I NUMERI REALI
                                                           (1) scrivi "27."
** Il numero 27.(04) = 27.040404... è generabile con: ->   (2) scrivi "24"
Generalizzando si ottiene la def. di numero PERIODICO.     (3) vai a (2)
I numeri reali sono definibili nel modo seguente: 

  se vuoi   --->   scrivi una seq.  --->  scrivi  ----->   scrivi   ----->
 scrivi "-"        finita di cifre         "."    |       una cifra      |
                                                  |                      |
dove le seq. fin. di cifre siano                   <-- stai scrivendo <--
state definite con:                                    un NUMERO REALE            

  scrivi una cifra ---> vuoi continuare? -- no --> hai scritto una SEQUENZA
           |                   | si`               FINITA DI CIFRE
            <------------------

Questo approccio pone alcuni problemi (che sono legati a questioni che, al
di là dell'approccio scelto per introdurre i numeri reali, devono comunque
essere affrontate):
(a) come definire l'eguaglianza tra numeri reali (cioè quando due espres-
sioni illimitate devono essere considerate uguali "come numeri") ?
(b) la limitatezza (avere periodo 0) di un numero dipende dalla base di
rappresentazione?
(c) la periodicità è una proprietà dei numeri o dipende dalla base?
(d) come definire le operazioni tra numeri reali?

  Vediamo come affrontare le questioni (a)-(d):

(a) Tra 3.7999... e 3.8000..., pensati come posizioni sulla retta o come mi-
sure, non ci sono altri numeri; tale espressioni decimali indicano la stessa
posizione o la stessa misura; quindi sono da intendere uguali come numeri;
del resto noi sappiamo che, ad es., 0.999... e` il limite della successione
0.9, 0.99, 0.999, 0.9999, ..., ovvero di n -> 1-10^-n, ovvero della somma
9/10 + ... + 9/10^n, che vale 1. Piu` in generale, due espressioni decimali
illimitate sono uguali come numeri se, tolti gli eventuali zero iniziali,
esse coincidono o l'una ha periodo 9, l'altra ha periodo 0 e le cifre che
precedono il periodo costituiscono due numeri naturali il primo inferiore di
un'unita` rispetto al secondo: 3.7999... = 3.8000... in quanto 37+1=38.
  Questi aspetti sono discussi nella voce I numeri degli Oggetti Matematici.

(b) La limitatezza dipende dalla base: 1/3 (uno diviso tre) in base dieci non
ha periodo 0 (diventa 0.333...) mentre in base 3 diventa: 0.1000...
Invece 1/2, che in base dieci ha periodo 0 (vale 0.5000…) in base 3 diventa
0.111… come posso verificare eseguendo la divisione moltiplicando via via i
resti per 3 (che equivale a 10 in base 3) invece che per dieci.
  Infatti gli usuali algoritmi delle operazioni valgono qualunque sia la base
di rappresentazione (il ruolo che ha 9 in base dieci viene assunto da 2 in
base 3, da 1 in base 2, da 4 in base 5, ...
  La definizione di numero e di eguaglianza di numeri data sopra vale anche
usando altri sistemi di cifre: in base 3 considereremo uguali due espressioni
aventi una periodo 2 e l'altra periodo 0 e tali che ...

(c) La discussione precedente chiarisce che la periodicita` non dipende dalla
base (considerando periodici i numeri con periodo 0).
  Questi aspetti sono discussi nelle voci Basi di rappresentazione e
Strutture numeriche.

(d) In questa impostazione le operazioni possono essere definite come "limi-
ti": se x(n) e y(n) sono le approssimazioni di x e y (per troncamento o per
arrotondamento) al posto -n, x+y, x*y, ... sono i limiti di x(n)+y(n),
x(n)*y(n), ... (definendo le operazioni tra decimali limitati mediante gli
usuali algoritmi). Il concetto di limite puo` essere introdotto come: miglio-
rando opportunamente la precisione dei fattori posso conoscere con la preci-
sione che voglio x+y, x*y,  . Il programma R - vedi a lato - (o calcoli
analoghi fatti con una calcolatrice) possono motivare (a livello di biennio)
queste considerazioni; ecco ad es. il calcolo di Rad2(10)/Rad2(2):

