Da: L'nsegnamento della Matematica, vol. 10, 1987
Summary
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This
paper presents a cultural and didactic analysis of problems related to first geometrical education: relations between geometrical models and "reality", connection of geometrical learning (expansion of lexicon, abstraction of concepts, understanding of the nature and the role of geometry) with wider cognitive and experiential contexts.
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1.
INTRODUZIONE
1.1.
In questo articolo presento caratteristiche e risultati di alcune
attività di ricerca e sperimentazione inerenti l'insegnamento
della geometria nella scuola elementare che, in collaborazione con
altri ricercatori e insegnanti, ho condotto negli scorsi anni
nell'ambito di alcuni contratti C.N.R.-Università di Genova e
ho continuato ad approfondire attraverso confronti e rapporti
instauratisi nel corso di successive attività di
aggiornamento.
La
ricerca ha le medesime linee di fondo e la stessa metodologia di
quella presentata in [3], a cui rinvio anche per l'impostazione data
alla stesura del presente articolo.[1]
1.2.
Con il termine geometria , in prima battuta, possiamo
identificare la parte della matematica dedicata allo studio delle
relazioni spaziali che intercorrono tra particolari oggetti; al
variare delle caratteristiche dello "spazio" e degli
"oggetti" considerati e del tipo di "relazioni"
studiate la geometria si articola in differenti, e numerose, branche.
Per dare
un'idea, si pensi alla diversità tra lo studio della forma che
una regione della superficie terrestre assume su una particolare
rappresenta zione cartografica, lo studio della configurazione dei
collegamenti presenti in una rete telefonica (di cui non interessano
tanto le esatte collocazioni quanto l'ordine con cui le diverse linee
si interconnettono), lo studio dei movimenti di un corpo celeste (che
non vengono descritti e analizzati con gli stessi riferimenti
impiegati per le posizioni e gli spostamenti nello spazio
"quotidiano"),
La
rappresentazione e lo studio di realtà diverse come
queste avviene ricorrendo a modelli matematici differenti. In
[3] attraverso molte esemplificazioni riferite all'aritmetica sono
stati illustrati il significato di modello matematico e la natura dei
rapporti che intercorrono tra modelli matematici e situazioni che
essi rappresentano.
Ad esempio se il
problema "reale" da affrontare è quello della
ripar tizione equa all'interno di un gruppo di persone di una data
somma di denaro, la sua risoluzione in termini matematici possiamo
così schematizzarla:

La somma
spettante a ciascuno è determinata dalla quantità delle
persone e da quella del denaro, e dal modo in cui voglio assegnare il
denaro alle persone (ad ognuno la stessa somma); alle due quantità
(dopo aver fissato due unità di misura) associo i numeri P e D
e al fatto che la ripartizione è in parti eguali associo la
operazione di divisione; i numeri P e D e l'operazione di divisione
determinano il risultato D:P, che è la rappresentazione nel
modello dell'aspetto della realtà che volevo studiare.
Osserviamo che
la divisione, poiché può dare come risultato un numero
non esprimibile attraverso i valori monetari correnti, non
corrisponde esattamente alla ripartizione della somma di denaro in
parti eguali: il risultato della divisione deve essere opportunamente
approssimato per poter ottenere quanto spetta a ciascuna persona.
Per questo ho tratteggiato le doppie frecce che rappresentano queste
corrispondenze.
Più in
generale, la seguente rappresentazione, nei limiti della sua
schematicità, fornisce un'immagine visiva di che cosa è
un modello.
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R: porzione
di realtà (situazione,oggetto,processo,
) che si
vuole studiare
CR:
comportamento, aspetto di R che si desidera
valutare o evidenziare
ER:
elementi, caratteristiche di R
dalla cui interazione dipende CR
RR:
relazioni che intercorrono tra questi elementi determinando
CR
M:
modello di R
EM:
elementi, caratteristiche di M corrispondenti a
ER
RM:
relazioni, corrispondenti
a RR, che
intercorrono tra questi elementi
CM:
comportamento, aspetto complessivo di M emergente
da EM
e RM |
Per riferirci ad
un altro esempio discusso in [3], nel caso dell'istogramma a crocette
(modello) che rappresenta come gli alunni di una certa classe
(realtà) si distribuiscono a seconda del mezzo di trasporto
impiegato abbiamo da una parte: CR = il modo in cui gli alunni
raggiungono la scuola, ER = i gruppi di alunni che impiegano i vari
mezzi di trasporto, RR = le relazioni "essere di più",
"essere tanti eguali",
che intercorrono tra i
diversi gruppi di alunni, e dall'altra: CM = la forma
dell'istogramma, EM = le colonne dell'istogramma, RM = le relazioni
"essere più alta", "essere alte eguali",
che intercorrono tra le varie colonne.
Un modello M,
per la sua stessa natura, non rappresenta interamente la realtà
R, ma ne coglie solo alcuni aspetti: nel caso dell'esempio
precedente esso considera solo i comportamenti della classe rispetto
al modo in cui viene raggiunta la scuola (gli istogrammi sul gioco
preferito, sul sesso,
, ad esempio, ne avrebbero considerato
altri), non consente di rappresentare il comportamento dei singoli
alunni (che invece sarebbe leggibile su una a tabella a due entrate
che rappresenti la stessa situazione),
.
M non
rappresenta "esattamente" neanche questi aspetti: non
sempre un alunno impiega lo stesso mezzo di trasporto,
. Per
questo le doppie frecce che rappresentano la corrispondenza tra gli
elementi e le relazioni nella realtà e quelle nel modello sono
state tratteggiate. Tuttavia M consente di valutare meglio nel suo
complesso il comportamento di R che si sta considerando.
Inoltre spesso
la scelta di ER e di RR è una semplificazione rispetto al
complesso dei fattori che influiscono su CR, e perciò anche la
freccia che rappresenta il fatto che ER e RR determinano il
comportamento di R che si vuole valutare è stata tratteggiata.
Per fare un
esempio connesso al mondo della scuola, si pensi al luogo comune:
«l'alunno fa errori di calcolo e è lento nel risolvere i
problemi; quindi non è portato per la matematica».
Anche in questo caso siamo di fronte all'impiego di un modello: il
comportamento dell'alunno che si vuole valutare (CR) è
l'inclinazione verso la matematica, di cui si ritengono
caratteristiche significative (ER, RR) le abilità di calcolo e
di risoluzione di problemi; per realizzare ciò si considerano
le prestazioni dell'alunno di fronte a test, questionari di verifica,
compiti in classe,
(CM) constituiti, in genere, da esercizi
stereotipati (EM, RM). Questo modello, il cui impiego è
piuttosto diffuso, si basa purtroppo su semplificazioni eccessive: ad
esempio non è affatto vero (in quanto banalmente contraddetto,
in un verso, dalla storia di molti scienziati e, nell'altro, da
quella di molti studenti che intraprendono fallimentarmente gli studi
universitari in matematica) che le abilità di calcolo e di
risoluzione di problemi scolastici siano un indice di per sé
significativo dell'inclinazione per gli studi matematici.
Per fare un
esempio più serio si pensi alla legge fisica: «tra due
oggetti lasciati cadere contemporaneamente arriva a terra per primo
quello con minore altezza iniziale». Attraverso questo modello
il confronto tra i tempi di caduta di due oggetti (CR) viene
ricondotto a quello tra i numeri che ne rappresentano l'altezza (CM),
ma ciò vale solo se si trascura la resistenza dell'aria:
bisogna considerare altrimenti come fattore essenziale di CR anche
il peso (o, meglio, la massa) dei due oggetti e la loro forma (la resistenza dell'aria è maggiore se è maggiore la superficie frontale dell'oggetto e ha più influenza negativa sull'accelerazione se più piccola è la forza peso che la contrasta).
Nei primi due esempi (divisione,
istogramma) M è un modello "matematico", nel senso
che rappresenta R facendo ricorso a concetti, relazioni,
di
natura matematica.
Gli
ultimi due, così come i proverbi, le "leggi"
storiche, le regole grammaticali, un plastico, la galleria del vento
per studiare l'aerodinamicità di un veicolo,
sono
modelli non matematici[2].
Sono comunque modelli, cioè rappresentazioni semplificate e
approssimate di particolari situazioni, fenomeni,
che vengono
impiegate per agevolarne la descrizione o l'analisi.
Le discipline,
essenzialmente, non sono altro che sistemi di modelli la cui
organizzazione, i cui linguaggi,
sono stati messi a punto nel
corso della storia e continuano ad essere aggiornati. [3]
Per fare un
primo esempio di tipo geometrico si pensi alle carte geografiche. Una
carta automobilistica dell'Italia e una carta delle sue linee
ferroviarie (come quelle presenti nei libretti che contengono gli
orari dei treni) sono modelli diversi della stessa realtà: la
prima rappresenta un maggior numero di località, rappresenta
più fedelmente le distanze,
, mentre la seconda,
volendo evidenziare gli aspetti utili al viaggiatore ferroviario, si
limita a rappresentare le linee ferroviarie e le stazioni principali
e a rispettare l'ordine con cui lungo le linee ferroviarie si
succedono le stazioni e i nodi di raccordo.
Per fare due
esempi ancora più elementari, si pensi al descivere un campo
come di forma quadrata o come di forma rettangolare, oppure si pensi
alla indicazione della lunghezza di un tubo con l'espressione 1,279 m
o con l'espressione 1,28 m.
Si tratta in
entrambe le situazioni dell'impiego per lo stesso oggetto di una
coppia di modelli (figure geometriche in un caso, numeri nell'altro)
dei quali il primo fornisce una maggiore quantità di
informazioni del secondo, ma, proprio per questo, ha richiesto uno
sforzo maggiore in analisi, misurazioni,
per essere
individuato.
Il compito della
scuola dovrebbe consistere nell'educare gradualmente:
-
alla costruzione di modelli (nel caso della matematica essa viene
denominata matematizzazione), cioè all'individuazione
delle caratteristiche significative da esaminare nelle varie
situazioni considerate e alla loro associazione a concetti di tipo
disciplinare che le rappresentino,
- alla elaborazione
"interna" dei
modelli, cioè alla padronanza dei linguaggi in cui essi
vengono descritti e allo studio delle proprietà che collegano
i concetti che essi impiegano,
- alla
reinterpretazione di tali elaborazioni nel contesto "reale",
cioè alla traduzione nelle varie situazioni dei risultati
della elaborazione interna e alla comprensione dei limiti entro cui
tale risultati sono significativi.
In [3] questi
aspetti sono già stati esemplificati relativamente
all'aritmetica, mettendo in luce i problemi di apprendimento, di
rapporto con le rappresentazioni linguistiche e mentali degli alunni,
ad essi correlati.
1.3.
Il bambino fin da piccolo attraverso il disegno e
attraverso l'osservazione di disegni e altre riproduzioni incomincia
a costruire e interpretare modelli che rappresentano persone,
oggetti,
e le relazioni spaziali che intercorrono tra essi e
tra gli elementi che li compongono. Anche a livello verbale il
bambino fin dalla prima infanzia comincia a impiegare concetti che
sono modello di comportamenti di tipo spaziale: destra, sinistra,
sopra,
.
Nel muovere il
corpo, per orientarsi negli spostamenti, nei giochi,
il
bambino guida i propri movimenti non solo secondo automatismi che
attraverso l'esperienza ha interiorizzato, ma anche ricorrendo (a
livello mentale) a ragionamenti di tipo geometrico. Le prime forme
di scrittura, la memorizzazione, la denominazione, la
rappresentazione e la concatenazione di lettere e parole,
sono
altre attività che comportano del lavoro geometrico.
Il bambino
d'oggi ha anche sollecitazioni di tipo diverso: l'uso diffuso nei
cartelli, nei manifesti, su oggetti di uso quotidiano, alla TV,
di grafi, frecce, grafici, di rappresentazioni di figure e movimenti
su computer,
. Si pensi infine alle curiosità, ai
problemi e ai dubbi (a volte paradossali) connessi alla collocazione
dell'uomo nell'universo (forma della terra, movimenti del sole e
della luna,
) che manifestano i bambini: le rappresentazioni
mentali con cui essi cercano di interpretare i fenomeni di natura
astronomica intrecciano a modellizzazioni di tipo fisico,
naturalistico,
modellizzazioni di tipo geometrico.
Nonostante
questa ricchezza di stimoli offerta dall'ambiente, nonostante la
complessità delle attività mentali di tipo geometrico
che il bimbo compie, nonostante la maggiore attrattiva che la
geometria dovrebbe suscitare rispetto ad altre attività,
l'insegnamento geometrico è quello rispetto al quale spesso si
riscontrano i risultati scolastici più negativi; è,
specie nella scuola elementare, piuttosto trascurato dagli stessi
insegnanti. Del resto anche le ricerche in psicologia
dell'apprendimento hanno spesso clamorosamente sottostimato o
frainteso le capacità spaziali del bambino; anche "esperti"
in didattica hanno a volte dato indicazioni basate su grossolani
equivoci di tipo matematico.
Nel corso dell'articolo,
riferendomi all'introduzione dei più elementari modelli
geometrici, discuterò alcuni problemi connessi a queste
difficoltà e riferirò le indicazioni in positivo emerse
da attività di sperimentazione volte a un insegnamento
geometrico motivato e che, intrecciandosi allo sviluppo di altre
abilità disciplinari, miri ad instaurare un rapporto attivo
con le rappresentazioni mentali degli alunni.
2. LE PRIME
RAPPRESENTAZIONI GEOMETRICHE
2.1.
