La matematica e i suoi modelli
Un esempio tratto dalla vita quotidiana

Considerazioni generali
scheda 1
scheda 2
scheda 3
    Indice guide

La guida della prima unità didattica, La matematica e i suoi modelli, è particolarmente estesa,

– un po' per la natura dell'unità didattica stessa (che cerca di esplorare le conoscenze degli alunni e di introdurli a un nuovo modo di lavorare, e quindi comporta indicazioni per la gestione delle discussioni, per l'interpretazione delle risposte degli alunni, per guidarli ad organizzarsi il lavoro, a gestire le schede, …),

– un po' perché alcune indicazioni per la conduzione delle lezioni sono motivate e sviluppate abbastanza a fondo, in modo da essere riprese più sinteticamente nelle guide delle unità didattiche successive.

In altre parole, questa prima guida è da interpretare anche come una illustrazione di alcuni aspetti didattici che ci sembrano fondamentali: rapporti tra situazione, modello matematico, elaborazione "interna" del modello, …; diversità e interazioni tra linguaggio naturale (orale e scritto) e linguaggi specialistici (formalizzati e non, matematici e non, …); rapporti tra nozioni "scolastiche" e discipline, tra apprendimenti e comportamenti "scolastici" e il modo in cui si apprende e si risolvono i problemi nelle professioni e nella vita quotidiana, …

Finalità

Questa u.d. ha varie finalità:

– dare agli alunni un’idea del modo in cui si lavorerà: uso di schede di lavoro, momenti di lavoro individuale, discussioni collettive, spiegazioni "alla lavagna" dell’insegnante, …

– ricostruire il significato della matematica, cioè che cosa è e a che cosa serve: concetti matematici per rappresentare situazioni (modelli matematici), utilità e limiti dei modelli matematici, attività "interna" (studio astratto delle proprietà dei modelli, indipendentemente dalle situazioni che possono rappresentare), …;

– esplorare la "matematica" che gli alunni hanno fatto nella scuola media inferiore e prospettare loro quella che si farà, prefigurando anche il piano di lavoro (uu.dd. in cui vengono introdotti concetti matematici sviluppando temi non matematici, uu.dd. in cui i temi matematici vengono approfonditi internamente e storicamente, esercizi di consolidamento, …);

– incominciare a rompere le rappresentazioni distorte della matematica eventualmente consolidatesi nei precedenti livelli scolastici (ad es.: la separazione a compartimenti stagni tra "aritmetica e "geometria", che a volte gli alunni distinguono addirittura in "matematica" e "geometria"; l’idea che la soluzione di un problema ottenuta mediante la matematica sia "esatta", e "unica"; …);

– fare una prima parziale verifica dei livelli di ingresso degli alunni, esplorando anche abilità di ragionamento "in situazione", di misurazione e intervento operativo, di espressione e comunicazione verbale non formalizzata, … che, in genere, sono trascurate nelle impostazioni tradizionali più "chiuse";

– con questa esplorazione/sollecitazione di prestazioni (che sarà presente anche nelle successive uu.dd.) si vuole pure dare un’idea della varietà del lavoro e delle attività che verranno proposte, cercando di valorizzare il contributo che tutti potranno dare e di mettere, implicitamente, in discussione le gerarchie di bravura in matematica eventualmente formatesi nelle classi precedenti e interiorizzate dagli alunni (quello che era e si credeva "più bravo" non è detto che sia ancora tale, in quello che non si sentiva "tagliato" per la matematica potrebbero nascere nuove motivazioni e "scattare" nuovi livelli di comprensione, di interiorizzazione di concetti, di interconnessione tra concetti acquisiti in maniera frammentata, … che potrebbero ribaltare le valutazioni scolastiche precedenti); naturalmente è bene che, soprattutto in questa fase, l’insegnante curi il linguaggio che impiega, cercando di ridurre (ed eventualmente spiegare) le espressioni formalizzate.

Gestione

Le finalità particolari di questa u.d. fanno propendere per una gestione collettiva delle schede: le schede possono essere lette dagli alunni e man mano commentate dall’insegnante o possono essere impiegate dall’insegnante come traccia per condurre oralmente le lezioni, lasciando agli alunni l’osservazione delle figure, tabelle e formule a cui man mano ci si riferisce e la lettura dei quesiti. In questa seconda ipotesi la lettura completa delle schede può essere di volta in volta assegnata come ripasso e consolidamento da svolgere come "compito a casa".

Questa gestione è opportuna anche perché gli alunni devono essere gradualmente messi in grado di usare una scheda di lavoro: leggerla (gli alunni, specie per quanto riguarda la matematica, non sono abituati a leggere, e a leggere comprendendo man mano ciò che leggono), capire il significato dei quesiti (in genere non è a sé stante, come accade per certi "problemi scolastici", ma dipende dal contesto del discorso), affrontare la soluzione e scrivere sinteticamente e comprensibilmente le risposte (gli alunni, specie in matematica, non sono neanche molto abituati a scrivere, se non seguendo alcuni modelli standard, prefabbricati per i vari tipi di "problemi").

In particolare può essere utile affrontare i vari quesiti collettivamente, alternando momenti di riflessione individuali (o a gruppi o a "banchi") e momenti di confronto tra gli alunni (e l’insegnante), concordare alla fine la (o le) risposte corrette (o migliori), dare ai singoli alunni (o ai gruppi …) il compito di mettere per iscritto le risposte e, infine, confrontare queste e concordare una risposta comune. A memoria della discussione e delle difficoltà incontrate, potrebbe essere utile far scrivere sulla scheda a ogni alunno sia la risposta "singola" che quella "comune". Naturalmente questo suggerimento non va interpretato rigidamente: vi sono alcuni quesiti abbastanza semplici che in alcune classi possono avere una gestione meno complessa, ve ne sono altri più difficili (come i quesiti 7 e 8 nella scheda 1) che in molte classi dovranno essere affrontati direttamente in maniera collettiva.

La verifica delle condizioni di ingresso degli alunni non è stata affidata a dei test specifici ma alla gestione delle discussioni da parte dell’insegnante (che cercherà di stimolare e incoraggiare l’intervento della maggior parte possibile di alunni), all’osservazione di come essi intervengono e, nei momenti di lavoro individuale, come lavorano nei banchi. Ad integrazione di questa verifica "dal vivo" possono essere impiegati i quesiti presenti nelle parti 1 e 2 dell'Eserciziario, che sono stati pensati per poter essere assegnati per casa (i fogli con le soluzioni dovrebbero poi essere consegnati all’insegnante) e poi, possibilmente, corretti in classe.

Si è ritenuto inopportuno affidare la verifica dei livelli di ingresso a una batteria di quiz su più argomenti. Ciò per vari motivi:

– le abilità, le conoscenze, gli atteggiamenti verificabili con strumenti di tal genere sono parziali, come si è implicitamente già osservato nei punti precedenti della presente guida;

– le prestazioni degli alunni di fronte a prove "ad hoc" non hanno esiti attendibili, specie in una fase iniziale, di non conoscenza delle modalità e della natura del lavoro che si svolgerà durante l’anno e del "contratto didattico" con l’insegnante (cosa, come, quando dare e ricevere), ma possono essere influenzate negativamente da evidenti aspetti psicologici e dalla carenza di motivazioni conoscitive;

– dopo che gli alunni hanno affrontato i quesiti dovrebbero essere discusse le risposte, corretti gli errori, …, e, se i quesiti sono su più argomenti, non si vede come ciò sia realizzabile in maniera didatticamente efficace: non si può saltellare da un argomento all’altro.

L’esplorazione delle conoscenze e delle capacità degli alunni potrà proseguire nelle uu. dd. successive, sia "in situazione", sia con "appositi quesiti" proposti man mano che si affrontano nuovi argomenti (ma si tratterà di quesiti che si presenteranno come volti a verificare non tanto che cosa ha imparato l’alunno quanto che cosa deve essere rivisto, conosciuto meglio o studiato ex novo per affrontare i nuovi argomenti).

Contenuti

L’u.d. assume "un esempio tratto dalla vita quotidiana" e, in particolare, l’organizzazione di un viaggio in treno, come situazione attorno alla quale sviluppare l’introduzione al lavoro e alla "matematica" che si studierà. La situazione scelta infatti:

– offre occasioni per affrontare strumenti e argomenti matematici abbastanza vari, ma ad un livello elementare, operativo e non troppo formalizzato,

– consente di mettere in luce quanta matematica sia "incorporata" nelle "cose" che ci circondano ("cose" nel senso di "cose costruite dall'uomo" usando più o meno esplicitamente la matematica, non nel senso di "oggetti e fenomeni naturali"!) e quanta matematica sia necessario usare, più o meno esplicitamente, per capire o operare scelte,

– permette di presentare modelli matematici diversi di uno stesso fenomeno e di valutarne limiti e vantaggi, e, infine,

– presenta un contesto abbastanza interessante per gli alunni (che hanno un’età in cui incominciano a spostarsi e a viaggiare da soli), e che comunque è loro noto e da loro padroneggiabile.

Naturalmente invece di questa situazione se ne potevano scegliere altre che avessero questi requisiti.

Rinviamo alla tabella presente nella Presentazione per l'articolazione delle schede e per gli argomenti matematici in esse affrontati. A proposito di questi, osserviamo che, date le finalità esplorative-illustrative di questa u.d., le schede presentano solo cenni, esercizi, esempi d'uso che troveranno una adeguata sistemazione disciplinare in uu. dd. successive.

Il contenuto delle schede può essere così riassunto:

scheda 1: come scegliere l'itinerario in treno per raggiungere una certa località in relazione a chilometraggio e tempi, discussione dell'utilità e dei limiti dei modelli matematici (numerici, grafici, algebrici, …) incontrati per affrontare questo problema, esempi di altri modelli matematici e di modelli in generale;

scheda 2: riflessioni sulla "funzione" chilometraggio prezzo (sue rappresentazione e approssimazioni grafiche, algebriche e algoritmiche), scelta tra tipi di biglietto, analisi e discussione sulla velocità del treno lungo il percorso;

scheda 3: prima sistemazione dei concetti di "modello" e di "modello matematico", riflessioni sulle esperienze scolastiche precedenti e sul ruolo delle diverse discipline, illustrazione del piano di lavoro e, in particolare, del modo in cui verrà affrontato lo studio della matematica.

