Vettori

#1  Il cambiamento di posizione che corrisponde al passaggio da un punto A a un punto B può essere descritto indicando la variazione orizzontale xB−xA, che indicheremo anche con Δx, e la variazione verticale yB−yA, che indicheremo anche Δy.
[Δx sta per "d ifferenza delle x"; infatti Δ è la lettera greca "delta" maiuscola, che si legge come la lettera italiana D]

    Nel caso a sinistra della figura a lato abbiamo Δx>0 e Δy>0: spostandosi da A a B aumentano sia la ascissa che l'ordinata.
    Nel caso a destra abbiamo Δx>0 e Δy<0: spostandosi da P a Q aumenta la ascissa ma diminuisce l'ordinata.
    La coppia di numeri (Δx, Δy) nel primo caso viene chiamata vettore AB, nel secondo caso viene chiamata vettore PQ.

  

    La funzione (x, y) (x+Δx, y+Δy) viene chiamata traslazione di passi Δx e Δy o traslazione determinata dal vettore (Δx,Δy) o traslazione di vettore (Δx,Δy). Viene indicata con TΔx, Δy o con Tv se v indica il vettore (Δx,Δy).

    Dati due punti A e B, il vettore AB viene indicato in uno dei due modi seguenti (nel primo la "freccia" ricorda che si tratta della traslazione che porta A in B, nel secondo il "meno" indica che è una specie di  differenza: la "variazione" per andare da A a B):

AB    o    B–A

    I vettori raffigurati a fianco sono uguali: sono diversi modi per indicare la traslazione di passi 8,4.

 
AB = CD = OQ = (8,4)

B-A = (xB-xA, yB-yA) = (8,4)
D-C = (xD-xC, yD-yC) = (8,4)
Q-O = (xQ-xO, yQ-yO) = (8,4)

[La parola vettore nel linguaggio comune significa "portatore" (ad es. chi effettua la consegna di una merce viene chiamato "il vettore", il razzo impiegato per mettere in orbita un satellite artificiale viene chiamato "razzo vettore", …); deriva dal verbo latino vehere, che significa "portare" (dallo stesso verbo derivano: vettura, veicolo, …). È evidente il motivo per cui è stato scelto questo nome per i passi delle traslazioni]

  

#2  Dato un vettore v = (h, k), i numeri h e k vengono chiamati le componenti di v. 
    Il nome deriva dal fatto che Tv può essere vista come il frutto della composizione di una traslazione orizzontale di passo h e una traslazione verticale di passo k, o, viceversa, di una traslazione verticale di passo k e una traslazione orizzontale di passo h.

    Si definisce addizione tra vettori la funzione che a due vettori v1 = (h1, k1) e v2= (h2,k2) associa il vettore (h1+h2, k1+k2), che viene indicato v1 + v2 e chiamato somma di v1 e v2.
    È il vettore che corrisponde alla traslazione Tv2(Tv1(.)), cioè alla composizione di Tv1 e Tv2.

  

  

#3  Data la traslazione Th,k, la traslazione T-h,-k viene detta sua traslazione opposta.  Se v è il vettore (h,k), il vettore (-h,-k) viene indicato con –v e viene chiamato vettore opposto di v.
    Ad esempio i vettori rappresentati a fianco sono l'uno l'opposto dell'altro:
  AB  =  BA       BA  =  AB

    Il vettore w che occorre addizionare a v per ottenere u è il vettore differenza u–v. Ha come componenti la differenza delle componenti di v e u. Nel caso a fianco:
    w = (6,11) – (14,7) = (–8,4).

  

    

    Per l'addizione tra vettori vale la proprietà del riordino [ termini equivalenti].
    La figura affianco illustra l'equivalenza tra a+b+c e c+b+a.

#4   Il modello matematico "vettore" viene usato per rappresentare molte situazioni, non solo geometriche.

    Noi abbiamo introdotto i vettori per descrivere i cambiamenti di posizione e la somma di vettori per descrivere l'effetto complessivo di due successivi cambiamenti di posizione. In fisica, la somma di vettori viene impiegata anche per rappresentare lo spostamento complessivo di un oggetto il cui movimento può essere visto come l'effetto di due diversi movimenti contemporanei: si fa la somma dei vettori che rappresentano gli spostamenti a cui darebbero luogo i due singoli movimenti.