x1 <- 3.1; x2 <- 3.2; y1 <- 1.4; y2 <- 1.5
dv<- c(x1/y1,x1/y2,x2/y1,x2/y2); m<- min(dv); M<- max(dv); c(m,M,M-m)
#  2.066667 2.285714    0.2190476
x1 <- 3.16; x2 <- 3.17; y1 <- 1.41; y2 <- 1.42
dv<- c(x1/y1,x1/y2,x2/y1,x2/y2); m<- min(dv); M<- max(dv); c(m,M,M-m)
#  2.225352 2.248227    0.02287484
x1 <- 3.162; x2 <- 3.163; y1 <- 1.414; y2 <- 1.415
dv<- c(x1/y1,x1/y2,x2/y1,x2/y2); m<- min(dv); M<- max(dv); c(m,M,M-m)
#  2.234629 2.236917    0.002287574

(noi sappiamo che Rad2(5)=2.2360679774997896964091736687312762354406183596…)

  Si potrebbe usare anche WolframAlpha mettendo ad es.:
a=3.162;b=3.163;x=1.414;y=1.415;min(a/x,a/y,b/x,b/y);max(a/x,a/y,b/x,b/y)
  Otterrei
       
[ ma anche, introducendo  sqrt(10)/sqrt(2):
 √5 = 2.2360679774997896964091736687312762354406183596115257242708972454105
 20925637804899414414408378782274969508176150773783504253267724447073863586
 36012153345270886677817319187916581127664532263985658053576135041753378500
 3423392414064442086432539097252592627228876299517402440681611775908909... ]

  Si vede che al dividersi per 10 della indeterminazione dei fattori tende a
dividersi per 10 anche la indeterminazione del risultato.  Nel triennio
queste considerazioni intutive possono essere meglio formalizzate.

Quali sono altri modi per introdurre i numeri reali?

Come sono introdotti all'universita` i numeri reali?

  Nei corsi di analisi matematica in genere i numeri reali vengono introdotti
assiomaticamente (anche se, a volte, non si pretende di averli definiti, ma,
"onestamente", si dice che se ne sono sintetizzate le proprieta`, precisando
che essi esistono e si possono costruire, ma che per semplicita`, invece di
dimostrarne le proprieta`, le si sono assunte come assiomi). Poi viene intro-
dotto l'insieme dei numeri naturali N, ad esempio come l'intersezione di
tutti i sottoinsiemi A di R (insieme dei numeri reali) t.c. 0 e` in A e se
x e` in A anche x+1 e` in A.  L'insieme degli interi Z viene introdotto come
{x in R / x e` in N o -x e` in N}, l'insieme dei razionali Q e` introdotto
come {x in R / esistono y in Z e z in N-{0} t.c. x=y/z}.

  La struttura (R,+,0,*,1,R+) (+ e * operazioni binarie, 0 e 1 elementi,
R+ sottoinsieme, o relazione unaria) può essere descritta così (dove p.o. sta
per "per ogni"):
- e` un campo:  (R,+,0) e (R-{0},*,1) sono gruppi commutativi,
                (R,*,1) e` un monoide con identita`
                p.o. x,y,z in R x*(y+z)=(x*y)+(x*z)
- ordinato:     p.o. x,y in R+ (x+y e` in R+ e x*y e` in R+)
                se x<>0 (x e` in R+ o -x e` in R+)
                0 non sta in R+
                           (si pone x<y come abbreviazione di y-x sta in R+)
- e e` t.c. (completezza):
            se A e` un sottoins. di R non vuoto e limitato superiormente
            allora esiste S in R t.c. S=sup(A), dove: 
            - A è limitato superiormente sta per:
               esiste M t.c. (-INF,M] contiene A) 
            - S=sup(A) (usando "—>" come "implica") sta per: 
            (-INF,S] contiene A  e  ( (-INF,x] contiene A  —>  S <= x )
                                                                      S x
             (S è il minimo dei maggioranti di A)          ------A----]-]----

[la completezza equivale al fatto di essere "archimedeo" (dati x ed y in R+
 è possibile addizionare un numero finito di volte x per ottenere un numero
 maggiore di y) e tale che ogni successione di Cauchy di elementi di R
 converga (vedi)]

  Problemi (specie se non si fa la "onesta" precisazione):

(A)  Chi mi garantisce che R sia unico? Qui (e nel caso della presentazione
assiomatica dello spazio euclideo) vogliamo definire/individuare
assiomaticamente un "oggetto" matematico; e` una situazione diversa dalla
definizione assiomatica dei "concetti" di gruppo, campo, ...