All'inizio della scuola elementare i disegni dei bambini
possono costituire un terreno fondamentale sia per l'esplorazione
delle loro conoscenze e abilità prescolastiche di tipo
geometrico che per lo sviluppo di esse: osservare i disegni dei
bambini, chiedere loro che cosa rappresentano, far notare loro
discrepanze rispetto al soggetto rappresentato, verificare se le
osservazioni sono state comprese o fraintese,
.
Attraverso
momenti di dialogo (con singoli alunni e con l'intera classe) è
così possibile affrontare in un contesto naturale per il
bambino verifiche e approfondimenti relativi ai primi elementi di
lessico spaziale: a destra, davanti, sopra, più alto,
più largo,
.
Spontaneamente
nei dialoghi emergono anche "conflitti" connessi a
questioni di riferimento , su cui l'insegnante deve, con
garbo, focalizzare l'attenzione: la mano destra di una persona
raffigurata frontalmente è a sinistra nel disegno, ciò
che sta davanti a un veicolo disegnato di profilo nel disegno sta
alla sua destra o alla sua sinistra,
; l'uso dei termini
lungo, alto, largo porta anche a considerazioni su come usualmente
vengono visti, disposti o utilizzati certi oggetti, sulla loro
forma,
[1].
La richiesta di
raffigurare soggetti particolari e il confronto tra essi e il disegno
realizzato per passare man mano a rappresentazioni più fedeli
(in forma, dimensioni, colori,
) consentono la discussione di
altri concetti geometrici.
Sorgono
innanzitutto prime questioni di proporzionalità : le
braccia sono più corte delle gambe e questa relazione deve
essere mantenuta nel disegno, la testa non è più larga
delle spalle, quella pianta ha foglie molto più piccole del
vaso,
.
Sorgono
anche altre questioni relative alle forme : i rami e le foglie
di quell'albero non formano una palla ma piuttosto una punta,
.
La
rappresentazione di più soggetti inseriti in uno stesso
ambiente consente di mettere a fuoco meglio queste osservazioni: è
il confronto tra le dimensioni delle varie immagini che ci dà
un'idea delle dimensioni degli oggetti reali (le raffigurazioni di un
bambino e di un adulto vicini le distinguo per confronto, mentre di
fronte a una sola di esse avrei difficoltà a dire se
rappresenta un adulto o un bambino; dal disegno isolato di una palla
non riesco a capire se sia grossa o sia piccina,
); è
sempre attraverso questo confronto che riesco a distingure oggetti
vicini da oggetti lontani;
.
Queste attività
sono importanti anche perché consentono di avviare all'uso
relativo dei concetti (alto, stretto,
assumono significato se
intesi in riferimento a un termine di paragone), alla effettuazione
di stime,
Come già
osservato, è importante che l'insegnante presti attenzione al
linguaggio che impiega: il bambino accetta le osservazioni sui
suoi disegni se le comprende, oltre che nelle loro motivazioni,
innanzitutto nel loro significato; si corre altrimenti il rischio di
usare termini ignoti al bambino o di cui comunque il contesto non gli
fa percepire il significato, di riferirsi implicitamente a certe
grandezze mentre il bambino può riferirsi ad altre («più
grande di
»,
«della stessa dimensione di
»,
possono essere interpretate pensando alla lunghezza rispetto
ad una particolare direzione, pensando all'estensione superficiale o
al volume,
).
Altrettanta
attenzione occorre nell'interpretare quanto osserva l'alunno, nel
percepire quanto ha compreso e riesce a tradurre operativamente anche
se non è in grado di esprimerlo verbalmente, o viceversa.
L'integrazione
tra uso del linguaggio grafico e uso del linguagio verbale orale è
particolarmente importante non solo per esplorare le conoscenze del
bambino, per consentirgli la comunicazione di fatti e concetti che
vuole esprimere, ma anche per educare all'uso di rappresentazioni che
possono cogliere aspetti diversi e che possono assumere rilevanza
diversa a seconda della situazione comunicativa: un movimento è
di solito più facilmente descrivibile a parole, una forma è
spesso più facile rappresentarla col disegno, gli odori non
sono raffigurabili,
.
Far descrivere ai bambini
attività, fatti, percorsi,
appoggiandosi ai loro
disegni di paesaggi, zone,
è utile sia per cogliere i
limiti di questi che per avviare alla padronanza dei rapporti
modello-realtà su cui si basa l'impiego delle cartine; su ciò
ritornerò.
La
potenzialità didattica di una attività che faccia
riferimento ai disegni dei bambini è ulteriormente messa in
luce dall'osservazione che disegnare non è fotografare :
le cose osservate vengono selezionate e riorganizzate mentalmente
prima di essere riprodotte, e le conoscenze della persona, così
come il suo atteggiamento culturale ed emotivo, influiscono in
maniera determinante sia sulla fase del "vedere" che su
quella del "riprodurre".
Si pensi ad
esempio alle sproporzioni presenti nel disegno di un bambino: a volte
esse non sono casuali o legate a difficoltà di tracciamento,
ma corrispondono alla maggiore importanza che nel contesto o nei
sentimenti del bambino assumono certi soggetti o certi particolari
rispetto ad altri. Far esplicitare verbalmente queste valutazioni è
un modo per focalizzare indirettamente anche gli aspetti geometrici;
un intervento brutalmente correttivo sarebbe invece non solo
controproducente, ma anche culturalmente diseducativo.
Si
pensi alle rappresentazioni stereotipate di oggetti spesso presenti
nei disegni dei bambini: in alcuni casi sono da connettere ad una
scarsa abitudine ad osservare direttamente , dal vivo, a
cogliere i particolari, a scoprire aspetti curiosi o caratteristici,
che è alimentata anche dalla massiccia presenza nella
loro vita della "mediazione" televisiva [2];
in altri casi si tratta di rappresentazioni simboliche che,
anche se non rispettano le forme o la prospettiva, consentono
comunque una comunicazione esauriente della situazione o del fenomeno
che l'alunno vuole rappresentare. Del resto per esempio in molte
carte turistiche alcuni edifici sono rappresentati in proporzioni e
prospettive conflittuali con il resto della mappa.
Si
pensi, poi, alle conoscenze non geometriche che guidano la
esecuzione del disegno: il bambino incomincia a disegnare la mano con
esattamente cinque dita quando ha sviluppato le prime conoscenze
aritmetiche, che gli facilitano la memorizzazione e la riproduzione
dell'immagine; il disegno di un attrezzo, di un meccanismo, di una
fattoria,
dopo che l'insegnante ne ha fatto esaminare e
discutere il funzionamento o la organizzazione rispecchia l'ordine di
collocazione, le forme, le proporzioni,
tra le varie
componenti assai più fedelmente di un disegno precedente a
tali considerazioni; la capacità di disegnare l'ombra di un
palo non staccata da esso è connessa alla interiorizzazione di
precedenti osservazioni e riflessioni dell'alunno sulla natura del
fenomeno che lo agevolino nel correlare le due immagini;
Le
esperienze e le conoscenze, geometriche e non, a loro volta
condizionano la capacità di interpretare un disegno, ad
esempio di comprendere che una linea tracciata sul foglio
rappresenta una particolare figura tridimensionale, di individuare
quale tra due oggetti riprodotti è più vicino
all'osservatore, di individuare il punto di vista da cui è
stato realizzato un disegno (o è stata scattata una
fotografia),
.
2.2.
Le attività di insegnamento che sin dai primi anni della
scuola elementare si articolano in itinerari disciplinarmente
distinti trascurano questi intrecci e, più in generale,
banalizzano la complessità dei rapporti tra modelli e realtà
che abbiamo messo in luce in 1.2.
Questa
semplificazione è stata spesso operata anche nell'ambito della
psicologia dell'apprendimento . Consideriamo ad esempio il
seguente famoso esperimento di Piaget, riprodotto poi da molti altri
ricercatori.
Vicino
ad un plastico che rappresenta tre montagne la cui cima è
distinta per qualche particolare viene collocata in una certa
posizione una bambola.

Ai bambini viene
chiesto di scegliere tra varie illustrazioni che raffigurano come si
vede il plastico da diverse posizioni quella che rappresenta ciò
che vede la bambola.
Da ripetute
prove risulta che la grande maggioranza dei bambini a 8-9 anni non
risponde correttamente e sotto ai 6-7 anni sceglie l'illustrazione
che rappresenta il proprio punto di vista.
Gli esiti di
questo esperimento metterebbero in luce che fino a una certa età
il bimbo è incapace a "decentrare" e ha, di
conseguenza, difficoltà a fare ipotesi, condurre deduzioni,
connettere un fatto a un altro.
Senza ritornare
sul merito di questa sottostima delle abilità di ragionamento
dei bambini (cfr.[3] e [4]), limitandoci agli aspetti geometrici si
può osservare che le discussioni con i bambini sui loro
disegni all'inizio della scuola elementare (di cui abbiamo riferito
nel punto precedente) rivelano capacità di cogliere
collegamenti tra visione e punto di vista che contraddicono tali
conclusioni.
Può
essere comunque utile richiamare un altro esperimento, condotto
alcuni anni dopo da altri ricercatori.
Vicino a due
spigoli consecutivi di una piccola paratia a croce vengono posti due
pupazzi-poliziotto. Al bambino viene richiesto di collocare un
pupazzo-bambino in un posto in cui i due poliziotti non lo possano
vedere.
La prova viene
effettuata per le quattro posizioni che possono avere i poliziotti, a
cui corrispondono quattro diverse sezioni in cui il pupazzo-bambino
può nascondersi.

Nonostante che
in questo caso si debbano considerare contemporaneamente, e
intersecare, due punti di vista (quelli dei due poliziotti) e non
solo uno, come nell'esperimento precedente, la grande maggioranza dei
bambini a quattro anni risolvono correttamente il problema.
Ciò mette
in luce che il primo esperimento è basato su una
modellizzazione fallace della capacità di decentrare.
Infatti le difficoltà che
i bambini incontrano di fronte al problema proposto sono da collegare
ad altre questioni: questioni di prospettiva spaziale (un conto
è stabilire se una cosa può essere vista o no da una
certa posizione, un altro conto è individuare la
rappresentazione piana relativa ad un particolare punto di
osservazione di un paesaggio abbastanza complesso), relazione tra
le esperienze del bambino e la sua comprensione del compito richiesto
(il secondo esperimento, che richiama situazioni familiari o di gioco
in cui il bambino si è trovato di fronte al problema di
nascondersi, presenta riferimenti culturali che il primo esperimento
non ha), ruolo delle motivazioni nella comprensione e
nell'impegno alla risoluzione del problema (il secondo esperimento ha
per il bambino una significatività, un "senso umano"
che il primo non ha),
Sulle questioni didattiche
relative alle rappresentazioni prospettiche ci soffermeremo
successivamente.
2.3.
Nelle attività di osservazione/disegno si avviano con
naturalezza anche il riconoscimento, la riproduzione (a mano libera)
e la denominazione di alcune forme geometriche: cerchio = a
forma di disco (o
); rettangolo = a forma di quaderno,
biglietto dell'autobus,
; linea diritta, triangolo,
Si avvia la
padronanza dello spazio-foglio, delle azioni muscolari che guidano i
movimenti del braccio e del polso,
. Emergono le difficoltà
relative a certi movimenti e la loro influenza sulla forma assunta
dalle rappresentazioni dei vari oggetti e, soprattutto, sulla loro
orientazione (difficoltà da tenere presenti
nell'interpretazione e discussione dei disegni dei bambini);
L'attività
sui disegni può svolgersi in parallelo, anzi in un reciproco
rinforzarsi, con le prime attività di scrittura-lettura.
Queste
infatti, oltre ai problemi psicomotori a cui abbiamo accennato sopra,
presentano molti aspetti di tipo geometrico: occorre
padroneggiare l'ordine spaziale in cui vengono scritte lettere e
parole (da sinistra a destra, dall'alto in basso, da una pagina alla
pagina alla sua destra, da una pagina al suo retro), le lettere
e le parole sono le prime figure geometriche "astratte"
delle quali al bambino vengono richieste prestazioni di
riconoscimento e di riproduzione, la memorizzazione del suono
associato a una figura-parola comporta la sua identificazione
mediante la particolare disposizione spaziale degli elementi (le
lettere) che la compongono,
.
E' opportuno
soffermarsi su questi aspetti in quanto le considerazioni
"geometriche" che implicitamente l'insegnante sviluppa nel
molto tempo che dedica all'educazione alla scrittura hanno
indubbiamente un'influenza anche sul modo in cui l'alunno recepisce
l'insegnamento specificamente geometrico.
Innanzitutto osserviamo che le lettere sono figure che vengono sempre
considerate in relazione ad un sistema di riferimento fissato:
questo è determinato da linee o quadretti già tracciati
sul foglio o da parole già scritte o
.
Ad
esempio la lettera C, anche se può avere stessa forma
della U,tanto da essere ad essa sovrapponibile con un
movimento piano, non è (come lettera) ad essa uguale in quanto
è diversamente inclinata rispetto alla linea di scrittura; lo
stesso vale per b e q, per d e p, per n
e u, per N e Z,
e anche per le cifre 6 e
9.
Il
concetto di eguaglianza che si viene così a formare
probabilmente è in parte all'origine delle difficoltà
che in anni successivi gli alunni incontrano nel riconoscere come
eguali figure geometriche sovrapponibili ma diversamente orientate.
