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Dagli  Atti del XIX Convegno dell'U.M.I. sull'Insegnamento della Matematica, 1997

Concezioni e concetti difformi costruiti dalla scuola 
Carlo Dapueto, Simonetta Greco
Nucleo di Ricerca Didattica MaCoSa
Dipartimento di Matematica dell'Università di Genova
e-mail: macosa@dima.unige.it

Premessa 
    In questo intervento si vuole mettere in evidenza il fatto che molte delle difficoltà incontrate dagli studenti nell'apprendimento della matematica sono indotte dal modo in cui certi concetti vengono introdotti e, più in generale, sono da collegare all'immagine della matematica che viene costruita attraverso le attività didattiche. 
    Queste riflessioni sono emerse durante la preparazione e la sperimentazione di un progetto per l'insegnamento della matematica realizzato dal nucleo di ricerca didattica Macosa e indirizzato alla scuola secondaria superiore.

Immagine della matematica 
    Agli alunni delle classi prime che sperimentano il progetto viene proposto all'inizio dell'anno scolastico un questionario che comprende sia domande di carattere generale sia domande tecniche; le prime hanno lo scopo di esplorare l'immagine della matematica che gli alunni hanno alla uscita dalla scuola media. 
    Limitandoci ad alcuni quesiti, osserviamo che (indipendentemente dall'indirizzo: sono coinvolti sia licei che istituti professionali e tecnici) di fronte alla domanda "Secondo te a che cosa serve la matematica?" più della metà degli studenti sceglie "per imparare a ragionare", di fronte alla domanda "Secondo te che cosa serve per essere bravo in matematica?" (con la richiesta di indicare 2 risposte) la maggior parte degli studenti sceglie la coppia "saper riflettere" e "essere attenti a non sbagliare calcoli, passaggi, …". 
    Da queste risposte emergono chiaramente la visione culturale della matematica e l'atteggiamento verso il lavoro matematico che tende a costruire la scuola, confermati anche dal netto prevalere di "problemi su triangoli e solidi", "calcolo di espressioni, polinomi, …" e "risoluzione di equazioni" come risposte a "Tra le seguenti, indica le 2 attività che ti sembra di avere svolto più spesso?" (solo l'1% sceglie "usi della matematica per affrontare temi di vario genere"). 
    Dalle risposte a una domanda sul modo di lavorare in classe durante le lezioni di matematica emerge che sono quasi del tutto trascurati l'uso di schede di lavoro, le discussioni collettive e i lavori di gruppo, il che (oltre a testimoniare una scarsa attenzione alla presenza tra gli alunni di diversi stili cognitivi, e alle sue potenzialità, alla esplorazione delle difficoltà concettuali degli alunni, alla verifica in itinere, …) mostra come più in generale l'apprendimento scolastico sia spesso separato da altre forme di apprendimento; si pensi alle forme di istruzione e di comunicazione diffuse in ambiti extrascolastici come il gioco, lo sport, il lavoro, …

Significatività culturale e didattica dell'introduzione dei concetti 
    In molti casi è il modo stesso in cui vengono introdotti i concetti matematici a creare confusioni che sono all'origine delle difficoltà e degli errori degli alunni. Vediamo alcuni esempi. 
    I numeri interi vengono spesso introdotti come "numeri con segno" (i numeri naturali diventano numeri assoluti, che sono altro rispetto ai numeri non negativi; invece di "3" si scrive "+3"; il valore assoluto è il numero senza segno; …), il loro prodotto viene ricondotto a regole sui prodotti tra "+' e "-", … . 
    In questo modo si vorrebbe riprodurre la costruzione insiemistica dei numeri interi a partire dai numeri naturali, ma non se ne può fare altro che una caricatura, sia dal punto di vista tecnico (vengono banalizzati o trascurati i concetti di "immersione", "legge quoziente", …) che culturale (non vengono messe in luce le motivazioni fondazionali di tale costruzione). Non si tiene conto delle esperienze degli alunni: i calcoli, le notazioni, … che gli alunni hanno già sperimentato e possono sperimentare in ambiti extrascolastici (le temperature, per esempio) o usando le calcolatrici tascabili (in cui "+" è solo un operatore binario, in cui i numeri negativi sono introdotti mediante il tasto di "negazione", …). Inoltre questo approccio è alla base di alcuni errori frequenti: (-1)(-n) considerato sempre positivo, a(-b)(-c) che diventa a+bc, |-x| che diventa x, … 
    Per l'introduzione del concetto di probabilità in genere si ricorre alla "definizione" (classica) di Laplace, con la motivazione (in qualche modo opposta a quella che è all'origine del citato approccio ai numeri interi) secondo cui sarebbe una definizione semplice, essendo stata la prima messa a punto storicamente. Ma questo approccio induce a considerare uniformemente distribuite anche variabili casuali che non sono tali, a ritenere che le probabilità siano numeri razionali, …, preclude il riferimento a vari fenomeni reali che sono spesso oggetto di valutazioni probabilistiche e tende a ridurre il calcolo delle probabilità ad esercizi di calcolo combinatorio, rafforzando l'immagine della matematica come insieme di nozioni e prestazioni fini a sé stesse. 
    Perché non seguire un approccio più moderno (sostanzialmente assiomatico) a tale concetto: introdurre le proprietà delle misure di probabilità come strumenti per trovare valutazioni probabilistiche di nuovi eventi a partire da valutazioni note (in base a considerazioni non solo matematiche!) di altri eventi, in analogia alle proprietà delle frequenze percentuali. 
    I polinomi vengono in genere introdotti per sviluppare il calcolo letterale, che invece non dovrebbe essere riferito solo ai termini polinomiali ma andrebbe collegato alle proprietà dei numeri reali, all'analisi della struttura dei termini, alla composizione di funzioni, … . Il concetto di polinomio (che non può essere motivato come modello matematico di fenomeni reali) dovrebbe trovare una introduzione significativa in contesti più interni alla matematica (analogie strutturali e, poi, approssimazioni di funzioni, …). Per altro lo sviluppo del calcolo letterale solo sui polinomi induce l'acquisizione di meccanismi che poi vengono estesi acriticamente ad altre situazioni. Si pensi alla applicazione dei cosiddetti "principi di equivalenza" per trasformare 3x+5/(x-2)=6+5/(x-2) in 3x=6 e, poi, in x=2 senza porsi problemi di dominio.