Tempi

Le schede non rappresentano singole lezioni ma costituiscono dei segmenti di lavoro che hanno una certa unità tematica e che possono essere gestiti in più ore e più giorni. Il tempo complessivo può variare abbastanza, specie per una u.d. come questa, collocata all’inizio dell’anno scolastico e volta a conoscere meglio la classe (anche se si tratta di attività introduttive è bene non svolgere superficialmente l'u.d., «per non sprecare tempo e arrivare al sodo»: una migliore conoscenza alunni-insegnante e un approfondimento delle motivazioni dell'insegnamento possono dar luogo a condizioni di lavoro in classe che faranno risparmiare tempo in futuro).

Si tenga comunque presente che all’inizio dell’anno gli alunni hanno ancora abbastanza tempo a disposizione e che, d’altra parte, in particolare, all’inizio della classe prima, hanno voglia/bisogno di fare, di mettersi alla prova, di essere organizzati, di avere subito un’idea concreta del modo in cui si lavorerà durante l’anno e del contratto didattico da instaurare con l’insegnante. E` opportuno sfruttare al massimo e al meglio questo interesse e questa disponibilità.

Per dare qualche riferimento, tenendo conto dell'esperienza degli anni scorsi e delle modifiche subite dalle schede, possiamo prevedere un tempo complessivo di 10±3 ore.

Le difficoltà che hanno determinato la maggiore durata in alcune classi rispetto ad altre sono state più di tipo linguistico che di tipo matematico: molti alunni hanno notevoli difficoltà nella comprensione (e produzione) di informazioni, ragionamenti, … nel linguaggio verbale, orale e, soprattutto, scritto. Si tratta di un aspetto da curare particolarmente sin dall'inizio: di queste difficoltà non deve farsi carico solo l'insegnante di lettere, sia perché fanno riferimento a obiettivi educativi di tipo generale, sia perché sono all'origine di molti problemi di apprendimento matematico (comprendere definizioni, argomentazioni, testi di problemi; organizzare e comunicare un proprio ragionamento; …).

Scheda 1

Il paragrafo 0 (§0) potrebbe essere illustrato a voce dall’insegnante in parte all’inizio, in parte durante o alla fine della scheda. Per rendere più concrete alcune considerazioni può essere utile portare in classe un orario ferroviario (§1), un atlante geografico e un globo terrestre girevole (§2, §3), e, dopo le rispettive attività in classe, invitare gli alunni a consultare gli orari ferroviari che abbiano eventualmente a casa, a osservare a casa le differenze tra rappresentazioni cartografiche in loro possesso, …

1.1.1 In questo indice grafico (che è tratto dall’"Orario Palagi") il doppio cerchio con il cerchio interno nero non indica città particolarmente popolose o i capoluoghi di regione, come accade in genere nelle carte geografiche, ma capoluoghi di provincia che sono nodi ferroviari di particolare importanza. La finalità è, infatti, solo quella di agevolare la individuazione delle linee ferroviarie. Si sottolinei che i numeri a fianco delle varie linee non rappresentano distanze chilometriche ma i numeri dei quadri.

1.1.2 I quadri orari sono stati riprodotti solo parzialmente, limitandosi alle fasce orarie che interessano i Van Per Tren; per semplificare la lettura, nel caso di stazioni che presentano sia l’ora di arrivo che quella di partenza è stata indicata solo l’ora significativa (ad es. per Verona nel quadro 56 è stata indicata l’ora di partenza).

1.1.3 I quesiti 2 e 3 mettono in luce che la "brevità" può essere intesa "spazialmente" o "temporalmente".
    Per rispondere ai quesiti occorre calcolare delle differenze di chilometraggi e di tempi. Se rappresentiamo i numeri (sia espressi in forma decimale sia espressi in forma sessagesimale) mediante una retta, la lunghezza del tratto di linea tra due stazioni e il tempo intercorso tra due istanti si presentano come una distanza: la lunghezza della parte di retta da percorrere per passare da un punto a un altro punto.

    E` un problema della forma a+?=b: occorre trovare il numero da aggiungere ad a per ottenere b. La strategia risolutiva naturale è quella per complemento e, con i dati numerici dei nostri quesiti, è anche la più comoda per il calcolo mentale: per passare da 148 a 200 devo aggiungere 52. Per passare dalle 8:44 alle 11:20 aggiungo 16 minuti e sono alle 9; con altre 2 ore (120 min) e poi altri 20 minuti arrivo alle 11:20; quindi in tutto devo aggiungere 156 minuti. Se qualche alunno ha difficoltà a calcolare queste differenze può essere utile ricorre a spiegazioni riferite alla rappresentazione grafica (per i tempi si può anche usare un arco di circonferenza); nell'Eserciziario, parte 1 ("Dopo LMSM-1") sono presenti esercizi utilizzabili per attività di questo genere.

    Non è assolutamente il caso di soffermarsi sull’algoritmo (meccanico) per calcolare la sottrazione tra numeri in notazione sessagesimale (si tornerà su esso nella scheda 2). E` invece utile far esplicitare e riflettere sui calcoli mentali svolti dagli alunni.
    Infatti da una parte è prioritario che cerchino di effettuare questi calcoli usando (in maniera trasparente) l'equivalenza 1h=60min; addestrare ai procedimenti standardizzati per i calcoli in base 60 senza la comprensione del meccanismo del "cambio" produrrebbe un apprendimento puramente mnemonico e di breve durata: gli alunni infatti non avrebbero occasioni, né scolastiche né di vita, per riutilizzarli.
    Dall'altra, a monte delle difficoltà di alcuni alunni ad affrontare questi problemi (che, magari, "in situazione" sarebbero in grado di risolvere mentalmente) vi può essere il tentativo ("a scuola") di esprimere la soluzione del problema sotto forma di operazione aritmetica (200-148; 11:20-8:44) e, accoppiata, la difficoltà a far ciò in questi casi, soprattutto nel caso delle differenze temporali. In vero le difficoltà sono giustificabili: come abbiamo già osservato il problema ha come modello l'operazione di addizione e per il calcolo mentale non è necessario trasformare a+?=b in ?=b-a.
    Ricordiamo, brevemente, a "livello adulto" (ma impiegando rappresentazioni grafiche che possono essere impiegate anche con gli alunni), alcuni aspetti del significato dell'operazione "–".

A è un problema di differenza, che ha come modello matematico un'equazione del tipo a+?=b, B è un problema di sottrazione, che ha direttamente un modello del tipo ?=ab, C si può rappresentare col modello ?+a=b, che si può trasformare facilmente (sottrarre è l’opposto di aggiungere) nel modello ?=ba. L’equivalenza di a e c segue dalla commutatività dell’addizione.
    Nella prassi matematica le parole "differenza", "sottrazione", "meno" vengono in genere usate senza riferimenti al tipo di situazione problematica o alla strategia di calcolo impiegata (in particolare viene chiamata differenza il risultato di una sottrazione, in apparente contraddizione con quanto detto sopra). Tuttavia, nell'insegnamento, è bene tener presenti le difficoltà che gli studenti possono incontrare, anche all'inizio della scuola superiore.
    In questi casi si può privilegiare la rappresentazione della situazione anziché dell'operazione risolutiva, si possono utilizzare illustrazioni come quelle all'inizio della nota per evidenziare l'analogia tra differenze temporali, distanze, … e per determinare le soluzioni; e, senza spiegazioni algebriche, si può consolidare l'equivalenza numerica tra sottrazioni e differenze affrontando (e discutendo) qualche esercizio di calcolo mentale e facendo osservare che spesso è utile staccarsi dalla situazione e ragionare solo sui numeri, per differenza o sottrazione a seconda dei loro valori. Ad esempio:
  per fare 1200-900 (anche quando si tratti di calcolare quanto rimane se tolgo 900 lire da 1200 lire) può convenire ragionare per differenza (da 900 a 1200 la distanza è 300),
  per fare 1000-120 (anche quando si tratti di calcolare un resto, cioè una distanza, un complemento) può convenire ragionare per sottrazione (se da 1000 tolgo 100 e poi 20 mi rimane 880),
  per calcolare mentalmente il tempo trascorso tra le 8:03 e le 9:27 si può mescolare un ragionamento per differenza (dalle 8 alle 9 passa 1 ora) e uno per sottrazione (tolgo 3 da 27 ottenendo 24 piuttosto che calcolare quanto devo aggiungere a 3 per ottenere 27).
    Riflessioni, svolte qui o in altre occasioni, sui procedimenti impiegati nel calcolo mentale, sui significati delle operazioni, … possono essere utili anche per creare i presupposti per successivi interventi didatticamente efficaci nei confronti degli alunni che manifesteranno difficoltà nell'impostazione delle equazioni. Naturalmente discutere con gli alunni le strategie di calcolo mentale non ha l'obiettivo di imporre loro procedimenti diversi da quelli che impiegano; persone diverse possono, per i motivi più vari, preferire seguire ragionamenti di tipo differente. Su ciò si tornerà nei quesiti 14 e 16. Vedi anche la nota 1.2.3 sul significato della divisione.

1.1.4 E` bene sottolineare il fatto che il quesito 3 offre un esempio di problema non a risposta unica (se si parte prima delle 9 si fa prima con BO-VR-VI, se si parte dopo le 10 si fa prima con BO-PD-VI). La risposta al quesito comporta ragionamenti facili ma meno "lineari" rispetto a quelli a cui in genere gli alunni vengono scolasticamente abituati: cercare come fare il cambio di treno, trovare la scelta più conveniente, … richiedono confronti, scelte, …

1.1.5 Il quesito 4 comporta risposte soggettive. Possono essere discusse collettivamente e si può trovare quella che ha maggiori consensi (esempi di risposte: «Conviene il treno che parte alle 8:44 in quanto consente di arrivare prima a Vicenza», «Prendendo il treno alle 8:44 si impiegano quasi 3 ore e si arriva comunque a fine mattinata. Tanto vale dormire un po di più e prendere il treno delle 10:40», «Volendo partire tardi non conviene il treno delle 11 poiché fa un mucchio di fermate. Conviene il treno delle 10:54. Così ci si può anche fermare a Verona per il pranzo e ripartire per Vicenza alle 13:43», … . Però bisogna vedere se si è nei periodi e nei giorni giusti ( note ai quadri).
    Se qualche alunno pone la questione del costo del biglietto, si faccia per il momento trascurare questo aspetto, dicendo che vi si tornerà sopra in seguito (scheda 2).