(B)  Chi mi garantisce che R esista? (l'esistenza di un modello degli
assiomi, per altro, mi garantirebbe che gli assiomi non presentano
contraddizioni)

  Ad (A) si puo` rispondere dimostrando che due strutture che soddisfino gli
"assiomi di R" sono isomorfe (anche se, a essere rigorosi, anche questa
"unicita` a meno di isomorfismi" e` relativa: dipende da come e` stata scelta
la teoria degli insiemi in cui si opera). E a (B)?
Breve panorama storico:

(1)
  L'analisi si appoggiava alla geometria: i numeri reali erano intesi come
grandezze geometriche, il significato delle operazioni era fondato su
considerazioni geometriche. Somma e differenza erano ricondotte alla somma e
alla differenza di segmenti. La divisione era introdotta come rapporto tra
segmenti.  Moltiplicazione:
                  se a e b sono le misure di due segmenti S1 e S2 rispetto
       s          all'unita` di misura OU, a*b e` la misura del segmento QT
       /          costruito nel modo seguente:
   a*b/\T         preso P su r tale che UP sia uguale a S1, presa comunque s
     /  \         passante per O e diversa da r, preso Q su s tale che OQ sia
    /\Q  \        uguale a S2, tracciata la parallela a UQ passante per P, T
  b/  \   \       e` il punto in cui questa interseca s.
__/_1__\_a_\___r    La giustificazione di questa scelta si appoggiava sul
 O     U   P      teo. delle proiez. parallele:  QT / OQ = UP / OU

(2)
  Fino agli inizi del XIX secolo ci si accontentava di questa impostazione.
Questa potrebbe sembrare anche la soluzione al nostro problema (B):
la geometria euclidea ci consente di costruire un modello per gli assiomi
di R.
  Ma chi ci garantisce che esiste un modello per gli assiomi della
geometria euclidea?
  Questo problema non turbava i matematici di allora: gli assiomi della
geometria venivano intesi come una descrizione dello spazio fisico: la
matematica aveva nella fisica i suoi fondamenti (analogamente non ci si
preoccupava di definire matematicamente che cos'e` una funzione: veniva
intesa come la descrizione di una "legge" che lega una grandezza fisica a
un'altra grandezza). Solo tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo,
messa nitidamente a fuoco la necessita` di dimostrare la non contrad-
dittorieta` degli assiomi della geometria euclidea, si raggiunge questo
obiettivo dimostrando che R^3 (punti: terne di numeri reali, piani: equa-
zioni lineari, distanza come funzione R^3xR^3 -> R, ...) ne e` un modello.
Ma a questo punto ci troviamo di fronte nuovamente al nostro problema (B).
  Il problema della definizione di R, invero, lo avevano gia` affrontato
(intorno al 1870) Dedekind e, separatamente, Cantor. Non lo inquadravano
nell'ambito delle questioni a cui abbiamo accennato sopra (esistono modelli
degli assiomi di R e degli assiomi della geometria euclidea?), che sono
state formulate successivamente, ma avevano l'obiettivo di dare una
costruzione di R autonoma dalla geometria, a partire dai numeri naturali.
Questo obiettivo viene usualmente descritto come "aritmetizzazione
dell'analisi" ed era, in qualche modo, una prosecuzione del lavoro di
precisazione dei concetti dell'analisi infinitesimale (che superasse il
ricorso all'idea intuitiva di infinitesimo) avviato da Cauchy e da Bolzano
(sviluppi di questo lavoro saranno la messa a punto del concetto di funzione
e la trattazione dei numeri transfiniti, che Cantor affrontera` dando origine
alla teoria degli insiemi).