    Oltre agli spostamenti in fisica vengono rappresentati con vettori anche le velocità, le forze e varie altre grandezze:
  Si tratta di grandezze di cui si può dare una descrizione completa indicando, oltre alla loro misura (intensità), la loro direzione.
    Ad esempio una forza di 15 kg può essere rappresentata con un vettore lungo 15. Più precisamente, si parla di un «vettore di modulo 15»:
dato un vettore v = (h, k), si chiama modulo di v la distanza dalla posizione iniziale alla posizione finale dopo l'applicazione della traslazione Tv, cioè (nell'ambito della geometria euclidea):
                √( (Δx)2 + (Δy)2 ) =  √(h2 + k2)
  Si può, inoltre, dimostrare che la composizione di due di queste grandezze [la composizione di due velocità, la composizione di due forze, …] dà luogo alla grandezza [una velocità, una forza, …] rappresentata dal vettore che è la somma dei vettori che rappresentano le due grandezze di partenza.
    Grandezze di questo genere (rappresentabili e componibili come vettori) vengono dette grandezze vettoriali.

#5  Nota 1. In qualche libro di fisica (e anche di matematica - anche se non è l'uso standard - vedi) invece di direzione si parla di direzione orientata o di orientamento e si usa la parola "direzione" come sinonimo della parola "inclinazione". In particolare di due spostamenti che hanno direzioni opposte, come B–A e A–B, si dice che hanno la stessa direzione e verso opposto.  È opportuno, se ci si rivolge a qualcuno che non sa quale convenzione stiamo usando, precisarla.
   In alcune situazioni (come quando un vettore è usato per indicare la forza esercitata per far ruotare qualcosa, in cui l'effetto dipende anche dalla distanza dal centro di rotazione) è importante considerare anche il punto di applicazione, ossia distingure i vettori AB e CD che abbiano stesso modulo e stessa direzione ma A e C non coincidenti. In questi casi si dice che AB e CD sono diversi come vettori applicati. Un vettore applicato è interpretabile matematicamente come una coppia (A,v), dove A è il punto a cui è applicato il vettore v; in pratica è un "segmento orientato".
   In un contesto in cui si stiano considerando vettori applicati, a volte si usa la dizione "vettore libero" invece che "vettore" per specificare che non ci interessa il punto di applicazione.

Nota 2. Qui abbiamo usato il concetto di direzione in modo intuitivo. Alla voce  direzioni e funzioni circolari ne è data una definizione puramente matematica.

Nota 3. Le grandezze fisiche che sono completamente individuate da un solo valore numerico vengono dette scalari (basta una "scala" numerica, senza indicazioni di direzione). Sono tali ad esempio il tempo, la temperatura e la massa.
   Il peso invece è una grandezza vettoriale: è una forza diretta verso il centro di gravità; le masse si misurano in chilogrammi, le intensità dei pesi e, più in generale, delle forze (oltre che in newton, unità di misura usata dai fisici - 1 N è la forza esercitata da un corpo con massa di 1 kg sottoposto a una accelerazione di 1 m/s²) possono essere misurate in chilogrammi-forza (impropriamente chiamati anche chilogrammi-peso), che per convenzione sono il peso al livello del mare di un oggetto della massa di un chilogrammo posto a 45° di latitudine (ai poli lo stesso oggetto pesa 0.25% in più in quanto non vi è forza centrifuga e la distanza dal centro della terra è leggeremente minore, mentre pesa 0.25% in meno all'equatore dove l'effetto della forza centrifuga è massimo e la distanza dal centro della terra è massima; 1000 m più in alto pesa lo 0.03% in meno). Quando si usa il simbolo kg, dal contesto si capisce se è inteso in senso proprio o per indicare il chilogramma-forza; a volte il kg-forza (-peso) è indicato kgf (kgp).
   Abbiamo parlato di forza centrifuga. In realtà è una forza "apparente", che, ad esempio, stando seduti in una giostra percepiamo come ci attirasse verso l'esterno. In vero è il seggiolino che ci trattiene, esercitando una forza centripeta verso il centro della giostra: la forza centrifuga, in pratica, è un modo in cui chiamiamo l'opposto della forsa centripeta (i due termini derivano dai termini latini "centrum" e "fugere" - fuggire - e "petere" - rivolgersi verso, da cui deriva anche "petizione"). Se saltassimo in alto sulla giostra tenderemmo a proseguire lungo la tangente al cerchio lungo cui ci stiamo muovendo: non vi sarebbe più forza centripeta a trattenerci. Diretta come la forza centripeta è la corrispondente accelerazione centripeta, che rappresenta come varia la direzione della velocità; quando salto sparisce anche questa, e, appunto, proseguo lungo la tangente (vedi anche, più avanti, qui ).
[1 kg–forza = 1 kg F per definizione è uguale a 9.80665 N, essendo 9.80665 m/s² approssimativamente il valore della accelerazione di gravità al livello del mare a 45° di latitudine; in realtà l'accelerazione di gravità a tale latidudine può variare leggermente da questo valore: può essere assunta pari a 9.806±0.001 m/s²; alla stessa latitudine, a 1000 m di altezza, l'accelerazione di gravità in m/s² vale 9.803; all'equatore e ai poli, al livello del mare, vale, arrotondando, rispettivamente 9.78 e 9.83. Ecco una delle varie formule utilizzate per "approssimare" il valore di g:

