Un alunno (di una qualunque età) che a scuola manifesti difficoltà nello studio della matematica è necessariamente "negato" per la matematica?

La domanda posta apre un enorme discorso che coinvolge il modo in cui la matematica viene insegnata, a tutti i livelli scolastici.

•  Una prima osservazione, che dovrebbe essere scontata per tutte le persone di buon senso e mediamente acculturate:  non ci sono persone "negate" per la matematica.  Ma ci possono essere persone a cui la matematica non piace o non è stata fatta piacere.  Ciò non vuol dire che tutti siamo potenzialmente uguali: c'è indubbiamente chi è più abile di altri in qualche area della matematica.  Ma tutti, a scuola, devono partecipare al "filo del discorso" e alla comprensione degli aspetti essenziali dei concetti e delle tecniche matematiche fondamentali che vengono introdotte.

A scuola l'insegnante spesso incontra ragazzi che manifestano grosse difficoltà di fronte alle attività matematiche che fa loro svolgere e, per mettersi a posto la coscienza, fa loro apprendere mnemonicamente e provvisoriamente alcune tecniche per affrontare alcuni esercizi stereotipati e dar loro un voto sufficiente. Forse questo sembra un atteggiamente democratico, ma è invece un comportamento decisamente conservatore:  se l'alunno ha una storia scolastica con altri docenti che non ne hanno curato la crescita culturale occorre rimediare a questa situazione (discuteremo fra poco sul "come") e, nel caso la situazione sia troppo compromessa, instaurare un discorso con la famiglia nella prospettiva di una ripetizione dell'anno, almeno se si prevede che il nuovo insegnante continui a impegnarsi per una effettiva crescita culturale dell'alunno.

Ma innanzi tutto occorre esplorare che cosa sia all'origine delle difficoltà dell'alunno e ricostruire il significato della matematica (che cosa è e a che cosa serve):  far comprendere, operativamente, che i concetti matematici servono per rappresentare situazioni concrete, fare percepire l'utilità di questi "modelli matematici" ed anche i loro limiti, mettere a fuoco come sia opportuno e conveniente staccarsi dalle singole situazioni per mettere a punto alcune considerazioni e alcune tecniche utilizzabili in contesti diversi da quelli per cui sono stati introdotti, …

E occorre incominciare a rompere le rappresentazioni distorte della matematica eventualmente consolidatesi nei precedenti livelli scolastici (ad es.: la separazione a compartimenti stagni tra "aritmetica e "geometria", che a volte gli alunni distinguono addirittura in "matematica" e "geometria"; l’idea che la soluzione di un problema ottenuta mediante la matematica sia "esatta", e "unica"; …).

•  Come effettuare questa esplorazione senza presentarla come una attività ad hoc?

Occorre proporre delle attività iniziali (non dei brutali "questionari") che consentano di indagare sulla "matematica" che gli alunni hanno fatto nei livelli scolastici precedenti e prospettare loro quella che si farà, prefigurando anche il modo in cui si lavorerà (unità didattiche in cui vengono introdotti concetti matematici sviluppando temi non matematici, unità didattiche in cui i temi matematici vengono approfonditi internamente e storicamente, esercizi di consolidamento, schede di lavoro da affrontare a gruppi e momenti di lavoro individuale, discussioni collettive, spiegazioni "alla lavagna" dell'insegnante, …)

Queste attività devono consentire anche di fare una prima parziale verifica dei livelli di ingresso degli alunni, esplorando anche abilità di ragionamento "in situazione", di intervento operativo, di espressione e comunicazione verbale non formalizzata, … che, in genere, sono trascurate nelle impostazioni tradizionali più "chiuse";

Uno degli obiettivi è quello di cercare di individuare i fattori che sono alla origine delle difficoltà concettuali degli alunni, e di esplorare le loro altre potenzialità.

•  Come già accennato, bisogna dare spazio ai diversi modi con cui può essere affrontato un problema o una attività di matematizzazione. E occorre organizzare forme di lavoro a gruppi eterogenei, composti da studenti con diversi stili di lavoro e diversi livelli o tipi di abilità.

Da questo punto di vista (dare spazio a diversi modi di affrontare le situazioni problematiche), e da quello (citato nel punto precedente) dell'introduzione dei concetti matematici a partire da contesti non matematici, il libri di testo più diffusi sono del tutto manchevoli.

