Da L'insegnamento della matematica e delle scienze integrate, vol. 18 B, n.3, 1995
L'INSEGNAMENTO DELLA GEOMETRIA NELLA
SCUOLA SECONDARIA SUPERIORE 2a
parte
Arturo
Bosco, Carlo Dapueto, Maria Teresa Gaggero, Carlo Mortola, Gabriella Tiragallo
Nucleo di Ricerca Didattica MaCoSa
c/o Dipartimento di Matematica dell'Università di Genova
Summary
In the 1st part of this paper (see I. d. M.e Sc. I. vol 18B n.2 April 1995) we presented some questions about Geometry teaching, and invited the readers to tackle the "technical" questions by thinking over the involved "didactical" problems.
In this 2nd part we discuss the questions and suggest some didactical solutions.
Introduzione | |
Introduzione
Nella
prima parte dell'articolo, già pubblicata su questa
rivista, abbiamo presentato alcune questioni sull'insegnamento della
geometria nella scuola secondaria superiore, invitando i lettori
della rivista ad affrontare le domande "tecniche" e a
riflettere sui problemi "didattici" proposti.
In questa
seconda parte dell'articolo discutiamo le questioni e
presentiamo alcune proposte didattiche.
Q1 Dispositivi
simili a quello considerato nel quesito sono molto comuni
(transenne, sottotegami,
di ampiezza regolabile, elevatori,
). Se ci proponiamo di disegnare dispositivi di questo tipo o
altri meccanismi articolati incontriamo subito qualche difficoltà.
Non basta tentare di riprodurre più o meno la forma di ciò
che si è visto per realizzare il disegno, ma
occorre aver compreso le relazioni che
intercorrono tra i diversi elementi che
lo compongono.
Ciò vale più in generale per la lettura/interpretazione/memorizzazione di ogni tipo di immagine. Quando osserviamo una figura come quella a fianco noi la interpretiamo come una piramide, non come una coppia di triangoli, e alla richiesta di disegnare un'altra figura dello stesso tipo realizziamo il disegno facendo riferimento non direttamente alle componenti del disegno, ma al concetto di piramide di cui in qualche modo abbiamo già costruito una rappresentazione mentale. Quando osserviamo una situazione complessa (disegno o immagine dal vivo) nel memorizzarla la riorganizziamo associandola ad altre immagini, scorporandola e riaggregandola usando ricordi visivi di situazioni "prototipo", associazioni mentali, , filtrando (più o meno consapevolmente) le cose che maggiormente ci interessano, . |
Il ragionamento che sembra più persuasivo è: le aste AB e XY sono imperniate a metà; i perni A e X non possono muoversi in orizzontale; quindi i perni B e Y, a partire dalla posizione "iniziale", avanzano orizzontalmente entrambi il doppio di quanto avanza il perno P; con un ragionamento analogo si conclude che C e Z avanzano orizzontalmente della stessa distanza rispetto a B e Y, e in tutto il quadruplo di quanto è avanzato P. Si può anche concludere che la massima distanza in orizzontale raggiungibile è pari a 4 volte la lunghezza di XP (o di AP, se questo fosse più breve di XP) , cioè 2 volte XY. Un ragionamento simile vale nel caso in cui le aste siano imperniate in P in modo tale che PA/AB=PX/XY. |
Pare infatti consolidato nelle concettualizzazioni spaziali di una persona adulta (anche non scolasticamente colta) il fatto che, se si ruota un'asta, i punti di essa assumono distanze dalla posizione iniziale dell'asta proporzionali alle loro distanze dal perno e, più in generale, che a uno spostamento in una direzione corrispondono avanzamenti proporzionali nelle altre direzioni; questa "conoscenza" può essere messa in relazione a esperienze di vario genere: |
uso di una scala (a pioli equidistanti corrispondono uguali dislivelli verticali), uso di leve (raddoppiando la distanza dal fulcro dell'impugnatura posso distribuire il lavoro per sollevare l'oggetto su un innalzamento doppio), valutazione di lunghezze o realizzazione di linee o di tagli rettilinei appoggiandosi a griglie, quadretti, motivi regolari, , a esperienze legate all'uso delle articolazioni del proprio corpo, . Ed è comunque facile rendersene ragione con qualche osservazione diretta. |
Q2 Una spiegazione più
"scolastica" (ricorrendo ai concetti di retta, segmento,
parallelismo,
della geometria piana: le caratteristiche del
dispositivo aste incernierate non lasciano dubbi sulla
natura bidimensionale del fenomeno) può essere costituita
dalla proprietà:
(#) Se AB=YZ, XY=BC, P appartiene
ad AB e a XY, Q appartiene a BC e a YZ, AP=PB, XP=PY, BQ=QC e YQ=QZ,
allora la retta AX è parallela alla retta CZ.
Q3 Vediamo come è possibile dimostrare il teorema (#) riferendosi alle presentazioni assiomatiche utilizzate nei manuali indicati, lasciando al lettore il confronto con quanto si può fare riferendosi ad altri manuali.
Possibile dimostrazione usando
l'"Enriques-Amaldi":
i
due triangoli APX e YPB per ipotesi hanno AP=BP, XP=YP e hanno gli
angoli in P uguali in quanto opposti al vertice; quindi, per il 1°
criterio di eguaglianza, i due triangoli sono uguali; in particolare sono uguali gli angoli in A e in B; quindi, poiché questi angoli sono alterni interni rispetto alla coppia di rette AX e BY e alla loro trasversale AB, le rette AX e BY sono parallele; analogamente la retta BY è parallela alla retta CZ; quindi, per la transitività del parallelismo, AX è parallela a CZ. |
Possibile dimostrazione usando il "Prodi"
(seguendo l'impostazione di questo manuale, in (#) al posto di
AB=BC,
si dovrebbe scrivere d(A,B)=d(B,C),
): sia A e B che X e Y si corrispondono nella simmetria centrale di centro P; poiché le simmetrie centrali trasformano ogni retta in una retta ad essa parallela, la retta AX è parallela alla retta BY; analogamente la retta BY è parallela alla retta CZ; quindi, per la transitività del parallelismo, la retta AX è parallela alla retta CZ. |
Nota. In entrambe le dimostrazioni non si sono utilizzate le ipotesi AB=YZ e XY=BC, che possono quindi essere eliminate. Anche il dispositivo a fianco, infatti, manterrebbe il contenitore verticale. Tuttavia questo dispositivo non si potrebbe richiudere completamente! Il parallelismo tra AX e CZ non esaurisce tutti gli aspetti del funzionamento del dispositivo. |
Q4 Il punto (1)
del quesito è da collegare al problema della motivazione
alla attività di dimostrazione, e, in
particolare, ai due seguenti aspetti:
Nel
caso di questo teorema, come nel caso di gran parte dei teoremi
relativi a una presentazione assiomatica della geometria o ad
altre teorie assiomatiche, la dimostrazione non si preoccupa tanto di
certificare la verità di quanto
affermato, quanto la sua deducibilità dalle cose prese per
buone. In altre parole si vuole soprattutto verificare
l'adeguatezza dei postulati alla "cattura"
delle conoscenze che si vogliono inquadrare assiomaticamente.
