La matematica e lo spazio
I modelli geometrici

Scheda 3
Trasformazioni geometriche

  1. Poligoni
  2. Simmetrie, isometrie, similitudini e trasformazioni di scala
  3. Altre figure
  4. Alcuni teoremi
  5. Esercizi
Sintesi

1. Poligoni

    Dati tre punti A, B e C non allineati (cioè tali che non esista una retta a cui appartengano tutti e tre), il triangolo ABC è (vedi figura sotto a sinistra) l'unione dei segmenti AP al variare di P su BC.  Ovvero (vedi figura al centro) è l'intersezione dei tre semipiani (1), (2) e (3) delimitati rispettivamente dalle rette AB, BC e CA e contenenti rispettivamente C, A e B.  I tre angoli di vertici A, B e C generati dalle rotazioni di AB su AC (quella della figura a sinistra), di BC su BA e di CA su CB sono gli angoli del triangolo.  I segmenti AB, BC ed AC sono i lati del triangolo.

figura 1

    Gli altri poligoni ( "figure dai molti angoli", dalle parole greche polís, molto, e gonia, angolo) sono ottenibili a partire da un triangolo mediante successive, opportune, unioni di nuovi triangoli:  aggiungendo un triangolo ad un triangolo che abbia con esso un solo lato in comune posso ottenere un quadrangolo (se nessuno degli altri due lati è allineato ad un lato del primo triangolo); aggiungendo un altro triangolo (vedi figura sopra a destra) posso ottenere un pentagono, e così via.  Ogni volta ottengo due nuovi lati e ne perdo uno (il lato che il poligono originale ha in comune col triangolo aggiunto).  E ogni volta, come si vede nella figura sopra a destra, sostituisco ai due angoli delimitati dal lato soppresso (∠BAD e ∠ADC) tre nuovi angoli (∠BAE, ∠EDC e ∠AED).

    I vertici degli angoli del poligono sono detti anche vertici del poligono.  L'unione dei suoi lati ne forma il contorno, di cui si assume come lunghezza la somma delle lunghezze dei lati stessi; la lunghezza del contorno di un poligono viene detta suo perimetro.  Gli angoli di un poligono, come nel caso dell'angolo in D del quadrangolo a lato, possono essere maggiori di un angolo piatto. Per inciso osserviamo che a volte si parla di angoli "interni" di un poligono invece che di angoli; è uno strano modo di dire che non ha molto senso (vedi qui per approfondimenti).   

    I punti di un poligono non appartenenti al contorno sono detti suoi punti interni.  A volte viene chiamato poligono ciò che qui abbiamo chiamato contorno del poligono; dal contesto si capisce, in genere, il modo in cui viene usato questo termine.

2. Simmetrie, isometrie, similitudini e trasformazioni di scala

    Definte le rotazioni, possiamo completare il discorso lasciato in sospeso alla fine della §2 della scheda 2 di questa unità didattica. Abbiamo visto che le traslazioni conservano la distanza (se traslo un segmento la sua lunghezza non cambia) e non modificano l'orientamento delle figure (se traslo una semiretta la sua direzione non cambia).  Le rotazioni possono modificare l'orientamento di una figura, ma, anch'esse, conservano la distanza.
    Ciò è facilmente verificabile per alcune rotazioni, ad es. quelle attorno a (0,0) ampie 90° e 180°, come è illustrato nella figura 2 a sinistra. Ma la cosa può essere dimostrata in generale.



figura 2

    Se definisco movimento piano ogni trasformazione ottenibile componendo traslazioni e rotazioni, sono dunque certo che i movimenti piani conservano la distanza e, quindi, sono una buona rappresentazione matematica di come può essere spostato un oggetto rigido approggiato su una superficie piana.

