Da: Amir D. Aczel,
L'enigma di Fermat, Il Saggiatore, Milano, 1998 (ed. originale:
Fermat's Last Theorem, 1996)
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Le
mille e una notte
Mentre
l'Europa era occupata a combattere piccole guerre feudali tra i
vassalli di un re o di un principe e quelli di un altro, a
sopravvivere alla Peste nera e a organizzare quelle spedizioni
dispendiose e spesso mortali che presero il nome di Crociate, gli
arabi governavano un impero fiorente che andava dal Medio Oriente
alla penisola iberica. Oltre a compiere considerevoli progressi in
medicina, in astronomia e nelle arti, gli arabi svilupparono anche
l'algebra. Nel 632 d.C. il profeta Maometto fondò uno stato
islamico il cui centro era La Mecca, che è ancor oggi il
principale luogo santo dell'Islam. Poco tempo dopo le sue armate
attaccarono l'Impero bizantino e questa offensiva continuò
anche dopo la sua morte, avvenuta a Medina nello stesso anno.
Damasco, Gerusalemme e gran parte della Mesopotamia caddero in mano
alle forze islamiche, e nel 641 si arrese anche Alessandria, centro
della matematica mondiale. Intorno al 750 le guerre, esterne e
interne, dell'Islam terminarono e gli arabi marocchini e d'Occidente
si riconciliarono con gli arabi orientali.
Baghdad
divenne un centro di studi scientifici. Gli arabi assimilarono
le idee matematiche e le scoperte fatte in astronomia e in altre
scienze dalle popolazioni delle terre assoggettate. A Baghdad furono
chiamati dotti iraniani, siriani e alessandrini. Durante il regno del
califfo Al Mamun, all'inizio del IX secolo d.C., furono scritte le
Mille e una notte [notti] e vennero tradotte in arabo molte opere
greche, tra cui gli Elementi di Euclide. Il califfo fondò
a Baghdad una Casa della Sapienza fra i cui membri c'era Mohamed
Ibn Musa al-Khwarizmi, che avrebbe raggiunto, come Euclide, fama
mondiale. Al-Khwarizmi scrisse libri di aritmetica e algebra in
cui utilizzava idee e simboli indù per annotare i numeri, e
riprendeva vari concetti mesopotamici e il pensiero geometrico di
Euclide. La parola "algoritmo" viene da al-Khwarizmi e la
parola "algebra" deriva dall'inizio del titolo del suo
libro più conosciuto, Al jabr wa'l muqabalah. In
seguito l'Europa avrebbe appreso da questo libro quel ramo della
matematica che chiamiamo algebra. Ci sono delle idee algebriche anche
alla radice dell'Arithmetica di Diofanto [Alessandria, III sec. d.C.], ma lo Al jabr è
più vicino all'algebra di oggi e propone soluzioni dirette di
equazioni di primo e secondo grado. Il titolo in arabo indica la
restaurazione per trasposizione dei termini da un lato all'altro
dell'equazione, che oggi è il modo di risolvere le equazioni
di primo grado.
L'algebra e la
geometria, come tutti i rami della matematica, sono collegate fra di
loro; la disciplina che più strettamente le unisce è la
geometria algebrica, creata nel XX secolo. Sarebbero stati proprio i
collegamenti fra i diversi settori della matematica e le aree
disciplinari che intersecano rami diversi, mettendoli reciprocamente
in connessione, a spianare il cammino al lavoro di Wiles sull'enigma
di Fermat, molti secoli dopo.
[l'Ultimo Teorema di Fermat afferma che se n>2 non ci sono tre numeri
naturali a, b e c tali che an+bn = cn;
il teorema fu congetturato da Pierre Fermat nel 1637 e dimostrato
nel 1995 dall'inglese Andrew Wiles; vedi]
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I
cosisti
La matematica entrò nell'Europa medievale con le opere di
Fibonacci ["figlio di Bonaccio", soprannome di Leonardo
Pisano, 1180-1250, mercante internazionale, nato a Pisa e vissuto
anche nell'Africa Settentrionale e a Costantinipoli] e (attraverso la
Spagna, che allora faceva parte del mondo islamico) con quelle di al-
Khwarizmi. All'epoca l'algebra era considerata soprattutto un metodo
per risolvere equazioni in un'incognita. Oggi chiamiamo "x"
questa incognita e cerchiamo di risolvere un'equazione per valori
qualsiasi della "x".