1.2.1 La reticolatura in figura 2 scandisce i quarti di grado, cioè i 15'. Può essere utile far individuare collettivamente (stimolando correzioni reciproche tra gli alunni) le coordinate di alcune località. Per semplicità si possono far scegliere coordinate del tipo …0', …15', …30', …45' e, comunque, bisogna far notare che non sono significative le differenze dovute a un primo in più o un primo in meno: un capoluogo di regione non occupa un punto ma una superficie abbastanza estesa; ad es. Genova si estende occupando 19' di latitudine (da 8°43' a 9°2'), Roma occupa circa 13' di latitudine e 9' di longitudine, la più piccola Reggio Calabria si estende comunque per circa 5' di longitudine.

1.2.2 Nello spiegare le coordinate geografiche (figura 3) può essere utile appoggiarsi anche a un globo terrestre (o a una palla, un’arancia, … e un pennarello, con cui tracciare equatore e meridiano di riferimento). Può essere utile fare una comparazione con i sistemi di riferimento ortogonali piani: in entrambi i casi abbiamo due linee di riferimento che si incontrano perpendicolarmente in un punto O (in un caso sono rette, nell’altro sono una circonferenza massima e una semicirconferenza massima che viene dimezzata da O), in entrambi i casi le coordinate di un punto P sono individuate dagli spostamenti lungo due opportune direzioni per andare da O a P (in un caso uno spostamento in orizzontale e uno in verticale, nell’altro caso uno spostamento in direzione est, lungo l’equatore, e uno in direzione nord, cioè verso il polo nord). Ad ogni modo è bene rimanere sul piano intuitivo: non è una u.d. di geografia né di geometria.

1.2.3 E` opportuno spezzare lo svolgimento del quesito 5 in più fasi. Ad esempio:
  gli alunni effettuano le misure delle distanze in fig. 2; le diverse risposte ottenute vengono confrontate e discusse collettivamente sotto la guida dell’insegnante; le difficoltà incontrate e le differenze tra i valori ottenuti possono condurre a varie osservazioni: come posizionare e leggere la riga millimetrata (porre la tacca dello zero sul centro del cerchietto che rappresenta una città, individuare la tacca più vicina al centro del cerchietto che rappresenta l’altra città), sono ammissibili differenze di 1 mm (ad es. BO-VE per alcuni potrebbe essere 10 per altri 11 mm; volendo si può decidere di prendere 10.5, essendo consapevoli che non è la misura esatta) e ciò è dovuto al fatto che strumento di misura e disegno hanno una precisione limitata (dimensione delle divisioni, dimensione dei punti al centro dei cerchietti), ripresa di quanto osservato a proposito di fig.2, …
  si effettuano le misure delle distanze sull’indice grafico e, concordati collettivamente i valori in mm delle distanze sulle due cartine, si calcolano i due rapporti: «nei rapporti va mantenuta l’indicazione dei mm?» (il rapporto tra due grandezze dello stesso tipo è un numero puro, senza unità di misura), i rapporti vanno calcolati prendendo BO-VE come primo termine e BO-TN come secondo (o viceversa) per entrambe le cartine, richiamo di come effettuare le operazioni con una calcolatrice;
  si confrontano i rapporti: uno è maggiore di 1, l’altro è minore di 1 (nell’indice grafico la distanza BO-VE viene rappresentata maggiore di quella BO-TN, in fig. 2 minore): richiamo del significato del rapporto; non è il caso di arrotondare i rapporti (si possono trascrivere un po’ di cifre facendole seguire da "…"; le approssimazioni e i numeri macchina delle calcolatrici verranno discussi in seguito).
    A proposito del rapporto (su cui torneremo più volte, soprattutto nell’u.d. Le statistiche) ricordiamo che si tratta di un concetto centrale per tutta la matematica e che può essere espresso in molte maniere. In ogni caso siamo di fronte a un modo di esprimere la relazione che intercorre tra due quantità.
    Qui il rapporto tra X e Y è inteso come il numero delle volte che Y sta in X e, più in generale, come il numero per cui moltiplicare Y per ottenere X (a volte si dice anche «il numero delle volte che Y è più grande di X», ma si tratta di un’espressione impropria o quanto meno ambigua: «Y è 2 volte più grande di X» può essere interpretato come Y=X+2X invece che come Y=2X; sono dizioni non ambigue: «quante volte Y è X», «Y è 2 volte X», …).
    A proposito dell'operazione "÷" (divisione), ricordiamo che il rapporto tra distanze considerato nel quesito è una generalizzazione della divisione per contenenza, cioè del "?" in situazioni come A
    nel disegno a fianco (rapporto tra 200 e 50: 200 è 4 volte 50, cioè 50·4=200). Nel calcolo mentale di un rapporto si utilizza spesso l’equivalenza tra A e B (divisione in senso stretto, cioè per partizione), cioè tra X·?=Y e ?·X=Y, che segue dalla commutatività della moltiplicazione. Ad es. per calcolare il rapporto tra 200 e 4 non pensiamo «200 quante volte è 4?» ma ragioniamo così: «divido 200 in 4 parti».

    Viceversa nel caso di partizioni a volte si ragiona per contenenza: per calcolare come suddividere 200 in 50 parti eguali piuttosto che cercare il numero che moltiplicato per 50 fa 200 cerco il numero per cui moltiplicare 50 in modo da ottenere 200. Cioè si tende a ragionare sulla divisione tra numeri puri, prescindendo dalla situazione (del tipo A o del tipo B) di cui la divisione è modello e operando per partizione o per contenenza a seconda dell’entità dei termini.

1.2.4 Dopo il quesito 5, nella scheda si osserva che la rappresentazione della rete ferroviaria dell’orario è sproporzionata. Può essere utile consolidare il significato di "sproporzionato" citando altri esempi: il disegno di una persona con braccia più lunghe delle gambe, il peso (grande) di una persona (bassa), una reazione eccessiva (un pugno di fronte a una parola scortese), … sono sproporzionati (il rapporto tra lunghezza delle braccia e quella delle gambe è molto diverso da quello che c’è nella realtà, il rapporto tra peso e altezza della persona è molto maggiore di quello della maggioranza delle altre persone, il rapporto tra la gravità del pugno e quella della parola scortese è maggiore del rapporto tra la gravità della reazione che sarebbe considerata "normale" e quella della provocazione, …).

1.2.5 Quesito 6. C conserva entrambi gli aspetti. In A non viene mantenuto l’ordine delle stazioni lungo la linea VR-MO: Mantova viene fatta seguire immediatamente a Verona. In B (riferendosi ai tratti di linea che si innestano a Vicenza e usando il verso antiorario) l’ordine è VI-Bassano, VI-VR, VI-Schio invece che VI-Bassano, VI-Schio, VI-VR. Per C val la pena di sottolineare che, pur conservando l’ordine con cui i diversi tratti di linea si innestano in un nodo, non conserva gli angoli che questi tratti formano tra loro.

1.3.1 A "livello adulto" notiamo che in figura 5 il globo terrestre è rappresentato in prospettiva centrale, come se visto da un satellite (per inciso, è come se questo fosse collocato a circa 12 mila km di altitudine, una distanza più o meno pari al diametro della Terra, e a 45° di latitudine).
    Il fatto che non sia in prospettiva parallela, cioè come se l’occhio fosse posto all'infinito, è evidenziato dal fatto che polo nord e polo sud nel disegno non sono in posizioni simmetriche; come altro esempio ricordiamo che, nella figura sotto, il cubo a sinistra è rappresentato in prospettiva parallela, quello a destra nella, più realistica, prospettiva centrale).

    A destra in alto è rappresentato il globo terrestre senza i meridiani come lo si vede se lo sguardo è perpendicolare all’asse di rotazione (e l’occhio è a distanza infinita), sotto è rappresentato senza paralleli, come lo si vede guardando nella direzione dell’asse di rotazione (la circonferenza è l’equatore, almeno se l’occhio è a distanza infinita). Per approfondimenti vedi la nota 1.5.4.

1.3.2 Quesito 7. L’equatore è una circonferenza massima come i meridiani (vedi fig. 5 in basso a destra), quindi lungo l’equatore 1° di longitudine è pari a circa 111 km, come accade ovunque per 1° di latitudine (la cosa si comprende anche dal disegno del globo: le maglie avvicinandosi all’equatore tendono a essere quadrate). Avvicinandosi ai poli le maglie si restringono sempre più (infatti i meridiani ai poli si incontrano): lo spostamento di 1° di longitudine tende a 0. In realtà la Terra non è una sfera perfetta, ma ciò verrà osservato in §4.

1.3.3 Se l’insegnante lo ritiene opportuno, può proporre (in classe o per casa) alcuni esercizi sulla figura 6. Ad es. l’individuazione dei due punti della penisola che hanno distanza massima l’uno dall’altro e, poi, il calcolo di tale distanza. Si troverà che i due punti sono uno la punta formata dalla Val d’Aosta, l’altro la punta meridionale delle Puglie o, in alternativa, quella della Calabria (a meno di deformazioni della matrice durante la stampa delle schede, sulla cartina la distanza è di 97 mm).
    Per passare alla distanza reale occorre impiegare la scala grafica (questa scala ha il vantaggio, rispetto a quella numerica, di essere valida anche se la cartina viene fotoridotta o ingrandita; questo è uno dei motivi per cui in vari libri è l’unica impiegata). Si può discutere con gli alunni come effettuare il calcolo.
    Una strategia possibile è trovare l’equivalente di 1 mm: misurare la lunghezza del tratto che rappresenta 200 km (17 mm) e dividere 200 km per il n° di millimetri; si dovrebbe ottenere 11.764705882 km, cioè 11 km, 764 m e "rotti".
    Un’altra, più o meno equivalente, è trovare la scala numerica nella forma 1/… (o 1:…), cioè trovare il fattore di rimpicciolimento facendo: 200 km/17 mm = 200·1000·1000/17 = 200/17 (divisione con la calcolatrice) ·1000000 (moltiplicazione senza calcolatrice) = 11764705 e "rotti" (si noti però che sopra l’idea era una partizione - 200 in 17 parti -, qui esprimiamo quante volte 17 mm stanno in 200 km). "1:…" si legge «uno a …"; il simbolo di divisione ricorda che si tratta del rapporto tra distanze sulla carta e distanze reali. Esprimendoci a livello adulto: se F è il fattore di riduzione, cioè il rapporto tra distanze reali e distanze sulla carta, 1/F è il rapporto tra distanze sulla carta e distanze reali (è più comodo calcolare ed esprimere F invece di 1/F, che sarebbe un numero molto minore di 1, cioè del tipo 0.000…); solo in alcuni casi 1/F viene letto direttamente come numero (o frazione): «scala di un milionesimo».
    Oppure, visto che si dispone della calcolatrice, si può impiegare la prima strategia senza scrivere i risultati intermedi: la distanza è 97·200/17 km (noi diremmo: 97 mm per il rapporto 200 km/17 mm; con gli alunni: 97 per l’equivalente in km di 1 mm). Si ottiene 1141.17… km.
    In ogni caso si può osservare che le misure che abbiamo effettuato non erano esatte (il segmento della scala grafica non era esattamente 17 mm, la distanza non era esattamente 97 mm, ma ci poteva essere qualche decimo di millimetro in più o in meno), per cui non ha senso considerare "1 mm 11.764705882 km" (per altro il 4 rappresenta i metri, il successivo 7 i cm, …, che riferiti all’estensione dell’Italia …), ma potremo considerare "1mm 11.8 km circa" (o analogamente la scala 1:11800000) ovvero non ha senso considerare 1141.17… km, ma si potrà dire «circa 1140 km». E` comunque bene fare queste considerazioni in modo intuitivo. Come già osservato, sulle approssimazioni ci si fermerà successivamente. Questa u.d. non ha lo scopo di introdurre e formalizzare concetti matematici.