    Abbiamo visto che vi sono trasformazioni che, pur conservando le distanze, non sono movimenti piani: per essere realizzate "fisicamente" necessitano di un ribaltamento, di un movimento che esce dal piano.  Di questo genere è, ad esempio, la trasformazione F: (x,y) → (−x,y), raffigurata sopra al centro, interpretabile come un ribaltamento attorno all'asse y, usualmente chiamata simmetria rispetto all'asse y. Essa trasforma il segmento a nel segmento b, i cui estremi hanno ordinate uguali e ascisse opposte a quelle degli estremi di a.  Riapplicando F b viene ritrasformato in a.  Si dice che le figure a e b sono l'una la simmetrica dell'altra rispetto all'asse y.  Δy degli estremi di b è uguale a Δy degli estremi di a, mentre Δx cambia solo nel segno. La distanza tra gli estremi resta perciò invariata.

    Se applico lo stesso movimento piano sia all'asse y che ad a e b ottengo una retta e due nuovi segmenti, che vengono detti simmetrici rispetto a questa nuova retta.  Sopra a destra sono raffigurati due esempi:
  il primo è la traslazione Δx=1, Δy=0; il nuovo asse di simmetria è la retta x=1;
  il secondo è una rotazione di 30° attorno all'origine.

    Sotto a sinistra è raffigurata una figura A e la figura B ad essa simmetrica rispetto alla retta r. Data A, come può essere tracciata B?
    Basta considerare r come nuovo asse y e, come se si fosse tracciato un nuovo asse x, usando una squadra, associare a ogni punto P di A il punto P' che rispetto al nuovo sistema di riferimento abbia:
  uguale ordinata (cioè stia sulla perpendicolare a r pasante per P) e
  ascissa opposta (cioè stia nel semipiano delimitato da r opposto a quello di P e − vedi figura − sia tale che d(H,P) = d(H,P')).


  figura 3

Nota.  Si usa dire, anche, che una figura è simmetrica se è dotata di un asse di simmetria, cioè se esiste una retta che divide la figura in due parti simmetriche rispetto ad essa. Sopra sono tracciate tre figure simmetriche: una ha un solo asse di simmetria, una ne ha 4, l'altra ne ha infiniti.

 1 
   I quattro sistemi di riferimento sottostanti sono monometrici; il lato di un quadretto della griglia vale 5.

(A)  Nel sistema a sinistra la trasformazione F che trasforma il pesce in alto in quello in basso è una traslazione, una rotazione o una simmetria?  Sai descrivere F(x,y)?
(B)  Nel secondo sistema la trasformazione che trasforma il pesce in alto in quello in basso è una simmetria. Trovate come individuare e tracciare (con squadra e riga millimetrata) l'asse di simmetria.
(C)  Nel terzo sistema lo stesso pesce del caso (A) è stato trasformato in due diverse figure: un pesce più piccolo ottenuto moltiplicando le coordinate dei punti del pesce originale per un numero h minore di 1 (i punti del pesce rimpicciolito distano dall'origine meno dei corrispondenti punti del pesce originale), e un pesce più grande ottenuto moltiplicando le coordinate dei punti del pesce originale per un numero k maggiore di 1. Quanto valgono h e k?
(D)  Nell'ultimo sistema lo stesso pesce è sottoposto a un altro tipo di trasformazione. Provate a descriverla a parole e mediante una opportuna funzione a 2 input e 2 output (F(x,y)=…).

    Le trasformazioni piane ottenibili componendo movimenti e ribaltamenti, cioè componendo traslazioni, rotazioni e simmetrie, conservano la distanza. Si può dimostrare che non vi sono altre trasformazioni piane che conservano la distanza. Queste trasformazioni vengono anche chiamate isometrie (in greco ìsos vuol dire "uguale" e métron vuol dire "misura").

    Le isometrie oltre a conservare la distanza conservano:
  l'allineamento tra punti:  se C sta sulla retta AB (vedi figura a fianco) ed A', B' e C' sono ottenuti da A, B e C mediante una traslazione ed una rotazione, anche C' sta sulla retta A'B';
  l'ampiezza degli angoli:  l'angolo DAC, sottoposto ad una traslazione ed una rotazione, viene trasformato in un angolo D'A'C' della stessa ampiezza.
 
