L'evoluzione dei linguaggi

 La efficacia del linguaggio formale è evidente analizzando esempi storici, riferiti a quando, per mancanza del linguaggio algebrico, si descrivevano o risolvevano verbalmente problemi più o meno complicati; in alcuni casi ciò era sufficiente, ma in altri comportava notevoli difficoltà di comprensione e applicazione, e non consentiva di individuare strategie risolutive più semplici o generali, come quelle che si utilizzano ai nostri giorni. Vediamo qualche esempio di come venivano affrontati circa 1000 anni fa problemi che ora si risolvono utilizzando variabili.
    I problemi che noi, oggi, rappresentiamo e risolviamo con l'algebra elementare all'epoca venivano affrontati con metodi denominati complessivamente "arte della cosa". "Cosa" indicava, più o meno, ciò che noi oggi chiamiamo "incognita", e altri nomi particolari venivano utilizzati per le altre variabili; anche operazioni ed eguaglianze venivano descritte verbalmente.
    In particolare per studiare ciò che noi oggi chiamiamo "equazioni polinomiali di 2° grado" e indichiamo con formule del tipo: ax2 + bx + c = 0 (stiamo sottintendendo che x sia l'incognita), venivano usate le espressioni seguenti:

cosa l'incognita
cose il termine di 1° grado
numero delle cose coefficiente di 1° grado
censo il quadrato dell'incognita
censi il termine di 2° grado
numero dei censi il coefficiente di 2° grado
numero il termine "noto" o coefficiente di grado 0

    Per risolvere le equazioni di secondo grado non vi era un'unico metodo, ma venivano analizzati separatamente i diversi casi; vediamone alcuni.

Primo caso:

"censi uguale cose"

adesso corrisponde all'equazione:

ax2 = bx

 

Soluzione:  dividi il numero di cose per il numero dei censi; il quoziente è la quantità desiderata.

che tradotta in termini moderni diventa la formula:

x = b/a.

Secondo caso:

"censi uguale numero"

adesso corrisponde all'equazione:

ax2 = n

 

Soluzione:  dividi il numero per il numero dei censi, estrai la radice.

che tradotta in termini moderni diventa la formula:

x = √(n/a).

Terzo caso:

"censi e numero uguali a cose"

adesso corrisponde all'equazione:

ax2 + n = bx.

 

Soluzione:  dividi le cose e il numero per il numero dei censi; (dopo la divisione) prendi la metà del numero delle cose, moltiplicala per se stessa. Da questo sottrai il numero. Considera la radice quadrata di questa differenza, prendi la metà del numero delle cose, a questo valore aggiungi o sottrai la radice, otterrai le due soluzioni.*

che tradotta in termini moderni diventa la formula:

x = (b/(2a)) ± √((b/(2a))2 - n/a).

* in tutte le operazioni eseguite dopo la prima divisione, con "numero" e "numero delle cose" venivano indicati il numero e il numero delle cose divisi per il numero dei censi.


(1)  Prova a tradurre da un linguaggio all'altro i casi rimanenti scrivendo poi nei due modi la soluzione:

  (a)  "cose ugual numero"
  (b)  ax2 + bx = n
  (c)  "cose e numero uguale a censi"


(2)  Prova a descrivere con una formula come ottenere in generale la soluzione del problema a partire dai dati noti "traducendo" il procedimento descritto verbalmente per un caso particolare nel seguente testo (b) tratto da una tavoletta babilonese. Leggi prima l'esempio (a), per avere un'idea di come procedere. La figura si riferisce sia ad (a) che a (b)

(a) Esempio

Una trave è lunga 30.
Sopra è scesa di 6. Sotto di quanto è slittata?

  Fai così:  il quadrato di 30 è 900.
  Sottrai 6 da 30: viene 24.
  Il quadrato di 24 è 576 che togli da 900: viene 324.
  324 ha per radice quadrata 18.
  Il corpo è slittato di questo.

 

      Provo a tradurre il procedimento in linguaggio moderno:

  cerco il valore di A e con il procedimento si è trovato  A = 18;
  percorro a ritroso il ragionamento e determino A in funzione di H e di L, cioè una funzione F tale che A = F(K, L):
    A = √324
    324 = 900 − 576
    576 = 242
    24 = 30 − 6
    900 = 302
  quindi con il procedimento non ho fatto altro che calcolare:
    A = √(302 − (30 − 6)2), cioè:  A = √(L2 − (L − H)2)

Ora prova tu a tradurre il seguito:

(b) Quando il corpo è slittato di 18, quanto è sceso dall'alto?

  Il quadrato di 18 è 324.
  Sottrai 324 da 900 viene 576.
  Quale radice quadrata ha? 24 è la radice quadrata.
  Togli 24 da 30: viene 6.
  È slittato di questo. Così è il procedimento.

