La scorsa lezione non siamo riusciti a completare la discussione dei temi previsti. Riporto nel punto successivo la parte relativa agli argomenti che abbiamo affrontato "a metà".
    Ma, prima, svolgiamo qualche altra breve attività in aula computer con R.

  Abbiamo visto, rapidamente, come possono essere introdotte le operazioni tra numeri reali.
Sempre per stare nei tempi, esaminiamo due schede di lavoro per la classe 3ª superiore con cui vengono introdotti i concetti di derivata e i (due concetti di) integrazione. L'idea è di introdurli in 3ª per consentire il loro uso per l'insegnamento della fisica. Sono introdotti alla "Galileo" (il rapporto incrementale viene semplificato per cui l'incremento a denominatore "sparisce").  In 4ª questi concetti verranno estesi alle altre funzioni e messi a punto teoremi specifici (ad esempio per la derivazione del quoziente e della composizione di funzioni):
la derivazione di funzionigli integrali  (se vi servono qui e qui trovate le guide alle due schede).
    Annotate brevemente le vostre osservazioni circa le differenze nei contenuti tra queste schede e i libri di testo più diffusi di cui siete a conoscenza. Discuteremo alcuni dei problemi che sollevate.
Nota 1.  Queste schede (e le due precedenti) sono ovviamente discutibili. Le usiamo come materiale didattico per stimolare (velocemente) delle riflessioni e delle discussioni sul tema.

  Sintetizziamo, brevemente, alcuni degli aspetti messi in luce nelle schede precedenti (e nelle relative guide).

    L'idea di continuità in un intervallo è più semplice (ed è molto più antica) di quella di limite.
    Vediamo come potrebbe essere introdotta nel biennio. Ecco un pezzo di un possibile itinerario didattico, in cui facciamo riferimento alle funzioni  F: x → (20-2*x)^2*x-300  e  G: x → trunc(x).

    Se una funzione è definita in un intervallo  [a, b]  e all'infittire degli input in tale intervallo fornisce output man mano più fitti, come la funzione F precedente in  [0, 10],  allora si dice che tale funzione è continua in [a, b].

    Nel linguaggio comune l'aggettivo continuo si usa con vari significati. Quello più vicino alla definizione ora data è «senza interruzioni»: per dare un'idea della differenza tra il grafico della funzione F e quello di G possiamo dire infatti che, al variare di x, nel primo caso y varia in modo continuo, mentre nel secondo caso y varia presentando degli "scatti" (qui come possono essere ottenuti i due grafici)

    Tutte le funzioni del tipo  x → f(x)  con f(x) termine costituito, a partire da x e da costanti, solo applicando le "quattro operazioni", l'elevamento a potenza, la radice quadrata, le funzioni seno, coseno e tangente,  sono continue in ogni intervallo  [a, b]  in cui siano definite.
    Infatti i risultati di queste operazioni variano con continuità al variare degli input:  per "piccole" variazioni degli input, i risultati hanno "piccole" variazioni.  Ciò discende dal modo in cui sono stati definiti gli algoritmi di queste operazioni sui numeri decimali limitati, e dal modo in cui tali algoritmi sono stati estesi ai numeri reali.  Su questi argomenti ritornerai negli anni prossimi.

[abbiamo visto qui come posso essere definite le operazioni tra numeri reali]

         Questo concetto di continuità (in genere chiamato uniforme continuità) è quello che serve per dimostrare l'integrabilità delle funzioni continue  (le immagini a lato dovrebbero far capire il perché).  Questa è una delle cose buffe che si trova a volte sui libri di testo: si "dimostra" l'integrabilità delle funzioni continue basandosi solo sul concetto di continuità puntuale.
    Su come avviare il concetto di integrazione definita ci siamo, implicitamente, soffermati alla fine della precedente attività con R.
   

    La derivazione è una "formalizzazione" di concetti che dovrebbero essere introdotti nel biennio:  la pendenza di una retta, l'avvio alla determinazione della pendenza di una curva.  Le immagini seguenti illustrano queste idee.

 

    Nel triennio devo avviare una sistemazione:

    È molto facile cacolare la derivata di una funzione polinomiale. Infatti l'h sparisce:

Determiniamo la funzione derivata di x → x2.

lim h→0 (x + h)2 – x2
—————
h
 = 
lim h→0 x2 + 2xh + h2 – x2
———————
h
 = 
lim h→0 2xh + h2
———
h
 = 
lim h→0 (2x+h)
 = 
2x

Determiniamo la funzione derivata di x → xn.

lim h→0 (x+h)n – xn
————
h
 = 
lim h→0 xn+nxn–1h+(…)h2 – xn
—————————
h
 = 
 = 
lim h→0 (nxn–1+(…)h)
 = 
n xn–1

    Come abbiamo detto, in terza è da avviare (se si vuole fare "fisica") il concetto di integrazione e, poi, il suo collegamento col concetto di antiderivazione. Questi aspetti sono illustrati nella scheda sull'integrazione sopra allegata. In essa sono messi a fuoco pochi teoremi, e solo di alcuni viene presentata una dimostrazione, spesso sostituita da una spiegazione intuitiva (che è quella che, nella storia della matematica, ha preceduto la dimostrazione formale).  Sono illustrati anche alcuni problemi concreti che motivano l'introduzione dei concetti di calcolo differenziale ed integrale (e che andrebbero sviluppati diversamente a seconda del tipo di scuola). E sono indicati diversi modi di usare la scheda a seconda della programmazione dell'insegnante.
    L'analisi va poi sviluppata nel corso dei tre anni: ecco, per chi è interessato, come potrebbe concludersi alla fine nei licei, con una scheda dal taglio simile. Eccola (e la guida: qui). Sono presenti indicazioni di approfondimenti facoltativi.