Il bambino distingue
facilmente le lettere sopra considerate, così come le lettere
di forma simile e uguale orientamento ma di diversa dimensione
(minuscole e maiuscole in "stampatello", la "e" e
la "elle" in corsivo minuscolo,
). Ha maggiori
difficoltà nel distinguere lettere simmetriche (rispetto a un
asse perpendicolare alla linea di scrittura) come d e b,
q e p, e le "quasi" simmetriche S e Z;
ciò è evidentemente connesso anche a problemi
psicomotori[3],
che si manifestano anche in forme di inversione nella scrittura di
alcune lettere e cifre.
Nel
correggere gli errori di scrittura/lettura è bene che
l'insegnante tenga conto della relatività del concetto di
eguaglianza e dei conflitti interpretativi a cui le sue osservazioni
possono dare luogo; in questo senso può invece essere utile
che egli mostri come da una lettera si può passare ad un'altra
con una rotazione piana o con un ribaltamento, faccia notare quando
due lettere hanno forma simile ma dimensioni diverse,
. La focalizzazione contestuale di queste
proprietà geometriche può favorire la formazione
nell'alunno di schemi mentali che lo aiutino ad acquisire una
maggiore padronanza della lettura e della scrittura.
Successivamente
proporre agli alunni il confronto con i disegni e con le forme
di scrittura di bambini più piccoli (o di loro stessi
quando avevano un'età inferiore), l'individuazione e,
soprattutto, la descrizione degli errori e delle imprecisioni
presenti,
può costituire un'occasione di esercizio e
approfondimento del lessico spaziale.[4]
3. SISTEMI DI
RIFERIMENTO, PROSPETTIVA, MISURA
3.1.
Abbiamo già sottolineato che il disegnare (in quanto non è
un mero fotografare ma comporta l'interpretazione e la
riorganizzazione mentale di ciò che si è osservato)
può essere terreno per attività di introduzione,
verifica e approfondimento di conoscenze e concetti, geometrici e
non.
Ciò
acquista rilevanza ancora maggiore quando si passa alla
rappresentazione di zone di cui l'alunno non ha mai avuto
direttamente una visione d'insieme: disegnando il percorso seguito
durante una passeggiata, una parte del quartiere, la pianta del
proprio appartamento o della scuola,
l'alunno deve compiere
ragionamenti complessi per dare un collegamento organico, razionale,
alla rappresentazione delle varie immagini che gli sono rimaste
impresse (le cose viste durante la passeggiata; le strade, le
piazze,
osservate da vari punti di vista; le immagini delle
diverse stanze dell'appartamento;
). In questo contesto
risulta motivata, in quanto funzionale al superamento di tali
difficoltà, la graduale introduzione di considerazioni sulla
prospettiva, sui sistemi di riferimento, sulla misura,
.
Tra
queste rappresentazioni, si prestano meglio ad essere affrontate per
prime quelle dei percorsi seguiti per andare a visitare un
orto, un campo, un giardino,
che sia oggetto di osservazioni
periodiche da parte della classe (ad esempio per studiare i
cambiamenti nella natura, nelle attività umane,
al
trascorrere delle stagioni), o di un percorso abituale per tutti gli
studenti (una particolare passeggiata), o di percorsi casa-scuola che
siano comuni a molti alunni,
.
Infatti
l'itinerario seguito determina un ordine di osservazione che,
collegando in successione le varie immagini impresse nella mente
dell'alunno, facilita la loro riproduzione in un assieme organico.
Quest'ordine può essere "ripercorso" dall'alunno
attraverso la descrizione verbale del percorso seguito e delle cose
viste che egli si fa interiormente, attraverso quella in forma orale
e quella in forma scritta che gli vengono richieste dall'insegnante.
Il confronto tra
queste descrizioni e i disegni, il confronto e la discussione con gli
altri alunni, le nuove osservazioni del percorso, le sintesi verbali
e su cartelloni che opera l'insegnante, la collocazione nella giusta
posizione delle eventuali fotografie fatte a punti di riferimento
particolari (un muretto, una casa, un albero,
caratteristici),
conducono a rappresentazioni man mano più
fedeli: le cose viste prima, le cose viste dopo, quelle a destra e
quelle a sinistra, le svolte,
; la distinzione tra l'essere
più avanti (o più indietro), a destra (o a sinistra),
rispetto al foglio o rispetto a una persona che sta effettuando il
percorso nel verso di andata o ad una che lo sta effettuando nel
verso di ritorno;
.
Sono
evidenti i vantaggi che può trarre anche l'educazione
linguistica dalle attività di confronto tra descrizione
grafica e descrizione verbale (orale e scritta), o da esercizi di
passaggio dall'una all'altra (descrivere a parole un percorso
disegnato, rappresentare graficamente il percorso descritto in un
racconto o in una favola letta dall'insegnante). [1]
Osservando
le rappresentazioni grafiche, sorgono spontanee anche prime
considerazioni sulla lunghezza dei vari tratti e sul tempo impiegato
a percorrerli.[2]
A seconda degli ambienti i problemi di rappresentazione possono
assumere aspetti differenti; ad esempio nei percorsi con salite e
discese viene messa in discussione la corrispondenza tra lunghezze e
tempi di percorrenza, la rappresentazione piana è più
difficile,
; considerazioni diverse si possono fare per i
percorsi che fiancheggiano la riva del mare o di un corso d'acqua,
.
Insomma, con
attività di questo genere è possibile incominciare a
delineare gli elementi e le relazioni della realtà considerata
che sono da prendere in esame per costruirne un modello geometrico, a
intuire e pian piano circoscrivere i concetti geometrici ad essi
corrispondenti, a percepire contemporaneamente i limiti di questa
rappresentazione,
Il
bambino conosce l'esistenza e il ruolo delle cartine per
automobilisti, delle carte topografiche allegate all'elenco
telefonico,
: l'analogia con esse di un'attività sul
disegno di percorsi viene colta presto dagli alunni stessi. Sarebbe
dannoso sul piano delle motivazioni all'apprendimento rinviare
l'introduzione e l'uso delle rappresentazioni cartografiche a dopo
che siano state affrontate sistematicamente in classe le misure, le
scale,
; del resto un adulto raramente nell'uso di una cartina
deve andare oltre ad un impiego intuitivo di tali concetti.
Il confronto tra
le rappresentazioni dei bambini e una cartina topografica della
stessa zona, il tentativo di coglierne le corrispondenze,
l'osservazione e la discussione delle diversità,
possono invece costituire un'ottima occasione didattica,
opportunamente collocata rispetto alle tensioni cognitive degli
alunni, per realizzare alcuni significativi "salti" nello
sviluppo concettuale.
3.2.
Il primo aspetto che colpisce l'attenzione degli alunni è la
differenza con cui vengono rappresentati gli edifici. I disegni dei
bambini sono una specie di mescolanza tra rappresentazioni in alzato
e piante: la strada e a volte i campi, i giardini,
vengono
rappresentati più o meno come li si vedrebbero dall'alto; le
case vengono raffigurate in genere come le si vedono dalla strada o
dal lato di ingresso; in maniera analoga vengono disegnati alberi,
vigneti,
.
Le
discussioni che si animano[3] conducono facilmente allo
studio di come si vedono le cose dall'alto e da altri punti di
vista .
Questo studio può essere
condotto in molti modi. Ad esempio si può proporre agli alunni
di disegnare zone particolari adiacenti alla scuola (un giardino con
aiuole e panchine, un parcheggio con alcune auto posteggiate,
)
e poi confrontare i disegni con ciò che si vede dai vari piani
della scuola.
Si
possono far osservare e disegnare oggetti da diversi punti di vista
(scatole, barattoli,
di forma parallelepipeda o cilindrica,
un anello, una palla,
posti per terra, su una sedia, su un
banco, visti stando in piedi o seduti; un banco, una sedia,
visti di fronte, di fianco,
) . Si puòscoprire che a seconda della
disposizione alcune facce cambiano forma e altre no, alcuni lati
sembrano più corti di altri ad essi eguali,
, scoprire
che una palla da qualunque posizione appare con la stessa forma,
.
Si possono
osservare fotografie, cercare di individuare approssimativamente da
che punto di vista sono state scattate; viceversa si possono fare
fotografie e confrontarle coi disegni che gli alunni hanno fatto da
certi punti di osservazione.
Agli alunni si
possono far tracciare con un pennarello su fogli trasparenti (ad es.
fogli per lavagna luminosa) fissati al vetro della finestra o ad
altri supporti trasparenti i contorni di case, strade, aiuole,
così come le vedono (eventualmente tenendo un occhio chiuso).
Per
rappresentare diverse prospettive, per simulare quanto si vede da un
aereo, per porre quesiti di verifica,
può essere utile
anche ricorrere a visualizzazioni mediante un computer; nel riquadro
seguente sono riprodotte diverse rappresentazioni prospettiche di una
casetta e di un parcheggio [4].
Anche la costruzione del
plastico di un paesino immaginario (servendosi del Lego, di piccole
scatole, di cartoncino,
) può consentire di simulare la
visione da un aereo; per simulare la "fotografia" aerea si
può cospargere di farina il plastico o si possono tracciare i
contorni degli edifici e poi, sollevate le varie parti del plastico,
se ne possono osservare le "impronte".
E'
importante che a queste attività si accompagnino momenti di
impiego, già a questo livello, delle cartine topografiche; ciò
serve, non solo come "verifica" del lavoro svolto, ma anche
per far man mano percepire agli alunni la significatività
culturale di esso. [5]
L'esigenza di
descrivere e comunicare un itinerario senza far riferimento alla
direzione che avrebbe man mano una persona che lo seguisse, la
localizzazione di un edificio senza far riferimento alla posizione di
altri edifici,
il tentativo di riprodurre proporzionalmente le
dimensioni di un oggetto o i vari tratti di un percorso,
possono motivare e/o trovare risposte in altri sviluppi concettuali:
i riferimenti polari (angoli, direzioni,
), che discuteremo nel
paragrafo 5, e i vari intrecci tra geometria e aritmetica.
 |
3.3.
Geometria e aritmetica hanno avuto interazioni sin dal loro sorgere.
Si pensi ai rapporti
tra concetti geometrici e aritmetici su cui si sviluppò
l'astronomia; si pensi all'agrimensura, alla meccanica,
, fino ad
arrivare agli sviluppi degli ultimi secoli: la geometria analitica
(con cui è stato possibile ricondurre la descrizione e lo
studio delle figure geometriche alle relazioni aritmetiche che
intercorrono tra le coordinate dei loro punti), l'impiego di grafici
e istogrammi per descrivere relazioni aritmetiche,
In [3] sono già
state analizzate le interazioni con i concetti geometrici attraverso
cui si sviluppa il primo apprendimento aritmetico.
Abbiamo osservato come
l'intuizione spaziale in una dimensione (linea dei numeri, grafi,
colonne degli istogrammi,spostamenti, distanze,
) e in due
dimensioni (tabelle, assi di riferimento per istogrammi e grafici,
loro andamento,
) sia un supporto per i ragionament numerici.
Abbiamo notato come
la misura delle lunghezze (assieme a quelle dei tempi e dei valori
monetari) costituisca una motivazione al progressivo sviluppo dei
modelli numerici e al loro studio "interno", mettendo
contemporaneamente in luce la natura approssimata di queste
modellizzazioni. ...
Ora
approfondiremo tali considerazioni in un'ottica rivolta maggiormente
ai ragionamenti e agli apprendimenti più esplicitamente
geometrici.
Innanzitutto
sottolineamo il ruolo centrale che assume nelle prime attività
di modellizzazione geometrica l'uso della carta quadrettata.
Si tratta di uno
spazio bidimensionale già strutturato, che aiuta il bambino
nella valutazione delle distanze, gli consente di tracciare più
facilmente linee che corrispondano alle sue intenzioni e ai suoi
ragionamenti,
; ciò
del resto risulta immediatamente evidente dal confronto dei suoi
disegni su carta bianca con quelli su carta quadrettata.
Nell'ambito
delle attività volte
a migliorare il disegno, di cui abbiamo già discusso,
trovano motivazione anche esercizi "interni"
di riproduzione su carta
quadrettata di rettangoli, quadrati, triangoli e figure di altre
forme (ometti stilizzati con arti correttamente dimensionati,
cartelli stradali,
)
tracciate sulla lavagna quadrettata dall'insegnante.
Già
in questo contesto si vede come riferirsi alla quadrettatura consente
di integrare lo sviluppo di abilità e concetti inerenti la
misura di estensioni, la riduzione o l'ingrandimento in
scala (il passaggio tra lavagna e fogli
con quadretti di dimensioni diverse cambiano omogeneamente le
dimensioni dei vari oggetti rappresentati), il riferimento
cartesiano (vado a destra di 2 quadretti poi salgo di 3
quadretti),
Le strisce di carta quadrettata
consentono le prime misurazioni di oggetti e possono essere impiegate
per attività di riporto di lunghezze (ad esempio per
realizzare la rappresentazione grafica di come cambia nel tempo
l'altezza di una piantina di cui si sta studiando la crescita),
consentono un facile passaggio all'uso dei centimetri (2 quadretti =
1 cm) e alla costruzione di rappresentazioni in scala: per far
stare sul "quadernone" le strisce che rappresentano
l'altezza sempre maggiore di una piantina, o il disegno di una
cartella che sia in proporzione con quello dell'astuccio,
i
bambini propongono in interventi che si susseguono e si intrecciano
in discussioni collettive ragionamenti sia del tipo: «disegno
un centimetro con un quadretto», «usiamo un foglio coi
quadretti più piccoli», «faccio stare in un
quadretto due quadretti», «usiamo i mezzi quadretti»,
sia del tipo: «pieghiamo a metà tutte le strisce»,
«dividiamo a metà il numero dei quadretti»,
Dalle
sperimentazioni condotte è risultato più efficace sul
piano dell'apprendimento affrontare riproduzioni in scala di oggetti
o figure di limitate dimensioni piuttosto che di aule, saloni,
[6]:
agli alunni viene infatti consentita una maggiore padronanza
operativa e un riscontro visivo immediato della riuscita del loro
lavoro.