Ciò, tutto sommato, valeva per Euclide (che, sostanzialmente,
ha riorganizzato conoscenze geometriche note e utilizzate da secoli)
come vale per la matematica attuale; quello che cambia è il
significato che si dà alle "conoscenze" (su questo
aspetto ritorneremo successivamente). Senza un inquadramento
culturale di questo ruolo delle dimostrazioni sono
giustificate (anzi, dovute) le perplessità di Pierino.
Anche
se questo criterio d'uguaglianza fosse affrontato in un'ottica
diversa da quella di una presentazione assiomatica della geometria si
porrebbe, comunque, la comprensione del suo significato culturale: a
che serve? Si può osservare che la situazione didattica
cambierebbe nettamente se il criterio fosse introdotto mediante il
problema: "conoscendo un angolo e le misure dei due lati che ne
hanno il vertice come estremo, sono in grado di riprodurre il
triangolo in una qualunque posizione del piano?", o, quanto
meno, se non si disegnasse completamente il secondo triangolo. Questo
secondo aspetto del problema della motivazione, essenzialmente legato
all'uso di tecniche didattiche più o meno
appropriate, è più facilmente
abbordabile.
L'insoddisfazione di Pierino (o di una qualunque
persona che cerchi onestamente di capire il ragionamento condotto
dal libro) presentata nel punto (2) nasce
probabilmente dalla banalità dell'argomentazione condotta e
dal fatto che essa non sembra far riferimento ad assiomi o ad altri
teoremi già dimostrati. Insomma, non sembra una
dimostrazione.
A un'analisi più
approfondita ci si accorge che la dimostrazione è un piccolo
imbroglio: dal fatto che esistono un
movimento M1 che trasforma ∠M
in ∠A, un
movimento M2 che trasforma il segmento MN nel segmento AB e un
movimento M3 che trasforma il segmento MP nel segmento AC, non si
può dedurre che esiste un "movimento" (M1 o un
altro) che fa tutte e tre le cose.
Dietro alle perplessità
di Pierino (e alle difficoltà degli autori dei libri di testo)
probabilmente si possono individuare anche questioni più
generali legati alla natura della geometria: le figure sono
corpi o parti di
spazio? i punti sono punti materiali
o posizioni? che cosa sono i
movimenti rigidi?
, e al significato
di eguaglianza: le figure (definite come insiemi di punti) sono
uguali come insiemi o come
figure? che vuol dire mettere in corrispondenza?
.
Sono questioni che vengono eluse dalle presentazioni della geometria
che non mettono in luce il concetto di modello matematico,
usano un lessico inadeguato (es.: "movimento rigido" invece
di "movimento" come modello matematico dello spostamento di
un corpo rigido), non fanno confronti tra i diversi significati che
un termine può assumere in contesti diversi,
Con un
"ragionamento" simile a quello impiegato nel libro per il
1° criterio e con qualche difficoltà in meno (invece delle
semirette AB, AC,
ho già i segmenti) potrei
"dimostrare" il 3° criterio, che, poi, è forse
quello più "intuitivo" e che richiede concetti che
appaiono come più elementari. Anche le perplessità di
Pierino considerate nel punto (3) sono
giustificate: il libro di testo non ha delimitato il (ovvero, non ha
esplicitato assiomaticamente la portata del) concetto di
movimento: le proprietà che i movimenti
conservano, il modo in cui possono essere composti,
; ne ha
fatto un uso illecito nella dimostrazione del 1° criterio
inducendo una confusione tra spiegazioni "fisiche"
e argomentazioni "matematiche".
Q5 L'errore di Gigi è di tipo logico: | ||
la negazione di: | comunque prenda a e b angoli interni dalla stessa parte rispetto a HK, a+b=180° | |
è: | esistono a e b angoli interni tali che a+b≠180° | |
non: | (comunque prenda a e b angoli interni , a+b>180°) oppure (comunque prenda a e b angoli interni , a+b<180°) | |
[e neanche: comunque prenda a e b angoli interni , a+b≠180° ] |
Q6 Come è noto, le proprietà angolari dei poligoni vengono studiate utilizzando il postulato delle parallele. In questa dimostrazione non se ne fa uso, quindi c'è qualcosa che non va. Analizzando più a fondo la dimostrazione ci si accorge che si è utilizzata implicitamente l'ipotesi che la somma degli angoli interni non dipenda dal particolare triangolo. E, in effetti, questa proprietà è equivalente (supposti gli assiomi di collegamento, ordinamento e congruenza) sia al teorema che si vuole dimostrare che al postulato delle parallele.
Q5 e Q6 hanno messo in luce che, oltre alla
difficoltà di comprendere il ruolo delle dimostrazioni in una
sistemazione assiomatica della geometria, vi sono anche difficoltà
"tecniche" a capire o condurre una particolare
dimostrazione: di tipo logico-linguistico, o connesse al ricorso
(spesso ingannevole) all'intuizione "sensibile", o che
nascono quando per illustrare un teorema relativo a una classe di
figure si disegna una particolare figura che inevitabilmente ha
proprietà che non sono presenti nell'ipotesi del teorema, o
che sono comunque legate al problema di non utilizzare implicitamente
proprietà che non sono state dimostrate.
Sia le difficoltà
di tipo logico-linguistico che quelle di controllo delle proprietà
che si impiegano sono comuni a tutte le aree matematiche, ma le
difficoltà del secondo tipo sono presenti in modo particolare
nel caso della geometria. Cerchiamo di approfondire che cosa è
all'origine di ciò.
A tal fine (e anche per avere qualche
punto di riferimento per valutare le diverse impostazioni
dell'insegnamento della geometria presenti nei libri) è utile
fare una rapidissima "storia della
geometria".
Già diversi secoli prima di
Euclide, presso Egizi, Babilonesi, Indiani,
, una discreta
parte delle proprietà geometriche enunciate nei suoi Elementi
erano utilizzate nella pratica, per misurazioni, costruzioni, studi
astronomici,
. La fiducia in queste proprietà era
fondata essenzialmente o sulla loro evidenza (nei casi più
"semplici") o su considerazioni sperimentali.
