Funzioni polinomiali
Vi sono alcune funzioni F per le quali è abbastanza facile sia prevedere l'andamento su tutto R che studiare quante sono le soluzioni dell'equazione F(x) = 0.
Abbiamo già visto le funzioni lineari,
x → a x + b, aventi per grafico una retta
[ figure 2]:
sono crescenti se a > 0
(x → 2x3), decrescenti se a < 0 (x → 3x+1), costanti se a = 0 (x → 5)
l'equazione F(x) = 0 con F
lineare ha 1 soluzione (se a ≠ 0), 0 soluzioni o tutti i numeri come soluzioni (se anche b=0).
Le funzioni x → a x2 + b x + c,
se a ≠ 0, vengono dette funzioni quadratiche. Hanno per grafico una parabola [ figure 2] ottenibile traslando il grafico [ funzione 2] di
Più
in generale posso considerare le funzioni x →
an xn +
an1 xn1 +
a2 x2 +
a1 x + a0
con an ≠ 0.
Una funzione F di questo tipo
viene chiamata funzione polinomiale di grado n;
ai viene chiamato coefficiente
di grado i. L'equazione F(x)=0 viene chiamata equazione
polinomiale (o algebrica) di grado n.
Un termine dalla forma an xn +
an1 xn1 +
a2 x2 +
a1 x +a0
viene chiamato polinomio in x di grado n, anche se i
coefficienti non sono costanti, ma variabili o termini più
complessi (purché non contenenti x); i termini di grado inferiore ad n
Come
la parola poligono deriva dalle parole greche polís
(molto) e gonia (angolo),
a mo' di "figura dai molti angoli", così la parola
polinomio deriva dalle parole greche polís e
ónoma (nome, espressione), a mo' di "espressione
costituita dalla somma di molte espressioni". Si parla anche di
trinomio, binomio e monomio per indicare un
polinomio che è somma di 3, 2 o 1 termine, cioè in cui
solo 3, 2 o 1 tra gli ai
sono diversi da 0.
Per parlare di grado di un polinomio occorre specificare o che sia chiaro dal contesto qual è la variabile a cui riferirlo. Ad esempio A+A·B3 può essere pensato come un polinomio (in particolare, un binomio) di 3° grado in B, ma trasformato in A·(1+B3), può essere considerato anche un polinomio (in particolare, un monomio) di 1° grado in A, o può essere considerato come un polinomio di grado 0 in y: la variabile y non compare in esso, quindi rispetto ad y è una costante. La variabile rispetto alla quale un termine viene considerato un polinomio a volte viene chiamata indeterminata.
Nota 1. Nell'ambito delle studio delle funzioni a due input si considerano anche i polinomi in 2 indeterminate. Ad es. (x,y) →
Nota 2. In alcuni libri di testo sopravvivono definizioni diverse di polinomio, che, forse, tentano di descrivere l'uso del termine "polinomio" che in matematica si faceva qualche secolo fa. Puoi vedere un esercizio, e la sua soluzione, per qualche considerazione al riguardo.
Per n=0 si ha il caso
particolare delle funzioni costanti. La funzione nulla,
x → 0, è costante ma non rientra nella definizione data
poiché an = a0 = 0;
è considerata una funzione polinomiale senza grado o, a volte,
di grado 1.
Per n=1 abbiamo il caso
delle funzioni lineari non costanti e per n=2 quello delle funzioni quadratiche []. Le
funzioni polinomiali di grado 3 sono chiamate funzioni cubiche.
Ad esempio la funzione V(x) = (20−2x)2x considerata
all'inizio della voce Risoluzione di equazioni (2)
è cubica; infatti:
(20−2x)(20−2x)x =
(20(20−2x)−2x(20−2x))x =
(400−40x−40x+4x2)x =
4x3−80x2+400x.
Tutte le funzioni polinomiali
sono continue.