1.3.4 Il quesito 8, più che i precedenti, metterà a dura prova le capacità lessicali ed espressive (e geometriche) degli alunni. E` una domanda un po’ sopra le righe, ma che, in questa u.d. di "esplorazione" degli alunni, può essere utile per stimolarne prestazioni meno "scolastiche" (potrebbe essere interessante l’annotazione da parte degli insegnanti dei modi in cui gli alunni intuiscono e cercano di spiegare il fenomeno, così che poi si possano confrontare le risposte date nelle varie classi). Per facilitare la gestione della discussione in classe commentiamo il quesito in maniera abbastanza estesa, rinviando alla nota 1.5.4 per ulteriori approfondimenti.
    I "perché" sono due: il 1° è sull'impossibilità che una cartina riproduca perfettamente in scala le distanze sulla superficie terrestre, il 2° è sulla minore precisione (cioè sulla maggiore variabilità della scala al passare da una parte all'altra della cartina) nel caso di porzioni maggiori della superficie terrestre. A seconda dell'esito della discussione ci si può limitare al 1° perché o si può proporre anche il 2°.
    Si possono dare varie risposte. Fra quelle esaurienti (per tutti e due i quesiti) e più elementari possiamo ricordare la seguente:
    «Se da un punto sulla Terra ci si muove con la stessa velocità costante lungo due diverse direzioni (come da un polo lungo due meridiani, vedi fig.5) la distanza tra i due punti man mano raggiunti non cresce costantemente, bensì man mano più lentamente, fino a ridursi. Se riproduco sul piano in una scala fissata lo spostamento lungo le due direzioni la distanza tra i due punti di arrivo continua invece a crescere costantemente, cioè viene ingrandita sempre più rispetto alla realtà».
    Una traduzione più elementare è la seguente:
    «Per spiaccicare sul piano un pezzo di superficie sferica alcune zone devono essere dilatate più di altre (1° perché). Se il pezzo è più piccolo è anche più piatto e tutte le zone vengono deformate poco, senza grandi differenze (2° perché)».

    Questa, o frasi del genere, potrebbe essere la frase concordata con gli alunni. Il ragionamento fatto sopra potrebbe essere una precisazione che l'insegnante fa alla lavagna, così come l'insegnante potrebbe servirsi di disegni come i seguenti per chiarire meglio il fatto che una porzione della superficie terrestre più è piccola più è piatta.

    Durante la discussione gli alunni probabilmente daranno varie spiegazioni. Al di là della significatività di queste, sarà importante stimolarli a rendere comprensibile il loro ragionamento (e verificare la loro capacità di farlo). Tra le osservazioni che potrebbero fare si possono immaginare riferimenti alle deformazioni delle immagini su palloncini gonfiati e sgonfi; a come sono fatti i palloni sportivi (piccoli pezzi di cuoio cuciti assieme: insieme di piccole superfici piane che vengono ad approssimare una sfera); alla difficoltà di spiaccicare un pezzo di buccia di arancia senza romperlo, che è maggiore se il pezzo di buccia è più grande; al fatto che la piccola porzione di superficie terrestre vista da terra (a parte i rilievi) sembra piana; … .
    Potrebbero anche sorgere confusioni tra riproduzione in scala tridimensionale e piana. Qui ci preoccupiamo di riprodurre in scala le distanze percorse sulla superficie terrestre, non le distanze calcolate attraversando l'interno della Terra; altrimenti sarebbe ovvio che l'unica riproduzione in scala possibile è il globo. Notiamo che vi sono superfici curve che possono avere una perfetta riproduzione piana in scala (cioè uno "sviluppo piano"): le superfici cilindriche e quelle coniche (si possono "spiaccicare" senza alcuna fatica …).
    Nota. A questo punto potrebbe sorgere qualche perplessità di fronte al fatto che nelle cartine (anche in fig. 6) è indicata la scala di riduzione. Infatti, come si è visto, a causa delle deformazioni che subisce una superficie sferica quando è trasportata in un piano, la scala indicata non può valere esattamente in tutte le zone della carta. In effetti quella indicata di solito è la scala che vale nei pressi del centro della cartina; a volte su cartine di grandi estensioni si trovano indicazioni come «scala equatoriale 1: …» o «scala sul meridiano centrale e sull'equatore 1: …» o «scala sul parallelo centrale e sui meridiani 1: …» o …, che stanno a segnalare che la scala è valida esattamente solo per distanze lungo l'equatore o per distanze lungo l'equatore e lungo il meridiano centrale o per distanze tra punti collocati sul parallelo centrale o su uno stesso meridiano o …. Tuttavia nel caso di piccole estensioni la scala varia così poco da non essere apprezzabile con gli usuali strumenti di misura: le distanze alla periferia della cartina possono essere deformate di piccole frazioni di millimetro, non rilevabili con la riga millimetrata e, comunque, scarsamente influenti sul computo della distanza reale.

1.3.5 Le considerazioni sul calcolatore hanno vari obiettivi:
  dare una prima idea realistica degli impieghi del calcolatore e preannunciare che esso sarà uno dei nostri compagni di viaggio durante il lavoro,
  osservare, anche se tra le righe, che le trasformazioni geometriche a cui viene sottoposta la superficie sferica della Terra possono essere rappresentate (e calcolate) mediante opportune funzioni numeriche,
  accennare in modo concreto ad un altro aspetto che fa delle cartine un modello approssimato: lo spessore dei contorni e la precisione degli strumenti con cui vengono tracciati,
  giustificare le cartine, non proprio belle, che abbiamo impiegato nelle schede.

1.4.1 A pag.7, si noti (e si faccia notare agli alunni) che viene impiegato il punto (punto decimale) per distinguere la parte intera dalla parte frazionaria, così come si fa nei paesi anglosassoni e in gran parte del mondo. Seguiremo sempre questa convenzione, in accordo con la notazione impiegata dalle calcolatrici tascabili e dai linguaggi di programmazione.

1.4.2 Quesito 9: "1.5 milioni" e "un milione e mezzo" sono diverse rappresentazioni dello stesso numero (si può far osservare che 0.5 è la metà di 1 e che quindi 0.5 milioni è pari a mezzo milione, cioè a 500 mila lire; qui è bene privilegiare questo tipo di ragionamenti, più legati al calcolo mentale, rispetto ai più meccanici spostamenti della virgola, aggiunte di zeri, …). Sono i valori che approssimano con peggiore precisione il dato di cui si dispone ma sono anche quelli che danno più direttamente l'idea di quanto incida la spesa in istruzione (per confrontare questa spesa con uno stipendio è un inutile ingombro considerare gli "spiccioli").

1.4.3 Dopo il quesito 9 viene esplicitato in forma leggermente più astratta rispetto a quanto già emerso in altri punti della scheda il legame tra la matematica dei numeri e la matematica delle figure. Qui si ricorda che la coppia di numeri è un modello matematico del concetto intuitivo di punto del piano (e, invero, probabilmente è l'unico modo per dare, a questo livello scolastico, una definizione matematica del concetto di punto; l'alternativa è la definizione implicita attraverso gli assiomi di Hilbert – o un altro sistema di assiomi – che è affrontabile in maniera soddisfacente solo a livello universitario). In altre situazioni (fig.8, esempi nella scheda 2) invece abbiamo usato e useremo i concetti intuitivi di punto, piano, … , loro rappresentazioni concrete e la nostra intuizione spaziale come modelli (mentali o concreti) che ci facilitano nello studio di fenomeni numerici. Nel corso delle uu.dd. questo intreccio, e aspetti di relativa autonomia, verranno man mano precisati e meglio formalizzati.

1.5.1 Gi esercizi in §5 possono essere assegnati per casa e, poi, discussi in classe. Mirano a verificare/consolidare sia conoscenze e abilità matematiche (la padronanza della retta numerica, il concetto di rapporto, il significato delle operazioni, alcune abilità di calcolo mentale, la conoscenza di meridiani e paralleli) – come quelli dell'Eserciziario –, sia capacità espressive, argomentative, di riflessione sui propri ragionamenti, … (vedi i quesiti 11, 14 e 16).

1.5.2 Quesito 11: la distanza sulla figura 11 tra Bologna e Padova è 91 mm; il fattore di riduzione è dunque: 123 km/91 mm = 123·1000·1000/91 = 1350000 circa.

1.5.3 I quesiti 14 e 16 propongono attività di calcolo mentale e di riflessione sul significato delle operazioni. La discussione delle soluzioni può essere un'occasione per riprendere le considerazioni accennate nelle note 1.1.3 e 1.2.3.
    Nel caso del quesito 14 si può osservare che sia col metodo di Giovanni che con quello di Laura si può risolvere il problema, ma che il metodo di Laura è il più conveniente: non ci interessa sapere quanto dura il programma ma se dura più di 2 ore. Si può poi osservare che, anche se si volesse trovare la durata del programma, si può procedere con addizioni successive (con 2 ore arrivo a 22:40, con 3 a 23:40, quindi dura 3 ore meno 15 minuti, cioè 2 ore e 3/4).
    Il quesito 16 comporta una addizione (e poi una differenza) che, mentalmente, deve sfruttare le caratteristiche della base 60 (14:45 e un quarto d'ora fa le 15:00; 70 minuti sono 1 ora e 10; …).