Anche le trasformazioni illustrate nel punto (C) del quesito 1,
  (x,y) → 1/2·(x,y) = (x/2,y/2), che ha rimpicciolito il pesce in scala 1/2,

  (x,y) → 2·(x,y) = (2x,2y), che ha ingrandito il pesce in scala 2,
conservano l'allineamento e l'ampiezza degli angoli.  Sono casi particolari di similitudini, cioè di funzioni che trasformano le figure in figure ad esse simili.

    Più in generale, si chiama similitudine ogni trasformazione che moltiplica la distanza tra una qualunque coppia di punti per un fissato numero positivo k  (se k>1 è un ingrandimento, se k<1 è un rimpicciolimento, se k=1 è una isometria).

    Le similitudini del tipo (x,y) → k(x,y) non modificano l'orientamento delle figure (il pesce del punto (C) del ques. 1 rimane orizzontale, le pinne mantengono la stessa inclinazione, …). Componendo queste similitudini con rotazioni e traslazioni si possono ottenere le altre similitudini;  ad esempio il pesce in alto della figura (B) del ques. 1 con un movimento piano può essere trasformato nel pesce al centro della figura (C) e poi, con una trasformazione di scala 1/2, nel pesce in basso della stessa figura: il pesce inziale e quello finale sono simili.  Esse vengono chiamate anche trasformazioni di scala monometriche in quanto possono essere pensate come il frutto di uno stesso cambiamento delle due scale del sistema di riferimento: se sull'asse x e sull'asse y tracciassi le tacche più vicine tra loro, a distanza dimezzata, otterrei una rappresentazione del pesce A più piccola, uguale a quella che, col sistema attuale, si è ottenuta per il pesce X.

    La trasformazione del punto (D) del ques. 1, (x,y) → (2x,y), dilata orizzontalmente il pesce. Una deformazione analoga sarebbe stata ottenuta cambiando la scala sull'asse x, tracciando le tacche su di esso a distanza doppia.  Anche questa trasformazione viene chiamata trasformazione di scala.  Più in generale sono chiamate trasformazioni di scala tutte le trasformazioni del tipo (x,y)(hx,ky) con h e k numeri positivi.  A lato è illustrata la trasformazione (x,y)(2x,0.6y), che trasforma il "nostro pesce" in un pesce lungo il doppio (il moltiplicatore delle x è 2) e più sottile (il moltiplicatore delle y è 0.6 = 60%).   

    Le trasformazioni di scala con moltiplicatori delle x e delle y diversi non conservano, evidentemente, la distanza e la ampiezza angolare.  Mantengono, invece, l'allineamento dei punti: segmenti vengono trasformati in segmenti. Mantengono anche il parallelismo: segmenti paralleli vengono trasformati in segmenti tra loro paralleli.
    Qui puoi trovare come realizzare con R i grafici precedenti.

    Si possono considerare molti altri tipi di trasformazioni piane, cioè di funzioni che trasformano punti del piano in altri punti del piano.  A lato sono rappresentate F e alcune sue trasformazioni:
A ottenuta mediante un movimento piano,
B ottenuta con una trasformazione di scala,
C ottenuta con una trasformazione di scala non monometrica,
D ottenuta, invece, con una trasformazione che non conserva l'allineamento tra punti.
 
figura 4

    D, infatti, trasforma i lati del quadrato non in segmenti, ma in insiemi di punti non allineati. Conserva, comunque, altri aspetti. Ad esempio il cerchio, che non ha punti angolosi (punti in cui la curva cambia "di scatto" direzione, come accade al contorno di un angolo non piatto nel vertice dell'angolo), viene trasformato in una figura senza punti angolosi, mentre il quadrato, che ha 4 punti angolosi, viene trasformato in una figura con 4 punti angolosi.

