da:  Atti degli incontri di Logica Matematica, 1989, vol. 5, 219-223

 
LINGUAGGI E MODELLI
NELLA SCUOLA SECONDARIA SUPERIORE


Carlo Dapueto
Dipartimento di Matematica dell'Università di Genova

1.  Da un'ampia indagine sulle conoscenze matematiche delle matricole delle facoltà scientifiche delle Università di Genova e di Pisa (aa.aa. 1982/83, 83/84 - cfr. Notiziario dell'Unione Matematica Italiana, gennaio 1984) sono emerse utili indicazioni relative alle difficoltà linguistiche e dimostrative che presentano gli studenti all'uscita dalla scuola secondaria superiore. Citiamo un esempio.
    Al quesito «Dal fatto che 6 è divisore di a.b si può dedurre che 6 è divisore di a oppure di b ? (a e b sono numeri interi; motivare la risposta)» solo il 30% degli studenti ha risposto esattamente con qualche motivazione; quasi la metà hanno risposto «sì», i più con la motivazione:

              a·b   a    a·b     b
    «infatti  ——— = —·b  ——— = a·— »    (*)
               6    6     6      6
    La "formalizzazione logica", cioè la traduzione della proprietà discussa nel linguaggio del calcolo dei predicati e la (trasformazione della) sua negazione - cfr. le due seguenti formule -, non avrebbe certo facilitato la risposta.
      ∀a b ( ( ∃x 6·x=a.b ) ( ∃x 6·x=a) V ( ∃x 6·x=b ) )
      ∃a b ( ( ∃x 6·x=a.b ) & ( ∀x ¬ 6·x=a) & ( ∀x ¬ 6·x=b ) )
    Non è infatti attraverso l'impiego di questi "meccanismi" di trasformazione che si comprende il problema, il quale del resto è stato compreso da quasi tutti gli studenti. Il fatto è che non hanno saputo risolverlo, e a ciò ha contribuito il tentativo di affidarsi a "meccanismi" come (*).
    Viene dunque da chiedersi quale contributo l'introduzione della "formalizzazione logica" possa dare al miglioramento di un insegnamento della matematica in cui prevalgono attività meccaniche di calcolo algebrico e dimostrazioni di geometria euclidea di cui non si fa capire il significato (ma di cui si fa studiare la catena dei passaggi dimostrativi). Secondo me è, anzi, presente il rischio che tale introduzione, così come accadde per quella dell'"insiemistica" nella scuola dell'obbligo, svii, per motivi analoghi, da un effettivo rinnovamento:
  introduzione di concetti nuovi a sproposito (in un momento della formazione a cui è ancora estraneo il contesto culturale in cui essi assumono significatività);
  privilegio spropositato di alcune attività di elaborazione interna di alcune parti della matematica (piccoli ragionamenti su piccoli argomenti che si possono formalizzare facilmente);
  ulteriore riduzione del rilievo e dello spazio dato sia alle attività di matematizzazione che a quelle di elaborazione e riflessione sui modelli matematici (che sono invece un indispensabile background per l'avvio di riflessioni sui fondamenti della matematica, la costruzione di abilità di formalizzazione e di riflessione sui procedimenti dimostrativi,…).
    Ho usato il termine ambiguo "formalizzazione logica" per evitare di identificare impropriamente il termine "logica matematica" con l'uso di connettivi e quantificatori, Modus Ponens, tavole di verità,… , come invece spesso si fa. Infatti queste nozioni nell'ambito della logica matematica hanno un ruolo solo in un itinerario che ha tra i suoi primi elementi almeno i seguenti:
(1)  studio dei rapporti tra proprietà delle teorie (sistemi assiomatici) T formalizzate in opportuni linguaggi e proprietà delle strutture matematiche che sono loro modelli;
(2)  ricerca di una nozione di derivazione formale |– tale che T |= j sse T |– j ;
(3)  ruolo che (2) ha in (1);
(4)  tentativo di usare (2) per automatizzare la verifica se T |= j o no;