Generalizzando quanto visto per
le equazioni polinomiali di 2° grado [],
si ha che una equazione polinomiale di grado n ha al più
n soluzioni. Prima di discutere questa proprietà
richiamiamo altre caratteristiche delle funzioni polinomiali.
Il
prodotto di due funzioni polinomiali, una di grado m,
l'altra di grado n, è una funzione polinomiale
di grado m+n. Infatti:
se F: x →
amxm +
e G: x →
bnxn +
sono le due funzioni, sviluppando il prodotto
2 x 3 2 3 x 3 3 (3x - + 2)(7x - x) = 3x (7x - x) - (7x - x) + 2(7x - x) = 2 2 4 2 5 3 7x x 3 21x - 3x -( - ) + 14x - 2x = 2 2 4 2 5 3 7x x 3 21x - 3x - + + 14x - 2x = 2 2 4 2 5 7x 3 x 21x - + (14-3)x + - 2x = 2 2 5 4 3 2 21x - 3.5x + 11x + 0.5x - 2x
Nota. Date due funzioni F e G a input e output numerici, la funzione somma F+G è così definita: (F+G)(x) = F(x)+G(x). Analogamente si definiscono F·G, FG e F/G.
Così
come l'insieme dei numeri interi è dotato della
operazione divisione intera a 2 input e 2 output (quoziente
e resto), così l'insieme delle funzioni
polinomiali è dotato di una analoga divisione a 2 input e 2
output (polinomio quoziente e polinomio resto):
nel
calcolo della divisione di un numero A per un altro numero B (B ≤ A)
cerco di ricondurmi alla divisione per B di numeri man mano più
piccoli, fino ad arrivare a 0 o a un numero comunque inferiore a B;
(1) 2875 | 3 | | |
(2)
2875 | 3
|
| 900 |
(3)
2875 | 3
2700 |
| 900 |
(4) 2875 | 3 -2700 | | 900 175 |
(5)
2875 | 3
-2700 |
| 900
175 50 |
(6) 2875 | 3 -2700 | | 900 175 50 -150 25 |
(7) 2875 | 3 -2700 | | 900 175 50 -150 8 25 -24 1 |
(8) 900 50 8 958 con resto 1 |
(1) per fare 2875 diviso 3 posso osservare che (2)-(3) 2700 diviso 3 fa 900 e quindi ricondurmi a dividere per 3 la (4) parte rimanente, 175 (in pratica cambio segno a 2700 e lo sommo a 2875); (5)-(6) 150 diviso 3 fa 50, e rimane ancora 25 da dividere per 3; (7) 24 diviso 3 fa 8, e rimane 1, che è più piccolo di 3; (8) posso quindi concludere che 2875 è divisibile in 3 parti uguali a 900+50+8 = 958, e mi resta 1, che dovrei ancora dividere per 3, ma non posso farlo restando nell'ambito dei numeri interi. In altre parole 2875/3 = 958 + 1/3. |
(1) (2) (3) (4) (5) |
2 4x - x - 3 | x + 1 | | 2 4x - x - 3 | x + 1 | | 4x 2 4x - x - 3 | x + 1 2 | 4x + 4x | 4x 2 4x - x - 3 | x + 1 2 | -(4x + 4x) | 4x -5x - 3 2 4x - x - 3 | x + 1 2 | -(4x + 4x) | 4x -5x - 3 -5 -(-5x - 5) 2 |
2 x - 2x - 3 | x + 1 | | 2 x - 2x - 3 | x + 1 | | x 2 x - 2x - 3 | x + 1 2 | x + x | x 2 x - 2x - 3 | x + 1 2 | -(x + x) | x - 3x - 3 2 x - 2x - 3 | x + 1 2 | -(x + x) | x - 3x - 3 -3 -(- 3x - 3) 0 |
2
4x - x - 3 2
→ 4x - 5 +
x + 1 x + 1 |
2
x - 2x - 3
→ x - 3
x + 1 |
|
(1) per fare A(x) diviso B(x)
(2)-(3) cerco un monomio axn tale che B(x)·axn inizi come A(x) [nel caso a sinistra (x+1)·4x = 4x2+4x inizia come 4x2x3; in quello a destra (x+1)·x = x2+x inizia come x22x3].