1.5.4 Il quesito 17 ha la finalità di illustrare operativamente il tipo di deformazioni che introduce la tecnica di rappresentazione cartografica utilizzata nella cartina di figura 6 (l'impossibilità di una riproduzione perfetta, cioè che riproduca fedelmente le distanze, era già stata messa in luce dal quesito 8).
    Per la prima parte del quesito si può osservare che allontanandosi dall'Italia (verso est od ovest) gli spicchi, o, meglio, le distanze lungo i paralleli, vengono sempre più dilatate; in particolare i tratti di uno stesso parallelo scanditi dalla reticolatura non appaiono della stessa lunghezza (analogamente, i tratti di uno stesso meridiano …). Per la seconda parte del quesito si osservi che le rotte rettilinee nord-sud (o viceversa), cioè le rotte lungo i meridiani (o la rotta lungo l'equatore) vengono rappresentate curve (tranne quelle lungo il meridiano passante per il centro dell'Italia).
    Si noti (ma questo dovrebbe essere un problema più per gli insegnanti, dovuto a difficoltà a staccarsi dal linguaggio scolastico, che per gli alunni) l'uso dell'aggettivo rettilineo per indicare una traiettoria che non giace su una retta dello spazio euclideo. Non si tratta di un errore: corrisponde all'uso nel linguaggio comune e nei linguaggi tecnici (la rotta rettilinea - cioè senza svolte - di una nave o di un treno non si alza dall'acqua o dalla superficie terrestre), e anche in matematica: nella geometria sferica uno spostamento rettilineo corrisponde a un arco di cerchio massimo. E`, anzi, un esempio significativo della relatività del concetto di spazio. Vedremo altri esempi in seguito (ad esempio la possibilità di definire la distanza, come distanza euclidea o come distanza urbanistica). Si tratta di situazioni che contribuiscono a costruire, gradualmente, la comprensione della natura della matematica (dei suoi concetti, del suo linguaggio, dei sui rapporti con la "realtà", …).
    Sulle rappresentazioni cartografiche si tornerà nella classe seconda, come esempi di trasformazioni geometriche. Comunque richiamiamo alcune nozioni che possono essere utili all'insegnante per inquadrare meglio (a sé stesso, non agli alunni) gli esempi discussi in questa scheda.
    Sotto è raffigurato parzialmente uno stesso emisfero in tre tipiche rappresentazioni cartografiche.

    La rappresentazione A conserva gli angoli, nel senso che due rotte che sulla superficie terrestre si incontrino formando un angolo a vengono rappresentate sulla cartina con linee che si incontrano formando lo stesso angolo a. Ciò è suggerito anche dal modo in cui vengono rappresentati i paralleli e i meridiani. Anche la cartina di fig. 6 è stata realizzata in modo da conservare gli angoli.
    La rappresentazione B rappresenta fedelmente le rotte rettilinee, nel senso che esse (e in particolare i meridiani e l’equatore) vengono rappresentate da linee rette.
    La rappresentazione C invece rappresenta fedelmente le aree, nel senso che due zone di eguale estensione vengono rappresentate con figure di eguale estensione.
    Chiamato T il centro della Terra, A (che è metà della rappresentazione chiamata "mappamondo") è ottenuta proiettando la superficie di un emisfero mediante un fascio di raggi uscente dal punto diametralmente opposto al centro Q dell'emisfero su un piano perpendicolare a TQ, B (usata in carte astronomiche e nautiche) è ottenuta usando lo stesso piano di proiezione ma un fascio che esce da T , C (usata, ad es., nelle cartine dei fusi orari) è ottenuta proiettando su una superficie cilindrica avente come asse l'asse di rotazione terrestre mediante raggi che escono perpendicolarmente dall'asse stesso e, poi, sviluppando il cilindro su un piano. Per C (che rappresenta proporzionalmente le distanze su ogni singolo meridiano) viene data la scala equatoriale, per A e B, che non rappresentano proporzionalmente le distanze lungo alcuna linea, viene data la scala che vige nella parte centrale della carta.


    Per inciso osserviamo (come si vede anche sulla carta B) che i paralleli diversi dall'equatore, non essendo circonferenze massime, non sono rotte rettilinee (la cosa è evidente se si pensa ai paralleli vicini ai poli). Il parallelo che passa per un punto non indica perfettamente neanche le direzioni est e ovest del punto: queste sono perpendicolari alla direzione nord, cioè al meridiano passante per il punto, e quindi concordano con il parallelo solo nel caso si tratti dell'equatore. Ciò dà un'idea anche della complessità della navigazione (in una carta come B posso tracciare la rotta rettilinea per andare da un punto all'altro; se riproduco la rotta su una carta come A, che conserva gli angoli, ottengo una linea non più retta ma che mi indica correttamente l'angolo che man mano devo formare con la direzione nord; esistono anche carte più specializzate per la navigazione; poi, ai nostri giorni, esistono i calcolatori di bordo che hanno incorporati programmi che fanno automaticamente il calcolo corrispondente al ragionamento che noi abbiamo fatto qui)
    La cartina di fig.6 è stata ottenuta con la stessa tecnica di proiezione impiegata in A, ma assumendo come Q il centro della penisola italiana (per rappresentare le zone polari le proiezioni A e B vengono usate prendendo come Q il polo). Le carte geografiche più diffuse non sono ottenute direttamente con proiezioni geometriche, ma aggiungendo opportune (e complesse) modifiche in modo da limitare le variazioni della scala e, nel contempo, modificare poco sia gli angoli che i rapporti tra le aree (le modifiche in genere sono ad hoc per la particolare regione che si vuole rappresentare, in base alla sua estensione e alla sua collocazione sul globo).

Scheda 2

    Se lo si ritiene opportuno, prima di iniziare la nuova scheda, si può riprendere quanto visto nella scheda 1, ad esempio attraverso la correzione degli esercizi che erano stati assegnati per casa.

2.1.1 Nel quesito 1 stiamo trascurando l'eventuale presenza di supplementi. In effetti alcuni dei treni considerati nella scheda 1 erano rapidi (Eurocity o Intercity). Volendo si può fare questa precisazione a voce.

2.1.2 Volendo si può far fare oralmente qualche esercizio di lettura del grafico di figura1: data una somma trovare il chilometraggio massimo che si può pagare con quella cifra, dato un chilometraggio trovare il suo costo.

2.1.3 Il concetto di proporzionalità (figura 3) viene ripreso evitando di fare riferimenti alle "proporzioni", che, intese come relazioni con un loro specifico meccanismo di risoluzione invece che come particolari "equazioni", sono "di moda" ancora in molte scuole medie e in molti libri di testo. Si fa invece riferimento diretto al concetto di proporzionalità così come è concepito nel linguaggio comune, in parte appoggiandosi implicitamente anche alle considerazioni cartografiche svolte nella scheda precedente. Per ora, volutamente, si sono evitati anche riferimenti diretti a relazioni formalizzate del tipo y=kx; si vuole infatti richiamare (e verificare) soprattutto il concetto di rapporto e collegare direttamente a questo la formula (1.2).

Compare, qui, un altro significato del concetto di rapporto. Nella scheda 1 era stato richiamato il suo uso nel caso di grandezze dello stesso tipo (rapporti tra lunghezze per indicare una scala di riduzione o per quantificare parzialmente la "forma" di una figura esprimendo la relazione tra due sue parti: rapporto tra due tratti di linea, tra braccia e gambe, …), come generalizzazione delle divisione per contenenza (ma esprimibile anche ricorrendo al concetto di partizione: 17 mm <–> 200 km, 1 mm <–> 200/17 km).
    Qui viene richiamata l'ulteriore generalizzazione a grandezze non omogenee. Il passaggio viene effettuato appoggiandosi alla rappresentazione grafica, che consente di ricondursi intuitivamente al rapporto tra lunghezze.
    Se lo si ritiene opportuno, si può osservare che anche le scale, oltre che nelle forme numeriche e grafiche viste nella scheda 1, possono essere rappresentate con un grafico simile a figura 4, con il vantaggio che le distanze reali possono essere trovate senza effettuare calcoli (vedi figura sottostante).

2.1.4 Presentando (1.2) viene richiamato anche il concetto di equazione (e in un punto successivo quello di disequazione), di cui spesso gli alunni hanno una visione limitata e distorta (lo associano a un procedimento per trovare "x"). Si usa la parola termine senza, per ora, precisarne il significato (in questo caso i suoi usi nella pratica scolastica dovrebbero averne indotto un significato non distorto).

2.1.5 Nel commento a figura 5 abbiamo fatto un primo uso della parola "pendenza", che per adesso è bene lasciare nel suo significato intuitivo; il concetto viene ripreso alla fine della scheda.

2.1.6 Figura 6. A "livello adulto" osserviamo che si tratta di una funzione continua lineare a tratti. Qui non è il caso di soffermarsi esplicitamente sulle funzioni lineari (funzioni il cui grafico è una retta); l'importante è che gli alunni associno ai grafici con andamento rettilineo l'idea di variazione di una grandezza proporzionale alla variazione di un'altra. Nel discutere i modelli presentati in questo e nei successivi paragrafi è bene che l'insegnante abbia presenti le considerazioni che poi verranno svolte all'inizio di §5.

2.2.1 Nello schema (2.1) abbiamo usato PERCORRENZA e PREZZO come variabili numeriche, senza tuttavia esplicitare la parola "variabile". Del resto già nella formula (1.3) si usavano variabili. Si è preferito rinviare questo chiarimento terminologico (per molti alunni le variabili possibili sono solo x, y e qualche altra lettera, e non, ad es., Area, Base e Altezza in Area=Base·Altezza) per fissare l'attenzione su altri aspetti.

2.2.2 Si può ricordare agli alunni l'esistenza di servizi automatici di informazione simili a quello descritto in figura 7 (in alcune località gli alunni possono osservarli e usarli direttamente); ad es. nelle stazioni ferroviarie delle principali città vi sono apparecchiature che consentono di ottenere informazioni sull'orario ferroviario; ve ne sono di simili anche presso diverse agenzie di soggiorno; simili per diversi aspetti sono anche gli sportelli Bancomat, specie quelli più evoluti (che hanno funzione anche di "banca continua"); sportelli informatizzati simili esistono in molte altre realtà, per non parlare dei programmi, più sofisticati ma assai simili, che vengono impiegati ormai in quasi tutti gli ambienti di lavoro (anche in presenza del pubblico: in farmacie, supermercati, anagrafe, banca, …) per accedere a informazioni; qualche parentela c'è anche con il Videotel e il Televideo.

