) e nel passo (4) (sostituzione di 126-35 con 91);

  applicazione della stessa funzione ad entrambi i membri dell'equazione, come si è fatto nel passo (2) (applicazione della funzione u → u–35).

Un altro esempio di risoluzione con metodi algebrici: 3 sedicesimi di T sono 0.45. Quanto vale T?

(1)  
3
–––
16
T  =  0.45   equazione iniziale
(2)
3
–––
16
T · 16  =  0.45 · 16       ho applicato "·16"
(3)3 T  =  0.45 · 16   "·16" ha annullato "/16"
(4)3 T / 3  =  0.45 · 16 / 3   ho applicato "/3"
(5)T  =  0.45 · 16 / 3   "/3" ha annullato "·3"
(6)T  =  0.15 · 16  =  0.3 · 8  =  2.4       ho effettuato i calcoli numerici
[confrontiamo il risultato con quello che avrei ottenuto procedendo in modo intuitivo:
se "tre" sedicesimi sono 0.45, "uno" solo vale 0.45/3 = 0.15; quindi il totale è 16 volte 0.15, ossia 2.4: OK]

Esercizio:  testo e soluzione

#6  Nel caso della risoluzione dell'equazione (β) rispetto a N abbiamo:

(1) 

C = N·U   equazione iniziale

(2)

C/U =N·U/U    ho applicato "/U"

(3)

C/U = N   la funzione "·U" è stata annullata dalla funzione inversa "/U"

(4)

N = C/U   ho scambiato i membri dell'equazione

    Si noti, però, che per U=0 l'equazione finale non è definita mentre lo era l'equazione iniziale. Ciò è accaduto perché nel passo (2) applicando "/U" ho automaticamente supposto che U sia diverso da 0 (la divisione per 0 non è definita).

    In altre parole (4) non equivale a (1) in quanto include la condizione U0. Usando il simbolo "<=>" per "equivale a" (nel senso che la condizione a sinistra è vera esattamente nei casi in cui lo è quella a destra), dovremmo scrivere:


(C = N·U  e  U  0)
 
           C
 <=>  N = ——
           U

    Comunque, relativamente alla nostra situazione (U: prezzo unitario, N: numero dei pezzi acquistati, C: costo totale), se escludiamo il caso dei prodotti che non costano nulla, la variabile U può assumere solo valori positivi (U>0).
    Nel nostro contesto, perciò, le due equazioni C = N·U e N = C/U possono essere considerate equivalenti.

#7  L'equazione (γ), cioè c+10 = c·c, non siamo, per ora (con gli strumenti illustrati nelle voci precedenti), in grado di risolverla con metodi algebrici.
    Possiamo, allora, procedere graficamente:
tracciamo i grafici delle funzioni F e G definite a fianco e troviamo le ascisse dei punti in cui essi si incontrano.
    Possiamo anche trasformare c+10 = c·c nell'equazione equivalente c+10 – c·c=0, cioè:
cercare per quali x F(x)=G(x)  equivale a  cercare per quali x F(x)–G(x)=0.

 

    Tracciato il grafico di H, funzione "differenza" (vedi figura soprastante), ne cerchiamo dunque i punti con y=0, cioè le intersezioni con l'asse delle x.
    Si trova che vi sono due soluzioni: arrotondando ai decimi, x = –2.7 e x = 3.7.
    Cambiando la scala si possono trovare approssimazioni migliori.

#8  Invece di ricorrere ai grafici si potevano usare metodi numerici, cioè seguire un sistematico procedimento per tentativi [come si è fatto per trovare √5, ossia risolvere l'equazione x·x=5: funzione 1], con cui trovare approssimazioni man mano migliori dei valori x per cui H (x) = 0, cioè x+10–x·x = 0. Per trovare con maggiore precisione il valore, ad es., della soluzione maggiore, che [ grafico di H] è maggiore di 3, possiamo procedere a partire da x=3 con incrementi di 1 fino a che H(x) cambia segno (ossia il grafico scavalca l'asse x: in questo caso H(x) diventa negativo); in questo modo troviamo l'approssimazione per troncamento agli interi; poi possiamo procedere analogamente con incrementi di 0.1 fino a che H(x) cambia segno; poi con incrementi di 0.01, e così via:
[ per un programma: calcolatore (2); per uno script: "zeri" in programmini apribili (modifica il file, seguendo l'help; dovresti ottenere questo; usandolo dovresti trovare risultati come questi)]

 per x  x+10–x·x vale  che è  quindi 

la soluzione è approssimata

 per difetto da

 per eccesso da

34>03 
4–2<034
3.13.49>03.14
3.22.96>03.24
>04
3.70.01>03.74
3.8–0.64<03.73.8
3.71–0.0541<03.703.71
3.7010.003599>03.7013.71
3.702–0.002804<03.7013.702
3.70110.00295879>03.70113.702
3.70120.00231856>03.70123.702
>03.702
3.70150.00039775>03.70153.702
3.7016–0.00024256<03.70153.7016

Esercizio:  testo e soluzione

#9  Le attività di trasformazione di termini e formule mediante "metodi algebrici" vengono chiamate anche attività di calcolo simbolico, o, a volte, di calcolo letterale o di calcolo algebrico. Vengono chiamate attività di calcolo numerico quelle che consistono nella realizzazione di calcoli di valori numerici a partire da altri valori numerici (calcolo di operazioni aritmetiche, del valore assunto da una funzione per un certo input, …) o nell'impiego di "metodi numerici", come nel caso sopra esemplificato. Anche la risoluzione di un'equazione mediante "metodi grafici" è, sostanzialmente, una attività di calcolo numerico: il grafico che si ottiene non è altro che la visualizzazione di una serie di valori x e dei corrispondenti valori di output y ottenuti mediante calcoli di tipo numerico.
    Spesso, nel risolvere un'equazione, si effettuano sia calcoli simbolici che calcoli numerici.
    Vediamo qualche altro esempio di risoluzione simbolica.