Mi riconduco quindi a dividere per B(x) la (4) parte rimanente, 5x3 in un caso,
|
2 x + x + 1 | x + 1 2 | -(x + x) | x 1 2 x + x + 1 1 → x + x + 1 x + 1 |
Nell'esempio illustrato a lato il procedimento si conclude più rapidamente rispetto ai primi due esempi. Infatti come primo resto ottengo 1, che ha grado inferiore a x+1, per cui mi devo fermare al primo passo. |
Il concetto di divisione nel caso dei numeri e dei polinomi è sostanzialmente lo stesso; si tratta dell'operazione inversa della moltiplicazione [].
Calcolare 2875/3 vuol dire trovare Q tale che Q · 3 = 2875; se ci si limita ad operare nei numeri naturali si tratta di trovare il numero Q tale che Q · 3 + R = 2875 con R<3.
Calcolare (x2+x+1)/(x+1) vuol dire trovare il polinomio Q (x) tale che Q(x) · (x+1) = x2+x+1 o, almeno, il polinomio Q (x) tale che Q (x) · (x+1) + R (x) = x2+x+1 con R (x) polinomio di grado inferiore rispetto a x+1; questo caso include il precedente, prendendo R(x)=0 (polinomio nullo). In generale nel caso di A (x) : B (x) si cerca Q (x) tale che Q (x)·B (x) + R (x) = A (x) con R (x) polinomio di grado inferiore rispetto a B (x).
Q sta per quoziente, R per resto.
Nel caso degli esempi visti sopra [] abbiamo:
2 (1) 2875 = 958·3 + 1 (2) 4x - x - 3 = (4x - 5)·(x + 1) + 2 2 2 (3) x - 2x - 3 = (x - 3)·(x + 1) (4) x + x + 1 = x·(x + 1) + 1 |
Ma questa analogia tra numeri e polinomi vale fino a un certo punto:
il fatto che la divisione 16/2 ha 8 come risultato "esatto", cioè con resto nullo, ci consente di dire che 16/2 è uguale ad 8,
invece il fatto che la divisione di x22x3 per x+1 ha come risultato |
2 x - 2x - 3 x + 1 |
Sotto sono riprodotti a sinistra il grafico della funzione F (è una retta "bucata") e, a destra, quello della funzione G, dove F e G sono così definite (F(x) è il termine già considerato sopra):
F: x -> | 2 x - 2x - 3 x + 1 | G: x -> | 2 x + x + 1 x + 1 |
Affinché una funzione del tipo x → H(x)/K(x) con H e K funzioni polinomiali sia definita per ogni numero reale occorre (e basta, in quanto H(x) e K(x) sono definiti per ogni x) che K(x) non si annulli mai, cioè che l'equazione K(x)=0 non abbia soluzioni.
Anche
senza tracciare il grafico di x
→
x22x3,
poiché ho visto [] che x22x3
è fattorizzabile come (x+1)(x3) (infatti x22x3 diviso x+1 fa x3 con resto 0), posso concludere che
esso interseca l'asse x per x= 1 e x=3. Infatti:
(x3)(x+1) = 0 equivale a x3 = 0 OR x+1 = 0 e quindi a x = 3 OR x = 1
Viceversa, se so che la funzione polinomiale x
→ A(x) ha grafico che interseca l'asse x per x=h, cioè se
so che A(h)=0, posso concludere che |
La risposta è affermativa, infatti vale la seguente proprietà, nota come teorema del resto (o di Ruffini): |
la divisione di A(x) per x h ha come resto il numero A(h) |
La dimostrazione di ciò è facile.
Se Q(x) e R sono il quoziente e il resto della divisione di A(x) per xh:
A(x) / (x-h) = Q(x) + R / (x-h), ovvero: A(x) = Q(x)(xh) + R.