Presso i
Greci si incomincia a dare
un'organizzazione razionale alle conoscenze geometriche, nell'ambito
di una speculazione filosofica sulla natura delle cose e, in
particolare, dello spazio cosmico. Ecco qualche tappa:
i
Pitagorici (500 a.C.), che, concependo il "punto" come
corpuscolo elementare indivisibile e le figure come quantità
finite di punti, tentarono di dare una trattazione aritmetica della
geometria, articolata, anche se non organicamente, in postulati
(principi ritenuti evidenti) e dimostrazioni;
la
"crisi" dovuta alla scoperta di lunghezze
incommensurabili;*
* È una crisi "filosofica", non "matematica", legata allo studio "fisico" dello spazio come entità cosmica, non come spazio astratto, e che ci è difficile comprendere. Nei libri di testo se ne trovano invece spesso presentazioni banalizzate o caricaturali, così come accade per i paradossi di Zenone, ridotti spesso a un problema di serie convergenti |
Nell'appendice 1 abbiamo
riprodotto un'estratto della presentazione della geometria fatta
negli Elementi di Euclide.
Come si può osservare, Def1-14
non sono definizioni in senso matematico,
sono solo in accordo con Aristotele delle assegnazioni
di un nome a enti che vengono "individuati" appoggiandosi a
concetti il cui significato è lasciato all'intuizione e al
linguaggio comune ("lunghezza", "inclinazione",
"giace uniformemente",
); la descrizione può
non essere perfetta, ma tali enti esistono. Def15-20 sono invece
abbastanza simili alle definizioni-abbreviazioni della matematica
("essere un triangolo equilatero" per "essere
un triangolo e avere i lati uguali"). Si notino, inoltre, le
differenze rispetto ai termini geometrici odierni: linea come arco di
linea (Def3, Post1,
), distanza come segmento particolare
(Post3),
e l'ottica costruttiva di Post1-3, che
garantiscono la possibilità di effettuare alcune
"operazioni".
Per meglio comprendere l'impostazione
degli Elementi di Euclide, analizziamo le dimostrazioni
di due proposizioni (Prop), riportate in appendice (riscritte con un
lessico moderno).
Osserviamo che nella dimostrazione di
Prop1 il passo 3) non sembra giustificato:
non c'è alcun postulato che, date due circonferenze
soddisfacenti opportune condizioni, garantisca l'esistenza di punti
comuni a entrambe (in determinate condizioni è garantita, da
Post 5, solo l'intersezione di rette).
Nella dimostrazione di
Prop4 al passo 1) si esegue un'operazione
di "trasporto" di figure la cui possibilità non
viene postulata. Per altro ciò appare in contraddizione con
il procedimento complesso (di 12 passi, non riportato) con cui viene
dimostrata Prop2, teorema che vuole certificare la possibilità
di trasportare segmenti. Anche il passo 5) lascia perplessi, a meno
che, dati due punti, Post1 assicuri, oltre all'esistenza, anche
l'unicità del segmento che li ha per estremi.
Nei secoli
successivi gli Elementi sono stati oggetti di uno studio intenso
(costellato da errori simili a quelli descritti in Q5 e Q6),
soprattutto nel tentativo di dimostrare Post5 a partire dagli altri
assiomi o di sostituirlo con un altro postulato più evidente,
ma si deve arrivare al seconda metà del XIX secolo perché
si comincino a mettere a fuoco le "carenze" della
presentazione euclidea a cui abbiamo accennato sopra. Deve infatti
farsi strada l'idea della geometria come studio degli spazi astratti,
che usi definizioni e dimostrazioni che non ricorrano a concetti e
argomentazioni di "fisica".
Un contributo in questo
senso era già stato dato dall'ideazione della geometria
analitica (Cartesio e Fermat, XVII secolo), con cui
erano stati fusi due metodi noti sin dall'antichità, l'impiego
dell'algebra in geometria e l'uso delle coordinate, per dare una
definizione "numerica" dello spazio e dei concetti
geometrici di base.
Nella prima metà dell'Ottocento si
dimostrò l'indipendenza di Post5 dagli altri postulati e si
prospettò la possibilità di sviluppare le cosiddette
geometrie non euclidee, ma questi studi
rimasero del tutto marginali nella comunità scientifica.
È
nella seconda metà dell'Ottocento che (in relazione
all'estendersi degli ambiti di applicazione della matematica
conseguente agli sviluppi tecnologici e ai mutamenti
nell'organizzazione economica) si precisa l'esigenza di dare una
fondazione autonoma alla matematica. Inizialmente ciò accade
in riferimento all'analisi matematica: fino ad allora la
definizione delle operazioni e le proprietà dei numeri reali
erano fondate su considerazioni fisiche (la geometria intesa alla
Euclide), non ci si preoccupava di definire che cos'è una
funzione (che veniva intesa come la descrizione di una "legge"
che lega una grandezza fisica a un'altra grandezza),
.
Diventa man mano chiara la necessità di definire i
modelli matematici indipendentemente dai
contesti, di usare linguaggi formali con
una sintassi e una semantica più rigorose di quelle delle
lingue naturali,
al fine di consentire l'applicazione della
matematica ai più vari fenomeni, di rendere più
controllabili le dimostrazioni e, quindi, più sicuro
l'impiego della matematica,
e di favorire lo sviluppo stesso
della matematica (facilitare le generalizzazioni, l'individuazione di
analogie tra aree matematiche diverse, l'interpretazione di una
teoria in altre,
).
È in questo ambito che viene
messa a fuoco la concezione moderna dei sistemi
assiomatici e che, tornando alla geometria, si arriva
alle prime presentazioni "matematiche" di tipo assiomatico
della geometria, di cui la più rigorosa e, nel contempo, con
un'articolazione più vicina agli elementi di Euclide, è
quella messa a punto da Hilbert (1899):
vedi appendice 2.
L'introduzione che
Hilbert premette all'elencazione degli assiomi («Consideriamo tre diversi sistemi di oggetti
») chiarisce la natura
del metodo assiomatico matematico, ma viene oscurata dal modo in cui
sono stesi gli assiomi: per venire incontro alle difficoltà
dei suoi contemporanei di fronte all'uso del linguaggio simbolico, i
termini e le relazioni primitive vengono descritte ricorrendo a
parole del linguaggio naturale, spesso sostituite con sinonimi o
parafrasi, col rischio di far perdere al lettore la natura astratta
della formulazione, cioè la profonda differenza dalla
presentazione assiomatica di Euclide. Per cogliere meglio questo
aspetto può essere utile riscrivere gli assiomi usando dei
simboli:
il simbolo ε per indicare la relazione
"giacere": ε(A,a)
sta per "A giace su a"
il simbolo τ per indicare la relazione "fra":
τ(A,B,C)
sta per "B sta fra A e C"
il simbolo ≈ per indicare la relazione "
è congruente a
"
Gli assiomi di collegamento
caratterizzano "ε".