Prendiamo un esempio dei più semplici: x - 5 = 0, e
usiamo alcune operazioni elementari per trovare il valore della x.
Se aggiungiamo 5 a entrambi i membri dell'equazione otteniamo x
- 5 + 5 a sinistra e 0 + 5 a destra. Perciò il membro
sinistro è "x"
e il membro destro è 5; vale a dire, x = 5.
All'epoca di al-Khwarizmi gli arabi chiamavano "cosa"
l'incognita; in arabo "cosa" si dice shay. Dunque
risolvevano equazioni per una shay incognita, come abbiamo
fatto sopra con "x". Quando queste idee furono
importate in Europa il termine arabo shay fu tradotto in
latino. In latino "cosa" si dice res;
ma poiché i primi algebristi europei erano italiani, la
parola italiana cosa si ritrovò associata all'algebra.
Gli algebristi si occupavano della soluzione di equazioni in una cosa
incognita, e quindi furono chiamati cosisti.
Come
a Babilonia tre millenni e mezzo prima, nel Medioevo e all'inizio del
Rinascimento la matematica era usata soprattutto per facilitare il
commercio. La società mercantile dell'epoca era sempre più
interessata ai suoi problemi professionali (i tassi di sconto, i
costi, i profitti) che a volte potevano essere formulati come
problemi matematici per i quali era necessario risolvere delle
equazioni. Tra i cosisti vi furono uomini come Luca Pacioli
(1445-1514), Girolamo Cardano (1501-1576), Niccolò
Tartaglia (1500-1557) e altri, sempre in concorrenza fra di loro come
solutori di problemi al servizio di mercanti e finanzieri. Questi
matematici usavano le soluzioni dei problemi più astratti come
pubblicità; dato che dovevano
contendersi i clienti, spendevano tempo e fatica anche per risolvere
questi problemi più difficili, come le equazioni cubiche
(equazioni nelle quali l'incognita o "cosa", cioè la
nostra "x",
è elevata alla terza potenza: x3), così
da poter pubblicare i risultati ed essere sempre più ricercati
per la soluzione di problemi applicati.
Nel
primo Cinquecento Tartaglia scoprì un modo di risolvere le
equazioni cubiche e tenne segreto il suo metodo, così
da conservare un margine di vantaggio sui concorrenti nel
lucroso mercato della soluzione di problemi. Cardano, venuto a
sapere che Tartaglia aveva appena vinto una gara con un matematico
rivale, gli chiese insistentemente di rivelare il segreto della
soluzione di queste equazioni cubiche. Tartaglia gli svelò il
suo metodo a condizione che Cardano lo tenesse segreto al resto del
mondo. Ma quando, qualche anno dopo, Cardano apprese lo stesso metodo
da un altro cosista, Scipione Del Ferro (1456-1526), subito pensò
che Tartaglia avesse avuto il suo sistema da questa persona e si
sentì autorizzato a divulgare il segreto; così pubblicò
il metodo per la soluzione di equazioni cubiche nella sua Ars
magna del 1545. Tartaglia si sentì
tradito, si infuriò con Cardano e da allora dedicò
gran parte del suo tempo a denigrare l'ex amico, riuscendo infine a
rovinare la sua reputazione.
I
cosisti erano considerati matematici di una levatura inferiore a
quella degli antichi greci. L'interesse prevalente per i problemi
applicati, la ricerca del successo economico e le sterili lotte
personali impedivano loro di cercare la bellezza nella matematica e
di perseguire una conoscenza fine a se stessa; così essi non
elaborarono una teoria matematica generale e astratta. Per una teoria
del genere bisognava tornare agli antichi greci, e fu proprio quello
che accadde cento anni dopo.
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