Quindi, per x=h, A(h)
= Q(h)(hh)
+ R = 0+R
= R
Come immediata conseguenza del teorema del resto, abbiamo che: |
se A(h) = 0 il polinomio A(x) è divisibile esattamente per x h |
Nel caso dell'esempio precedente (2x2+5x+3, che si annulla per x=1 e per x=3) abbiamo effettivamente che 2x2+5x+3 si divide esattamente per x+1, e dà 2x+3; ovvero che si divide esattamente per x+1.5 e dà 2x+2. D'altra parte (x+1)(2x+3) = 2x2+5x+3 e (x+1.5)(2x+2) = 2x2+5x+3 [si noti che: (2x+3) = 2(x+1.5) e che (2x+2) = 2(x+1)].
Il
teorema del resto ci consente di concludere che, se un'equazione
polinomiale ha, ad esempio, 5 soluzioni a, b, c,
d ed e, il polinomio è divisibile [sottointeso "esattamente"] per (xa),
(xb), (xc), (xd) e (xe)
e, quindi, è equivalente a (xa)(xb)(xc)(xd)(xe)·
. Il polinomio deve, perciò, essere almeno di 5° grado.
Un'equazione polinomiale di 4°
grado, quindi, ha al più 4 soluzioni: se ne avesse 5 dovrebbe
essere di grado maggiore di 4.
In generale possiamo concludere
(come preannunciato) che:
una equazione polinomiale di grado n ha al più n soluzioni.
Questo
risultato, assieme al fatto che le funzioni polinomiali sono
continue, ci fornisce argomentazioni teoriche che ci possono
indirizzare nella ricerca delle soluzioni di una equazione
polinomiale, che può essere fatta sia con metodi numerici o
grafici [ risoluzione di equazioni 1, risoluzione di equazioni 2],
sia con tecniche algebriche.
Possono essere utile anche altre
considerazioni sull'andamento dei grafici delle
funzioni polinomiali. Limitiamoci a qualche esempio. Lo
studio delle equazioni polinomiali può essere approfondito ulteriormente introducendo nuovi concetti matematici (numeri complessi, derivate,
).
Siano
F e G le funzioni polinomiali di 1° e 2° grado descritte sotto. A partire dalla parabola e dalla retta grafici di F e G,
posso schizzare (anche senza computer) l'andamento del grafico
della loro funzione prodotto H, di 3° grado:
per x<1.5 ho H(x)=F(x)·G(x)<0 in quanto F(x)>0
e G(x)<0, per 1.5<x<1 ho H(x)>0 in
quanto
Viceversa ogni polinomio A(x) di 3° grado è fattorizzabile nel
prodotto di uno di 1° grado per uno di 2°:
prendendo
valori di x molto maggiori di 0 o molto minori di 0 è
possibile ottenere sia valori A(x)>0 che valori A(x)<0; quindi,
essendo x → A(x) continua, il suo grafico deve attraversare l'asse x, cioè deve esistere z tale che A(z)=0;
per il teorema di Ruffini posso dedurre che A(x) è scomponibile in (xz)B(x) con B(x) di grado 2.
A seconda che x → B(x) tagli l'asse x in 0, 1 o 2 punti,
Se B(x), e quindi A(x) = (xz)B(x), ha coefficiente direttivo positivo, come nel caso di sopra e in quello sotto a sinistra, da un certo punto in poi, verso destra, si ha il prodotto di due funzioni positive, per cui A(x) è positivo, e da un certo punto in poi, verso sinistra, si ha il prodotto di due funzioni di segno opposto, per cui A(x) è negativo. Se invece il coefficiente direttivo è negativo, con ragionamenti analoghi si ha (vedi figura sotto a destra) che verso destra il grafico starà sotto all'asse x e verso sinistra sopra all'asse x.
Non è detto che il grafico di una funzione cubica abbia oscillazioni.