Ad esempio I.3 può essere riformulato così: «Data a, esistono A e B distinti tali che ε(A,a) e ε(B,a), ed esiste c tale che non ε(C,a)».
Gli
assiomi di ordinamento caratterizzano τ. Ad esempio II.1 può
essere riscritto così: «Se τ(A,B,C), allora A, B e C sono distinti, τ(C,B,A) ed esiste a tale che ε(A,a), ε(B,a) e ε(C,a)».
Gli assiomi di congruenza,
ovviamente, caratterizzano il simbolo ≈.
A questo punto possiamo
chiarire meglio perché le dimostrazioni
nell'ambito di una presentazione assiomatica della geometria
sono più "esposte" all'utilizzo implicito di
proprietà non ancora dimostrate: si usano gli stessi termini
(punto, retta, segmento,
) impiegati per descrivere il concetto
intuitivo di spazio che si vuole caratterizzare assiomaticamente, e,
quasi con un circolo vizioso, si ricorre a questo (sotto forma di
disegni) anche per guidare le dimostrazioni
.
Il rischio è più attenuato nel caso di sistemi di
assiomi che non vogliono caratterizzare un unico "oggetto
matematico", ma concetti, classi di oggetti, come nei casi degli
assiomi dei gruppi, della definizione di distanza, di probabilità,
. In questi ambiti è più chiaro anche il ruolo
della dimostrazione a partire degli assiomi: si vogliono individuare
delle proprietà che valgono per tutti gli oggetti che
verificano gli assiomi.
I libri impostati come quello di Q4 hanno
un'introduzione che fa più o meno riferimento alla concezione
matematica dei sistemi assiomatici (quella descritta da Hilbert nella
premessa), ma, poi, hanno uno svolgimento "alla Euclide"
(il 1° criterio di eguaglianza dei triangoli non è
assunto come assioma, come fa Hilbert, ma è dimostrato
riproducendo, malamente, la dimostrazione euclidea di Prop4): per
Euclide i concetti e i procedimenti impiegati traevano comunque
giustificazioni dalla loro realtà nel "mondo delle idee",
nel caso di questi libri "dimostrazioni" come quella
riportata oscurano il ruolo della matematica, la natura dei modelli
matematici.
A questo punto sospendiamo la panoramica storica, che
riprenderemo affrontando Q8.
Q7 Incominciamo dal punto
(4) del quesito, ponendoci il problema:
Che cosa vuole dire
"capire" il seguente programma?
PRINT
"Introduci M,N interi positivi non superiori a 40" |
[LOCATE r,c posiziona la "penna" del computer nella riga ra, alla ca colonna] |
Saper
eseguire passo per passo le azioni che vengono comandate al computer?
o |
IIIIIIIII |
* Sarebbe un po' come dire che è attraverso gli esperimenti che sono state messe a punto le leggi della fisica, come sostenere che gli alunni devono imparare la fisica attraverso gli esperimenti, come pensare che un fisico riproduca gli esperimenti con cui è stata convalidata una legge prima di utilizzarla nella sua attività |
* Si vedano in particolare [5] e [11]. A proposito del punto (3) del quesito, che potrebbe aprire una riflessione più ampia su natura e ruolo delle dimostrazioni, qui ci limitiamo a una breve annotazione: le dimostrazioni più comunemente svolte in un corso universitario integrano tecniche e proprietà riferite a varie aree matematiche, ricorrono a interpretazioni di una teoria matematica in un'altra (dimostrazioni di analisi che ricorrono alla geometria, di teoria dei numeri che ricorrono alla variabile complessa, ), ; all'opposto, le derivazioni della logica simbolica sono totalmente sintattiche, si presentano come una successione di applicazioni di regole di riscrittura di espressioni |
Q8 Per dimostrare la non
contradditorietà del suo sistema di assiomi
Hilbert ha dimostrato che lo "spazio cartesiano" ne è
un modello, cioè che l'interpretazione degli assiomi nello
spazio cartesiano (nel caso piano: punti come coppie di numeri reali;
rette come equazioni di primo grado; "giacere su
"
come verificare l'equazione
;
) dà luogo a
proposizioni vere. In altre parole si è ricondotto alla
geometria analitica.
Ma, dato che era già chiaro da
qualche decennio come definire i numeri reali autonomamente dalla
fisica (attraverso successive costruzioni algebriche a partire dai
numeri naturali o precisando il concetto di numero decimale
illimitato) e che quindi era soddisfacente una presentazione
analitica dello "spazio euclideo", quale
necessità c'era di darne anche una
definizione assiomatica?
Hilbert voleva dare una
forma rigorosa alla presentazione assiomatica di Euclide, cioè
dare una presentazione del concetto di spazio che fosse il più
possibile in termini puramente geometrici. Non a caso nei primi
quattro gruppi di assiomi non intervengono neanche concetti
insiemistici (l'"appartenenza" non è quella
insiemistica, ma è regolata da specifici assiomi) e solo
nell'ultimo gruppo di assiomi interviene il concetto di numero
naturale.*
* La versione di V.2 data in appendice riproduce, sostanzialmente, la formulazione della completezza per i numeri reali; quella originale era: «un modello della "geometria piana" è un modello di I, II, III, V.1 tale da non ammettere alcuna estensione propria che verifichi I, II, III, V.1» (un modello della "geometria piana euclidea" deve verificare anche IV); è una versione più difficile per il lettore non "allenato" (non è un assioma in senso stretto) ma più "autonoma" dal concetto di numero reale |
* Gli assiomi di Hilbert sono anche indipendenti ciascuno dai rimanenti; ciò è utile per studiare la portata dei vari assiomi; didatticamente, per semplificare le dimostrazioni, può a volte essere utile trascurare questo aspetto |
* così come non si vede che valenza culturale possa avere - e come possa essere portata a termine correttamente - la costruzione di R (o anche solo di Q) a partire da N, senza inquadrarla storicamente nel tentativo di fondare tutta la matematica sull'aritmetica e di dimostrare sintatticamente la non contradditorietà di una presentazione assiomatica di quest'ultima. |
A
questo punto è utile completare la panoramica storica con
qualche cenno a varianti o alternative alla presentazione
assiomatica hilbertiana.
Una prima variante è quella
che fa ricorso alla teoria degli insiemi:
le figure geometriche vengono interpretate come insiemi di punti e
sono soggette alle usuali operazioni e relazioni insiemistiche
(appartenenza, inclusione, intersezione, unione,
). Si vedano,
per esempio, gli assiomi dell'"Enriques-Amaldi",
nella prima parte dell'articolo (si noti, in particolare, che
l'assioma di Pasch II.4 viene sostituito da quello che
abbiamo indicato come 12-ASS, noto come assioma
di separazione).