(NOTA: noi abbiamo utilizzato numeri in base 10, ma i Babilonesi usavano un sistema di numerazione sessagesimale)


(3)  L'uso di "cosa", "censo", … consentì di avviare le prime discussioni generali relative alla risoluzione delle equazioni. Un passo successivo fu quello dell'uso di più nomi (in genere singole "lettere") come numeri variabili e l'impiego di segni per le operazioni (li ritroviamo in particolare, intorno al 1590, nei trattati dell'avvocato francese François Viète, che non fu, comunque, il primo a introdurli). Non si trattava, tuttavia, ancora di una manipolazione simbolica astratta: "A quadratum", ossia A2, ad es., non poteva essere sommato ad A in quanto non si trattava di "grandezze" omogenee (era come sommare aree a lunghezze). Inoltre fu lento lo sviluppo della abilità di trasformare termini contenenti variabili in termini a loro equivalenti. Un esempio:

L'uso di variabili per rappresentare un procedimento di calcolo consente, a volte, anche di analizzare meglio il procedimento impiegato e di individuare dei procedimenti equivalenti, ma più semplici.

(a)   Per calcolare l'area della figura a fianco possiamo sommare le aree dei due triangoli evidenziati, cioè fare  a·h/2 + b·h/2.
    Ma, trasformando i due addendi e raccogliendo a fattor comune il sottotermine h·(1/2), otteniamo:

  
a·h + b·h = a·h· 1 + b·h· 1 = (a+b)·h· 1 = (a+b)·h
———————
222222

    Si vuole calcolare l'area complessiva delle pareti di una stanza da tappezzare; nel calcolo non si tiene conto delle porte e delle finestre (infatti si può risparmiare qualche ritaglio di carta ma non dei tratti interi di rotolo). Sotto è raffigurato lo sviluppo piano delle quattro pareti. Scrivi una formula che consenta di calcolare l'area a partire dalle dimensioni a, b e h effettuando il minor numero possibile di calcoli. Motiva la risposta.

(b)   Non sempre è facile trasformare un termine in un termine più semplice da calcolare. Ad esempio, in uno scritto del 1610 (in un'epoca in cui già si usavano nomi per rappresentare numeri generici ma non era ancora studiato e diffuso il calcolo simbolico) un matematico si "porta dietro" per molti passaggi un termine come (b+c)·k–k·c senza accorgersi che (distribuendo k e riordinando) diventa b·k:

(b+c)k–kc = bk+ck–kc = bk+ck–ck = bk+(ck–ck) = bk+0 = bk

    In uno scritto del 1620 il risultato di un problema di geometria è scritto nella forma sotto riportata. Prova a riscriverlo in una forma più semplice (indicando i procedimenti di riscrittura che hai impiegato).

V = a(m+n)+m(b–a)–na

    Tenere presenti gli aspetti messi in luce da questi esempi potrà esserci utile per riflettere su come motivare all'uso e alla manipolazione delle formule (non tanto "storicamente" quanto ricreando, con i propri alunni, esigenze/clima/… che conducano all'esigenza di nuovi oggetti/metodi matematici, mettendo a fuoco lo scaricamento di attività ripetitive e meccaniche e i salti concettuali che si stanno operando, …).


(4)  Il passaggio dal calcolo con numeri al calcolo con variabili è stato, storicamente, lungo e difficoltoso. Il cosiddetto "calcolo letterale" (ossia il calcolo simbolico) non consiste semplicemente nel "passare dall'operare coi numeri all'operare con le lettere", non ha la stessa chiarezza (che cosa devo ottenere? come devo procedere?) di quello del calcolo del valore numerico di un termine non contenente variabili.
    Quanto visto non significa che qualche secolo fa gli uomini fossero meno intelligenti di oggi:  la cultura, matematica e non, si sviluppa e si accresce nel corso del tempo e viene via via trasmessa alle nuove generazioni.  Le cose da imparare crescono, via via, per vari motivi:  • nascono nuovi concetti e nuovi metodi, che consentono di affrontare contemporaneamente, e più rapidamente, situazioni per le quali erano prima necessarie diverse tecniche e procedimenti più laboriosi,  • si sviluppano nuovi linguaggi che ci facilitano nell'esecuzione delle attività mentali,  • vengono messe a punto tecniche e strumenti a cui scarichiamo attività di elaborazione (numerica, grafica, …) più esecutive e molte attività di memorizzazione, liberandoci tempo e risorse intellettuali per svolgere nuove attività.
    La scuola, e i suoi compiti, quindi cambiano, o dovrebbero cambiare …, molto rapidamente.  La cosa che dovrebbe essere importante è capire quando e in che modo, dalla più tenera età in avanti, entriamo in contatto e incominciamo ad usare i più svariati metodi, linguaggi, strumenti, …: la scuola dovrebbe "inserirsi" in questo processo e contribuire ad arricchirlo ed accelerarlo, senza estraniarsi da esso. E gli alunni dovrebbero fare la loro parte …

(5)  Ci sono situazioni in cui non c'è una distinzione assoluta tra necessità e scarsa utilità del linguaggio formale; ciò dipende dal livello di preparazione, dagli schemi mentali che la persona si è costruita e dalle preferenze soggettive. Ad esempio:

•  Come spiegheresti che cosa è un cerchio a:
− un bambino piccolo
− uno straniero che non conosce tale termine in italiano (senza usare il termine tradotto nella sua lingua e parlando al telefono)
− la professoressa di matematica durante una interrogazione

•  E cosa daresti come input al computer per poter disegnare un cerchio? Con quale o quali tipi di programma? Con quale o quali obiettivi?