Potrebbe essere una funzione ovunque crescente, come
Il fatto che le funzioni polinomiali di 3° grado attraversino l'asse orizzontale,
ovvero che ogni polinomio di 3° grado sia divisibile per uno di primo grado, può essere
generalizzato ad ogni funzione polinomiale di grado dispari. Quindi ogni equazione polinomale di grado dispari
ha almeno una soluzione. Per quelle di grado pari, invece, la situazione cambia da caso a caso. Ad esempio
|
3 x2 + 2 x − 5 = 0 → x2 + 3/2 x − 5/3 = 0 →
x2 + 3/2 x → (x+1/3)2 − (1/3)2 →
(x+1/3)2 − 1/9 (#)
(x+1/3)2 − 1/9 − 5/3 = 0 → (x+1/3)2 − 16/9 = 0
→ x+1/3 = ±√(16/9)
→ x = −1/3 ± 4/3 → x = 3/3 = 1 OR x = −5/3
La tecnica impiegata in (#) viene chiamata completamento del quadrato
in quanto si cerca di "completare"
Nota. x1 =
questo è il modo in cui a volte viene riscritto il riquadro soprastante. In base a questa scrittura qualcuno a volte dice che quando con queste formule si ottiene per x1 e per x2 lo stesso valore vi sono due soluzioni coincidenti. Si tratta di un modo di esprimersi sbagliato: in questi casi la soluzione è una, e 21. Altra cosa sarebbe dire che in questi casi i due termini
Tuttavia a volte confusioni di questo tipo sono inevitabili, o utili per esprimersi in modo efficace. Ad es., quando si scrive: "dati due numeri x e y con x\y indichiamo la parte intera di x/y" si intende che la cosa valga anche se x=y, ossia se i numeri non sono 2 ma 1 solo; sono invece 2 i "nomi" x e y utilizzati. Solo in casi di questo tipo (in cui è chiaro che si parla di numeri, punti od altri oggetti per indicare in realtà delle variabili, ossia dei nomi che li rappresentano) sono lecite queste confusioni; in queste situazioni se si vuole precisare che gli oggetti considerati devono essere diversi in genere si aggiunge un'aggettivo che lo specifichi: "dati due punti distinti P e Q il segmento PQ contiene infiniti punti".
Un po' di parole: di fronte alla risoluzione rispetto a x dell'equazione ax2 + bx + c = 0,
il termine
Il
teorema del resto e l'algoritmo della divisone sono utilizzabili per
realizzare fattorizzazioni di termini
polinomiali.
Ad esempio a2b2
può essere pensato come polinomio di 2° grado in a,
cioè come P: a
→
a2b2.
Osservo che P(b) = b2b2 = 0.
Per il teorema del resto a2b2
è divisibile per ab.
Eseguo la divisione, tenendo
conto che sto operando con polinomi in a: devo quindi scrivere
i risultati intermedi (resti,
), usando eventuali riordini e
raggruppamenti, così che appaiano come polinomi in a.
2 2 a - b | a - b 2 | -(a - ba) | a 2 b ba - b 2 -(ba - b ) 0 |
Il quoziente è a + b e quindi: a2 b2 = (a b)(a + b) Questa e altre scomposizioni (e gli sviluppi / espansioni che si ottengono leggendo alla rovescia le equazioni: lo sviluppo di (a-b)(a+b) è ) sono ricavabili anche interpretando la moltiplicazione come prodotto di lunghezze: |
a2 b2 = (a b)(a + b)
è un esempio elementare di scomposizione che è facile ed importante (in quanto ha molte applicazioni) ricordare a memoria.Le fattorizzazioni possono essere utili per semplificare [ termini equivalenti] termini del tipo:
In questo caso abbiamo usato il fatto che entrambi i polinomi erano divisibili per x+1. A volte, in casi più complicati (se non si dispone di un programma di
calcolo simbolico che ci faciliti la vita!), può essere utile
cercare direttamente un polinomio del grado più alto
possibile che divida esattamente sia polinomio1 che
polinomio2.