#  h  altitudine in metri,  fi  latitudine in gradi
g1 <- 9.780327; g2 <- 0.0053024; g3 <- 0.0000058; g4 <- 3.086
g <- function(fi,h) g1*(1+g2*sin(fi/180*pi)^2-g3*sin(2*fi/180*pi)^2)-g4*1e-6*h
g(90,0); g(45,0); g(0,0); g(45,1000)
#  9.832186  9.8062  9.780327  9.803114   che sono da arrotondare:
#  9.83      9.81    9.78      9.80
Nota 4.  Quando si considerano grandezze vettoriali che operano lungo una retta fissata in genere si usa rappresentarle solo con dei numeri, come se fossero grandezze scalari, e si danno loro segni opposti se hanno direzioni opposte; ad esempio se indichiamo con 2 kg la forza (di spinta) esercitata da una particolare molla compressa di 3 cm, la forza (di attrazione) opposta che essa esercita quando è dilatata di 3 cm la indicheremo con –2 kg.
    In realtà, sono sempre dei vettori: sono dei vettori in uno spazio a 1 dimensione. Del resto alla voce  4 operazioni avevamo già visto che i numeri li potevamo interpretare come vettori spostamento, in uno spazio in cui le direzioni possibili sono solo due.
    Questa identificazione tra punti della retta reale e spostamenti lungo di essa è, per altro, analoga al fatto che sia i punti che i vettori del piano sono indicati con coppie di numeri reali:  a seconda dei casi, una coppia di numeri la interpreto come un punto P o come uno spostamento (quello che porta O in P).
Nota 5.  I vettori sono stati introdotti in tempi relativamente recenti. Il primo trattato organico su di essi risale al 1844, ad opera del matematico (e fisico, linguista, …) Hermann Grassmann.

#6  Per applicare il concetto di vettore a situazioni in cui intervengono grandezze fisiche che non operano lungo un piano occorre estendersi al caso tridimensionale. I punti nello spazio a 3 dimensioni sono rappresentati da terne di numeri reali; lo stesso accade per i vettori. Ad es., facendo riferimento alla figura sotto a sinsitra, il vettore AB è (Δx, Δy, Δz) = (–1, 2, 3): per andare da A in B si sale di 3 (Δz = 3), si avanza nella direzione dell'asse y di 2 (Δy = 2) e si retrocede di 1 nella direzione dell'asse x (Δx = –1).
    Il modulo viene definito riconducendosi alla distanza euclidea, che nel caso tridimensionale è definita [] estendendo in modo naturale quella del caso bidimensionale:
                √( (Δx)2 + (Δy)2 + (Δz)2 )

    Nel caso della figura d(A,B) = √14 = 3.74…, e questo è anche il modulo del vettore AB.

    Sopra a destra viene motivata questa estensione: il segmento AB viene pensato nel piano verticale che lo contiene; la sua lunghezza è la radice quadrata della somma dei quadrati della variazione verticale, che è 4, e della variazione orizzontale, che viene ricavata come illustrato nella figura al centro, come distanza delle "proiezioni" di A e B sul piano individuato dagli assi x e y.

#7  Qui trovi come rappresentare vettori col programma R.

Esercizi:  testo  e  soluzione,   testo  e  soluzione,   testo  e  soluzione,   testo  e  soluzione,   testo  e  soluzione

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