Messi
a fuoco i concetti, risulta poi per loro facile estenderne
l'applicazione a considerazioni su estensioni di maggiori dimensioni;
conviene usare scale del tipo 1 metro 1 quadretto, 1/2 metro 1 quadretto, 2 metri
1 quadretto,
e
inizialmente far riferimento ad estensioni di cui gli alunni possono
avere una visione complessiva, con la quale sia confrontabile la
rappresentazione ottenuta: un orto, un parcheggio, il terreno di
gioco di un campetto da pallacanestro,
Sempre
lavorando sulla carta quadrettata, nell'ambito delle medesime
attività, si può, e può essere opportuno,
avviare lo sviluppo del concetto di area.
Infatti il lessico e le rappresentazioni
grafiche impiegate in queste attività assumono nei bambini
riferimenti a esperienze e intuizioni spaziali che non isolano solo
la percezione delle lunghezze, delle forme,
escludendo
quella delle estensioni superficiali, e trascurare completamente
quest'ultima, non dare modo di esprimerla, rischia di celare il
sorgere di conflitti concettuali .
In particolare
le ambiguità dei termini maggiore, dimensione, uguale,
(che, come abbiamo visto, emergono sin dalle prime attività
sui disegni) possono trovare ora delle prime risposte: sulla
carta quadrettata si possono distinguere la lunghezza nella direzione
orizzontale e quella nella direzione verticale; si possono
confrontare le riproduzioni con la stessa "scala" di due
stanze, di due campi rettangolari,
e distinguere il maggiore in
lunghezza (numero di quadretti nella direzione in cui si ha la
massima estensione) e il maggiore in area (numero di quadretti
contenuti); si possono confrontare anche le aree di figure non
rettangolari, facendo eventualmente approssimazioni; si può
osservare che per le figure rettangolari invece di contare uno ad uno
i quadretti si può fare la moltiplicazione, non importa in che
ordine, dei numeri dei quadretti lungo le due direzioni (orizzontale
e verticale) - cfr. [3]- ;
Tutti questi
concetti sono già alla portata degli alunni di una classe
seconda: se vengono introdotti in un contesto motivato e operativo,
se non si danno definizioni incomprensibili e regole da apprendere a
memoria di cui non si fanno percepire i limiti di applicabilità,
poi
non si
verificano le confusioni tra aree, forme e perimetri citate dalla
letteratura.
Ad esempio a
questo stadio per una superficie (per un campo, un pavimento, un
pezzo di focaccia, una figura astratta disegnata sul foglio,
)
"essere di area maggiore" non vuol dire altro che
"contenere una maggiore quantità di quadretti" se
rappresentata o riportata sulla carta quadrettata (o se ad essa si
sovrappone un foglio quadrettato trasparente).
Sulle
misure, già discusse in [3], svolgerò alcune
considerazioni generali anche nei paragrafi successivi, anche se non
svilupperò i collegamenti con il tema dei numeri decimali.
3.4.
Assai più complessa rispetto alla rappresentazione di un
paesaggio o di un percorso è quella di un appartamento
o, ad esempio, di un piano della scuola; infatti, come abbiamo già
accennato, è più difficile mettere insieme in maniera
organica le immagini dei vari locali.
Non
è per nulla facile neanche la rappresentazione di una stanza
con tutti i suoi mobili. Se, pur dopo le prime attività sui
disegni discusse nel paragrafo 2 e nel punto 3.2, si chiede a un
alunno di disegnare come si vedrebbe dall'alto la sua camera, o la
cucina o l'aula della sua classe
, egli incontra grosse
difficoltà: a volte commette errori nella successione dei lati
e dei rispettivi mobili, quasi sempre non riesce a far stare dentro
tutti i mobili (se non a patto di sproporzioni mostruose),
Se si chiede la
rappresentazione di un appartamento, in genere viene rappresentato
come un susseguirsi (secondo i percorsi più abituali
dell'alunno) di stanze disgiunte o concatenate da corridoi in realtà
non esistenti o giustapposte in maniera disorganica. Lo stretto
intreccio tra considerazioni di misura, orientamento, riduzioni in
scala, riproduzione di forme,
che un tale lavoro richiede
suggerisce un suo rinvio al secondo ciclo [7].
Più
facile, in genere, è la rappresentazione di un piano della
scuola , che il
più delle volte si articola in un corridoio con aule più
o meno eguali che vi si affacciano. Dopo che gli alunni hanno
acquisito padronanza nell'uso della carta quadrettata, è
possibile servirsi della riproduzione su di essa della forma della
scuola vista dall'alto, suddividerla nei vari locali, rappresentare
pianerottolo e scale,
[8].
Attività
didattiche con le piante sono assai utili per l'educazione
matematica: esse mettono bene in luce, in un contesto operativo e
culturalmente significativo, il ruolo dei modelli matematici.
Ad
esempio la rappresentazione di una serie di locali o anche di una
sola stanza consente di studiare come acquistare e/o disporre i vari
mobili: si può simulare ciò che accadrebbe
servendosi di ritagli che rappresentano i vari mobili, la larghezza
di una persona,
Le sperimentazioni
condotte hanno rilevato le potenzialità didattiche che un
lavoro di tal genere riferito all'aula scolastica può
avere nella classe seconda.
Rappresentando
la lunghezza di un banco con due quadretti e rappresentando di
conseguenza i lati dell'aula («vediamo quanti banchi possiamo
mettere in fila»,«possiamo farlo con le
misure»,«facciamolo in tutti e due i modi»,
)
e gli altri mobili, si può raffigurare la disposizione attuale
della classe, si può raffiguare come vengono disposti i banchi
quando si svolgono particolari attività, si possono progettare
nuove disposizioni, si possono discutere i problemi connessi alla
direzione con cui arriva la luce dalle finestre,
.
Le difficoltà
che gli alunni incontrano di fronte al disegno di banchi non disposti
secondo le direzioni dei lati dell'aula (e quindi dei quadretti)
conducono a ritagliare rettangolini che rappresentino i banchi e a
farli scorrere sulla piantina fino ad ottenere le disposizioni
volute;
3.5.
La descrizione di movimenti e figure sulla carta quadrettata, il
già ricordato uso di tabelle, grafici e istogrammi,
rendono i bambini gradualmente consapevoli della possibilità
di localizzare i punti su una superficie piana mediante una coppia di
numeri.
L'esigenza di
comunicare una posizione sulla cartina senza riferimenti soggettivi,
la conoscenza delle cartine allegate agli elenchi telefonici,
consentono di introdurre facilmente l'uso delle coordinate.
La difficoltà
di far comprendere ad un bambino o a un insegnante di un'altra classe
la descrizione verbale della propria posizione in classe, le
discussioni conseguenti,
conducono all'impiego di espressioni
come "terza riga a partire dalla cattedra, seconda colonna a
partire dalla parete della porta". ...
Non
è certo il caso, nel primo ciclo, di andare oltre a questi
impieghi dei sistemi di riferimento cartesiani. Voglio tuttavia
sottolineare l'importanza di effettuare già nel primo ciclo
molte attività con istogrammi e grafici.
Consideriamo i due seguenti
modelli dello stesso fenomeno: la temperatura nel mese di ottobre (in
un dato anno e una data località).

Gli schemi
seguenti illustrano - a livello adulto - la complessità di
queste modellizzazioni (realtà numeri figure), che
comunque gli alunni a 7 anni dimostrano di dominare.

- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -

Esse consentono
di mettere bene in evidenza il significato delle attività di
matematizzazione: grafico della temperatura in funzione del tempo e
istogramma della distribuzione della temperatura sono modelli della
stessa realtà, costruiti utilizzando le stesse informazioni,
ma ne astraggono aspetti diversi, evidenziando informazioni
differenti.
Il primo
consente di capire che la tendenza complessiva è una riduzione
della temperatura, permette di ricavare in quali giorni vi sono state
le temperature massime e minime e in quali si sono verificati i
maggiori sbalzi (in su e in giù) della temperatura, visualizza
i periodi in cui la temperatura era in aumento, quelli in cui era
stabile,
.
Il secondo
evidenzia l'intervallo di temperatura più frequente, dà
un'idea visiva di come le temperature si disperdono o si concentrano
nei pressi di questo intervallo (e se con differenze tra quelle alla
sua destra e quelle alla sua sinistra),
e permette di
individuare l'intervallo in cui cade il valore centrale nell'elenco
in ordine di grandezza delle temperature registrate (mediana).
Per esprimere e discutere queste
osservazioni pian piano si arricchisce e si affina anche il lessico
per la descrizione dell'andamernto delle curve, la forma delle
figure,
Di questi modelli è anche
facile e significativa la discussione dei limiti; ad esempio la linea
che congiunge i vari punti del grafico non rappresenta esattamente il
fenomeno della variazione della temperatura: tra le 12 di un giorno e
quelle del giorno successivo la temperatura ha assunto valori diversi
da quelli rappresentati dalla linea,
.
4. LE
TRASFORMAZIONI GEOMETRICHE
4.1.
Nell'insegnamento cosiddetto "tradizionale" il tema della
geometria , che in genere viene ridotto ad alcune questioni inerenti
la misura di particolari figure geometriche, è rinviato al
secondo ciclo della scuola elementare, successivamente
all'apprendimento dei numeri decimali (in [3] di ciò sono già
stati delineati gli aspetti negativi anche in relazione
all'apprendimento aritmetico).
In diffuse
pratiche "moderne" si tende a dilazionare ulteriormente
l'introduzione delle misure (sia come conseguenza del ritardo con cui
viene avviato l'insegnamento aritmetico - cfr.[3]-, sia per
motivazioni più specifiche), mentre si svolgono sin dalla
prima classe altre attività geometriche, che vengono
etichettate come attività topologiche o geometria del
movimento o
, ritenute da privilegiare rispetto alla staticità
e alla maggiore difficoltà della "geometria metrica.
In questo paragrafo
analizzerò alcune cause di questo fenomeno, mettendo in luce
anche le confusioni terminologiche e concettuali su cui si basa. Per
agevolare la lettura da parte degli insegnanti, in una appendice,
alla fine del paragrafo, ho richiamato con rapidi cenni alcune
nozioni elementari relative alle trasformazioni geometriche.
4.2.
La prima cosa che colpisce osservando i materiali didattici e i test
"modernamente" impostati che sono stati e continuano a
essere immessi sul mercato è la loro grossolanità
: vengono proposti esercizi (distinguere linee
aperte e linee chiuse, dentro e fuori, sopra e sotto, vicino e
lontano,
) nei quali non si tiene in alcun conto la relatività
dei concetti che esprimono orientamenti, dimensioni,
e in cui i
messaggi verbali e grafici attraverso i quali si comunica col bambino
sono gravidi di ambiguità, se non del tutto
incomprensibili.[1]
Al
di là di ciò, viene da chiedersi che cosa abbiano a che
fare questi giochetti con le esperienze spaziali del bambino.
Sin dai primi
mesi di vita egli elabora le informazioni che percepisce con i vari
organi di senso (collegandole con quelle che man mano ha già
memorizzato e servendosi di schemi mentali interpretativi che man
mano ha intuito e sperimentato) per trarne valutazioni che lo guidino
nei movimenti degli arti, degli occhi e delle altri parti del corpo,
che gli consentano di fare delle scelte tra diversi movimenti
possibili,
Queste
valutazioni, che comprendono anche considerazioni metriche (la
distanza di un oggetto da afferrare), direzionali (direzione verso
cui puntare, svolte da effettuare,
), di confronto (tra ostacoli
di dimensioni diverse da scavalcare o da attraversare,
),
, integrano anche esperienze,
ragionamenti,
di tipo temporale.
Si pensi alla
complessità dei ragionamenti spaziali che compie il bambino
per imparare a maneggiare oggetti, strumenti, per capirne il
funzionamento. Se è vero che i primi schemi spaziali il
bambino li costruisce in relazione al proprio corpo, è
tuttavia indubbio che egli sviluppa le prime relazioni sociali anche
attraverso l'acquisizione di capacità di interagire,
comprendere,
i riferimenti spaziali degli altri: individuare la
persona da cui farsi porgere un certo oggetto, capire se può
esser visto o no da una data persona, dominare il complesso intreccio
di riferimenti che si sviluppa nelle attività di gioco
collettivo,
Si pensi, per
fare un ultimo esempio, alle abilità interpretative su cui si
basa il riconoscimento dei disegni, non certo prospettici, di
oggetti, animali,
presenti nei primi libretti illustrati per
bambini.
4.3.
Materiali del genere descritto all'inizio di 4.2 si sono diffusi
successivamente alla ricerche di Piaget sulla
concettualizzazione dello spazio nei bambini, e quelli tuttora
prodotti continuano a cercare in queste ricerche il loro fondamento
teorico.
In
effetti Piaget affermò che le rappresentazioni spaziali del
bambino (mediamente fino a un'età corrispondente ai primi anni
della scuola elementare) ignorano le relazioni metriche, di
similitudine e prospettiche, bensì si fondano su relazioni
topologiche. [2]
Le osservazioni molto semplici
sulle abilità spaziali dei bambini che ho richiamato nel punto
precedente e quelle discusse a proposito dei loro primi disegni sono
in palese contraddizione con le limitazioni che avrebbe individuato
Piaget. Ritengo comunque opportuno richiamare, in quanto poco
conosciuti nel mondo della scuola, alcuni dei vari errori
(matematici) su cui si basano tali conclusioni.
