La matematica e i suoi modelli
Un esempio tratto dalla vita quotidiana
Scheda 3
1. I modelli
2. Le discipline
3. Come studieremo la matematica
1. I modelli
In questa unità didattica introduttiva abbiamo richiamato vari esempi di modelli matematici, cioè di concetti matematici impiegati per rappresentare situazioni di vario tipo, ad esempio i numeri, per rappresentare misure di grandezze, e le equazioni, per esprimere relazioni tra grandezze. Provate a citare qualche altro modello matematico visto in questa unità didattica.
Vediamo ancora alcuni esempi di modelli, riferiti a discipline e campi diversi.
La figura 1 è un modello grafico che rappresenta una situazione della attività agricola tipica dei paesi sottosviluppati. Questa situazione spesso viene chiamata circolo vizioso della miseria, espressione che sta a indicare un fenomeno che di per sé non ha vie d'uscita: la povertà dei raccolti mantiene la popolazione in stato di miseria e a causa della miseria la popolazione non riesce a trovare i mezzi per migliorare i raccolti.
Si tratta di una rappresentazione grafica simile ai diagrammi di flusso. In questo caso le frecce non indicano il flusso dell'esecuzione ma relazioni di causa effetto: la freccia "raccolti scarsi" "sottoalimentazione" significa che a causa della scarsità dei raccolti la popolazione si nutre in misura insufficiente.
Completate il diagramma mettendo correttamente le frecce nell'"anello" superiore.
In figura 2 è raffigurato un mestolo e un suo modello ingrandito (realizzato nello stesso materiale, legno o metallo) in scala 3 a 1. Volendo immaginare una situazione realistica possiamo pensare che il mestolone sia stato fatto realizzare in questo modo a un artigiano (falegname o fabbro) per impiegarlo in una "Sagra del Minestrone".
Il mestolone riproduce il mestolo originale esattamente sia per forma che per materiale. Ma al primo impiego per estrarre la minestra dal pentolone il manico cede (si spezza o si piega, a seconda del materiale).
Sapete spiegare come ciò sia possibile?
figura 2 |
Una nota regola grammaticale asserisce che «Un nome singolare terminante in -ie al plurale mantiene la stessa forma. Gli altri nomi singolari terminanti in -e passando al plurale cambiano -e in -i». Esempi: il cane i cani, l'odore gli odori, la cantante le cantanti, la serie le serie, la specie le specie.
Vi sono tuttavia numerose eccezioni: il re i re, il bue i buoi, il caffè i caffè, la moglie le mogli, la superficie le superfici, la cassaforte le casseforti, il guastafeste i guastafeste, il salvagente i salvagente, il capostazione i capistazione, ... .
Poi vi sono nomi che non hanno plurale (il latte, la sete, l'equatore, il fogliame, ...).
Infine vi sono le parole di origine straniera: al plurale, quando si parla in italiano, mantengono la stessa forma. Ad esempio, per considerare parole connesse all'uso dei calcolatori: il file i file (un file - termine inglese, che si legge «fail» - è un documento memorizzato mediante un calcolatore), il mouse i mouse (il mouse - termine inglese, che si legge «maus» - è un dispositivo che consente di muovere liberamente la "penna" del calcolatore sullo schermo), la routine le routine (una routine - termine francese, che si legge «rutin» - è un breve programma o una parte di programma che traduce uno specifico procedimento di calcolo).
Le regole grammaticali non rappresentano dunque fedelmente come si deve parlare. Sono solo dei modelli: con essi si cercano di individuare i modi in cui si manifestano più frequentemente certi comportamenti linguistici, al fine di dare dei punti di riferimento che aiutino le persone nella formulazione e nella comprensione dei discorsi.
Sapete trovare qualche eccezione alla regola «i nomi maschili terminanti in -o passando al femminile modificano -o in -a»?
Anche i proverbi sono dei modelli. Ad esempio «rosso di sera buon tempo si spera» rappresenta il modo in cui in genere evolve un particolare fenomeno naturale.
Individuate tra i seguenti proverbi quelli che hanno la stessa "morale", cioè quelli che sono modelli della stessa norma di comportamento (le "morali" rappresentate in tutto sono tre):
1) «non dir quattro se non l'hai nel sacco» | 5) «non è tutto oro quel che luccica» |
2) «col tempo e con la paglia maturano le nespole » | 6) «non vendere la pelle dell'orso prima d'averlo ucciso» |
3) «l'abito non fa il monaco» | 7) «dai tempo al tempo» |
4) «Roma non fu fatta in un giorno» | 8) «ride bene chi ride ultimo» |
Facciamo un ultimo esempio. Come le fotografie sono modelli delle situazioni fotografate (perdono la tridimensionalità, modificano parzialmente i colori, tagliano delle parti e altre non le mettono bene a fuoco, ...), così le immagini mentali che fissiamo nella nostra memoria sono modelli di ciò che abbiamo visto. Ma queste per certi aspetti sono più ricche, per altri più povere delle fotografie. Infatti memorizzando perdiamo molti aspetti su cui non abbiamo fissato l'attenzione e, nello stesso tempo, arricchiamo la nostra immagine inserendo aspetti che traiamo da altri ricordi o deduciamo dalle nostre conoscenze.
Se ci riflettete un attimo troverete sicuramente molti esempi che confermano questa osservazione. Comunque ricordiamo due tipi di esperimenti famosi.
Il primo si riferisce alle testimonianze oculari: nella costruzione degli identikit o nel riconoscimento mediante fotografie i ricordi sono spesso inconsciamente deformati dai pregiudizi, dai prototipi di criminale che il testimone ha in testa o dai suoi tentativi di interpretare i fatti (ad esempio da molti esperimenti risulta che dopo la visione di un filmato di un delitto in cui non si vede mai il volto del colpevole la grande maggioranza dei "testimoni" pretende di riconoscerlo tra un gruppo di fotografie di volti di individui "sospetti").
Il secondo esperimento fa riferimento ai disegni in figura 3. Osservate i segmenti AB, CD, EF, GH. Provate mentalmente (senza misure o altri calcoli) a confrontare AB con CD ed EF con GH. Successivamente verificate le conclusioni suggerite dalle vostre impressioni con quelle che potete ottenere usando opportunamente la quadrettatura che fa da sfondo ai disegni.
figura 3 |
Anche il ritratto del volto di una persona ad opera di un grande pittore, secondo voi, è un modello di tipo diverso rispetto a una fotografia? In che senso?