Un polinomio di tal genere è
chiamato massimo comune divisore (m.c.d.) di polinomio1
e polinomio2. Non è unico: se un polinomio è
divisibile ad esempio per x+3 sicuramente è divisibile anche
per 2x+6 [= 2(x+3)], per 0.2x+0.6 [= 0.2(x+3)],
.
L'esistenza dei massimi comuni
divisori tra polinomi è garantita dall'algoritmo delle
divisioni successive, noto anche come algoritmo euclideo
(dal nome del matematico greco del 3° sec. a.C. Euclide,
che descrive tale metodo in uno dei suoi scritti).
In origine tale metodo è stato messo a punto per trovare il m.c.d. tra numeri naturali; vediamo un esempio in questo caso; poi trasferiremo il metodo al caso dei polinomi.
Determino il m.c.d. di 408 e 187, cioè il massimo numero naturale per cui entrambi sono divisibili. L'idea è interpretare questo numero come il massimo numero per cui è semplificabile il rapporto 408/187, e cercare di semplificare tale rapporto riconducendomi man mano a rapporti tra numeri più piccoli. 408/187 ha quoziente 2 e resto 34 (187·2=374, 408374=34); quindi 408/187 è trasformabile in 2 + 34/187; mi riconduco alla semplificazione di 34/187, ovvero di 187/34, di cui trovo quoziente e resto,
e così via fino a che ottengo una divisione esatta, cioè con resto nullo:
408 34 187 17 34 = 2 + = 5 + = 2 187 187 34 34 17 Q=2 R=34 Q=5 R=17 Q=2 R=017 è il massimo numero naturale per cui sono divisibili sia 34 che 17, e, quindi, sia 187 che 34, e, quindi, sia 408 che 187: 17 = m.c.d.(408, 187).
Vediamo ora, ad esempio, come determinare un m.c.d. di 3x29x+6 e x25x+6. L'idea è anche in questo caso quella di cercare di semplificare il rapporto tra essi, riconducendomi questa volta a rapporti tra polinomi di grado man mano più basso. Ottengo (vedi sotto) che 6x 12 è un m.c.d., ma lo sono anche, per esempio, 2x4, 3x6, 0.6x12, x2. Se si vuole scegliere un rappresentante, si può prendere quest'ultimo, x2, cioè quello con coefficiente direttivo 1 (un polinomio con coefficiente direttivo 1 viene chiamato monico).
2 2 3x - 9x + 6 6x - 12 x - 5x + 6 = 3 + = 1/6 x - 1/2 2 2 6x - 12 x - 5x + 6 x - 5x + 6 |
2 2 2
3x - 9x + 6 | x - 5x + 6 x - 5x + 6 | 6x - 12
2 | 2 |
-(3x - 15x + 18) | 3 -(x - 2x) | 1/6 x
6x - 12 -3x + 6 -1/2
-(-3x + 6)
0
|
A volte può essere utile cercare di "semplificare" preventivamente il termine finale prendendo al posto di b·d il più piccolo multiplo comune a b e a d. Ad es. nel caso numerico precedente, osservando che 6·3=18 e 9·2=18 (18 è il minimo multiplo comune a 6, i cui multipli sono 6, 12, 18, 24, , e 9, i cui multipli sono 9, 18, 27, ) avrei potuto fare: |
7 5 7·3 5·2 21+10 31 + = + = = 6 9 6·3 9·2 18 18 |
[per inciso ricordiamo che alcuni dicono anche che 18 è il minimo comune denominatore tra 7/6 e 5/9, intendendo il numero pių piccolo che č multiplo comune dei denominatori di 7/6 e 5/9: nel caso del rapporto tra interi il divisore viene chiamato anche "denominatore" in quanto, se si legge 5/9 come "5 noni", 9 dà il nome alle parti; 5 è il "numeratore" poichè esprime il numero delle parti] |
Si dice minimo comune
multiplo (m.c.m.) di polinomio1 e polinomio2 un
polinomio del grado più basso possibile che sia
"multiplo" di entrambi, cioè che sia divisibile
esattamente sia per polinomio1 che per polinomio2.