Un'ulteriore variante è quella di
assumere come primitivo non il concetto di congruenza, ma quello di
movimento. Al posto degli assiomi di
congruenza abbiamo (nel caso piano):
1) | I movimenti del piano sono funzioni bigettive dal piano nel piano che (rispetto alla composizione di funzioni) costituiscono un gruppo. |
2) | Se f è un movimento e s è una semiretta di origine A, f(s) è una semiretta di origine f(A). |
3) | Se in un movimento restano fermi tre punti non allineati, tutti i punti restano fermi, cioè il movimento è la funzione identità. |
Le presentazioni fin qui discusse
vengono a volte chiamate sintetiche, per
distinguerle dalle presentazioni che fanno ricorso al concetto di
numero reale, che possono essere puramente
analitiche (punti come n-uple di numeri
reali) o ricorrere alla struttura dei numeri reali solo per
semplificare l'ordinamento della retta e l'introduzione della
continuità.
Queste seconde presentazioni, decisamente
"ibride", di cui si è iniziato a fare uso negli anni
trenta, vengono usualmente descritte come approccio
metrico alla geometria. Come concetti primitivi si
considerano due funzioni a valori in [0,∞):
d,
avente come argomenti le coppie di punti, con gli assiomi che la
caratterizzano come distanza e l'assioma del righello (per
ogni retta r esiste f: r → R bigettiva tale che d(A,B) =
| f(A) - f(B) | per ogni A,B∈r),
m, avente per
argomenti gli angoli (intesi come coppie di semirette con origine
comune), con assiomi che la caratterizzano come misura angolare
(sostanzialmente dando una rappresentazione astratta delle
caratteristiche del goniometro).
Il postulato del
righello, che, in pratica, dota la retta di un sistema di coordinate,
consente di definire la relazione "C sta tra A e B" come
"A, B e C sono allineati e d(AB) + d(BC) = d(AC)". È
evidente come la congruenza sia riconducibile a d e m.
La
continuità della retta è
"scaricata" su R.
È abbastanza facile
dimostrare sia il teorema "Retta-cerchio" (esistenza di due
punti comuni a un cerchio e a una retta che abbia un punto esterno e
uno interno al cerchio) che il teorema "Due-cerchi"
(esistenza di due punti comuni a due cerchi aventi la distanza fra i
rispettivi centri minore della somma dei rispettivi raggi: proprietà
utilizzata implicitamente da Euclide dimostrando Prop1).
Questi
teoremi sono di più difficile dimostrazione in una trattazione
sintetica. Vi sono, dunque, anche assiomatizzazioni di tipo sintetico
in cui al posto dell'assioma di completezza vengono assunti come
assiomi i due teoremi stessi. In questo modo, tuttavia, si perde la
categoricità del sistema assiomatico *
(l'"Enriques-Amaldi" introduce questi due assiomi per
affrontare la costruzione di perpendicolari, trasporti di angoli,
,
rinviando a un secondo momento, per affrontare il concetto di misura,
l'introduzione dell'assioma di completezza).
* Con tale sostituzione il sistema ha come modello sia l'usuale piano cartesiano che quello che si ottiene rimpiazzando R con l'insieme I così definito: 1∈I; se a∈I allora √(1+a²)∈I; se a,b∈I allora a+b, a-b, a·b e (se b≠0) a/b sono elementi di I |
Vi sono molti
libri di testo che utilizzano l'approccio
metrico, ma quasi tutti (non il "Prodi": vedi 5-ASS) con
errori grossolani. Ecco due tipici esempi:
il
postulato della continuità presentato come: «esiste una corrispondenza biunivoca tra la retta e R»,
non mediante l'assioma del righello o simili, senza stabilire
collegamenti con la metrica, consentendo che la retta sia zeppa di
"buchi" e che sia "limitata" (a volte si aggiunge
l'assioma "ogni retta è illimitata in entrambi i sensi",
ma senza spiegare che cosa voglia dire "illimitata");
la
lunghezza presentata, dopo aver introdotto i concetti di
distanza e di isometria, come «quel "quid" che accomuna i segmenti che appartengono a una stessa classe di equivalenza, associata alla relazione di isometria», mescolando, rozzamente («quel
"quid"
), approccio sintetico e approccio metrico: in
un approccio sintetico ha senso introdurre la lunghezza come classe
di equivalenza di segmenti congruenti, non ha alcun senso farlo se si
dispone già del concetto di distanza.
Negli anni sessanta
sono state proposte alcune "eleganti" caratterizzazioni
puramente algebriche della geometria. Famose sono quella proposta da
Blumenthal (lo spazio euclideo come spazio metrico completo,
dotato di un determinante opportunamente definito, che verifica
quattro assiomi dalla formulazione molto "semplice") e,
soprattutto, quella proposta da Dieudonné:
il piano [lo spazio] euclideo come spazio vettoriale su R munito di
un prodotto scalare ×
(la distanza tra P e Q diventa √((P-Q)×(P-Q))).
Anche queste sono formulazioni
equivalenti a quelle di Hilbert, ma
si perde ogni collegamento
diretto con l'intuizione spaziale. La presentazione di Dieudonné
è particolarmente economica e è indubbiamente
significativa nell'ambito di in un corso universitario, ma, ahimè,
Dieudonné, col motto «abbasso Euclide» la propose come
punto di riferimento per l'insegnamento nella scuola
secondaria!
Choquet, negli
stessi anni, cercò di realizzare un compromesso tra la
geometria intesa come struttura algebrica e la geometria "classica",
definendo i vettori e il prodotto scalare non assiomaticamente, ma a
partire da assiomi più "geometrici":
postulati
di incidenza e di ordine (sostanzialmente il I, il II e il IV gruppo
di assiomi di Hilbert),
postulati di struttura affine
(sostanzialmente, il postulato del righello e il "teorema di
Talete"), e definizione dei vettori,
postulati di
struttura metrica (assiomi che caratterizzano la nozione di
perpendicolarità), e definizione del prodotto scalare.
La
presentazione assiomatica di "Prodi" può
essere considerata una variante del sistema proposto da Choquet che
cerca di ridurne i formalismi e accentuare i collegamenti con
l'intuizione spaziale. Una differenza che val la pena di sottolineare
è la definizione di angolo. Choquet, dopo aver
criticato le usuali definizioni di angolo, propone un'altra
definizione o, meglio, definisce un'altra cosa: chiama angoli in P
non delle figure, ma le rotazioni di centro P (cioè le
isometrie che lasciano fisso il solo punto P), e lo fa dopo uno
studio sistematico delle isometrie. Prodi, invece, anticipa la
definizione di angolo, che dà "alla Hilbert", come
coppia di semirette.