(3)
  Vediamo, dunque, la costruzione di R a partire da N, assunto come noto
(e inteso come struttura (N,+,0,*,1)), seguendo (con un linguaggio piu`
"moderno" ) piu` o meno l'itinerario di Dedekind. Vedremo, successivamente,
in (4), l'approccio di Cantor, più semplice e intuitivo, e basato su
un approccio "costruttivo" (che non ricorre ad alcuni aspetti della teoria
degli insiemi fondazionalmente meno "sicuri": chi vuole approfondire veda
gli "appunti" richiamati alla fine del documento); ad esso è molto simile
l'approccio da noi seguito.

  Z viene introdotto come NxN; l'idea e` quella di introdurre i numeri
relativi come differenze tra numeri naturali: le coppie (7,5), (3,1), ...
hanno differenza "positiva" pari a 2, le coppie (0,4), (2,6), ... hanno
differenza "negativa" pari a -4.
Così come consideriamo uguali come numeri naturali le diverse espressioni
3, 03, 003,... , così ci poniamo il problema di quando due coppie (x,y) e
(z,w)  (x,y,z,w in N)  siano da considerate uguali come numeri relativi.
Per ricondursi a (N,+,0) possiamo porre:
               (x,y) =Z (z,w)   sta per:  x+w = y+z
(idea: sottrazione come operazione opposta dell'addizione:  x-y=z-w sse
x+w=z+y)
  =Z e` una buona definizione di uguaglianza? Si puo` verificare facilmente
che e` riflessiva, simmetrica e transitiva.

  Possiamo definire l'opposto di un numero relativo (m,n) così:
-(m,n) sta per: (n,m).
E` una "buona definizione"? cioe` è indipendente dalla coppia con cui
descriviamo il numero? ossia se  (p,q) =Z (m,n)  ho che  -(p,q) =Z -(m,n)?
Anche questa verifica e` facile.

  Per l'addizione l'idea e` semplice:   (m,n) +Z (p,q)   sta per: (m+p,n+q).
E` una buona definizione?
Se (#):  (x,y) =Z (m,n)  e  (z,w) =Z (p,q)   devo avere:
(x,y) +Z (z,w) =Z (m,n) +Z (p,q),
cioe`:  (x+z,y+w) =Z (m+p,n+q), cioe`:   (n+q)+(x+z) = (m+p)+(y+w), che,
per le proprieta` di (N,+,0,*,1),  equivale a:  (x+n)+(z+q) = (y+m)+(w+p),
e cio` segue da (#).

Idea per la moltiplicazione: (m,n) sta per quello che vogliamo comportarsi
come m-n; (m-n)*(p-q)=m*p+n*q-(m*q+n*p); quindi poniamo (m,n)*(p,q) =
= (mp+nq,mq+np). Bonta`: Se (r,s) =Z (m,n), (r,s)*(p,q)=(m,n)*(p,q) ?
 (1)  (r,s)*(p,q) = (rp+sq,rq+sp), (m,n)*(p,q) = (mp+nq,mq+np); quindi:  
 (2)  (r,s)*(p,q)=(m,n)*(p,q)  sse rp+sq+mq+np = rq+sp+mp+nq
 (3)  poiche' (r,s) =Z (m,n), r+n=s+m, quindi:
 (4)  rp+sq+mq+np = (r+n)p+(s+m)q = (s+m)p+(r+n)q = rq+sp+mp+nq
 (5)  da (2) e (4) posso concludere che: (r,s)*(p,q)=(m,n)*(p,q)
In maniera analoga si ha che: Se (r,s) =Z (p,q), (m,n)*(p,q)=(m,n)*(r,s)


  Q viene introdotto come ZxZ; (x,y) =Q (z,w)  sta per (scrivendo  =  invece
di  =Z e * invece di *Z) x*w=y*z  (si noti l'analogia formale con la defini-
zione di =Z; ora l'idea e` quella di divisione come operazione opposta della
moltiplicazione).  Poi si definiscono addizione, ...

NOTA. Ai nostri giorni gli "algebristi" soppiantano la parola "uguaglianza"
con la parola "relazione di equivalenza" e, ad esempio, considerano come nu-
meri interi la classi di equivalenza indotte da =Z, riconducendo così l'e-
guaglianza tra numeri interi all'uguaglianza tra insiemi. La sostanza non
cambia.