#10  «So che i prezzi hanno subito un aumento percentuale del 4%. Conosco i prezzi nuovi. Come posso ricavare i prezzi vecchi?».

PrezzoNuovo = PrezzoVecchio + 4%·PrezzoVecchio


PrezzoNuovo = PrezzoVecchio·(1+4%)  ho raccolto PrezzoVecchio a fattor comune


PrezzoNuovo = PrezzoVecchio·1.04    ho calcolato 1+4/100


PrezzoNuovo
——————————— = PrezzoVecchio         ho applicato "/1.04" ai due membri
    1.04


               PrezzoNuovo
PrezzoVecchio = ———————————         ho scambiato i due membri
                  1.04

#11  Voglio trasformare la formula  A = B + pB + 2qB  in modo da esprimere B in funzione di A, p e q.

A = B + pB + 2qB


A = B(1 + p + 2q)               ho raccolto B a fattor comune


     A       B(1 + p + 2q)
—————————— = —————————————      ho applicato "/(1+p+2q)" ai due membri
1 + p + 2q     1 + p + 2q


     A
—————————— = B                  ho "semplificato" il secondo membro (*)
1 + p + 2q


         A
B = ——————————                  ho scambiato i due membri
    1 + p + 2q

(*) Con  ho semplificato il secondo membro  ho inteso dire che ho reso più semplice la forma del termine a secondo membro; in questo caso ho tenuto conto del fatto che se moltiplico B per  1+p+2q  e poi lo divido per  1+p+2q  riottengo B, quindi posso evitare di scrivere questa moltiplicazione e questa divisione.

#12  «Secondo una ricetta gli ingredienti A e B devono essere in proporzione come 5 e 3, cioè [ proporzionalità] A/B = 5/3 ("A sta a B come 5 sta a 3"). So che A=110 g. Quanto deve essere B?».

  Ecco due possibili procedimenti risolutivi. Il primo:

110   5
——— = —
 B    3


 B    3                   ho applicato il reciproco ai due membri
——— = —
110   5                   (cioè ho scambiato i termini dei due rapporti)


 B        3
———·110 = —·110           ho applicato "·110" ai due membri
110       5


    3
B = —·110 = 3·22 = 66     ho svolto i calcoli
    5

  L'altro:

110   5
——— = —
 B    3


110     5
———·B = —·B        ho applicato "·B" ai due membri
 B      3


      5
110 = —·B          ho "semplificato" il 1° membro
      3


    3   5   3
110·— = —·B·—      ho applicato "·(3/5)" ai due membri
    5   3   5


        5 3
66 = B·(—·—)       ho svolto i calcoli al 1° membro e riordinato il 2°
        3 5


B = 66             ho "semplificato" il 2° membro e ho scambiato i due membri

Note.  Ovviamente conveniva osservare, senza manipolazioni algebriche, che "110 sta a B come 5 sta a 3" equivale a "B sta a 110 come 3 sta a 5", e risolvere direttamente l'equazione:

     B    3
    ——— = —
    110   5
               e procedere nel primo modo:


     B        3
    ———·110 = —·110          ho applicato "·110" ai due membri
    110       5


        3
    B = —·110 = 3·22 = 66    ho svolto i calcoli
        5

Una equazione come B/110 = 3/5, che abbia la forma di una eguaglianza tra rapporti, viene chiamata proporzione. Un tempo invece che "/" si preferiva usare ":", notazione ormai praticamente abbandonata nell'uso matematico; i termini 110 e 3, che stanno "in mezzo", venivano chiamati medi, mentre B e 5 venivano chiamati estremi. Per trovare la soluzione B si usava uno strano circolo vizioso: si osservava che affinché questa equazione sia vera occorre che 110·3 (prodotto dei medi) sia uguale a B·5 (prodotto degli estremi), si otteneva 110·3=B·5, ovvero B·5=110·3, e poi si dividevano per 110 i due membri; questo procedimento, che le persone memorizzavano nella forma "prodotto dei medi = prodotto degli estremi", era stato messo a punto qualche secolo a.C., quando non erano stati ancora sviluppati il concetto più generale di equazione, i concetti di funzione, operazione inversa, …; è tuttavia un procedimento che si è mantenuto nella tradizione di molti insegnanti per molti anni, e che gli alunni memorizzavano senza comprenderlo e applicavano spesso a sproposito; finalmente nel 1979 nei programmi della scuola media inferiore si è precisato che «l'argomento "proporzioni" non deve essere appesantito imponendo, come nuove, regole che sono implicite nella proprietą delle operazioni aritmetiche, ma deve essere finalizzato alla scoperta delle leggi di proporzionalitą».

Esercizi:

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