Vi sono diversi libri di
testo che si sono ispirati alle proposte di Choquet, ma
anche in questo caso spesso con errori abbastanza vistosi. Tipico è
quello di far seguire alla definizione di angolo
come rotazione (alla Choquet, non come parte di piano generata da una
semiretta che ruota attorno all'origine) definizioni e teoremi in cui
si fa riferimento ad angoli intesi come figure (ad es. la definizione
di bisettrice di un angolo come asse di simmetria dei suoi lati,
mentre gli angoli alla Choquet non hanno lati!).*
* Nella sintesi storica non ci si è soffermati sulla caratterizzazione generale della geometria data nel 1872 da Klein: «dato un insieme S di elemnti (ad es. punti, rette, cerchi, ) e un gruppo G di trasformazioni applicate a S, la geometria associata a S e G è lo studio delle proprietà di S che rimangono invariate se a S sono applicate trasformazioni appartenenti a G». In questo modo venne precisato (e relativizzato) il significato di proprietà geometrica (se G è il gruppo dei movimenti abbiamo le proprietà metriche, se è il gruppo delle trasformazioni lineari abbiamo le proprietà affini, |
Q9 Per ottenere la figura B dalla figura A posso procedere nel modo illustrato a lato. Non è l'unico modo possibile. Si può anche procedere così: o così: o così: |
Il quesito, illustrando attività di costruzione geometrica al calcolatore mediante un semplice programma di tipo "paint" (cioè che realizza e memorizza i disegni come insiemi di pixel*), mette in luce le opportunità didattiche che offre l'uso di una applicazione per fare disegni al calcolatore: che cosa fanno i vari comandi? a quali costruzioni e quali trasformazioni geometriche corrispondono? quali conoscenze geometriche (e in che forma) sono incorporate in una applicazione di questo tipo?
* a differenza dei programmi di tipo "draw" (o "vettoriale"), che possono memorizzare separatamente le componenti di un disegno, registrare un segmento come coppia di punti, un poligono come successione finita di punti, |
L'asta AB ruota man mano di 0.1°; dopo l'immagine riportata a destra il programma si arresta segnalando un errore di fuori dominio: 58.2° è il troncamento ai decimi di grado dell'inclinazione massima che può raggiungere l'asta AB. |
Q10 Nel discutere il quesito ci riferiremo alla griglia riprodotta nella prima parte dell'articolo (e terremo conto delle osservazioni dei partecipanti agli incontri di aggiornamento in cui si sono proposti i quesiti), anche se per problemi di spazio trascuremo alcuni aspetti (su cui il lettore-insegnante è comunque invitato a riflettere).
A.1-2, C.2 Nei
programmi della scuola dell'obbligo e in quelli del biennio e, in
parte, in quelli del triennio, sono presenti gli stessi temi e gli
stessi argomenti, ma non emerge con sufficiente chiarezza quali
debbano essere man mano i diversi livelli di formalizzazione rispetto
al ciclo scolastico precedente.
A noi pare che gli
obiettivi che sarebbe importante
raggiungere nella scuola media inferiore e
privilegiare nelle verifiche iniziali e nel
recupero nel biennio (all'inizio della
prima classe o prima di affrontare specifici argomenti) siano più
quelli di "atteggiamento cognitivo" e di capacità di
"operare" consapevolmente con le conoscenze di base per
risolvere problemi. Ad esempio:
(a) saper usare
strumenti di misura (righello, goniometro,
cilindro graduato, bilancia,
) per determinare estensioni
(direttamente o misurando altre grandezze fisiche con cui esistano
legami di proporzionalità), saper calcolare l'area di qualche
figura "strana" usando quadrettature o mediante
triangolarizzazioni, saper confrontare ad occhio l'ampiezza di
angoli disegnati (prescindendo dalle dimensioni dei segmenti con cui
sono sono stati rappresentati i lati), saper associare a una
misurazione la corrispondente precisione, avere idea che la
precisione sulle misure dirette influisce sulla precisione delle
misure indirette,
più che saper recitare formule
(dirette e inverse) per il calcolo di aree di figure standard, essere
addestrati a risolvere problemi stereotipati con coni sovrapposti a
cubi,
;
(b) saper usare strumenti da
disegno (tracciare perpendicolari e parallele
usando squadra e riga,
), sapersi organizzare il "foglio
di lavoro" (dal problema della scelta delle unità sugli
assi al problema del dove e quali figure disegnare per prime per
ottenere una certa figura composta), saper schematizzare con figure
astratte situazioni concrete, saper passare da una descrizione
verbale di una figura al suo disegno e viceversa,
più
che ripetere definizioni e saper identificare con disinvoltura figure
o elementi di figure disposte in modi "standard";
(c) saper
costruire/interpretare riproduzioni in scala (utilizzando equazioni
del tipo y=kx, non con le famigerate regolette ad hoc per le
proporzioni), saper calcolare distanze inacessibili utilizzando
similitudini, saper associare ombre a oggetti e
altri trasformati a figure originali,
più
che conoscere i termini "trasformazioni affini",
"omotetie",
(d) aver
riflettuto (non genericamente) sulle differenze tra linguaggio
comune e linguaggi specialistici, aver svolto (in contesti semplici,
ma non banali) qualche attività di
sperimentazione-congettura-verifica-dimostrazione,
avere confidenza con il ricondurre problemi ad altri
problemi (ricondurre problemi di tipo geometrico ad altri problemi di
tipo geometrico sono esempi in questo senso anche alcune delle
attività considerate in (a) , realizzare o interpretare
rappresentazioni grafiche di relazioni tra grandezze, visualizzare
geometricamente proprietà algebriche,
),
più
che aver imparato cose del tipo «il punto è l'ente geometrico senza dimensioni», «non si deve parlare di triangoli uguali ma di triangoli congruenti perché in matematica due oggetti sono uguali solo se sono la stessa cosa»,
C.1 Per esemplificare i livelli
più alti di formalizzazione e precisione linguistica, di
generalizzazione, di riflessione "interna",
a
cui si deve puntare nel biennio, possiamo
citare:
(a) l'uso delle coordinate non
solo per rappresentare graficamente dati e funzioni ma come modo di
fare geometria,
(b) il teorema di Pitagora
non solo per risolvere problemi ma anche come cardine della metrica
euclidea,
(c) le trasformazioni geometriche
presentate anche analiticamente e mettendo a fuoco il concetto di
"invariante".