  R viene introdotto come insieme delle SEZIONI "](" di Q, cioe` come insieme
delle coppie (A,B), con A e B sottoinsiemi di Q, tali che:  (A unito B) = Q,
(A intersecato B) = Vuoto, p.o. x in A e y in B x<y, B non ha primo elemento;
o, equivalentemente, considerando solo la parte destra delle sezioni, come
INTERVALLI "(" di Q: intervalli finali senza primo elemento, pensabili come
intersezioni con Q di intervalli di R del tipo (a,INF).

[ Dato un insieme ordinato (E,<), un "intervallo" di E e` un sottoinsieme I
di E tale che: (x,y in I, x<z<y) —> (z in I);  un intervallo "finale" e` un
sottoinsieme I tale che: (x in I, x<y) —> (y in I);  un sottoinsieme I e`
"senza primo elemento" se: (x in I) —> (esiste y in I t.c. y<x) ]

  Ad es. Rad2(2) verrebbe rappresentato con la sezione (A,B) con
A = {x in Q /x*x<=2}, B={x in Q / x*x>2} (A: numeri razionali che approssima-
no Rad2(2) per difetto, B: numeri razionali che lo approssimano per eccesso);
ovvero, piu` semplicemente, con l'intervallo {x in Q / x*x>2}. Scegliamo la
seconda strada.

  Se x e` I e y e` J l'eguaglianza  x =R y  viene ricondotta all'eguaglianza
tra I e J.
  Come  x +R y  si prende K = {a+b / a in I, b in J}.
  Come -x ("-": negazione in R) si prende  K = {-p / p non e` in I, esiste q
non in I t.c. p<q }
[ La clausola "esiste q non in I t.c. p<q" serve per togliere l'eventuale
primo elemento, in modo da avere un intervallo "(". Idea: se x e` 1.333...,
cioe` I = {p in Q / 4/3 < p}, K deve essere {p / -4/3 < p}, intervallo che
ha come estremo inferiore -4/3 senza contenerlo, che coincide con
{p / -p < 4/3} = {-p / p < 4/3} = {-p / (non 4/3 < p) e non p = 4/3} =
{-p / p non e` in I e non p = 4/3} ]
  Come  x *R y  se I e J non contengono 0 (cioe` se x e y sono "non negati-
vi") si prende K = {a*b / a in I, b in K}, se 0 e` in I e non in B si prende
-( (-x) *R y ), ...

Poi occorre trovare anche il "trucco" per definire <R, e occorre
verificare che queste sono "buone definizioni".
Verifichiamolo per +R, ossia verifichiamo che K e` un intervallo "(".

K e` "(" se e` senza 1^ elemento e e` finale.
(i) K e` senza 1^ elemento:  x in K  ->  esiste z<x
  Se x e` in K, esistono a in I e b in J t.c. x=a+b;
  Poiche' I e J sono "(", sono senza 1^ el., cioe` esistono z1 e z2 con
z1<a e z2<b; per le proprieta` di Q si ha che z1+z2<a+b. Ho quindi trovato
z t.c. z<x
(ii) K e` finale:   x in K AND x<y  ->  y in K (cioe` vi sono a1,b1 t.c. ...)
  Sia x=a+b (come sopra); da x<y ho a<y-b da cui, per la densita` di Q, esi-
ste a1 t.c. a<a1<y-b. Poiche' I e` finale a1 sta in I. Posto b1=y-a1, ho
b1>b, e quindi (essendo J finale) b1 sta in J. Quindi y (=a1+b1) sta in K.