    Tutto ciò richiede conoscenze matematiche che, da una parte, diano significatività a questo studio e, dall'altra, permettano di condurlo. Non vedo contesti in cui ciò sia realizzabile diversi da quello universitario.
2.  Il termine "logica" viene usato anche con significati più ampi o diversi da quello attribuibile strettamente alla logica matematica: razionalità, precisione linguistica, esplicitazione delle argomentazioni matematiche (o di un'altra disciplina),…, ordinamento "logico" di una disciplina,…
    Sono aspetti più o meno presenti in ogni studio disciplinare, ma con connotati specifici (per cui non mi pare abbia grande valenza culturale la proposta, da alcuni sostenuta, di un insegnamento della logica formale come materia a sé stante, o affidato all'insegnante di filosofia). Infatti essi dipendono dalla natura dei vari modelli disciplinari, dai rapporti tra questi e le situazioni oggetto delle loro rappresentazioni, dai linguaggi che questi impiegano, …
    In effetti la logica matematica si è sviluppata al culmine di un processo storico volto a formalizzare la matematica per conferirle un carattere autonomo dalle scienze sperimentali, con il fine ultimo di darle un più sicuro e vasto ambito di applicabilità. Ma, nell'insegnamento, rispetto alla messa in luce dei contributi della logica matematica alla costruzione di un ordinamento "logico" della matematica, deve essere ovviamente prioritaria la riflessione sulla natura e il ruolo dei "modelli matematici" e dei loro linguaggi: matematizzazione come strumento di "razionalizzazione", significato delle "definizioni", rilevanza della formalizzazione, ruolo delle elaborazioni "interne" e delle dimostrazioni, …, e, più in generale, costruzione di una immagine "culturale" della matematica (anche attraverso una accentuazione progressiva della riflessione storica).
    In questa accezione "larga" della logica, non si può non essere d'accordo con Bernardi (relazione al "Convegno sull'insegnamento della matematica" dell'Unione Matematica Italiana - cfr. Notiziario dell'U.M.I., suppl. novembre 1987) quando osserva che ogni buon insegnante di matematica nella scuola secondaria superiore ha sempre insegnato della logica nel momento in cui ha messo in luce questi aspetti, ha educato a prestate attenzione ai "fatti linguistici",…
    Purtroppo, tuttavia, un buon insegnamento della matematica nella scuola secondaria superiore, per una ragione complessa di motivi, non è molto diffuso. Ciò dovrebbe rendere ancor più evidente come, piuttosto che l'introduzione, o la giustapposizione, di un capitoletto di Logica o di un po' di definizioni sparse qua e là, per rendere più "logico" l'insegnamento sia utile puntare ad una interazione più complessiva con le conoscenze e le pratiche didattiche degli insegnanti, volta sia ad accentuare e rendere più significative le attività di matematizzazione, sia a rendere più accurate e comprensibili le attività più strettamente disciplinari. Illustrerò brevemente questo secondo aspetto accennando alcuni esempi.
3.1.  I numeri reali vengono in genere definiti come estensione della struttura dei numeri razionali. Di questa definizione, del resto presentata con errori concettuali in molti dei libri di testo più diffusi, non viene fatta percepire la motivazione agli alunni. Probabilmente sarebbe meglio, in analogia a come vengono introdotti i numeri naturali (sequenze finite di simboli generate in ordine di lunghezza e in ordine "alfabetico", algoritmi che operano come trasformazioni di espressioni simboliche,…), definire i numeri reali come espressioni decimai illimitate, definire l'eguaglianza, le operazioni, la relazione d'ordine,… come algoritmi (non terminanti) operanti sulle loro approssimazioni decimali limitate,… Ciò favorirebbe lo sviluppo del calcolo approssimato e l'introduzione di alcuni primi concetti di base dell'analisi matematica, potrebbe intrecciarsi all'uso dei mezzi di calcolo,… e permetterebbe di scoprire/mettere a fuoco (ad esempio attraverso il confronto con i "numeri macchina" e i risultati di una calcolatrice o di un calcolatore) le proprietà strutturali che accomunano o differenziano i numeri reali dai numeri naturali, dai numeri decimali limitati, dai numeri esprimibili come frazioni,… In questo contesto diverrebbe significativa la definizione assiomatica di alcuni tipi di strutture.
3.2.  Le definizioni matematiche di concetti quali continuità, area,… vengono presentate come traduzione formale di concetti intuitivi senza far emergere i limiti di esse, i casi problematici, l'impossibilità di tradurre esattamente un concetto intuitivo, l'esistenza di altre definizioni che raffinano la rappresentazione di alcuni aspetti, …, cioè senza far percepire la natura di "modello matematico" dei concetti definiti.
3.3.  L'impiego di definizioni per ricorsione di funzioni di variabili naturali è un contesto che può offrire ulteriori spunti di riflessione sulle definizioni assiomatiche: è facile introdurre rigorosamente il linguaggio formale del calcolo equazionale e attraverso esso rivedere la definizione di operazioni (e relazioni) aritmetiche, esplicitare formalmente le derivazioni con cui da un sistema di equazioni si giunge ad un risultato (ad esempio la sequenza di sostituzioni e rimpiazzamenti con cui da f(x,0)=x e f(x,Sy)=Sf(x,y) si arriva a f(2,3)=5), verificare che vi sono dei sistemi di equazioni contradditori, cioè che non hanno alcun "modello", sistemi con infinti "modelli",…