  Se qualcuno è interessato, qualche approfondimento lo può trovare nel seguente materiale relativo ad un corso di aggiornamento svoltosi in questi giorni:  macosa.dima.unige.it/agg/analisi.



Statistica e Probabilità - 1

  La statistica e la probabilità sono presenti nel curricolo scolastico? in quali scuole? da quando?

  Chi di voi non è troppo anziano dovrebbe avere affrontato questi temi in tutti i livelli scolastici, in quanto essi sono presenti da decine d'anni nei programmi della scuola italiana:  programmi delle elementari (1985);  programmi delle medie (1979) e del primo biennio superiore (Piano Nazionale Informatica - 1987, Commissione Brocca - 1991), ed erano presenti nei programmi dei licei scientifici del 1936. Per tutti i temi (e, quindi, anche per la statistica e la probabilità) vi è l'indicazione di non fare uno svolgimento del tema separato dagli altri, ma di intrecciarlo ad essi.
    Ma questa era la legge, e ben pochi insegnanti e dirigenti scolastici (e case editrici) l'hanno rispettata (sia nella scelta dei temi da svolgere che nell'impostazione, interdisciplinare e intradisciplinare, di essi)!!!
    E vi era già l'indicazione esplicita di usare i mezzi di calcolo, che è pressoché indispensabile se si vogliono affrontare problematiche statistiche.
    Forse è proprio questo intreccio tra statistica ed uso dei mezzi di calcolo, e la natura inter- ed intra-disciplinare di queste aree della matematica (che, per altro, avrebbe buttato a mare anche il modo in cui venivano introdotte l'algebra, la geometria e l'analisi), che ha causato il loro "abbandono" da parte della maggioranza degli insegnanti (e da parte delle case editrici).
    Le cose incominciano a cambiare adesso, con le nuove "prove di maturità".

  Nelle superiori dovremmo riferirci a quanto i ragazzi dovrebbero aver già avviato nella scuola di base, e, nel caso non trovassimo riscontri, dovremmo sollecitare i docenti dei livelli scolastici precedenti ad avviare attività su questi temi.

    Qualche spot su cose fattibili prima delle superiori (e sui rapporti con le altre discipline):
inizio della scuola elementare (istogrammi - e uso delle coordinate)
seconda metà della scuola elementare (statistica e probabilità - e funzioni lineari)
medie (diverse misure di probabilità)
medie - superiori (esperimenti fattibili in classe)

    Che cosa hanno a che fare questi esempi, di base, con le buffe definizioni che si trovano su molti libri di testo?

  Ecco la "definizione" di probabilità che si trova in molti libri di testo del biennio:

Definizione classica.  Si chiama probabilità di un evento il rapporto tra il numero dei casi favorevoli al verificarsi dell'evento e il numero dei casi possibili, purché questi siano ugualmente possibili.

senza che venga presentata solo come cosa da mettere in discussione, perché:

  è un circolo vizioso definire un concetto ("probabilità") riferendosi al concetto stesso ("ugualmente possibili");

  la "definizione" è applicabile solo al caso finito;

  le "definizioni" non "assiomatiche" (cioè non basate su una elencazione di proprietà che deve soddisfare una misura di probabilità), non sono "definizioni matematiche" in quanto sono tutte riferite a considerazioni extra-matematiche (il calcolo "casi/casi" è solo un possibile approccio alla determinazione di alcuni valori di probabilità in situazioni molto particolari).

    Sarebbe, eventualmente, utile successivamente (nel contesto di una riflessione più generale sui modelli matematici e sulla natura della matematica) inquadrare storicamente "definizioni" di questo tipo come tentativi definitori tipici di un periodo in cui la matematica non aveva ancora assunto un proprio status autonomo.

  Nella scuola di base si mettono a punto strumenti per calcolare le probabilità. Nella scuola superiore si mettono meglio a punto le proprietà che devono avere le misure di probabilità, con, sostanzialmente, un approccio assiomatico (anche se non è da chiamare così: si mettono a punto le proprietà che devono avere le misure di probabilità, così come si fa, ad esempio, per le misure di distanza). E questa presentazione è del tutto analoga a quella con cui viene introdotto il concetto di area e quello, poi, di integrazione.
    Ecco, in breve, un approccio di questo tipo, come lo si può trovare in vari manuali.

    Si noti che l'assioma della somma, ossia  "P(A1 or A2 or A3 or …) = … se …",  viene formulato in modo da catturare anche le situazioni in cui compaiono infiniti casi, come in tutte le situazioni in cui gli eventi sono costituiti da misure continue e, in generale, in cui essi sono infiniti (come nel semplice caso del numero delle volte in cui devo lanciare un dado affinché esca 6). È sbagliato limitarsi al caso finito!  (ovviamente descriviamo le infinità numerabili con dei "puntini": è prematuro, all'inizio delle superiori, ricorrere al linguaggio delle serie, alle sommatorie infinite, …, ma gli alunni devono aver già visto, ad esempio, che 0.3 + 0.03 + 0.003 + ... = 0.333… = 1/3).

  Ed ecco come in classe terza i concetti potrebbero essere sistemati, intrecciandosi con una prima formalizzazione della analisi matematica: vedi qui (soffermiamoci nell'esaminare questo documento).

    La volta prossima approfondiremo come questi concetti possono essere sviluppati nel triennio e sul ruolo del teorema limite centrale, che mette in luce la funzione della gaussiana (pochissimi sono i fenomeni ad andamento gaussiano; perchè la gaussiana è importante?) e formalizza i collegamenti tra statistica e probabilità.