Premettiamo
che con proprietà o relazioni metriche, di similitudine,
affini, prospettiche e topologiche si possono intendere quelle
proprietà che rimangono conservate dopo la (ovvero sono
invarianti
rispetto alla) applicazione di una qualunque trasformazione
geometrica che sia, rispettivamente, una isometria, una similitudine,
una proiezione parallela (su una superficie piana), una proiezione
centrale (su una superficie piana), una trasformazione topologica
(cfr. 4.5).
Ad esempio il
fatto che una linea presenti una intersezione è una proprietà
topologica (oltre che metrica, di similitudine,
); l'essere un
triangolo non è una proprietà topologica (un triangolo
può essere topologicamente trasformato in una circonferenza),
ma è una proprietà prospettica (la proiezione centrale
di un triangolo è ancora un triangolo); il fatto che due
segmenti siano paralleli non è una proprietà
prospettica (si pensi alla foto di un binario), ma è una
proprietà affine (le ombre di due pali sono parallele);
l'essere un quadrato è una proprietà che non è
affine, ma che è conservata dalle similitudini; la distanza
tra due punti non è invece conservata in generale da una
similitudine, mentre lo è dalle isometrie.
Quando Piaget si riferisce
all'essere in grado di impiegare nelle concettualizzazioni spaziali
per es. le relazioni prospettiche, egli intende la capacità di
cogliere, osservando due o più oggetti, quali proprietà
prospettiche siano verificate dall'uno e non dall'altro.
Ad
es. una bambino a sei anni farebbe confusione tra gettoni triangolari
e gettoni quadrati (!)
perchè, secondo
Piaget, non sarebbe in grado di concettualizzarne la diversità:
padroneggiando solo le relazioni topologiche, rappresenterebbe
mentalmente i contorni di entrambi solo come "linee chiuse".
Fatte queste
premesse, osserviamo che Piaget ha raggiunto "sperimentalmente"
le sue conclusioni sulle relazioni topologiche riferendosi a
relazioni che tali non sono: la relazione di vicinanza
, che è tipicamente metrica, e la
relazione "essere all'interno di
" che è prospettica (la figura
se proiettata mantiene il segmento all'interno, mentre può
essere trasformata topologicamente nella figura
in cui il
trattino è all'esterno).
Forse Piaget è stato
ingannato dal significato che hanno nel linguaggio comune alcuni
termini impiegati nella branca della matematica nota come "topologia
astratta" dei quali non conosceva il significato tecnico (il
concetto di "intorno" di un punto - che in francese viene
denominato "voisinage", cioè "vicinanza"
-, il concetto di "parte interna",
).
Il
fraintendimento di Piaget è confermato dal fatto che da altri
test egli deduce che i bambini non avrebbero ancora sviluppato
l'idea di continuità,
mentre è essenzialmente su questo solo concetto che si basano
le trasformazioni topologiche. [3]
Dopo
aver osservato come, contrariamente alle intenzioni di Piaget, molti
suoi test confermerebbero la padronanza delle relazioni metriche da
parte dei bambini, è il caso di accennare a quei test coi
quali egli voleva invece smentirla, e in particolare a quelli da cui
voleva dedurre che fino a 6-7 anni non si sarebbe in grado di
percepire la conservazione delle lunghezze, delle aree e dei
volumi di oggetti sottoposti a spostamenti, scomposizioni, travasi,
.
La infondatezza di questi e altri
test di conservazione (di numeri, pesi,
) è già
stata discussa in [3] (in 2.6, 5.3 e relative note).
E' tuttavia
utile, al fine del nostro discorso, analizzare un classico test sulla
conservazione delle lunghezze impiegato da Piaget e una versione
modificata dagli esiti diversi che fu impiegata da alcuni ricercatori
che avevano continuato a lavorare lungo il suo stesso filone di
indagine e che contribuì a mettere in discussione anche in
questo ambito di ricerca gli stadi dello sviluppo mentale che egli
aveva ipotizzato.
Il
test originale è così sintetizzabile:
(1) Al bambino
vengono fatte osservare due asticciole uguali collocate
nel modo illustrato sotto.
(2) Gli viene chiesto se esse
hanno la stessa lunghezza; il bambino, di norma, risponde
affermativamente.
(3)
Con frasi e con gesti si fa fissare la sua attenzione sul movimento
che si sta per eseguire.
(4) Si esegue la
traslazione di una delle due asticciole nel modo illustrato
sotto.
(5)
Si ripropone la domanda se le due asticciole abbiano la stessa
lunghezza; nella maggioranza dei casi a questo punto si ottiene una
risposta negativa.[4]
La modifica consiste nella
sostituzione delle fasi (3) e (4) con, ad esempio, l'intervento di un
"pupazzo birichino" che cadendo sulle asticciole le sposta
in modo casuale. Si ottiene in questo caso una grande maggioranza
di risposte affermative alla domanda finale.
Ciò mette in luce che
attraverso le fasi (3) e (4) si crea nel bambino una tensione che lo
porta a interpretare il successivo messaggio linguistico
difformemente dalle intenzioni comunicative dello sperimentatore: il
bambino si aspetta che la domanda, altrimenti banale, debba avere
risposta negativa e ne interpreta quindi diversamente il significato.
Ad esempio il modo in cui è
stato effettuato lo spostamento può indurre al confronto tra
il posizionamento delle due asticciole lungo la direzione della
"lunghezza" (ora una è più in avanti
dell'altra) o al confronto tra la configurazione iniziale e quella
finale (lo spazio occupato prima ha un'estensione lineare minore di
quello occupato dopo).
Del
resto, come ha ben messo in luce lo stesso Piaget, la lunghezza, il
volume, il peso,
, non sono concetti innati né che
si sviluppano naturalmente, ma sono concetti "astratti"
elaborati storicamente nell'ambito della costruzione di modelli
interpretaivi della realtà: la costruzione di immagini mentali
di essi può avvenire solo attraverso attività
conoscitive che ne facciano percepire la significatività
culturale.
Gli
stessi principi di conservazione non appartengono certo alla sfera
della psicologia, né sono veri "in assoluto", ma
sono connessi alle attività di analisi e modellizzazione delle
situazioni: la associazione di un certo fenomeno a un concetto
astratto, la individuazione dei fattori che lo determinano e di
quelli trascurabili, cioè rispetto ai quali lo possiamo
ritenere invariante,
.[5]
4.4.
Alcune interpretazioni e sviluppi (sia sul piano della ricerca
psicologica che su quello della realizzazione didattica) che sono
stati dati alle ricerche di Piaget, spesso stravolgendone o
strumentalizzandone il significato, hanno raggiunto livelli
paradossali proprio nell'ambito dell'educazione geometrica.
Illustri
psicologi hano parlato di proprietà proiettive, proprietà
toplogiche,
dello spazio fisico, hanno detto che lo spazio in cui
viviamo è la somma di spazio topologico, spazio proiettivo e
spazio euclideo,
facendo confusione tra fenomeni naturali e
concetti puramente disciplinari.
Si sono
considerate proprietà topologiche le relazioni sopra/sotto,
davanti/dietro, destra/sinistra,
(che, eventualmente, possono
essere invece considerate proprietà invarianti rispetto alle
traslazioni), e, quindi, "seguendo Piaget", si sono
riempiti materiali didattici per il primo apprendimento geometrico di
esercizietti astratti su questi concetti.
Si è detto
che il concetto di parallelismo è introducibile "solo"
come eguaglianza di direzione o inclinazione in quanto il ricorso al
concetto di distanza, essendo metrico, non sarebbe alla portata dei
bambini, spacciando ciò che potrebbe essere un suggerimento
didattico come una sicura conseguenza di una teoria
sull'apprendimento. [6]
Ma l'aspetto più
buffo è il fenomeno della produzione e diffusione di materiali
didattici in cui si presentano giochetti con reticoli, labirinti,
figure deformate,
che hanno qualche effettivo legame con la
topologia , ma
non certo con le prime concettualizzazioni spaziali e la prima
educazione geometrica: senza analizzare adeguatamente le ricerche di
Piaget, da esse si è tratta l'indicazione per attività
che non hanno nulla a che fare con le relazioni che lui denominava
topologiche.
Ricordiamo infine
che c'è chi ha
voluto contrapporre alla geometria metrica la geometria del
movimento ,
individuando spesso questa nella topologia; all'origine di ciò
forse vi è l'identificazione della geometria metrica (che in
quanto geometria delle traslazioni e delle rotazioni è invece
tipicamente la geometria del movimento!) con le astratte introduzioni
dei concetti e gli statici problemi affrontati in certo insegnamento
"tradizionale".
4.5.
Appendice.
Senza
preoccuparci di dare definizioni esaurienti
e formalmente
precise, descriviamo le più comuni
trasformazioni geometriche.
Se prendiamo un oggetto e lo spostiamo in modo
che tutti i suoi punti procedano nella stessa direzione, eseguiamo una
traslazione: vedi figura A.

Se spostiamo l'oggetto in modo che tutti i suoi
punti descrivano un arco di circonferenza centrato su una stessa retta, abbiamo eseguito una
rotazione; la retta viene detta asse di
rotazione.
Nel disegno B l'asse di rotazione
giace sul piano in cui è collocato il fermaglio. Nel disegno C l'asse di rotazione è perpendicolare a tale piano e ne è stato rappresentato solo il
punto in cui esso interseca tale piano (il fermaglio si
sposta rimanendo nello stesso piano).
Attraverso una sequenza di traslazioni e
rotazioni è possibile spostare un oggetto in una qualunque
altra posizione e disposizione. Per questo le figure geometriche corrispondenti alle parti di spazio
occupate dall'oggetto inizialmente e alla fine vengono dette sovrapponobili e la
trasformazione
complessiva viene detta anche movimento.
Nel linguaggio comune due oggetti dello stesso
materiale vengono detti eguali quando essi
(o, meglio, le loro forme, cioè le figure geometriche
che rappresentano lo spazio da essi occupato)
sono sovrapponibili.
I due fermagli del disegno D sono eguali,
mentre le due
maniglie non lo sono: comunque se
ne sposti una, non si riesce a
collocarla nella
stessa posizione occupata
dall'altra. Tuttavia se
le due maniglie sono nella
disposizione raffigurata e se collochiamo opportunamente
un vetro tra di esse, la maniglia vista in
trasparenza viene
a sovrapporsi all'immagine
riflessa dell'altra.
Le riflessioni speculari vengono
dette anche simmetrie (il piano della superficie che funge
da specchio viene detto piano di
simmetria).
Due figure tali che una possa
essere sovrapposta ad una
immagine speculare dell'altra vengono dette inversamente
sovrapponibili
[7].
Nel
linguaggio comune due oggetti dello stesso materiale inversamente
sovrapponibili vengono detti simmetrici (le mani di una
persona, un paio di scarpe,
); viene detto simmetrico anche un
oggetto che abbia un piano di simmetria, cioè che possa essere
tagliato da un piano in due parti che siano una l'immagine speculare
dell'altra (certe foglie, la forma di gran parte degli animali, molti
edifici,
).
Le trasformazioni
ottenute eseguendo successivamente movimenti e simmetrie vengono
dette isometrie in quanto lasciano invariate le misure di
lunghezza (la distanza tra due qualunque punti della figura
"trasformata" è eguale a quella dei corrispondenti
punti della figura iniziale), e quindi anche le misure di superficie
e di volume.
Una
trasformazione geometrica che altera in un rapporto costante le
distanze viene detta invece similitudine (se ad es. il
rapporto è 2, ciò significa che la distanza tra due
punti della figura trasformata è eguale al doppio di quella
dei corrispondenti punti della figura di partenza).
Figure
ottenibili l'una dall'altra mediante una tale trasformazione si
dicono simili [8].
Consideriamo
un fermaglio e osserviamone
l'ombra generata
dai raggi del sole su un cartoncino bianco. Se teniamo il
fermaglio parallelo al cartoncino otteniamo
un'immagine ad
esso eguale. Lo
stesso accade per l'ombra (figura C)
generata dalla quadrettatura (figura A)
disegnata su un
vetro tenuto
parallelo al cartoncino (figura B). Infatti
le ombre ottenute
non sono altro che il risultato di una traslazione nella
direzione dei raggi del sole.

Se incliniamo il vetro o il
cartoncino otteniamo come ombra diversa dalla quadrettatura originale, non solo per dimensioni ma anche per forma, come le figura D ed E.
La figura E è stata
ottenuta tenendo il cartoncino
perpendicolare
ai raggi del sole e il vetro posto in modo tale che le linee "verticali" della
quadrettatura
fossero parallele al cartoncino.
Queste trasformazioni (così come
quelle
ottenibili invece che con i raggi del sole con
un proiettore che genera un fascio di
luce
unidirezionale) vengono dette proiezioni
parallele
, cioè con raggi proiettanti che
hanno la medesima direzione.
Se
utilizziamo una sorgente di luce puntiforme (una lampadina senza
specchio retrostante, una candela) nel caso in cui vetro e cartoncino
siano paralleli otteniamo un'ombra quadrettata, simile alla figura
disegnata sul vetro (vedi disegno F).

Se incliniamo il vetro o il
cartoncino otteniamo un'immagine
deformata, come le figure G e H. La
figura H è
stata ottenuta con il vetro posto in modo che
le linee "orizzontali" della quadrettatura
fossero
parallele al cartoncino.