    Di trasformazioni geometriche come questa ti occuperai negli anni prossimi, così come delle rappresentazioni cartografiche che trasformano i punti di porzioni della superficie terrestre in punti del piano, a cui abbiamo già accennato nella scheda 1 di La matematica e i suoi modelli. Ecco, sotto, qualche esempio riferito ad alcune rappresentazioni parziali del medesimo emisfero:
nelle cartine del tipo (B) meridiani e paralleli (e altre linee) si incontrano formando gli stessi angoli formati sulla superficie terrestre, ma i meridiani (che sulla superficie terrestre corrispondono a traiettorie rettilinee, cioè prive di svolte a destra o a sinistra, non vengono rappresentati con traiettorie rettilinee;
le cartine del tipo (C) rappresentano correttamente i meridiani (e altre traiettorie rettilinee sulla superficie terrestre) con traiettorie rettilinee ma deformano gli angoli;
le cartine del tipo (A) conservano l'eguaglianza di aree (superfici egualmente estese anche sulla cartina appaiono tali), ma deformano traiettorie rettilinee e angoli (si veda come viene rappresentato l'Antartide).

3. Altre figure

    Possiamo ora definire altre figure.
    Abbiamo già visto che il cerchio di centro C e raggio r è l'insieme dei punti che distano r da C:

{P : d(P,C) = r } = {(x,y) : (x−xC)2+ (y−yC)2 = r2}.

 2 
   Quali sono il centro e il raggio del cerchio rappresentato sotto a sinistra?  Descrivi il cerchio mediante un'equazione.

    In alternativa potevamo descrivere il cerchio precedente come la figura che si ottiene trasformando il cerchio di centro (0,0) e raggio 1 (α nella figura sopra al centro) mediante la similitudine ottenuta componendo la trasformazione di scala (monometrica) con moltiplicatore 4 (α → β) e la traslazione T4,3 (β → γ).
    Più in generale, tutti i cerchi sono ottenibili dal cerchio di centro (0,0) e raggio 1, cioè di equazione x2+ y2= 1, mediante similitudini, cioè componendo trasformazioni di scala monometriche e movimenti piani.

    Invece le figure ottenibili dal cerchio di equazione x2+ y2= 1 componendo trasformazioni di scala anche non monometriche e movimenti piani vengono chiamate ellissi.  L'ellisse γ raffigurata sopra a destra è ottenibile dal cerchio α componendo la trasformazione di scala (x,y) → (8x,4y) e un movimento piano (rotazione di −30° attorno a (0,0) e traslazione di passi Δx=4 e Δy=3).

    Le figure di equazione y = a x2 (a numero reale diverso da 0) e tutte quelle ottenibili da esse mediante movimenti piani vengono chiamate parabole.  Sotto a sinistra è raffigurata la parabola di equazione y = x2 e quella ottenuta da essa mediante la rotazione di 30° attorno a (0,0) e la traslazione di passi Δx=−4 e Δy=2.

    Le figure di equazione y = a / x  (a numero reale diverso da 0) e tutte quelle ottenibili da esse mediante movimenti piani vengono chiamate iperboli.  Sopra al centro è raffigurata l'iperbole di equazione y=1/x e quella ottenuta da essa mediante la rotazione di 90° attorno a (0,0) e la traslazione di passi Δx=3 e Δy=2.

Nota.  Più precisamente queste figure vengono chiamate iperboli equilatere. Infatti, più in generale, sono chiamate iperboli anche le figure ottenute da queste applicando delle trasformazioni di scala non monometriche.  Ad esempio sopra a destra è raffigurata l'iperbole equilatera α ottenuta ruotando di 45° l'iperbole y=1/x e l'iperbole (non equilatera) β ottenuta applicando anche una moltiplicazione per 75% delle y.  I due "rami" delle iperboli equilatere man mano che si allontanano uno dall'altro tendono ad assumere inclinazioni perpendicolari.