(4)
  Cantor definì, invece, i numeri reali come successioni di numeri
razionali soddisfacenti la condizione di Cauchy(*), definì due successioni x
e y uguali "come numeri" se x(n)-y(n) -> 0 per n -> INF, definì x+y come
(x+y)(n) = x(n)+y(n), ... . La condizione di Cauchy e` infatti equivalente
(in R) all'esistenza del limite e, quindi, permette di individuare l'insieme
di tutte le successioni convergenti senza menzionare i numeri a cui esse
convergono, che, appunto, costituiscono l'insieme dei numeri reali.
  Potremmo anche dire che, come il passaggio da N a Z permette di rendere
sempre definita la sottrazione , il passaggio a Q permette di rendere sempre
definita la divisione per numeri diversi da 0, così il passaggio a R consen-
te di determinare il limite di ogni successione di Cauchy.
  Sostanzialmente, l'approccio discusso all'inizio si rifa alla impostazione di
Cantor: l'unica differenza è che al posto di tutte le "successioni di Cauchy"
si sono prese solo le successioni x(.) tali che p.o. n naturale x(n) sia
l'approssimazione per troncamento alla cifra di posto -n di x(n+1); ad es.
Rad2(2) è rappresentato dalla successione x(0)=1, x(1)=1.4, x(2)=1.41,
x(3)=1.414, ...; 3 è rappresentato sia da x(0)=2, x(1)=2.9, x(2)=2.99, ...
che da x(0)=3, x(1)=3.0, x(2)=3.00, ... 
(*) Ricordiamo che x(.) soddisfa la cond. di Cauchy se per ogni ε esiste K tale che
per ogni M e N maggiori di K x(M) dista da x(N) meno di ε, ossia (vedi figura sotto)
gli elementi della successione di posto maggiore di K stanno tutti entro una striscia
ampia ε.
 

(5)
  Ritornando al problema B posto all'inizio, tutto sembrerebbe ricondotto
ai numeri naturali: definire assiomaticamente i numeri naturali e
dimostrare che questo sistema di assiomi ha un modello o dimostrare in altro
modo che non è contraddittorio (usando metodi dimostrativi più elementari
delle argomentazioni aritmetiche, altrimenti entreremmo in un circolo
vizioso).  Questo era, grosso modo, l'obiettivo che aveva definito Hilbert
nei primi anni del XX sec., ma Gödel, con un famoso teorema (1931), ha
messo praticamente la parola "fine" a questi tentativi.
  Non abbiamo, dunque, prove "assolute" della coerenza degli assiomi di R
e degli assiomi della geometria euclidea, ma abbiamo solo la prova che se
uno dei due sistemi di assiomi e` coerente allora e` coerente anche l'altro
(dimostrazione "relativa" di coerenza).
  Ci si puo` accontentare di prendere per buono il concetto intuitivo di
successione e cercare di "costruire" la matematica sulla base di questo,
attraverso procedimenti "algoritmici", o si possono assumere come
presupposto la consistenza della teoria dei numeri naturali (basando questa
assunzione sull'esperienza secolare degli uomini nel campo dei calcoli e
delle dimostrazioni relative ai numeri naturali) e la possibilita` di
lavorare con enti infiniti.
  Osserviamo, che, ormai, il dibattito sui "fondamenti della matematica" non
e` piu` volto alla ricerca di definizioni "assolute", alla ricerca di presup-
posti metafisici o "prematematici", ma e` una riflessione piu` strettamente
legata all'analisi del modo in cui lavorano i matematici, del ruolo di lin-
guaggi formali e metodi dimostrativi, dei problemi legati ai passaggi tra
teorie matematiche diverse (la traduzione della geometria nell'algebra, un
problema dei numeri reali affrontato nell'ambito dei numeri complessi, un
problema di aritmetica elementare affrontato topologicamente, la dimostra-
zione della consistenza di una teoria svolta in un'altra teoria, ...). 
  La natura degli "oggetti matematici" non si puo` definire cercando l'idea
platonica giusta o la realta` concreta fondante, ma, piu` laicamente, il
significato degli oggetti della matematica si chiarisce attraverso la loro
rappresentazione in linguaggi e teorie diverse, attraverso la possibilita` di
dare interpretazioni diverse dello stesso formalismo, attraverso
l'individuazione di analogie e differenze di fondo, attraverso processi di
successiva delimitazione/estensione e raffinamento dei concetti (intuitivi o
piu` o meno formalizzati) che possono anche biforcarsi, ... .  Questa e` la
matematica dei "matematici", sia la matematica "pura" che la matematica
"applicata".
  A queste problematiche dovrebbe, indirettamente, riferirsi anche l'insegna-
mento della matematica (nelle scelte di come impostare l'introduzione dei
concetti, la loro formalizzaione, le dimostrazioni,...).
[ Per approfondimenti su alcuni di questi aspetti si può vedere la sezione 4
di una raccolta di appunti su fondamenti della matematica e concetto di
algoritmo ]