Immagini analoghe si
ottengono usando un proiettore con fascio di luce concentrico (vedi disegno I); se il centro del fascio di luce è interposto tra
vetro e cartoncino l'immagine viene capovolta (disegno J).

Tutte
queste trasformazioni vengono dette proiezioni centrali , cioè
con raggi proiettanti che passano per un medesimo punto.[9]
I
seguenti disegni illustrano altre trasformazioni geometriche; si
tratta di alcuni esempi di tecniche di proiezione per trasformare
figure collocate su una superficie sferica in figure piane,
tipiche delle rappresentazioni cartografiche
(sono riprodotti anche i diversi aspetti assunti da una medesima
porzione della superficie terrestre).[10]
 proiezione perpendicolare a/su piano tangente
|  proiezione dal centro su piano tangente
|
 proiezione perpendicolare a/su cilindro circostritto
|  proiezione dal centro su cilindro circostritto
|
Esaminiamo infine un
tipo molto più generale di trasformazioni geometriche: le
trasformazioni topologiche. Non è facile darne una
descrizione in termini elementari; anche per questo mi limito al
caso di figure costituite da linee (non necessariamente piane).
Consideriamo la figura disegnata
a fianco. Colloco la punta di un oggetto appuntito sul punto A. Nell'altra
mano tengo un altro oggetto appuntito. Poi incomincio a muovere le due
punte, pur con velocità diverse, ma senza staccare la
prima punta dalla figura. Procedo
così
finché non ho percorso tutta la figura, fino ad arrivare al punto finale B. La
seconda punta ha descritto una nuova figura. |  |
L'aver percorso con continuità
tutta la prima figura mi ha consentito anche di stabilire una
corrispondenza tra tutti i punti di essa e quelli man mano generati
dalla seconda punta. |
Qui sotto sono
rappresentate alcune figure ottenibili in questo modo: C e D
rappresentano le posizioni iniziale e finale della seconda punta
(nella quarta figura D coincide con C).

Se
ad ogni punto di una delle due figure che viene percorso più
volte (come il punto H della figura iniziale) viene associato durante
il movimento ciascuna volta il medesimo punto dell'altra figura (cioè
se viene realizzata una corrispondenza biunivoca), il procedimento
con cui è stata ottenuta la nuova figura viene detto
trasformazione topologica .
Le prime due
figure tra le precedenti sono il frutto di trasformazioni topologiche
(K è il punto generato in corrispondenza di H), le altre no
(ad es. nel terzo caso ad H corrisponde al primo passaggio K e al
secondo K', nell'ultimo caso i punti compresi tra K e Q
corrispondono nei due successivi passaggi a punti dell'altra linea di
volta in volta diversi).
Possono invece essere trasformate
topologicamente l'una nell'altra le seguenti coppie di figure (nelle
prime due coppie i punti iniziale e finale coincidono e possono
essere presi arbitrariamente in infiniti modi, nella terza un
possibile percorso è A-H-K-H-B; osserviamo che la quarta
figura è costituita da una linea annodata).

5. MODELLI
GEOMETRICI E REALTA'
5.1.
Dietro ad alcuni dei fenomeni considerati alla fine del
precedente paragrafo, come ad altri analoghi che hanno investito
l'educazione aritmetica, vi è stata probabilmente anche
l'intenzione di modernizzare l'insegnamento, di adeguarlo ai nuovi
sviluppi della matematica. Ma sia la pretesa di travasare nei
bambini concetti disciplinari (come quelli topologici o come, per
l'aritmetica, il concetto di classe di equipotenza) che sono il
frutto di un processo di generalizzazione e astrazione assai
complesso, di cui solo dopo studi avanzati di matematica si può
percepire la significatività, sia quella di identificare con
dei modelli matematici ben precisi le concettualizzazioni spaziali
corrispondenti alle varie fasi dello sviluppo mentale, in realtà
sono entrambe legate a una visione tutt'altro che "moderna"
della matematica.
L'evoluzione
scientifica e tecnologica, il mutare dei rapporti economici e sociali
degli ultimi secoli hanno condotto ad applicazioni e a sviluppi
"interni" della matematica che le hanno assegnato un ruolo
"autonomo" del tutto nuovo rispetto al passato: non si ha
più la matematica come terreno per le speculazioni filosofiche
o, in versione ridotta, come palestra del ragionare; essa non è
più nemmeno condannata ad essere il linguaggio per la
rappresentazione degli enti con cui le scienze sperimentali
descrivono il mondo naturale.
Oggi
gli sviluppi della ricerca matematica prendono varie direzioni, senza
limiti precostituiti, anche se traggono spunti e/o trovano consensi
in relazione alla loro sintonia con le tensioni culturali e le
esigenze conoscitive presenti nella società e negli ambiti
scientifici e tecnologici. Il loro impatto con le altre discipline e
con i contesti applicativi si realizza infatti nell'impiego dei
modelli matematici per
rappresentare (a volte anche per individuare) e studiare le più
disparate situazioni problematiche.[1]
La
modernità dell'insegnamento non si risolve quindi con
la presentazione di qualche argomento ritenuto di "moda" o
formalizzando maggiormente la trattazione dei vari argomenti, ma
focalizzando il significato delle attività di
matematizzazione, mettendo in luce di volta in volta i rapporti tra
modelli e realtà, facendo gradualmente percepire l'utilità
di attività matematiche interne ed astratte,
Nel
seguito illustrerò queste considerazioni con vari esempi
didattici, che, tuttavia, non sono finalizzati tanto alla
illustrazione di possibili itinerari di lavoro in classe quanto a
stimolare gli insegnanti a riflessioni e approfondimenti
culturali che consentano loro di vedere i concetti matematici
come astrazioni utili alla rappresentazione e alla conoscenza di
fenomeni, ambienti, situazioni,
.
Infatti
la carenza di attività periodiche in cui l'insegnante affronti
a livello adulto problemi e questioni culturali non
direttamente appiattite sul lavoro in classe è sicuramente uno
dei fattori che lo rendono spesso succube delle argomentazioni o
delle mode che gli possono essere proposte da case editrici, corsi di
aggiornamento o anche articoli, come il presente; che a volte lo
conducono a seguire "ricette" che presentano una serie di
contenuti di cui non percepisce la significatività culturale e
sui quali, quindi, non può neanche stabilire un efficace
dialogo con le interpretazioni mentali che ne fanno gli alunni né
individuare e creare percorsi didattici che intreccino i contenuti
disciplinari in attività che gli alunni percepiscano come
"conoscitive".
Il
rischio, infatti, così come in certo insegnamento
"tradizionale", è ancora quello del doppio
binario , sia per
il bambino (cultura scolastica/cultura
extrascolastica), che per l'insegnante:
da una parte, avere
a che fare con bambini che confondono n e m oppure
e (che non sono topologicamente equivalenti) ma non confondono E
e T
oppure e (che sono topologicamente equivalenti),
dall'altra, rinviare ogni attività di misurazione al secondo
ciclo perché "dicono" che le relazioni metriche si
acquisiscono solo dopo aver sviluppato quelle topologiche;
da una parte proporre in prima
elementare esercizietti diffusi (come quelli in cui si chiede qual'è
la prima tra tre automobili raffigurate in una pista circolare o in
cui per verificare la comprensione della relazione davanti/dietro si
propongono vignette in cui si vede il sole coprire parzialmente una
nuvola) che contengono grossolani errori di modellizzazione
geometrica, dall'altra trascurare attività di
modellizzazione geometrica perché Papy "dice" che si
acquisisce una maggiore padronanza dei concetti matematici operando
in contesti astratti;
5.2.
L'astronomia, a fianco all'agrimensura, è il terreno
su cui si sono avuti i primi sviluppi della geometria. Ad essi
hanno condotto, da una parte, bisogni e interessi materiali (misurare
il tempo, orientarsi nei viaggi e nelle esplorazioni, comprendere
meglio le relazioni con i fenomeni astronomici dei cambiamenti
stagionali, delle maree e di altri aspetti della natura rilevanti per
le attività umane, e anche questioni di potere
politico-religioso), dall'altra il carattere problematico, il
fascino, le riflessioni sul ruolo dell'uomo nell'universo,
suscitate dai fenomeni astronomici: non si ha a che fare con
"cose" che si possono toccare, vedere da vicino o dal punto
di vista voluto, è difficile verificare le congetture che si
possono fare su di esse, non si può avere alcuna influenza su
di esse,
.
Anche per il bambino le stagioni,
l'alternarsi del dì e della notte,
costituiscono aspetti
importanti della vita e, assieme ad altri fenomeni astronomici, sono
fonti di molti interrogativi: dove va il sole di notte? perché
si vede uno spicchio di luna? perché il sole e le stelle non
cadono?
La televisione e
le altre fonti e occasioni di informazione forniscono al bambino
immagini e nozioni che i primi uomini non avevano (la terra sferica
che gira intorno al sole, le esplorazioni spaziali,
), ma che
difficilmente i bambini sono in grado di interpretare per risolvere i
loro interrogativi.
Un buon insegnamento
geometrico può invece costituire uno
strumento importante per dare una risposta ad
essi. Ad alcune elementari attività di modellizzazione
geometrica di fenomeni astronomici saranno, per l'appunto, riferite
la maggior parte delle esemplificazioni svolte in questo paragrafo.
5.3.
Anche in questo contesto è utile ricorerre al disegno
per avviare l'esplorazione delle
rappresentazioni mentali del bambino.
Spesso nei disegni
dei bambini compare il sole, ma non compaiono in genere le ombre.[2]
Se si chiede
loro di rappresentare anche le ombre è frequente riscontrare:
ombre staccate dall'oggetto, anche se esso è poggiato per
terra; ombre colorate diversamente a seconda del relativo oggetto;
forma dell'ombra senza parentela con la forma dell'oggetto o disposta
capovolta rispetto alla posizione che dovrebbe avere; oggetti con
ombra più lunga di quella di oggetti più alti; ombra
che punta verso destra quando il sole è disegnato a destra
dell'oggetto;
Senza discutere tutte le attività
didattiche che nel secondo ciclo della scuola elementare si possono
svolgere a partire dal confronto dei disegni con l'osservazioni
dirette che la classe può effettuare in una giornata di sole,
mi limito a esemplificare alcuni aspetti secondo me rilevanti per lo
sviluppo dei concetti geometrici.
L'osservazione
che il sole non conserva il colore, il fatto che le discussioni
sulla relazione tra ombre e oggetti si riducono a prendere in
considerazione solo la forma degli oggetti, il fatto che le ombre
sul terreno sono disposte svincolate da un sistema di
orizzontalità-verticalità a cui invece si tende a
riferire la rappresentazione delle figure su fogli o lavagne
(inducendo a ritenere che una data figura debba avere una fissata
orientazione - es.: rettangolo = figura con lati parallelli ai bordi
del foglio o della lavagna), la pluralià di forme che si
vengono ad osservare (non solo quelle poche figure stereotipate al
cui studio la scuola a volte riduce la geometria),
contribuiscono ad accrescere nei bambini la comprensione dell'ambito
della geometria e del ruolo e del significato delle figure
geometriche.
Scoprire
che per vedere l'ombra bisogna avere il sole alle spalle; che a
bambino più alto corrisponde ombra più alta; che se
ci si inclina fino a coricarsi la nostra ombra cambia direzione e
si accorcia (o si allunga) andando a combaciare col nostro corpo;
che le ombre di più persone in piedi vanno tutte dalla stessa
parte; che le ombre sul terreno sono diverse da quelle su di un
muro; che l'ombra di una finestra , di un cartello rettangolare,
da un "angolo" è
fatta più a punta che dall'altro;
può
condurre a osservazioni che consentano di capire meglio il perché
di questi fenomeni. Ad esempio si può prendere un'asta e
osservare i cambiamenti della lunghezza e della direzione della sua
ombra a seconda di come la si dispone, si può scoprire che
c'è una posizione in cui questa si riduce a un punto,
.
I
diversi pareri che emergono nelle discussioni collettive possono
trovare occasioni di confronto e di precisazioni
nell'osservazione dell'ombra della quadrettatura
disegnata su una lastra di plastica trasparente o su un foglio per
lavagna luminosa sufficientemente rigido (cfr. 4.5).
Si osserva che l'ombra ha in
comune con la quadrettatura la suddivisone in trattini eguali sia
delle linee "disposte in un modo" che di quelle "disposte
nell'altro", ma che i due tipi di trattini sono diversi; che
muovendo e inclinando diversamente la lastra le linee disposte nello
stesso modo ruotano tutte assieme e continuano a "incontrare
tutte nello stesso modo" le altre linee;
.
La
quadrettatura non è un oggetto di cui comunemente si osserva
l'ombra, ma costituisce un modello che astrae alcune
caratteristiche degli oggetti di cui si vogliono studiare le ombre.
Esso
consente di effettuare alcune prime dimostrazioni. Ad es.
mettendo la lastra verticale e attaccandovi disposte verticalmente
due striscioline o due figurine ritagliate per rappresentare due
persone di diversa altezza, l'osservazione che i trattini verticali
della quadrettatura vengono tutti ingranditi o ridotti alla stessa
maniera, rimanendo tra di loro uguali anche nell'ombra, consente
(grazie anche al lavoro già in precedenza svolto con la carta
quadrettata, cfr.3.3) di concludere che a persona o oggetto più
alto corrisponde sempre ombra più lunga.