    Queste riflessioni, oltre a presentare collegamenti con l'impiego dei linguaggi di programmazione, possono sfociare, alla fine della secondaria superiore, nella definizione assiomatica ("insiemistica", cioè del secondo ordine) della struttura <N,S,0> dei numeri naturali, che si presta a facili verifiche dell'indipendenza degli assiomi, alla messa in luce dell'unicità del modello a meno di isomorfismi,…
3.4.  Rispetto agli esempi precedenti, mi sembra assai meno alla portata degli alunni e di molti insegnanti (anche per responsabilità dell'insegnamento geometrico impartito all'Università), così come è al di sotto della portata dell'autore di testi scolastici "medio", la presentazione del sistema assiomatico della geometia euclidea. In questo caso la percezione dell'"unicità" del modello e la complessità "tecnica" di svolgere rigorosamente le derivazioni rendono difficile (così come è stato anche storicamente) comprendere la natura delle dimostrazioni, condurle senza barattare per deduzioni delle intuizioni,… . E' invece possibile caratterizzarne alcune proprietà, ad esempio per contrasto con la geometria sferica (postulato delle parallele,…) o nell'ambito della rappresentazione dello spazio come Rn (continuità,…).
3.5.  L'attenzione alle definizioni è importante perché da esse è connessa la comprensione della natura degli oggetti matematici. Come ultimo esempio ricordiamo l'introduzione di concetti matematici che, a differenza di quelli citati in precedenza, non sono interpretabili come dirette rappresentazioni di concetti intuitivi. Si pensi ad esempio ai numeri complessi: in genere l'unità immaginaria viene introdotta come trucco per poter dire che tutte le equazioni di 2° grado hanno soluzioni, mentre sarebbe culturalmente significativo presentare i numeri complessi come estensione "linguistica" dei numeri reali operando nel cui contesto è possibile giungere a trovare un'espressione per rappresentare le soluzioni "reali" di un'equazioine di 3° grado. Analogamente il problema di mettere a punto un procedimento per comporre facilmente trasformazioni geometriche può condurre (per rappresentare matricialmente le traslazioni) all'introduzione delle coordinate omogenee e all'"invenzione" dei punti impropri. Ovvero si pensi all'estensione dai numeri naturali ai numeri cardinali come "invenzione" che consente di risolvere i paradossi galileiani. In tutti questi casi si tratta di introduzione di concetti che trovano una giustificazione "logica" per la loro esistenza piuttosto che essere motivati direttamente da un'attività di modellizzazione (la difficoltà con cui alcuni di questi concetti sono stati storicamente accettati può essere un utile tema di riflessione per comprendere il processo storico ricordato nel punto 2).
3.6.  Per quanto riguarda gli aspetti di "formalizzazione logica", mi sembra che siano essenzialmente da curare l'acquisizione dell'abitudine alla presentazione ordinata dei passi dimostrativi, l'introduzione graduale di connettivi e quantificatori (senza pretesa di tradurre il linguaggio naturale, ma con significato ristretto al contesto matematico, per superare ambigiutà, per descrivere più facilmente e più leggibilmente alcune proprietà, … ), l'individuazione "graduale" di alcuni schemi di dimostrazione e della possibilità di tradurre "alcune" argomentazioni in trasformazioni di espressioni simboliche (es.: negazioni di congiunzioni, disgiunzioni, quantificazioni,…). Tutto ciò può essere importante a fini che ora è di moda chiamare "metacognitivi": aumentare negli alunni la padronanza e la consapevolezza, facilitare la "riflessione" sui procedimenti seguiti,… . Ma affinché questo si realizzi occorre che tali attenzioni (necessariamente esercitabili solo in ambiti dimostrativi ristretti) si intrecciono ad attività di sperimentazione, congetturazione,…, che non vengano limitate l'intuizione, il ricorso a idee e tecniche prese da altri campi della matematica,…, che non si faccia peredere il controllo globale (e contestuale) delle conseguenze che si ottengono.
3.7.  Decisivo è il ruolo che nella riflessione "metamatematica" può avere il calcolatore. Il suo impiego (se non viene indirizzato verso obiettivi "informatici" astratti dagli usi disciplinari e introdotto mediante linguaggi di programmazione in cui per imparare a scrivere una sola "frase" occorre un apparato grammaticale spropositato) può:
  consentire un proficuo intreccio/distinzione tra congetturazioni e dimostrazioni;
  educare all'uso di un linguaggio formale, alla distinzione tra sintassi e semantica e all'esistenza di diversi livelli di controllo semantico;
  offrire contesti non ambigui per usi significativi dei connettuvi;
  motivare e rendere verificabili facilmente attività di equivalenza "logica" (tra programmi);
  contribuire alla padronanza di variabili, parametri, sostituzioni, …, variabili locali;
  confrontare diverse "equivalenze": es.: due (programmmi che calcolano) termini algebricamente equivalenti possono comportare calcoli non equivalenti dal punto di vista del risultato numerico, del tempo, della memoria impiegata.
    Infine la riflessione sul calcolatore può intrecciarsi a riflessioni sui fondamenti della matematica: traduzioni tra linguaggi diversi e definizione di algoritmo (cfr. anche 3.3), impiego dei numeri casuali, concetto di entropia, definizione (informatica) di casualità, halting problem e problema della automatizzazione della verifica di una propretà,…