B.1-2 Rispetto ai
"vecchi" programmi vi sono grosse novità,
tutte più o meno riconducibili all'esigenza di raccordarsi ai
programmi della scuola media (del 1979): l'introduzione della
geometria analitica (i programmi del liceo scientifico
prevedevano solamente l'impiego del sistema di riferimento cartesiano
per il tracciamento del grafico di alcune funzioni) e delle
trasformazioni geometriche, il rinvio a eventuali studi
successivi di una presentazione assiomatica della geometria,
il suggerimento di integrare metodi sintetici, metodi analitici,
utilizzo di trasformazioni geometriche,
nelle definizioni
e nelle dimostrazioni, e indicazioni metodologiche generali in cui
si invitano gli insegnanti a dare rilievo alla matematizzazione,
a definire itinerari didattici che riorganizzino e integrino gli
argomenti delle varie aree matematiche.
Vi sono, però,
vari punti dei nuovi programmi (sia nell'elenco dei contenuti che nei
successivi commenti) che sollevano perplessità
(sia didattiche che culturali):
(a) l'aver
aggiunto (rispetto alla versione PNI) dopo «piano cartesiano»
la specificazione «: retta, parabola, iperbole equilatera» sembra consentire di ridurre la geometria
analitica al grafico di qualche funzione invece che assumerla come
modo di fare geometria; la mancanza delle similitudini e del
Teorema di Talete nel programma debole compromette la messa a fuoco
dei collegamenti tra approccio sintetico e approccio analitico (a
meno che non si ricorra alle similitudini in senso prematematico);
si parla di introduzione del piano cartesiano come "modello"
del piano euclideo, ma il riferimento al concetto di "modello
di un sistema di assiomi" è contraddittorio con la
rinuncia a una presentazione assiomatica (a meno che non si intenda
il piano cartesiano come "modello matematico" del concetto
prematematico di piano euclideo);
(b) non è
più presente (rispetto alla versione PNI) il cerchio
tra gli esempi di geometria analitica mentre (sia come curva che come
luogo geometrico) è tra gli esempi più semplici e più
significativi; le funzioni trigonometriche sono limitate agli
angoli convessi (e le rotazioni? e i radianti, indispensabili per
l'uso delle funzioni trigonometriche dei linguaggi di programmazione?
) e non è presa in considerazione la funzione tangente
(e il collegamento tra angoli e coefficienti angolari?
); non
è citata la possibilità di introdurre il concetto di
vettore e di impiegarlo per lo sviluppo della
geometria;
(c) per la geometria, dalla finalità
di «descrivere e studiare razionalmente uno spazio» (PNI) si sia passati alla visione come «guida privilegiata alla consapevolezza argomentativa»
(Brocca): il rilievo si è spostato dalla "matematizzazione"
alla "argomentazione", lasciando intendere che le altre
aree matematiche offrano/richiedano meno spazio per il ragionamento,
trascurando le difficoltà specifiche delle dimostrazioni
geometriche (le ipotesi implicite aggiunte illustrando il teorema
con una figura particolare, la difficoltà di separare
intuizione "fisica" e argomentazione "formale",
, di cui si è discusso esaminando i quesiti), non
tenendo conto che il contesto delle attività di manipolazione
algebrica (trasformare un termine o un'equazione attraverso passaggi
successivi, applicando opportune proprietà) è forse più
adatto per comprendere l'articolazione delle dimostrazioni,
D, E Affronteremo gli ultimi punti della griglia illustrando l'impostazione che abbiamo dato all'insegnamento della geometria nel progetto che stiamo costruendo.*
* Al materiale didattico che stiamo elaborando abbiamo deciso di dare veste editoriale affinché gli insegnanti che lo sperimentano possano adottarlo come testo, liberando la sperimentazione dal condizionamento di libri di testo con impostazione divergente. Vedi il punto [9] della bibliografia. |
(a) In accordo con quanto
indicato dai nuovi programmi, ritenevamo non proponibile una
definizione assiomatica del piano (o dello spazio) euclideo, proprio
per le difficoltà didattiche e concettuali esaminate in questo
articolo discutendo i precedenti quesiti. Nello stesso tempo ci
sembrava necessario, nella scuola secondaria superiore, dare una
presentazione matematica, non solo sperimentale (nel
senso "fisico" del termine), della geometria, sia per
fornire una visione più esplicita e precisa della natura della
matematica, sia per inquadrare meglio il significato delle
dimostrazioni.
(b) L'impostazione
dell'"Enriques-Amaldi" sembrava risolvere, almeno
parzialmente, (a): la geometria non viene presentata come una
"definizione assiomatica" di uno spazio astratto (non
abbiamo capitoli introduttivi che, come nel caso del libro del
quesito 4, tentano di spiegare quanto asserito da Hilbert nella sua
premessa agli assiomi), ma il modo in cui vengono man mano introdotti
gli assiomi e svolte le dimostrazioni (traendo spunti, facendo
confronti, mettendo a fuoco le approssimazioni, evidenziando le
"economie" di ragionamento,
rispetto a verifiche e
costruzioni "sperimentali") mirano piuttosto a far
percepire la natura e gli scopi di una organizzazione razionale delle
conoscenze, a educare all'uso del linguaggio e del ragionamento,
. Ma non ci soddisfaceva il riferimento, troppo ristretto, allo
spazio della "fisica" e, soprattutto, non ci sembrava che
questi obiettivi educativi oggi (a quasi un secolo dall'ideazione
dell'impostazione di tale libro), di fronte agli enormi sviluppi che
ha avuto la matematica e alle molte forme attraverso cui essa si è
diffusa nelle professioni e nella vita di tutti i giorni, potessero
essere raggiunti attraverso una così estesa e "isolata"
trattazione della geometria euclidea.
(c) Un
ultima questione era costituita dalle indicazioni contenutistiche dei
nuovi programmi: l'introduzione di nuovi argomenti era in
accordo con le considerazioni finali del precedente punto (b), ma
l'assenza di altri argomenti (di cui abbiamo discusso nelle pagine
precedenti) sembrava pregiudicare la possibilità di una
adeguata presentazione "matematica" della geometria.
Abbiamo risolto questo problema interpretando queste "assenze"
nel modo che ci sembra più naturale: non come dei suggerimenti
a non affrontare gli argomenti non citati, ma come un modo di
cautelarsi da una loro presentazione sistematica, formalizzata,
macchinosa, con classificazioni in casi e sottocasi,
(come
avviene in genere nelle implementazioni editoriali dei programmi
scolastici), sottointendendo che, se si trovano dei naturali intrecci
con altri concetti previsti dai programmi e se non sono necessari
particolari prerequisiti, questi argomenti possono essere affrontati,
lasciando ai livelli scolastici successivi una loro maggiore
formalizzazione.