 3 
   Quanti assi di simmetria ha un'ellisse che non sia un cerchio?   Quanti assi di simmetria ha una parabola?   Quanti assi di simmetria ha un'iperbole (equilatera)?

 4 
   Un rettangolo è un quadrangolo con gli angoli retti (e, quindi, con lati a 2 a 2 paralleli). Un rombo è un quadrangolo con i lati uguali. Che cos'è un rombo che è anche un rettangolo?
   Trasformando un quadrato con un lato parallelo all'asse x mediante una trasformazione di scala non necessariamente monometrica che cosa ottengo?
   E se ha un lato inclinato di 45°? Quanti assi di simmetria ha la figura ottenuta?
   Quale figura ottengo trasformando mediante lo stesso tipo di trasformazione un generico quadrato?

    Qui puoi trovare come realizzare con R i grafici precedenti.

4. Alcuni teoremi

    Ricorrendo alle trasformazioni geometriche e a metodi algebrici è facile dimostrare varie proprietà (teoremi) che con altre presentazioni della geometria piana sarebbe più complicato dimostrare.  Vediamo alcuni esempi. Considerazioni più generali sulle dimostrazioni in geometria le affronterai nei prossimi anni.

  Proponiamoci, ad esempio, di affrontare il seguente problema:
La somma delle ampiezze degli angoli di un poligono dipende solo dal numero degli angoli?  In caso affermativo, quanto vale?

    Proviamo a risolvere il problema operativamente. Se ritagliamo da un triangolo di carta le "punte" e le riuniamo senza sovrapporle in modo che i vertici si tocchino, osserviamo che esse vengono a formare un angolo di 180°. Per avere una conferma che questo è un fatto generale possiamo ripetere la prova con altri triangoli. Ci conviene farlo al computer, con un'applicazione per l'elaborazione delle immagini: comunque tracciamo un triangolo, se, come illustrato sotto, ritagliamo e spostiamo porzioni dei suoi angoli (traslandole col mouse e facendo fare una rotazione di mezzo giro ad una delle tre), riusciamo a formare un angolo di 180°.

    Gli altri poligoni, come visto all'inizio della scheda, possono essere ottenuti aggiungendo via via un triangolo. Quindi, come illustra la figura sopra a destra, sembra di poter concludere che la somma degli angoli di un quadrangolo vale 180°+180°, di un pentagono 180°+180°+180°, e, in generale, di un n-agono vale (n−2)·180°.

    Questi esperimenti ci consentono di congetturare questa proprietà, ma non ce ne danno la certezza assoluta. Vediamo un'argomentazione alternativa, più semplice e più immediatamente convincente.  Dato un triangolo, sia AB un segmento su un suo lato.  Lo traslo lungo il lato (nella direzione AB) fino a portare B su un vertice. Compio una rotazione (di ampiezza x) del segmento attorno a tale vertice, fino a che il segmento si dispone su un nuovo lato.  Proseguo con trasformazioni analoghe: traslo e ruoto di ampiezza y, traslo e ruoto di ampiezza z, fino a ottenere un segmento sovrapposto a quello iniziale, ma con gli estremi scambiati: A è stato trasportato in quella che inizialmente era la posizione di B, e viceversa.  La direzione della semiretta AB è complessivamente variata di 180°, ossia x+y+z = 180°.

    Naturalmente entrambe le argomentazioni valgono nel piano euclideo (cioè nel piano cartesiano dotato della distanza euclidea: scheda 1 di questa unità didattica), nel cui ambito abbiamo definito il nostro concetto di direzione. La proprietà vale, con buona approssimazione, per i triangoli tracciati su un foglio e gli angoli misurati con un goniometro e in tutte le situazioni modellizzabili con il piano euclideo.  Tuttavia se tracciamo un triangolo su una grande superficie piana (cioè senza rilievi o avvallamenti, salite o discese, …), ad es. su una grande distesa piana ghiacciata, o consideriamo il triangolo individuato dalle traiettorie rettilinee di tre navi, man mano che aumentano le dimensioni di questo triangolo la somma degli angoli si allontana sempre più da 180°.