2.2.3 In (2.2) non abbiamo impiegato riquadri di forme diverse per distinguere tipi di azioni differenti: si sono volute mettere in luce le parole chiave che fungono da "simboli" dei vari tipi di azione. Usare riquadri di forme diverse sarebbe stato un sovrappiù inutile e, per questo, portatore di confusione. Infatti qui abbiamo impiegato diagrammi di flusso dalla forma più vicina agli usuali linguaggi di programmazione; riquadri di forme diverse vengono impiegati in una accezione più "grafica" dei diagrammi di flusso, in cui non vengono usate parole chiave. In questa accezione (2.2) assumerebbe una forma come quella del diagramma raffigurato nella pagina seguente (abbiamo usato CR come simbolo del carattere "ritorno a capo"): è evidente la semantica dei vari riquadri.

2.2.4 In (2.3) abbiamo impiegato un linguaggio di programmazione astratto, volutamente abbastanza vicino al linguaggio macchina, con istruzioni semplici e caratterizzate da specifiche parole chiave, che mettano in luce l'azione che il calcolatore deve compiere e permettano un facile confronto con (2.2).
    E` bene chiedere agli alunni se hanno avuto qualche esperienza di programmazione, con quale linguaggio, con quale tipo di calcolatore e se posseggono un calcolatore. Le risposte (annotate dai vari insegnanti e riportate nella riunione mensile) ci consentiranno di fare un quadro delle esperienze informatiche degli alunni all'ingresso della scuola secondaria.
    Leggendo con gli alunni (2.3) può essere utile individuare e indicare sul diagramma i riquadri o le frecce che corrispondono alle varie istruzioni (a mo’ di esempio lo abbiamo fatto per il diagramma sottostante).

    Si noti che (2.2) e (2.3) rappresentano un procedimento "senza fine". L'interruzione del ciclo è realizzabile solo cambiando "bottone". A sua volta il procedimento più generale che ingloba anche le altre scelte (aerei-orari, aerei-tariffe, …) è "senza fine": l'utente può cambiare "bottone", ma non ha la possibilità di scegliere l'interruzione del procedimento. Ovviamente esiste comunque la possibilità da parte dell'agenzia di bloccare tutto, premendo qualche tasto o, eventualmente, spegnendo il calcolatore. Gran parte dei programmi impiegati nella pratica sono "senza fine" (da quello che governa l'interazione del Bancomat con il cliente al sistema operativo di un calcolatore, che non è altro che un programma codificato in linguaggio macchina) e così pure buona parte degli algoritmi usati in matematica (quello della divisione, quello per generare gli elementi di una successione, …). E` vero che esistono dei libri in cui si pretenderebbe di dare una "definizione" rigorosa mediante il linguaggio comune del concetto di algoritmo nei quali, tra le diverse condizioni, si pone quella di "terminare dopo un numero finito di passi"; ma si tratta di libri in cui si banalizzano e si confondono alcuni concetti impiegati in "teoria della ricorsione", in un ambito astratto ben definito (in cui per altro vengono formalizzati anche gli "algoritmi che non terminano"), con i programmi e con gli usuali algoritmi della matematica.

2.3.1 I quesiti 5 e 6 vogliono proporre altri esempi di impiego della matematica per fare delle scelte. La risposta al quesito 5 è affermativa: il chilometraggio complessivo è 1150 km; i 150 km che eccedono i 1000 con il biglietto unico sono pagati circa 12.5 lire l'uno invece che 60. Riferendosi a fig. 5, il risparmio è rappresentato dalla distanza (in corrispondenza del 1150° km) tra il grafico e la retta punteggiata. Le risposte al quesito 6 sono: (A): conviene il biglietto normale (85300 o 132200 contro 150000), (B): facendo più viaggi ciascuno con percorrenza inferiore a 1000 km per un totale di 3000 km spenderei circa (60·3000=)180 mila lire; quindi posso risparmiare (180-150=)30 mila lire. Come informazione, ricordiamo che nel 1991 il biglietto chilometrico aveva validità di tre mesi.

2.4.1 Nel §4 vengono ripresi in nuovi ambiti (e nuovi significati) il concetto di rapporto e l'uso dei grafici per rappresentare e interpretare fenomeni, sempre nell'intento di esplorare le conoscenze e le abilità degli alunni e dare un'idea del ruolo conoscitivo della matematica.

2.4.2 Quesito 7. La differenza tra 18:55 e 15:30 è (mentalmente) calcolabile facendo ad es. due separate differenze (15 a 18: 3; 30 a 55: 25); poi si aggiungono 25 min a 60·3=180 min. La differenza tra 21:06 e 18:18 può essere calcolata con più strategie. Semplice dal punto di vista "calcolistico" è: con 3 ore da 18:18 si arriva a 21:18, cioè si supera di 12 min; quindi sono passate 3 ore meno 12 min, cioè 180-12=168 min (o: da 18:06 a 21:06 passano 3 h; ma le 18:18 sono 12 min dopo, …). Ovvero: dalle 18 alle 21 ci sono 3 ore; ma la partenza è 18 min dopo le 18 e l'arrivo è 6 min prima delle 21; occorre quindi togliere 12 . In alternativa si può fare: da 18:18 a 21:00 passano 2 h e 42 min, aggiungo 6 min, ho 2 h e 48 min, cioè 120+48=168 min.
    Più scolasticamente (ma non con un facile calcolo mentale): 6<18, quindi aggiungo 60 min ai 6 min togliendo 1h da 21h, 66-18 fa 48, aggiungo 120 min ottenendo 168 min. Con una calcolatrice può essere comodo anche esprimere prima entrambe le ore in minuti e poi fare la differenza: 21·60+6=1266, 18·60+18=1098, 1266-1098=168. Si può provare a chiedere agli alunni quali strategie hanno impiegato e discuterle. Il modo in cui si esprimono verbalmente a voce potrà poi essere confrontato con l'espressione verbale scritta, richiesta nel quesito 15 di §5.

    

    Le velocità (ottenibili con la calcolatrice: 158/168*60=, seguendo la semplice idea che in 1 ora si fa 60 volte la strada percorsa in 1 min) possono essere arrotondate agli interi (senza perdersi in approfondimenti; i valori ottenuti, per altro, hanno tutti parte frazionaria inferiore a 0.5).
    Siamo di fronte a un nuovo aspetto del concetto di rapporto: il rapporto tra spazio percorso e tempo impiegato non quantifica una relazione di proporzionalità tra due grandezze (come accadeva per le scale: distanza reale=distanza sulla carta·… , e per le tariffe: prezzo = 60 lire/km · distanza), anche se viene espresso con una dizione (chilometri l'ora - o all'ora) simile a quella impiegata per relazioni di proporzionalità (lire il km, il kg, il litro, il metro - o al km, al kg, …; 2 volte al giorno; …).
    In analisi logica di fronte a questa dizione si parla in ogni caso di "complemento distributivo" (che ha anche altre espressioni: 3 abitanti per km2, 4 gocce ogni litro, …). Concettualmente si tratta di generalizzazioni della divisione per partizione (distribuisco, suddivido una grandezza in tante parti quante le "unità" che costituiscono l'altra grandezza), ma nel caso della velocità media (così come nel caso degli abitanti per km2, dei biondi ogni 100 nati, …) è da intendere che questo è un valore medio: viene calcolata la distanza che il treno avrebbe percorso ad ogni chilometro se, per compiere il tragitto dato nel tempo impiegato, fosse andato sempre alla stessa velocità (nel caso della densità di popolazione viene calcolato il numero di persone che abiterebbero ogni km2 se la popolazione fosse distribuita uniformemente sul territorio).

2.4.3 La tabella (4.1) e il grafico in figura 8 sono due modelli diversi del moto del treno. Il primo consente di valutare con più precisione distanze e tempi, il secondo consente di valutare con più facilità le diverse caratteristiche del moto durante il tragitto; ciò è messo bene in luce dal quesito 8.
    Comunque prima di approfondire il discorso può essere utile far commentare liberamente i grafici agli alunni, per vedere che cosa riescono a dedurne e come riescono a esprimere queste loro idee.
    Osserviamo (e può essere fatto osservare agli alunni) che la differenza tra fig. 4 e fig. 8 evidenzia quanto osservato sopra a proposito della velocità: non si tratta di proporzionalità in quanto i grafici non sono rettilinei; se la velocità fosse stata costante avremmo ottenuto due segmenti di retta - congiungenti (0 min, chilom. di partenza) e (tempo impiegato, chilom. di arrivo) -; i grafici che abbiamo fluttuano attorno a tali segmenti: il treno a volte va più veloce, a volte più lento rispetto alla velocità media.
    Per fig.8 valgono osservazioni analoghe a quelle fatte nella scheda 1 per il grafico della temperatura corporea. Non è un modello esatto del moto del treno: anche se il treno fosse in perfetto orario, i piccoli segmenti con cui si sono congiunti i punti corrispondenti ai dati della tabella (4.1) non rappresentano esattamente le ore in cui il treno passa nelle località intermedie tra una fermata e l'altra; sarebbero rappresentazioni esatte solo se il treno viaggiasse a velocità costante tra una stazione e l'altra.

    Solo registrando rigorosamente lo spazio segnato dal contachilometri si potrebbe ottenere una rappresentazione fedele del moto; anche senza annotare man mano le velocità segnate dal tachimetro, la pendenza del grafico ottenuto (vedi disegno precedente) ci darebbe un'indicazione sufficientemente precisa dei cambiamenti di velocità.

2.4.4 Quesito 8. Il tratto più lento è tra Longarone e Calalzo (siamo circa al 130° km e dalla tabella si ricava che si tratta della stazione di Longarone); velocità = 26/47·60 = 33km/h Tratto più veloce: Castelfranco-Montebelluna; velocità = 17/14·60 = 73km/h.

2.4.5 Figure 9 e 10. Si possono richiamare i profili altimetrici impiegati nei giornali per descrivere i percorsi delle gare di ciclismo su strada.