Abbiamo, quindi, scelto un'impostazione che
possiamo sintetizzare così (rinviando ai volumi del progetto
e alla relativa guida per una descrizione
dettagliata):
Introduzione di alcuni concetti geometrici per via analitica (dopo aver introdotto
la struttura dei numeri reali costruttivamente, come numeri decimali
illimitati dotati di una opportuna nozione di eguaglianza e di
opportune operazioni, definite algoritmicamente). Riferendosi al
piano: punto
come coppia di numeri reali, figura
come insieme di punti, traslazione
come particolare funzione numerica a 2 input e 2 output,
distanza
come opportuna funzione numerica a 4 input 1 output,
direzione
come elemento dell'intervallo [0,360),
Introduzione
di altri concetti, trattazione di problemi e dimostrazioni,
a
volte analiticamente, a volte sinteticamente (ad esempio una
semiretta, invece che analiticamente, mediante un sistema
equazione+disequazione, può essere descritta come l'insieme di
punti in cui un punto dato può essere trasformato mediante
traslazioni di direzione fissata).
Questi
concetti vengono introdotti man mano come modelli matematici
che astraggono e generalizzano concetti "fisici" (dalle
posizioni su righe e su superfici individuate con strumenti di misura
ai punti come n-uple di numeri, dalle direzioni scandite da un
goniometro alla associazione di un intervallo [a,b) ai punti del
cerchio x2+y2=1,
), dopo lo svolgimento di riflessioni e attività
operative (con strumenti da disegno e di misura) in situazioni
"concrete".
In
particolare il piano euclideo è introdotto come R2
dotato della distanza euclidea, ma si considerano anche altre
distanze (in particolare la distanza urbanistica). E si considerano
anche altri spazi, di tipo fisico (gli spazi mono e
tridimensionali, la geometria della sfera, la geometria dell'indice
grafico dell'orario ferroviario,
) e no (i grafi per
rappresentare relazioni tra oggetti,
).
Indicazioni bibliografiche
Riferimenti "tecnici":
[2], [12], [10], [8], [3], [4].
Riferimenti
"storico-epistemologici": [11], [8], [1], [10]
(l'introduzione di Manara), [13], [14]; per altre indicazioni
bibliografiche vedi [5].
Riferimenti "didattici":
[5] - [7], [9], [15].
[1] | Israel G. - Lomabrdo Radice L. - Taton R. e altri, Storia della scienza - vol. II, Laterza, Bari, 1976 |
[2] | Accascina G. - Villani V., Geometria, ETS, Pisa, 1983 |
[3] | Blumenthal L., A modern view of Geometry, Freeman, S.Francisco, 1961 |
[4] | Choquet G., L'enseignement de la géométrie, Hermann, Paris, 1964 |
[5] | Dapueto C., La problematica del definire e del dimostrare nella costruzione di un progetto per l'insegnamento della matematica, in: F.Furinghetti (a cura di), Atti del 2° internucleo scuola secondaria superiore, Progetto T.I.D.-Formazione e aggiornamento in matematica degli insegnanti, quaderno 13, 1992 |
[6] | (a cura di), MaCoSa, vol. 1 - Guida per gli insegnanti, Rapporto Tecnico, Dipartimento di Matematica dell'Università, Genova, 1994 |
[7] | , Relazione del gruppo di lavoro "L'impostazione dell'insegnamento della geometria nella scuola secondaria superiore", in: Atti del XVII Convegno dell'U.M.I. sull'Insegnamento della Matematica (Latina, ottobre 1994) |
[8] | Enriques F. (a cura di), Questioni riguardanti le matematiche elementari, Zanichelli, Bologna, 1924-1927 |
[9] | Gruppo didattico MaCoSa, MaCoSa: Matematica per Conoscere e per Sapere, vol. 1, Casa Editrice Maggi, Ceranesi, 1994 |
[10] | Hilbert D., Fondamenti della Geometria, Feltrinelli, Milano, 1970 |
[11] | Lolli G., Capire una dimostrazione, Il Mulino, Bologna, 1988 |
[12] | Moise E.E., Elementary Geometry from an advanced standpoint, Addison-Wesley, Reading, 1963 |
[13] | Rota G.C., Matematica e filosofia: storia di un malinteso, B.U.M.I., 7, 1990 |
[14] | Russell B., Storia della filosofia occidentale, Longanesi, Milano, 1966 |
[15] | Zeitler H., Axiomatics of Geometry in School and in Science, For the Learning of Mathematics, vol. 10, 1990 |
Appendice 1: dagli Elementi di Euclide
Definizioni (Def) [estratto: in tutto sono 23]
1 | Un PUNTO è ciò che non ha parti |
2 | Una LINEA è lunghezza senza larghezza |
3 | Le estremità di una linea sono punti |
4 | Una LINEA RETTA è una linea che giace uniformemente rispetto ai suoi punti |
5 | Una SUPERFICIE è ciò che ha soltanto lunghezza e larghezza |
6 | Le estremità di una superficie sono linee |
7 | Una SUPERFICIE PIANA è una superficie che giace uniformemente rispetto alle linee rette su di essa |
8 | Un ANGOLO PIANO è l'inclinazione reciproca di due linee in un piano che si incontrano e non giacciono in linea retta |
13 | Un CONTORNO è ciò che è all'estremità di ogni cosa |
14 | Una FIGURA è ciò che è contenuto da qualche contorno |
15 | Un CERCHIO è una figura piana contenuta da una linea tale che tutte le linee rette che la incontrano da un punto fra quelli che giacciono dentro la figura sono uguali l'una con l'altra |
16 | E quel punto è detto il CENTRO del cerchio |
19 | FIGURE rettilinee sono quelle che sono contenute da linee rette, TRILATERE quelle contenute da tre, QUADRILATERE quelle contenute da quattro e MULTILATERE quelle contenute da più di quattro |
20 | Delle figure trilatere, un TRIANGOLO EQUILATERO è quella che ha tre lati uguali, un TRIANGOLO ISOSCELE quella che ha soltanto due dei suoi lati uguali, e un TRIANGOLO SCALENO quella che ha i suoi tre lati ineguali. |
1 | Cose che sono uguali a una stessa cosa sono anche uguali fra loro |
3 | Se uguali sono sottratti da uguali, i rimanenti sono uguali |
7 | Cose che coincidono l'una con l'altra sono uguali fra loro |
1 | Si tracci una linea retta da un punto qualsiasi a un punto qualsiasi |
2 | Si prolunghi una linea retta terminata con continuità su una linea retta |
3 | Si descriva un cerchio con qualunque centro e distanza |
4 | Tutti gli angoli retti siano uguali fra loro |
5 | Se una linea retta incontrando due linee rette forma da una stessa parte angoli interni minori di due retti, le due linee rette, se prolungate indefinitamente, si incontrino dalla parte in cui vi sono gli angoli minori di due retti |