    Consideriamo ad esempio la situazione raffigurata a fianco. Noi sappiamo che si tratta di archi di cerchi con centro nel centro della terra, ossia cerchi che tagliano a metà la superficie terrestre (se non ci fossero terre emerse, mantenendo una rotta rettilinea, ossia non curvando mai né a destra né a sinistra, prima o poi si ritorna al punto di partenza), ma un po' di secoli fa si pensava che la superficie terrestre fosse piatta (ossia che le distese che in geografia vengono considerate "piane" avessero le stesse caratteristiche del "piano" euclideo).  In questa situazione, in cui due rotte sono lungo meridiani e una è lungo l'equatore, la somma degli angoli è 180°+α. Non vale evidentemente il teorema di Pitagora e, all'aumentare di α, si vede che non vale neanche il fatto che un lato di un triangolo è minore della somma degli altri due; basta che α sia maggiore di 180°.  

  La figura 5 richiama i cosiddetti criteri di eguaglianza per i triangoli.,  Il criterio lato-lato-lato (noto, specie in Italia, come "3º criterio"), che asserisce che due triangoli sono uguali se hanno uguali, ordinatamente, i tre lati,  il criterio angolo-lato-angolo ("2º criterio"), che asserisce che due triangoli sono uguali se hanno uguali, ordinatamente, due angoli e il lato tra essi compreso),  il criterio lato-angolo-lato ("1º criterio"), che assercisce che due triangoli sono uguali se hanno uguali, ordinatamente, due lati e l'angolo tra essi compreso),  e il criterio angolo-angolo-lato (senza altro "nome"), che asserisce che sono uguali se hanno uguali, ordinatamente, due angoli ed un lato non compreso tra essi.

figura 5  

    Dimostriamo, ad esempio, il criterio lato-lato-lato.  Nel farlo sfruttiamo il fatto che i movimenti piani conservano distanze e ampiezze angolari, per cui ci conviene collocare la figura da studiare nel modo più comodo per lo sviluppo dei calcoli e delle manipolazioni; le relazioni tra le sue diverse componenti che vengono individuate e dimostrate valgono indipendentemente dalla collocazione scelta.
    Date le lunghezze u, v e w dei lati posso tracciare un segmento AB lungo u sull'asse x, con A=(0,0), e trovare il terzo vertice, C, comune ai due lati lunghi v e w, intersecando i cerchi di centro A e raggio w e di centro B e raggio v  (basta intersecare i grafici di x → √(w2−x2) e di x → √(v2−(x−u)2),  ovvero risolvere l'equazione w2−x2 = v2−(x−u)2, per trovare xC).
    Gli angoli sono poi ricavabili dalle direzioni di AC e BC.  Il fatto che esista un secondo punto di intersezione, C', indica che in realtà vi sono due triangoli, simmetrici, che hanno gli stessi lati.  Per individuarne uno solo occorre precisare qual è l'ordine (in verso antiorario) con cui si succedono i lati di lunghezza u, v e w.
 

  

  Sempre usando la tecnica di collocare una figura nel modo più comodo, è facile anche dimostrare il teorema di Pitagora.  Infatti il triangolo ABC "rettangolo in A" comunque sia disposto può essere trasformato con un movimento (ed eventualmente una simmetria) in modo che l'angolo in A venga a coincidere con l'angolo che ha per lati le parti positive degli assi x e y.  Per la definizione di distanza euclidea d(B',C')2 deve coincidere con d(A',B')2 + d(A',C')2.