Tale modello
può contribuire all'astrazione del concetto di angolo:
evidenziando con una tracciatura più spessa alcune
coppie di tratti di linea del tipo illustrato a fianco, per descrivere i
cambiamenti dell'ombra che si osservano facendo muovere
la lastra l'insegnante accompagnandosi coi gesti può
dire (senza dare definizioni) che man
mano cambiano gli angoli formati dalle linee evidenziate, ma che essi
rimangono tra di loro uguali. Il contesto (ciò che è
invariante e ciò che non è invariante rispetto alle
trasformazioni subite dall'ombra) chiarisce di per sé il
significato (matematico) del termine "angolo". Questo è
anche un esempio di che cosa è da intendersi con insegnamento
dinamico della geometria (cfr.4.4).
Tale
modello, infine, può facilitare la memorizzazione e la
concettualizzazione dei fenomeni e delle proprietà
geometriche osservate, può fungere da situazione prototipo
che in altri contesti l'insegnante può richiamare agli alunni
o a cui può mentalmente far riferimento il bambino stesso. |  |
5.4.
Le discussioni sulla direzione che devono assumere le ombre nei
disegni, sull'origine delle ombre, sui colori che in parte
mantengono le "ombre" dei disegni fatti a pennarello sul
vetro della classe (e le analogie con la proiezione delle
diapositive)
conducono a parlare di luce che arriva, di raggi
di luce che attraversano
certi oggetti o che vengono fermati da altri,
; del resto il
termine "raggi di sole" è noto ai bambini e i raggi
sono quasi sempre presenti nei loro disegni del sole.
Per sviluppare
un più consapevole impiego del modello "raggi di luce"
possono essere utili esperienze che evidenzino il processo di
astrazione che ha condotto a tale concetto, quali l'osservazione
della luce che filtra attraverso i fori praticati in un foglio di
carta scura col quale si siano ricoperti i vetri di una finestra
della scuola da cui si vede il sole, l'osservazione dei modi in cui
si devono inclinare dei tubi di plastica affinché la luce del
sole passi attraverso di essi (generando un'ombra circolare),
Queste
attività contribuiscono ai primi sviluppi del concetto
geometrico di retta (i raggi rappresentano delle pure
direzioni: non se ne considera lo spessore, non hanno una lunghezza
predeterminata,
), anche se nella scuola elementare non è
il caso di andare oltre all'uso del termine "linea dritta"
(o "linea retta") né di parlare di "rette"
come linee di lunghezza infinita. Queste attività possono
condurre all'osservazione che i raggi del sole arrivano tutti
inclinati allo stesso modo, fino a dire che formano tutti lo stesso
angolo con il terreno; possono consentire all'insegnante di
sintetizzare alla lavagna ad esempio le osservazioni relative alle
orientazioni sbagliate dell'ombra nei disegni dei bambini con
illustrazioni come quella a fianco;
|  |
Analogamente a
quanto si è notato per il concetto
di angolo, dopo aver osservato e
descritto con varie
espressioni (vedi
sopra) le analogie tra due pali vicini, le linee della lastra
quadrettata,
, le relative
ombre, i raggi del sole,
risulta naturale introdurre il termine linee
parallele per descrivere linee
che siano
«disposte così».
Come si è
già osservato, non è un concetto semplice, ed è
senz'altro utile far individuare agli alunni altre "linee"
a cui esso può essere applicato o richiamare altri contesti in
cui eventualmente sia già stato utilizzato (cfr. nota 6 in
4.4).
E'
inoltre opportuno, piuttosto che dare definizioni
, far individuare agli alunni stessi quali
sono le proprietà che
caratterizzano due linee rette che sono parallele, far loro dire come
descriverebbero ad una persona che non conosce tale termine il modo
in cui disegnare due linee parallele,
Attività
analoghe possono essere fatte, ad es., per distinguere le
caratteristiche dei quadrati e quelle delle loro ombre. Ciò
è utile all'insegnante anche per individuare eventuali
difficoltà incontrate dagli alunni ed evitare di procedere
nell'uso di termini e di schematizzazioni geometriche a cui essi
diano un'interpretazione distorta. Sulle definizioni ritornerò
(cfr.5.7 e nota 8).
Le
attività di disegno possono nuovamente essere utili in questo
senso. Ad esempio l'osservazione che i raggi del sole arrivano a
terra tutti con la stessa inclinazione può creare conflitti
con il modo in cui vengono disegnati i raggi uscenti dal sole. Si
tratta tuttavia di una contraddizione che può contribuire a
mettere in luce la natura approssimata dei modelli matematici
e, nel contempo, chiarire il significato stesso di parallelismo.
In questo contesto può in
particolare risultare utile estendere le osservazioni alle ombre
prodotte da sorgenti di luce artificiale: le ombre di due bambini
illuminati da un lampione sono ancora parallele?
.
Con attività analoghe a
quelle discusse in precedenza (ricorrendo ad esperienze con una
lampadina, visualizzando con l'aiuto di spaghi i raggi che passando
per le cime di bottiglie o altri oggetti arrivano nelle "punte"
delle corrispondenti ombre,
) si può arrivare alla
descrizione dei raggi luminosi come linee rette che escono dalla
sorgente di luce.
Si
può ricorrere nuovamente alla lastra quadrettata. Si osserva
(vedi disegni in 4.5) che muovendo la lastra sia le linee di un tipo
che quelle dell'altro generano ombre che ruotano assieme. Discutendo
le differenze rispetto all'esperienza con i raggi del sole si può
però osservare che mentre in quella esse non si
avvicinavano ,
erano disposte in modo da avere sempre la stessa inclinazione
rispetto a una linea dell'altro tipo,
ora si avvicinano
e sembrano dirette tutte in uno
stesso punto: non sono più parallele.
Però
ruotando opportunamente la lastra il punto a cui esse sembrano mirare
si allontana, e tendono a diventare parallele. La stessa cosa si può
osservare, e per tutti e due i tipi di linee, allontanando la
lampadina: ad un certo punto sembra che i due tipi di linee
incontrandosi formino tutte gli stessi angoli.
Visualizzando
(in uno dei modi visti sopra) i raggi di luce di una lampadina si può
anche osservare che se essa è lontana due raggi vicini
sembrano parallelli. La cosa può poi essere schematizzata alla lavagna
dall'insegnante.
Tornando al problema dei raggi
del sole,
si può ora
capire perché essi arrivano a terra che sembrano esattamente
paralleli. Ciò vale
naturalmente se questo aspetto dell'educazione alla matematizzazione
è curato anche in altri
contesti (ad es. se si sono fatte analoghe considerazioni per le
attività di misurazione: due lunghezze, due intervalli di
tempo,
possono aver la stessa misura in centimetri, in
minuti,
ma differire se si considerano anche millimetri,
secondi,
- cfr. [3]). |  |
Un'altra difficoltà che
può emergere nelle attività
di disegno è l'apparente contraddizione
tra il fatto che le ombre di due pali o dei tronchi di due alberi sono parallele e il
fatto che se il sole è "in mezzo" esse devono essere disegnate una diretta verso destra, l'altra verso sinistra. I collegamenti con
l'osservazione delle rotaie di un binario o dei margini di una strada rettilinea, con le attività di disegno da vari punti di vista
(vedi 3.2),
consentono di mettere a fuoco che
all'origine di ciò vi è il fenomeno che una cosa (ad
es. una traversa di un binario) uguale a un'altra ma più
distante dagli occhi viene vista più piccola: anche se due
linee non si avvicinano, le loro parti più lontane dai nostri
occhi le vediamo man mano avvicinarsi.[3] |  |
5.5.
«Le ombre sono più lunghe al mattino, a mezzogiorno o
alla sera?». A questa domanda l'insegnante può avere
dagli alunni risposte e argomentazioni assai diverse, in cui spesso
pregiudizi («le ombre sono più lunghe a mezzogiorno
perché il sole è più forte»,
)
prevalgono sul riferimento a cose osservate.
Ciò
(oltre che ai motivi accennati nella nota 2) rinvia al fatto che la
memorizzazione delle esperienze non è una pura registrazione
di singoli episodi, ma avviene attraverso una loro riorganizzazione
che si avvale delle conoscenze man mano acquisite; in questo caso è
evidentemente decisiva la comprensione delle relazioni tra movimenti
del sole e trasformazioni delle ombre.
Risposte errate a quesiti come il
precedente prevalgono anche tra gli alunni all'inizio della scuola
media, nonostante le nozioni di geometria e di geografia astronomica
in qualche modo loro trasmesse dalla scuola e dai mass media: si
tratta di nozioni che non sono state in grado di mettere in
discussione il complesso delle conoscenze e delle spiegazioni con cui
i bambini si rappresentano i fenomeni astronomici, che non hanno cioè
trovato posto "attivo" nella loro "cultura".
E' quindi
opportuno capovolgere l'ottica con cui queste nozioni sono state
trasmesse.
Nella costruzione degli itinerari
didattici la graduazione con cui sviluppare i vari concetti non va
riferita solo a problemi di organizzazione interna delle discipline,
ma anche alla rilevanza culturale per il bambino delle attività
di modellizzazione in cui essi vengono impiegati.
Non basta verificare
la capacità dei bambini di applicare i concetti dopo averli
introdotti, ma per motivare gli alunni e trarre indicazioni sul modo
in cui impostare la costruzione dei concetti è bene esplorare
(con domande, attività di disegno,
), confrontare e
mettere in discussione le rappresentazioni mentali che i
bambini hanno dei fenomeni in cui si è ritenuto significativo
avviare gli approfondimenti disciplinari.
Tornando
al nostro esempio (modellizzazione geometrica dei movimenti
terra/sole), una domanda come quella riportata e le controversie che
suscita possono far percepire ai bambini il carattere risolutivo di
un'attività di osservazione sistematica che consenta di
studiare e interpretare la variazione dell' ombre durante la
giornata. A tal fine si può mettere a punto un esperimento
che consenta di facilitare l'osservazione: tracciare (su un
grosso foglio di carta) le ombre lasciate ad ogni ora da un oggetto
di forma opportuna.
Questo
è un modello astratto del fenomeno che si vuole
studiare, che non è matematico, ma materiale (così
come lo era il ricorso alle ombre della lastra quadrettata).
La
scelta della situazione artificiale su cui realizzare le osservazioni
è tuttavia oggetto di discussioni e osservazioni degli alunni
che si incentrano sulle caratteristiche geometriche
che essa deve avere: le osservazioni sulle
forme delle ombre di persone e cose svolte in precedenza conducono a
individuare l'opportunità di scegliere un luogo in cui arrivi
il sole dal mattino alla sera, una superficie "orizzontale"
(= "non in discesa") e un oggetto dritto, abbastanza
sottile, terminante a punta e in posizione "verticale"
(="che non penda da nessuna parte"). Terminati i
rilevamenti, si può notare che
la
rotazione delle ombre indica anche il senso
della rotazione
del sole (e per "identificarlo"
lo
si può chiamare senso orario ,
in quanto uguale a quello con cui si
osservano ruotare le
lancette di un
orologio da polso). Si può collegare la variazione della lunghezza
dell'ombra
col cambiamento
dell'altezza del sole,
Si può
ripercorrere con velocità maggiore
il fenomeno
utilizzando una lampadina: facendo
descrivere ad
essa un arco di circonferenza
opportunamente
inclinato si può far muovere
l'ombra più
o meno così come si è spostata
durante
il giorno in cui si è realizzata l'esperienza. Questa
simulazione consente di consolidare la comprensione del
fenomeno e, in particolare, delle relazioni tra movimento del sole e
movimento e deformazione dell'ombra. |  |
5.6.
La descrizione dei movimenti del sole durante il giorno conduce
naturalmente alla precisazione del significato dei punti
cardinali e del concetto di direzione (oltre a
consolidare il concetto di angolo).
La
direzione sud è
la direzione in cui guardiamo il sole quando è più alto
in cielo (ovvero quando le ombre sono più corte), la direzione
opposta (ovvero la direzione delle ombre) è il nord
; tagliando la doppia freccia che indica
queste direzioni con un'altra doppia freccia in modo da formare
quattro angoli uguali si ottengono gli altri due punti
cardinali fondamentali: est
(freccia che punta a
sinistra se si guarda verso sud, ovvero direzione ruotata di un
quarto di giro in senso antiorario rispetto alla direzione sud) e
ovest.
Si possono dare
anche i nomi delle direzioni che tagliano a metà gli angoli
ottenuti precedentemente. Per denominare direzioni intermedie si
possono poi introdurre i gradi: la direzione che è ruotata di
10° in senso orario rispetto alla direzione sud,
.
Il
modo in cui spesso queste nozioni vengono introdotte a scuola è
invece fonte di grosse confusioni concettuali nei bambini.
Ad esempio in
molti libri scolastici si definiscono l'est e l'ovest come i punti in
cui sorge e tramonta il sole, mentre le direzioni in cui vediamo
sorgere e spuntare il sole cambiano notevolmente durante l'anno. Il
ricorso alla parola "punti" separata dall'aggettivo
"cardinali", tende a consolidare in molti bambini l'idea
che ad es. il nord in una cartina sia un punto collocato al centro
del bordo superiore.
Il lavoro con le
ombre consente invece di avere chiara l'idea che due pali vicini
generano ombre che hanno la stessa direzione (ad esempio la
direzione sud-est) ma che tali ombre non sono dirette verso uno
stesso punto ;
il concetto di direzione consente ora di precisare le differenze tra
le ombre della quadrettatura generate dal sole e quelle generate
dalla lampadina e di dare una nuova "descrizione" del
concetto di parallelismo.[4]
Queste
attività trovano una immediata ricaduta nell'impiego delle
cartine: ora è più facile descivere gli spostamenti,
localizzare una casa in riferimento ad una piazza, un paese in
riferimento ad un altro,
Attività in cui si descrivono
o eseguono percorsi su cartine vere, su mappe del tesoro fantastiche
realizzate su carta quadrettata,
servendosi di indicazioni del
tipo "
,fai 50 m
in direzione sud, fai 30 m in
direzione sud est,
" o del tipo "
, ruota di un
quarto di giro a destra, fai 40 m, ruota di un ottavo di giro a
sinistra,
" consolidano la differenza tra il riferirsi ai
punti cardinali e il
riferirsi al proprio corpo.