2.4.6 Con la quantificazione della pendenza stradale vengono anche riprese le rappresentazioni percentuali. La pendenza, a differenza di altre situazioni in cui si presenta il concetto di rapporto, ha di per sé già una immagine grafica. E` bene sfruttare e non disperdere l'immagine mentale che hanno gli alunni, anche nell'individuazione di un procedimento di calcolo (qui ci riferiamo agli alunni "normali": gli alunni più "svegli" non hanno problemi ad associare alla situazione il concetto di rapporto e a operare poi astrattamente su questo). L'idea è dunque quella di una immagine come quella di fig. 11; la scelta di rappresentare la base suddivisa in 100 parti è dovuta al fatto che, abituati come siamo a utilizzare dispositivi con scansioni decimali, ci è facile rappresentare mentalmente un confronto visivo tra 100 e un numero di qualche unità o decina. Il calcolo del rapporto può essere impostato pensando a una divisione per partizione: ripartisco i metri (o i chilometri o …) di innalzamento tra i metri di avanzamento orizzontale; ottengo delle frazioni di metro; nel caso del quesito 9 ottengo 0.012: ad ogni metro di avanzamento orizzontale corrispondono 0.012 m di innalzamento, cioè 1.2 cm; 1.2 cm ogni 100 cm; 1.2% («se avanzo di una unità salgo di 1.2 centesimi»).

2.4.7 Come è osservato (di sfuggita) nella scheda, i profili altimetrici impiegati (sia qui, nella scheda, che, ad esempio, nell'ambito del ciclismo), non sono rappresentazioni rigorose delle pendenze. Infatti in ascissa non viene rappresentato l'avanzamento orizzontale ma l'avanzamento lungo la strada. In questo modo i tratti con maggiore pendenza vengono leggermente appiattiti rispetto agli altri. La "confusione" tra i due avanzamenti è stata operata anche nel quesito 10. In ogni caso, come si è dedotto dalla fig. 11, si tratta di una confusione che in questi casi è legittima (nel caso di una pendenza dell’8%=0.08 la differenza relativa tra avanzamento lungo la strada e avanzamento orizzontale è 1 - cos(arctan(0.08)) = 0.00318… = 0.3% : 3 m ogni km; se la pendenza fosse stata calcolata usando l'avanzamento lungo la strada, invece di 8% si sarebbe ottenuto 8%·0.99681… = 7.97…%). Sulle pendenze stradali si ritornerà nell'u.d. Per strada.

2.5.1 Gli esercizi in §5 possono essere assegnati per casa, ma devono poi essere discussi in classe in quanto non sono di consolidamento tecnico (come quelli proposti nell'Eserciziario) ma sono finalizzati soprattutto a esplorare le abilità degli alunni.

2.5.2 Il quesito 14 mira a verificare conoscenze e abilità relative a: lettura dei diagrammi di flusso, tabulazione e scelta di un sistema di riferimento (fatte opportunamente in base all'intervallo in cui far variare la percorrenza, ai chilometraggi in cui scatta il cambio del costo unitario e ai valori dei prezzi ottenuti tabulando), concetto di segmento, "calcolo grafico" di funzioni inverse.

2.5.3 I quesiti 10 e 15 mirano a verificare abilità di espressione, comunicazione, ragionamento, … in contesti non formalizzati. Si riferiscono a situazioni e attività già affrontate e discusse collettivamente in classe.

2.5.4 Il quesito 16 mira a verificare alcune abilità di interpretazione e/o elaborazione di formule, andando oltre a quanto si è visto nella scheda. Il comportamento di fronte a questo quesito (che è di calcolo letterale ma fa trasparire il legame semantico con alcune strategie di calcolo mentale già discusse e impiegate) può essere utile per farsi un'idea dei livelli di acquisizione del significato dell'uso delle variabili e del modo di operare nel calcolo letterale.
    Prendendo, ad es., i dati (a) otteniamo: con (1) 189, con (2) 189, con (3) 211, con (4) 189. Essendo 189 il risultato corretto (cfr. testo del quesito), sicuramente (3) è scorretta. A conferma che le altre formule sono corrette si può fare la verifica con altri dati. Comunque:
(1)  formalizza il procedimento: trasformo in minuti entrambi i tempi e poi faccio la differenza.
(2)  formalizza il procedimento: calcolo la differenza tra le ore, la trasformo in minuti, poi aggiungo la differenza tra i minuti.
(4)  è ottenuta da (2) togliendo la seconda coppia di parentesi; cioè si è applicata la proprietà: a+(b-c)=a+b-c; a livello adulto osserviamo che questa proprietà è una conseguenza immediata della associatività di "+": a+(b–c)=a+(b+–c)=(a+b)+–c, usualmente abbreviato in a+b+–c, cioè a+b+–c.
    Non è affatto il caso di dare questa spiegazione agli alunni; può essere un obiettivo di per sé importante che essi comprendano che questa proprietà può essere espressa nella forma a+(b-c)= a+b-c e convincersi della sua validità riflettendo sul fatto che di fatto la usano in molte situazioni e verificando su più esempi che essa vale.
    Eventualmente si può ricorrere a una spiegazione basata sui disegni sottostanti, cioè interpretando i numeri come spostamenti e addizioni/sottrazioni come composizione di spostamenti: è evidente come cambiando l'ordine in una "catena" di spostamenti si mantenga il risultato; è evidente pure che a una sottocatena di spostamenti posso sostituire lo spostamento risultante senza modificare il punto di arrivo. Naturalmente una presentazione formalizzata di questo ragionamento non sarebbe più semplice della spiegazione precedente.

(3) è errata poiché, invece di sottrarre tutta la quantità descritta nella seconda coppia di parentesi, ne sottrae una parte e ne aggiunge un'altra (volendo riferirsi nuovamente all'interpretazione vettoriale, con –(a+b) e con –a–b arrivo nello stesso punto, con –a+b arrivo in un punto diverso: vedi disegno a sottostante).

    Il ricorso a riflessioni su esperienze di calcolo mentale, a verifiche su semplici casi, a modelli interpretativi di tipo geometrico, … dovrebbe facilitare l'interiorizzazione delle trasformazioni a cui può essere sottoposto un termine numerico da parte degli alunni che incontrano difficoltà di fronte a ragionamenti più formalizzati: è un obiettivo del biennio (inteso come completamento della formazione di base) costruire atteggiamenti e abilità di interpretazione del calcolo letterale efficaci e durature anche per chi, in studi successivi (e nella vita), non avrà modo o esigenza di consolidare le proprietà più formali (che verranno presentate e discusse in uu.dd. successive).
    Si noti che il riferimento al calcolatore nel testo del quesito non è solo un vezzo per mettere un po’ di "realtà", ma vuole presentare implicitamente una delle motivazioni del passaggio dalle svariate strategie mentali alla formalizzazione di un unico procedimento di calcolo, indipendente dai dati (trovare una formula che dia il risultato giusto, sia efficiente per il calcolatore - che non ha le difficoltà di calcolo dell'uomo, che per semplificare i calcoli spesso rende più elaborato il procedimento - e, possibilmente, rimanga comprensibile per altre persone che debbano leggere il programma). Volendo si può osservare che la formula migliore per il calcolatore è (4): è quella che comporta meno operazioni e meno calcoli intermedi, e è la più comoda da impiegare anche con una calcolatrice (basta un calcolo a catena, anche con calcolatrici senza priorità delle operazioni).

Scheda 3

    Questa scheda conclusiva vorrebbe essere, in qualche modo, una traccia per una discussione (non approfondita, ma neanche superficiale) sul ruolo della scuola, della cultura (discipline, tecniche, "saperi", …) e, in particolare, della matematica e del suo insegnamento.
    Punti di riferimenti per essa possono essere, oltre agli esempi illustrati nella scheda (che potrebbero essere richiamati direttamente dall'insegnante, usando la scheda solo per l'osservazione delle figure), quanto visto nelle schede precedenti e le informazioni e le opinioni degli alunni sulla loro precedente esperienza scolastica che possono emergere affrontando il quesito proposto all'inizio di §2.
    I quesiti presenti nella scheda sono da intendere come domande rivolte alla classe che non necessitano di una risposta scritta (del resto le risposte non sarebbero facilmente sintetizzabili; per questo non sono stati numerati ed evidenziati come i quesiti presenti nelle altre schede).
    Sta all'insegnante gestire come ritiene opportuno la discussione.
    Comunque riportiamo alcune ulteriori osservazioni e alcuni approfondimenti che possono essere utili agli insegnanti. La riflessione sul ruolo e la natura della matematica verrà man mano approfondita durante l'anno.

3.1.1 In figura 1 ovviamente le frecce vanno inserite in verso antiorario.
    Osserviamo "a livello adulto" che il diagramma è un grafo orientato (cioè una struttura costituita da due insiemi N [nodi] e A [archi] e da due funzioni C,T:AN [C(a): coda o nodo di partenza di a, T(a): testa o nodo di arrivo di a]) finito (N e A sono finiti) semplice (due archi distinti non possono avere stessa coda e stessa testa, cioè la funzione <C,T> è iniettiva) fortemente connesso (per ogni coppia di nodi n1 e n2 esiste una sequenza finita di archi a(1), …, a(n) tale che C(a(1))=n1, C(a(i+1))=T(a(i)), T(a(n))=n2). I grafi orientati vengono detti comunemente grafi di flusso quando i nodi rappresentano gli elementi di un sistema e gli archi la presenza di trasferimenti da un nodo all'altro (località e vie per trasferirsi da una località all'altra, soggetti e flussi di informazioni o di ordini o di beni o … da uno all'altro, …). Si tratta di tipici modelli "qualitativi". Si possono comunque ottenere modelli "quantitativi" aggiungendo dei "pesi" alle frecce. Ne vedremo esempi di impiego in uu.dd. successive.

3.1.2 La figura 2 fa riferimento a un modello "concreto", e esemplifica un tipo di problema assai tipico sia in ambito tecnologico (per fare un altro esempio in cui non basta la "scala geometrica" si pensi a come viene studiata l'acustica che avrà un auditorium o un teatro in costruzione mediante modelli in scala: non basta riprodurre proporzionalmente le dimensioni, ma occorre anche generare
    suoni e musica con una velocità minore rispetto a quella naturale) sia in ambito biologico (se aumentassi le dimensioni di una formica, questa non sarebbe più in grado di reggersi: la sezione delle zampe cresce quadraticamente mentre la massa cresce cubicamente, e infatti gli elefanti hanno zampe assai più grosse in proporzione al resto del corpo). Venendo al quesito proposto, la risposta a livello adulto è che la resistenza del manico cresce come la sua sezione (che viene moltiplicata per 9) mentre lo sforzo che deve sopportare cresce proporzionalmente al momento che agisce sul punto in cui viene sospeso il mestolo (il peso cresce come la massa, che viene moltiplicato per 27, il braccio viene moltiplicato per 3, quindi il momento viene moltiplicato per 81). Con gli alunni ci si può limitare ad osservare che la sezione del manico è aumentata di 9 volte mentre la quantità di liquido da sostenere è cresciuta di 27 volte (vedi disegno sottostante).