Hard e soft 
    Le difficoltà degli studenti nella risoluzione di equazioni sono state esplorate anche mediante il questionario iniziale già menzionato. Vediamo alcuni comportamenti di fronte a una sequenza di equazioni proposta (riportata nella tabella 1, riordinata in modo da facilitare il commento; non sono considerati tutti i tipi di risposte).

Tabella 1risposte correttenon rispondonocombinazioni sbagliatedicono che non ci sono soluz.
(1)6/x=3/248%37%13%-
(2)12/x=665%23%8%-
(3)75/100=x/452%40%5%-
(4)x/2=0.548%37%8%-
(5)3/4=x28%52%8%8%
(6)3=x-140%40%15%5%
(7)5x=045%42%-7%
(8)2(x-x)=07%45%-7%
(9)x=3x17%70%7%-
(10)3/x=011%43%44%

    Le più alte percentuali di risposte corrette nelle equazioni (1)-(4) sono forse da collegare al fatto che, per come sono state scritte, esse richiamano alla mente procedimenti di semplificazione di frazioni (a cui gli alunni sono abbastanza allenati); ciò può spiegare le difficoltà incontrate in altre equazioni che, in quanto tali, sono più semplici. 
    (5) e (6) mettono in evidenza come i ragazzi (grazie alle batterie di esercizi di calcolo di espressioni in cui "=" è sempre "fa" o "diventa") non padroneggino la commutatività di "=". 
    Anche le basse percentuali di risposte corrette di fronte a (8)-(10), che non sono equazioni in forma standard, rispetto a (7), che invece lo è, evidenziano l'abitudine a usare "ricette" senza riferirsi al significato di "risolvere un'equazione", abitudine coltivata da un insegnamento che, nelle spiegazioni e nelle valutazioni, privilegia le abilità hard (da "macchine") e trascura il confronto tra diversi metodi di risoluzione (algebrico, grafico, numerico), la modellizzazione mediante equazioni, … , cioè le attività più soft (da "umani"), che motiverebbero e farebbero comprendere meglio il significato della risoluzione di equazioni.

Interferenze linguistiche e rapporti con altre discipline 
    Nell'insegnamento algebrico, per facilitare la descrizione e la memorizzazione di alcuni procedimenti, vengono introdotti e usati diffusamente modi di dire ("cancello", "porto a destra", …) tratti dalla lingua comune senza chiarire agli alunni il significato che sta dietro al loro uso convenzionale; queste confusioni sono all'origine delle risposte che nella tabella 1 abbiamo classificato come "combinazioni sbagliate", cioè ottenute trasportando o cancellando pezzi di equazione, ottenendo x=3 o x=0 nella (10), x=9 o x=4 nella (1), x=4/3 nella (5), … 
    Interferenze linguistiche di tipo diverso si presentano anche in altre aree matematiche. Si pensi ad esempio all'uso in geometria di termini come "angolo" (che nel linguaggio comune è una parte limitata di piano: angolo di una stanza, di un campo di calcio,…), "movimento" (che nel linguaggio comune e in fisica include la considerazione della variabile tempo), … . Sono interferenze spesso trascurate a scuola o ridotte alla pura correzione di errori (mentre rispetto al linguaggio comune può essere "sbagliato" intendere l'angolo una regione illimitata). 
    Un altro aspetto che è all'origine di alcune difficoltà incontrate dagli alunni riguarda le differenze di linguaggio e di metodi con cui gli argomenti matematici vengono trattati in altre discipline: si pensi a come la risoluzione di equazioni (e proporzioni) sono affrontate nelle materie economiche o a come il calcolo algebrico e l'analisi vengono impiegate e fatte usare nelle materie tecnico-scientifiche: vi sono spesso contraddizioni, sfasamenti, … a cui gli alunni fanno fronte adattando il proprio comportamento alle diverse "matematiche" loro proposte, rinunciando alle motivazioni, alla comprensione dei concetti e dei metodi, … 
    Anche l'insegnante di matematica ha le sue responsabilità: da una parte, nel fare esempi di applicazione riferiti ad altre aree disciplinari, spesso non tiene conto delle specificità e degli obiettivi di esse (si pensi alla modellizzazione di fenomeni fisici spesso ridotta a cercare una funzione che approssimi i dati sperimentali), dall'altra, quando introduce e motiva nuovi argomenti, a volte non tiene conto delle esigenze e dei possibili intrecci con le altre materie. A questo riguardo si pensi ai numeri complessi, che in genere vengono introdotti solo rifacendosi all'opportunità di poter trovare soluzioni per tutte le equazioni polinomiali, senza che tale opportunità sia motivata (solo alcuni di coloro che proseguiranno gli studi saranno poi in grado di comprenderla), mentre una introduzione che faccia riferimento ai collegamenti tra numeri complessi, trasformazioni geometriche e trigonometria potrebbe essere più significativa anche in relazione agli usi della matematica nelle discipline tecnologiche.