Ora si può
dare un significato alle linee che attraversano la
carta d'Italia: il meridiano e il parallelo passanti per una
località
ne indicano la linea sud-nord e la linea est-ovest (ma
: vedi sotto).
Nascono tuttavia
nuove difficoltà concettuali: sulla cartina dell'Europa, sul globo,
la direzione sud in una località non appare parallela a
quella di un'altra località lontana, in una località
che è ad est si può arrivare anche procedendo in
direzione ovest, tra i paralleli solo l'equatore forma angoli di 90° con i paralleli (per cui essi non indicano esattamente la linea est-ovest: nella figura si è messo un "~" davanti a E e O),
.
Queste
difficoltà possono essere il punto di partenza per nuove
concettualizzazioni affrontabili nella scuola elementare: chiarire la
relatività dei sistemi di riferimento (non solo le
direzioni dei punti cardinali, ma anche l'orizzontalità, la
verticalità,
), descrivere gli spostamenti sulla sfera
terrestre, comprendere la relazione tra rotazione apparente del sole
e rotazione della terra su se stessa,
[5]
E così via. |  |
E' il caso di
ricordare un altro errore relativamente diffuso, fonte anch'esso di
confusioni concettuali che possono poi compromettere una effettiva
comprensione da parte dei bambini dei sistemi di riferimento
geografici, dei movimenti terra-sole,
: la definizione della
direzione sud come direzione in cui vediamo il sole a mezzogiorno.
L'ora legale
(non solo quella estiva) non ha rapporti con l'ora astronomica:
nello stesso giorno uno spagnolo può avere il mezzogiorno
astronomico alle 13 ed un greco averlo alle 11; non solo: le ore
astronomiche hanno durata variabile durante l'anno, per cui ad
esempio il mezzogiorno astronomico in Liguria e Piemonte varia
durante l'anno tra le 12 e 1/4 e le 12 e 3/4 (cfr.[5]-classe III).
Se queste
definizioni sbagliate (la cui analisi e messa in discussione per
altro comporta considerazioni non certo alla portata di un alunno
della scuola elementare) non fossero frutto di errori ma di tentativi
di "semplificazione", è il caso di notare che non
se ne comprendono le motivazioni culturali o didattiche. Altra cosa
è osservare che gli antichi misuravano il tempo facendo
riferimento alle ombre del sole e che chiamavano mezzogiorno l'ora in
cui il sole era a sud, spiegare che la diffusione degli orologi ha
permesso di svincolarsi dalle ore solari e di ricorrere ad ore
legali, mettere in luce il vantaggio di queste, scoprire con gli
alunni intorno a quali ore il sole è a sud (cioè le
ombre sono più corte) nella zona della scuola, magari
ricorrendo ad un "segna-mezzogiorno",
[6]
5.7.
Gli esempi precedenti hanno messo in luce alcuni aspetti che
dovrebbero essere curati nelle prime attività di costruzione
dei concetti geometrici: riferimento diretto a situazioni reali,
graduale astrazione di modelli materiali e/o schematizzazioni
grafiche, attenzione ai rapporti col linguaggio comune, indagine
sulle interpretazioni mentali degli alunni, evidenziazione della
natura approssimata delle modellizzazioni geometriche,
L'elusione
di questi aspetti per ricorrere direttamente a definizioni o
descrizioni astratte è spesso all'origine delle difficoltà
e dei fraintendimenti degli alunni (cfr.[2]).
Si pensi al dire
che «due rette sono parallele se non si incontrano» dando
per scontato che il bambino interpreti come linee di lunghezza
infinita i segmenti tracciati alla lavagna dall'insegnante; ovvero
al parlare di un angolo come della «parte di piano compresa tra
i suoi lati», ritenendo che il bambino (oltre a immaginare che
questi "lati", a differenza di quelli delle altre figure,
abbiano lunghezza infinita) possa rappresentarsi mentalmente come
"parte" di piano una superficie di estensione illimitata,
senza conflitti col linguaggio comune, che invece usa il termine
"angolo" per indicare parti ben delimitate di spazio
(quelle prossime ai luoghi di incontro di due muri di un palazzo, due
pareti di una stanza, due spigoli di un tavolo, due lati di un campo
da pallone,
). Problemi analoghi sorgono per i concetti di
"perpendicolarità", "altezza di un triangolo",
Gli
esempi hanno messo in luce anche la naturalezza e l'utilità
didattica con cui nelle attività di modellizzazione geometrica si possono intrecciare attività di misura di
lunghezza (ombre, oggetti,
), riflessioni su rotazioni,
trasformazioni proiettive,
In un contesto conoscitivo si
possono integrare anche modelli geometrici differenti.
Ad
esempio nell'ambito dello studio dei cambiamenti stagionali il
ricorso a grafici che rappresentino "geometricamente" i
dati "numerici" relativi ai cambiamenti durante l'anno
della durata del dì e della lunghezza dell'ombra di un asta
verticale in un'ora fissata (prossima al mezzogiorno astronomico)
consente di comprendere meglio come varia l'arco descritto
giornalmente dal sole, il significato "geometrico" di
solstizi ed equinozi,
.
Per far ciò vengono messe in luce simmetrie, periodicità
(andamento che si ripete), cambi di pendenza,
che mettono
in relazione i due grafici.
Il grafico delle
temperature massime o in un'ora fissata "caratterizzanti" i
mesi dello stesso periodo[7] evidenzia i collegamenti tra i
fenomeni precedenti e le variazioni termiche, ma anche la presenza di altri fattori che
influenzano queste (l'andamento del grafico delle temperature non ha
la stessa regolarità dei due precedenti
). |
 |
Un
ultimo aspetto delle attività di modellizzazione geometrica
illustrate è il loro carattere operativo.
Infatti
esse comportano l'impiego di strumenti (per tracciare linee
rette, per misurare lunghezze e angoli, per verificare verticalità
- filo a piombo
- e orizzontalità -
bilia e supporto liscio -,
), il quale contribuisce alla comprensione dei concetti
geometrici coinvolti. [8]
Inoltre conducono a
problemi e ragionamenti geometrici che si presentano in forma pratica
, cioè riferiti alla comprensione di
movimenti o trasformazioni di oggetti reali e di modelli
"materiali",
che permettono di illustrare il proprio
pensiero attraverso l'azione («guarda, se metto questo così
»), che
consentono di fare tentativi,
;
e ciò favorisce il coinvolgimento di alunni con difficoltà
linguistiche e non facilmente motivabili ad una attività solo
astratta ma con un bagaglio di esperienze e abilità che
altri alunni non hanno (coinvolgimento che è utile per
favorire lo sviluppo di un sapere geometrico più "completo"
sia negli uni che negli altri alunni).
L'operatività
di tali attività risiede anche nel fatto che la loro
significatività culturale può dar luogo a un processo
di impiego delle conoscenze geometriche nella vita
quotidiana che renda più proficuo e duraturo l'apprendimento.
5.8.
Queste ultime caratteristiche sono particolarmente accentuate in
attività riferite alla teconolgia:
osservare (durante una visita ad una azienda, durante una attività
di produzione in classe di dolci, formaggio, pasta fresca, frullati,
vino, oggetti di plastilina o di Das,
) i cambiamenti di
materiali che subiscono un processo di trasformazione: cambiamenti
solo di forma, solo di peso, di forma e volume, di forma, volume e
peso, di durezza, di rigidità,
,di
odore, di colore,
;
descrivere i movimenti di macchinari, la forma delle parti in
movimento, il modo in cui il movimento viene trasmesso e modificato,
(macchine agricole, macchine che imbottigliano ed
etichettano,
,
ciclostile, macchina per tirare le sfoglie, frullino,
);
discutere i
motivi della diffusione di alcune forme particolari: forma cilindrica
di certi pezzi di macchinari (problemi di trasmissione dei movimenti,
collegamenti con la forma delle ruote, dei bidoni, delle botti,
); forma di scatole,
barattoli,
di materiali diversi (problemi di
fabbricazione, di spazio occupato, di apertura
); forma
delle stanze (problemi di combaciamento,
incastro,
in relazione alla forma delle
altre stanze, dei mattoni, dei mobili,
); forma di tubi,
profilati, superfici ondulate,
, forma di strutture metalliche
(rapporti tra forma e rigidità);
smontare un
cartoccio, osservare le simmetrie dei segni delle piegature,
individuare le successive fasi attraverso cui viene costruito,
...
Attività
come queste, che si possono inserire naturalmente in svariati
itinerari didattici, comportano lo sviluppo di ragionamenti e la
messa a fuoco di termini geometrici per esprimere le proprie
opinioni e comprendere quelle degli altri, per descrivere o capire
la descrizione di come funziona una certa macchina, come si
costruisce un certo oggetto,
Conducono
a realizzare esperimenti con il "Meccano", con il
"Lego", con la carta
(costruzione di contenitori,
diversa resistenza che assume un foglio arrotolato, pieghettato,
),
dando così luogo a interazioni culturalmente significative
con le attività ludiche dei bambini (cfr.[3],
6.5).
Così
come nel caso dell'astronomia, anche in quello del funzionamento dei
macchinari la geometria è decisiva per costruire una
interpretazione razionale dei fenomeni
osservati. Anche in questo caso (prima di scoprire il ruolo di
ingranaggi, leve e altri dispositivi) sono utili attività,
discussioni,
per esplorare le spiegazioni che inizialmente ne
danno gli alunni.
Senza
soffermarmi ulteriormente su questi aspetti, ricordo un altro
contesto tecnologico con cui il bambino ha sempre più a che
fare, quello dell'elettronica:
scoprire a quali movimenti
corrispondono i pulsanti in un videogioco;
mettere in luce gli errori
prospettici con cui un videogioco raffigura oggetti e persone;
discutere (dopo
aver interpretato il funzionamento di una calcolatrice tascabile -
cfr. [4]) come fa un videogioco o più in generale un computer
a memorizzare posizioni e movimenti o come può un uomo
comunicarglieli, e individuare i collegamenti con l'uso delle
coordinate;
far simulare il computer da un
bambino che seguendo le istruzioni comunicate da un altro bambino
(del tipo «posizionati sul punto di coordinate 3-7»,
«traccia una linea retta fino al punto di coordinate 10-7»,
)
debba disegnare su un foglio quadrettato (con righe e colonne
numerate) un quadrato, un triangolo,
;
descrivere/scoprire i movimenti
e i limiti delle articolazioni del corpo umano,
e far simulare
un robot da un bambino che segua le istruzioni comunicategli da un
altro bambino
;
... sono tutti
esempi di attività "geometriche" che possono
costruire tasselli importanti per la comprensione del fenomeno
dell'automazione.[9]
5.9.
Questi cenni alle interazioni tra geometria e tecnologia hanno
voluto non tanto aggiungere qualche altro esempio di indagine o
attività adatta alla introduzione di questo o quel concetto
geometrico, quanto sottolineare ulteriormente che nell'insegnamento
elementare le discipline - in questo caso la geometria - non devono
essere il punto di partenza, ma sono strumenti, metodi, modi di
pensare,
i quali gradualmente devono acquistare una
relativa autonomia dai singoli contesti e una organizzazione
"interna".
Affinché
questo processo di astrazione e di avvio alla riflessione
disciplinare si possa realizzare più pienamente negli studi
successivi è essenziale che la scuola elementare fornisca al
bambino una ricca "banca" di esperienze (in questo
caso esperienze geometriche), e affinché il bambino
partecipi attivamente, percependo quest'insegnamento come importante
per la propria crescita culturale, è opportuno organizzare le
attività didattiche secondo itinerari conoscitivi di
ampio respiro, che interagiscano con i suoi bisogni di organizzare
mentalmente, inquadrare, razionalizzare,
il complesso dei
fenomeni che lo circondano. [10]
Riferimenti
bibliografici
La
bibliografia si riferisce ad articoli e documentazioni di
sperimentazioni che
sviluppano l'impostazione sintetizzata in 5.9.
Interessanti articoli
sull'educazione geometrica sono comparsi nei
numeri scorsi della presente rivista. Indicazioni bibliografiche di
carattere più generale sono fornite in [3].
[1]
AA.VV. - Bambini, maestri, realtà
: verso un progetto per la scuola elementare ,
Serie di Rapporti Tecnici (dal 1980/81), Dipartimento di Matematica dell'Università di Genova.
[2]
P.Boero - Scelte culturali e problemi di apprendimento per
l'insegnamento della geometria nella scuola dell'obbligo ,
L'educazione Matematica, 5 (1984).
[3]
C.Dapueto, P.L.Ferrari,
M.P.Rogantin - Il numero nel primo apprendimento , L'insegnamento della Matematica e delle Scienze
Integrate, 9 (1986).
[4]
C.Dapueto - I nuovi programmi di matematica per la scuola
elementare: una proposta di interpretazione e realizzazione
didattica (conferenza presso l'Università di Modena,
febbraio 1985), Rapporto Tecnico, Dipartimento di Matematica
dell'Università di Genova.
[5] C.Dapueto (a
cura di) - Relazioni sulla sperimentazione di un progetto per la
scuola elementare (classe I - 1982/83, classe II - 1983/84, classe
III - 1984/85), estratto da [1].
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