  La figura seguente illustra il teorema delle proiezioni parallele (che in Italia, a scuola, viene spesso chiamato anche teorema di Talete, anche se non è da attribuire a questo matematico e filosofo greco del VI secolo a.C.):

 fissate due rette r e s e una inclinazione α diversa da quelle di r e s,  la proiezione di r su s di inclinazione α trasforma i segmenti proporzionalmente.
    Nella figura la situazione è stata rappresentata in modo che l'inclinazione α coincida con quella dell'asse y. La proprietà può essere tradotta così:
un fascio di "raggi" paralleli proietta due qualunque segmenti di r (AA' e A'A", o OA e A'A", o …) in modo che le loro immagini (BB' e B'B", o OB e B'B", o …) su s hanno tra loro lo stesso rapporto che c'è tra i segmenti originali.
    La dimostrazione è facile:  su ogni retta non verticale  le x, le y e, quindi, anche le distanze, hanno variazioni proporzionali. In particolare se su r un segmento è doppio di un altro allora gli estremi dell'uno hanno Δx doppio del Δx degli estremi dell'altro e, quindi, anche i corrispondenti segmenti su s sono l'uno il doppio dell'altro.
 

  Abbiamo visto nella scheda 2 dell'unità didattica I Numeri che l'area di un rettangolo di dimensioni l ed h è pari al prodotto l·h.  Un parallelogramma, come il quadrangolo C di figura 4, ha quattro lati due a due paralleli.  La figura seguente spiega come l'area di un parallelogramma sia data dal prodotto della lunghezza l di un suo lato per la sua altezza, ossia per la distanza h del lato dal lato ad esso opposto:  esso, infatti, può essere trasformato, mantenendo la stessa estensione, in un rettangolo di eguale base ed uguale altezza.

 5 
   Spiega, facendo riferimento alla figura precedente, perché l'area di un triangolo può essere determinata moltiplicando la lunghezza di un suo lato per la distanza della retta su cui esso sta dal vertice ad esso opposto (distanza che viene chiamata altezza relativa a tale lato) e dividendo il risultato per due.

 

5. Esercizi

 e1 
    Le similitudini conservano l'area?  [tutte, nessuna o solo alcune?]
  Secondo te, la trasformazione di scala (x, y) → (2x, y/2) conserva l'area?
[prova a disegnare qualche poligono e la sua immagine mediante questa trasformazione]

 e2 
    Con piano di simmetria di una figura si intende una superficie che divide la figura in due parti speculari (se si mettesse uno specchio al posto del piano di simmetria e si togliesse una delle due parti la visione non cambierebbe: la parte tolta ha lo stesso aspetto dell'immagine allo specchio dell'altra parte): ad esempio quando stiamo sull'attenti il nostro corpo è, grosso modo, simmetrico rispetto al piano che passa per naso, ombelico e colonna vertebrale.
Quanti piani di simmetria ha un cubo? quanti ne ha un parallelepipedo rettangolo?
Quanti piani di simmetria ha una sfera? quanti ne ha un cono retto a base circolare? quanti un cilindro a base ellittica non circolare?

 e3 
    Supponiamo di disegnare su un vetro con un pennarello la figura sottostante a sinistra.  Descrivi a parole la forma che assume l'ombra se il vetro è colpito dai raggi del sole.  Descrivi a parole la forma che assume se il vetro è illuminato da una lampadina.  Quali proprietà conservano le due trasformazioni geometriche che associano alla figura la sua ombra nei due casi?

 e4 
    I triangoli sono detti isosceli ("con i gambi uguali", dalle parole greche ísos, uguale, e skélos, gambo) se hanno (almeno) due lati uguali.  Facendo riferimento alla figura a lato e utilizzando il criterio di eguaglianza lato-lato-lato, dimostra che un trangolo isoscele ha uguali anche i due angoli non compresi tra tali lati.   