•  Quando un insegnante si trova di fronte ad una nuova classe dovrebbe dare agli alunni un'idea della varietà del lavoro e delle attività che verranno proposte, cercando di valorizzare il contributo che tutti potranno dare e di mettere, implicitamente, in discussione le gerarchie di bravura in matematica eventualmente formatesi nelle classi precedenti e interiorizzate dagli alunni (quello che era e si credeva "più bravo" non è detto che sia ancora tale, in quello che non si sentiva "tagliato" per la matematica potrebbero nascere nuove motivazioni e "scattare" nuovi livelli di comprensione, di interiorizzazione di concetti, di interconnessione tra concetti acquisiti in maniera frammentata, … che potrebbero ribaltare le valutazioni scolastiche precedenti).  Naturalmente è bene che, soprattutto in questa fase, l’insegnante curi il linguaggio che impiega, cercando di ridurre (ed eventualmente spiegare) le espressioni troppo formalizzate.

Del resto anche all'inzio dell'università nelle facoltà scientifiche spesso (nel caso dei corsi di matematica in cui le verifiche non siano "standardizzate") chi era bravo a scuola non lo è più, e chi non era brillante a scuola ora si dimostra bravo.

•  Ma anche all'università a volte vi sono corsi di matematica in cui le valuazioni sono stereotipate, e corsi in cui (a dispetto di ogni considerazione educativa) per evitare di tener conto delle storie didattiche degli studenti si riparte da capo con uno "scordatevi quello che avete appreso nelle scuola superiore".  La questione del rapporto e del dialogo tra i diversi livelli educativi è uno dei principali problemi che affligge la scuola italiana.

•  Aspetto decisamente importante nell'ambito delle considerazioni che stiamo svolgendo è il ruolo delle nuove tecnologie.  Ci soffermiamo solo su quello dei mezzi di calcolo.  Chiamiamo, per semplicità, "computer" sia i PC che i tablet e gli smartphone.  È praticamente indispensabile l'utilizzo del computer per sviluppare molti argomenti, scaricando su di esso le parti calcolistiche e grafiche, puntando l'attenzione sulla comprensione dei concetti, che, di per sé, spesso non è particolarmente difficile ed è oscurata dalle complicazioni tecniche.

Ed occorre educare (chi lo fa se non la scuola?) all'uso della rete, a scegliere consapevolmente i siti da consultare, a valutare le cose buone e le cose meno buone, a selezionare ed usare le affidabili risorse di calcolo ed elaborazione matematica gratuite presenti online.

Anche nella scuola di base occorre, sin dai primi anni, avviare all'uso delle calcolatrici tascabili (e nel contempo sviluppare capacità di operare mentalmente con i numeri, di operare forme di controllo sui risultati delle calcolatrici, ...), come si fa nella vita da parecchi decenni a questa parte, anche da parte delle persone non scolarizzate.

Del resto i matematici in genere non sono bravi nel fare i calcoli a mano, velocemente.  All'inizio del secolo scorso qualcuno pensava che l'abilità nello svolgere calcoli meccanici complessi fosse indice di bravura matematica e, purtroppo, questo stereotipo è ancora presente nella testa di molti, anche di non pochi insegnanti.

•  Chiudiamo il discorso con qualche ultima considerazione.  Uno dei fattori che a volte allontana gli alunni dalla scuola è la sua separatezza da problemi reali:  "a che mi serve studiare queste cose? l'insegnante mi dice che poi mi serviranno ma i miei amici più grandi mi dicono che non è vero".  La scuola deve educare ad affrontare la realtà e dare strumenti per farlo, e deve fare percepire subito la valenza di questi strumenti.  Questo vuol dire considerare situazioni e problemi concreti, esaminarne la complessità, isolarne alcuni aspetti, esplicitare le semplificazioni che si fanno per "modellizarli", ragionare sulle conclusioni a chi si giunge, … senza banalizzare la realtà, mettendo in luce gli aspetti che non si è ancora in grado di affrontare e che potranno essere affrontati negli studi successivi, … Anche queste sono capacità di ragionamento che la scuola deve mirare a sviluppare.

Sottolineamo, infine, il ruolo decisivo dei rapporti e della collaborazione tra i docenti.  Abbiamo già accennato all'opportunità di dialogare tra i diversi livelli scolastici.  Un aspetto altrettanto importante è l'opportunità di sviluppare intrecci e/o forme di interazione culturale tra le varie discipline, anche per riflettere e intervenire sui diversi livelli di prestazione e partecipazione dei vari alunni. Così come è importante il confronto tra colleghi della stessa disciplina che operano in classi diverse, per discutere delle diverse difficoltà incontrate e dei modi in cui sono state affrontate:  la voglia di mettersi in discussione, di fare e accettare proposte didattiche, ... è ancora poco diffusa nelle nostre scuole.

•  Qualche approfondimento può essere trovato in questi due documenti:  una riflessione su  Come impostare l'insegnamento della matematica?,   il resoconto di alcune  Indagini sulle competenze di uscita/ingresso.