Un metodo "efficace"
(se non si dispone di un programma di calcolo simbolico) per trovare
un m.c.m.(P1,P2)
è basato sulla seguente osservazione, riferita ai numeri 6 e 9 già considerati sopra:
6 e 9 hanno 3 come m.c.d.: 6 = 3 · 2, 9 = 3 · 3;
quindi calcolare 6 · 9 equivale a calcolare 3 · 2 · 3 · 3;
per ottenere un multiplo di 6 (= 3 · 2) e di 9 (= 3 · 3) sarebbe sufficiente considerare una sola volta il m.c.d. 3 che appare in 3 · 2 · 3 · 3, cioè prendere 3 · 2 · 3, ossia 6 · 9 / 3;
in altre parole m.c.m.(6,9) = 6 · 9 / m.c.d.(6,9).
Generalizzando e passando al caso dei polinomi, abbiamo:
m.c.m.(P1,P2) = P1·P2 / m.c.d.(P1,P2)
Nel caso dell'esempio iniziale, m.c.d.(x38x2+19x12, 2x25x3) = x3; dividendo per x3 ottenengo le fattorizzazioni x38x2+19x12 = (x3)(x25x+4) e 2x25x3 = (x3)(2x+1), da cui posso prendere come m.c.m. (x3)(x25x+4)(2x+1) e quindi fare:
2
x+1 11x (x+1)(2x+1) 11x(x -5x+4)
+ = +
3 2 2 2 2
x -8x +19x-12 2x -5x-3 (x-3)(x -5x+4)(2x+1) (x-3)(2x+1)(x -5x+4)
2 3 2 3 2
2x +3x+1 + 11x -55x +44x 11x -53x +47x+1
= = ... =
2 4 3 2
(x-3)(2x+1)(x -5x+4) 2x -15x +30x -5x-12
Ai nostri giorni nessuno (se non qualche libro di testo obsoleto, e qualche alunno-vittima) esegue calcoli macchinosi di questo genere a mano: nei rari casi in cui ci si imbatte in un calcolo come questo, lo si affronta utilizzando qualche programma di calcolo simbolico. Ecco qui qualche esempio di calcolo con R e con WolframAlpha (vedi qui per l'impiego di altro software); negli esempi troverai anche la comparsa dei numeri complessi, su cui ci soffermeremo più avanti.
Ma, perché dedicare tanta attenzione alle funzioni polinomiali?
Abbiamo visto che le equazioni polinomiali, rispetto ad altri tipi di equazioni, hanno delle particolarità che ne semplificano la risoluzione.
Poi, si tratta di funzioni che è facile calcolare, anche con una calcolatrice tascabile: per calcolare f(x) per un certo x se f è una funzione polinomiale di grado n è necessario eseguire al più n moltiplicazioni e n addizioni.
Ad esempio 5x4-6x3+2x2-5 può essere trasformato in (((5x-6)x+2)x·x-5, e poi calcolato con una CT (anche se priva del tasto per l'elevamento a potenza e non in grado di rispettare la gerarchia delle operazioni) con:
5 6 2 5
dopo aver memorizzato il valore di x con . ( altro esempio)
Si tratta, quindi, di oggetti matematici che è abbastanza facile maneggiare. Di per sé questa caratteristica non è un buon motivo per dare tanta importanza ai polinomi. Ciò che rende significativa questa facilità di manipolazione e di calcolo è il fatto che con le funzioni polinomiali si riescono ad approssimare molti altri tipi di funzioni, più difficili da maneggiare. |
|
Questi aspetti sono affrontati verso la fine della scuola superiore o all'università; non vengono discussi in questa sezione degli Oggetti Matematici. |
Nota. Si può dimostrare che una equazione polinomiale a coefficienti interi