3.1.3 A proposito della formazione dei plurali dei nomi di origine straniera osserviamo che qualche giornalista televisivo un po’ snob a volte parla di sports, films,… , ma a volte aggiunge la "s" anche quando non ci vuole nemmeno nella lingua d'origine (ad esempio a volte si sente parlare di soviets mentre il plurale di soviet in russo è soviety). La convenzione di non modificare il nome quando si è fuori dal contesto della lingua d'origine è dovuta a un aspetto di fondo: una volta che la parola è diventata parte del lessico dei "parlanti italiano" non ha più alcun senso applicare ad essa procedure grammaticali della lingua d'origine (gran parte delle parole italiane del resto hanno origine straniera, anche se non recente). Un risvolto più pratico è il seguente: il "parlante italiano" sarebbe tenuto a conoscere le regole per formare il plurale di tutte le lingue straniere, comprese le eccezioni; per limitarsi all'inglese, dovrebbe sapere che: stop stops, bar bars, campus campuses, box boxes, autobus autobuses, quiz quizzes, mouse mice (anche nel caso del mouse del calcolatore in inglese al plurale si usa mice), … . Quindi occorre dire/scrivere «2 bit», «i vostri file», «accendete i computer», ….
    Qualche eccezione alla regola "-o -a" per la formazione del femminile: diavolo diavolessa, dio dea, medico medichessa o medico, gallo gallina, fratello sorella, toro vacca, fuco ape, corvo corvo femmina, …

3.1.4 Proverbi e morali: 1 - 6 - 8, 2 - 4 - 7, 3 - 5

3.1.5 La questione che vediamo ciò che creiamo con la nostra mente (figura 3 e esempio precedente) è ampiamente discussa nel capitolo "Realtà e illusioni" del libro "Viaggi nella scienza" di Piero Angela (ed. Garzanti). Questo problema è stato citato nella scheda perché ci pare significativo per la comprensione della relatività del concetto di realtà.

A proposito della domanda, notiamo che AB e EF dovrebbero apparire più piccoli, rispettivamente, di CD e GH. L'eguaglianza dei segmenti è verificabile misurandoli in "diagonali" di quadretto.

3.2.1 Volendo, prima di affrontare la questione delle "discipline" (§2), si può sintetizzare la discussione precedente usando una rappresentazione schematica della modellizzazione simile alla seguente:

    Ad es. nel caso della regola per dare forma femminile ai nomi maschili che finiscono in -o lo schema può assumere l'aspetto che segue, dove la doppia freccia tra i riquadri in alto indica che al nostro problema ("come trasformare i nomi …") viene associata la regola "-o -a". Come abbiamo già osservato non si tratta di una corrispondenza rigorosa; infatti vi sono molte eccezioni a tale regola.

    Le altre frecce descrivono il modo in cui si è pervenuti a questa associazione:
  la freccia a sinistra indica che il modo in cui si forma il femminile dipende dalle "caratteristiche dei nomi";
  la doppia freccia in basso indica che queste nel modello vengono identificate con le "lettere finali";
  infine, la freccia a destra indica che se si assumono come elementi caratteristici le lettere finali la trasformazione assume l'aspetto "-o -a".
    Consideriamo ora gli indici grafici degli orari ferroviari:

    La doppia freccia in alto indica che le stazioni in cui si devono fare i cambi e l'itinerario che si deve seguire (nella realtà) vengono associate (nel modello) a dei circoletti e a una linea spezzata (cioè composta da una sequenza di lati uno consecutivo all'altro) che passa per questi questi circoletti, da quello che rappresenta la stazione iniziale a quello che rappresenta la stazione finale. La natura approssimata di questo modello deriva dal modo in cui si sono rappresentate graficamente le stazioni e la strada ferrata (doppia freccia in basso).

    Lo schema seguente si riferisce alla rappresentazione matematica dell'estensione di un campo di forma rettangolare. Per inciso osserviamo che gli Egizi utilizzavano malamente questo modello in quanto (doppia freccia in basso) lo applicavano non solo al caso dei rettangoli ma anche a quello dei campi a forma di parallelogramma.

3.2.2 La discussione dell'esercizio di associazione argomenti-discipline potrebbe essere un'occasione per affrontare anche una riflessione sull'esperienza scolastica precedente degli alunni (in particolare per quanto riguarda la cattedra di Matematica e Scienze: intreccio fra matematica, scienze biologiche e fisica, sia nei contenuti - esempi, richiami, … - che nell'organizzazione del lavoro in classe - suddivisione rigida delle lezioni o attività integrate, lezioni cattedratiche+libro+interrogazioni o anche lavoro su schede, modi diversi di insegnare/far verifiche per scienze e per matematica, … ), riflessione che potrebbe essere ripresa affrontando l'ultimo paragrafo.
    Osserviamo che vari argomenti possono essere riferiti a più discipline: gli zuccheri possono essere riferiti a biologia (alimentazione, …) e chimica, le trasformazioni di energia alle stesse di cui sopra e alla fisica, gli elettroni alla chimica e alla fisica, … . Ciò può dar modo di osservare che lo stesso argomento può essere studiato da diversi punti di vista: una disciplina modellizza i fenomeni considerandone solo alcuni specifici aspetti.
    Da questo esercizio emerge, implicitamente, anche la differenza tra la matematica e le altre scienze, che verrà poi discussa esplicitamente più avanti (natura più astratta, più generale dei modelli matematici rispetto ai modelli delle altre discipline, impiego dei modelli matematici per la elaborazione dei modelli delle altre discipline - densità di popolazione, lunghezza dell'ombra, ottava, … e impiego della probabilità per studiare l'ereditarietà).

3.2.3 La versione attuale della scheda è una sintesi di una prima versione che era risultata troppo estesa. Può comunque essere utile riportare per gli insegnanti la stesura iniziale della parte relativa al concetto di "disciplina":
    ___________________
    …
    Nel tentativo di razionalizzare queste aree di fenomeni (cioè di dare descrizioni e spiegazioni che siano chiare, ragionevoli, convincenti, …) le discipline utilizzano dei linguaggi specializzati:
  usano termini specifici, alcuni nuovi ("aggettivo" in linguistica, "baricentro" in fisica), altri tratti dal linguaggio comune ma intesi con un significato nuovo o più ristretto (in linguistica "articolo", "congiunzione", "modo", …, in fisica "forza", "lavoro", "momento", … hanno significati diversi da quelli usati nella vita di tutti i giorni),
  non utilizzano solo parole, ma ricorrono spesso a simboli particolari (in fisica si usano particolari lettere - anche greche - o gruppi di lettere per indicare grandezze, unità di misura, …, frecce per rappresentare dove e come agiscono forze e altre grandezze fisiche, …, in chimica si usano simboli per indicare le varie sostanze elementari e i loro composti - O è l'ossigeno, H2O è l'acqua -, …),
  usano spesso termini specifici e simboli tratti da altre discipline: nell'affrontare un argomento una disciplina utilizza spesso concetti tipici di altre discipline (per studiare il funzionamento di un organismo il biologo usa spesso concetti di fisica e di chimica, per descrivere e spiegare l'origine dei suoni di base con cui vengono formate le parole il linguista ricorre a termini di biologia - deve riferirsi alla posizione dei vari organi del cavo orale -, …).
    Una disciplina non è solo una collezione di modelli. Ad esempio la fisica non è: un modello per descrivere come cade un oggetto lasciato cadere da una certa altezza + un modello per descrivere la forza di attrazione tra un pianeta e un suo satellite + un modello per descrivere la forza di attrazione tra il nucleo e gli elettroni di un atomo +…. E la storia non è: un modello che individua le cause principali della I guerra mondiale + un modello che individua le cause principali della II guerra mondiale + un modello che individua le cause principali dell'avvento della dittatura fascista + … .
    Nelle discipline vengono anche studiate le caratteristiche generali che accomunano modelli diversi, vengono individuati collegamenti tra un modello e l'altro, … . Per fare qualche esempio tratto dalla fisica:
  viene introdotto il concetto di "grandezza vettoriale" per indicare le grandezze fisiche descrivibili mediante frecce (vettori); studiando in generale come si compongono le grandezze vettoriali si evita di ripetere lo studio ogni volta che si incontrano particolari grandezze di questo genere,
  vengono studiate le analogie tra le oscillazioni di un oggetto appeso a una molla, quelle di un pendolo, …
  vengono stabiliti dei rapporti di dipendenza tra il modello «aumentando la temperatura di un liquido aumenta la velocità con cui esso evapora» e il modello «aumentando la temperatura di una sostanza aumenta la velocità con cui si agitano le particelle che la compongono»,
  il modello che descrive la caduta di un corpo e quello che descrive il movimento di un satellite di un pianeta vengono visti anche come casi particolari di un modello più generale riferito alle forze con cui i corpi materiali si attraggono reciprocamente.
    Discipline come la storia, la linguistica, l'economia, … si occupano di fenomeni episodici o mutevoli nel tempo e non misurabili o difficili da "misurare" rigorosamente. Nel caso delle discipline scientifiche la validità dei modelli deve essere sempre confermata da verifiche sperimentali accurate e da ragionamenti svolti in modo rigoroso, che non devono lasciare ombra di dubbio.
    Ciò, tuttavia, non vuol dire che i modelli ottenuti siano rappresentazioni fedeli dei fenomeni osservati. Un modello può concordare con gli esperimenti condotti, ma non è detto che in un secondo tempo, disponendo di strumenti di misura più raffinati, si possano trovare delle discrepanze. Il modello può tuttavia essere considerato valido se impiegato in ambiti in cui tali discrepanze siano trascurabili. Si pensi, ad esempio, alla "verticalità del filo a piombo": in quasi tutte le situazioni pratiche si possono trascurare le piccolissime deviazioni dovute alla rotazione a cui è sottoposta la Terra.
    La matematica per vari aspetti si differenzia dalla descrizione delle discipline che abbiamo dato. Vediamo perché.
    …

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