 e5 
    Ogni triangolo inscritto in un semicerchio è rettangolo.  Per confermare con l'intuizione questa proprietà si pensi all'inserimento di una scatola con base rettangolare all'interno di una scatola con base circolare, con le scatole che si incastrino perfettamente, come nel disegno a sinsitra:  la diagonale del rettangolo corrisponde alla lunghezza massima occupata dal rettangolo, e quindi non è altro che un diametro del cerchio.
Si dimostri la cosa nel piano eucildeo, facendo riferimento alla figura seguente e utilizzando quanto visto nell'esercizio precedente.

 e6 
    Si usa dire che una persona, nella foga di una discussione, «parte per la tangente!» quando incomincia a divagare, a perdere il filo e il controllo delle argomentazioni, proseguendo lungo la direzione che il discorso ha preso al momento. È un modo di dire figurato che trae spunto dal seguente fenomeno:

se faccio ruotare un oggetto attaccato a un filo e ad un certo punto questo si spezza, perdo il controllo dell'oggetto ed esso prosegue (almeno nei primi momenti) con traiettoria rettilinea, lungo la direzione che aveva in quell'istante; la retta contenente tale traiettoria si dice che è tangente al cerchio lungo cui si muoveva l'oggetto prima del taglio;  questa proprietà era usata dai frombolieri: essi lasciavano partire il proiettile dalla fionda quando questo, liberato, avrebbe proseguito lungo la direzione voluta, ossia quando la retta tangente alla traiettoria del proiettile coincideva con la direzione voluta.   

    La parola "tangente" deriva dal latino, in cui significava "che tocca"; infatti tale retta "tocca" il cerchio senza attraversarlo.  Si usa lo stesso termine per indicare ( §2 della scheda 2 di questa unità didattica) la "funzione tangente"; ciò perché, ad es., tan(30°) può essere determinata prolungando il versore di direzione 30° applicato in (0,0) fino a intersecare la "retta tangente" in (1,0) al cerchio di centro (0,0) e raggio 1:  nella figura sotto a sinsitra, in cui è rappresentata la direzione 30°, c e s sono rispettivamente il coseno e il seno di 30°; il fatto che il valore dell'ordinata t sia effettivamente la tangente di 30° deriva dal fatto che il rapporto tra t e 1 (cioè t) è uguale al rapporto tra s e c, cioè a sin(30°)/cos(30°) = tan(30°);  o più semplicemente deriva dal fatto che t è la pendenza della retta passante per (0,0) e inclinata di 30°: è la variazione verticale che corrisponde a una variazione orizzontale di 1.

   

    Determina con un goniometro la direzione dei raggi e delle rette tangenti raffigurate nella figura sopra a destra e calcola la differenza tra la direzione di ogni tangente e quella del relativo raggio.
    Che relazione c'è tra la pendenza della retta tangente e quella del relativo raggio?

 e7 
    Come puoi arrivare a concludere che ogni retta tangente a un qualunque cerchio è perpendicolare al raggio che passa per il punto di contatto?   [utilizza le considerazioni svolte nel §2, tenendo conto che tutti i cerchi sono tra loro simili]

1) Segna con l'evidenziatore, nelle parti della scheda indicate, frasi e/o formule che descrivono il significato dei seguenti termini:

triangolo, poligono (§1),   movimento piano (§2),   asse di simmetria (§2),   isometria (§2),   similitudine (§2),   trasformazione di scala monometrica (§2),   tangente di una direzione (§5),   semiretta (§6),   trasformazione di scala (§2),   ellisse (§3),   parabola (§3),   iperbole (§3),   criterio di eguaglianza lato-lato-lato (§4),   teorema delle proiezioni parallele (§4),   triangolo isoscele (§5).

2) Su un foglio da "quadernone", nella prima facciata, esemplifica l'uso di ciascuno dei concetti sopra elencati mediante una frase in cui esso venga impiegato.

3) Nella seconda facciata riassumi in modo discorsivo (senza formule, come in una descrizione "al telefono") il contenuto della scheda (non fare un elenco di argomenti, ma cerca di far capire il "filo del discorso").