Risoluzione di equazioni (2)

    Approfondiamo le considerazioni svolte in risoluzione di equazioni (1).

 
#1  Aspetti generali

#2  il metodo grafico per risolvere le equazioni ha vantaggi e svantaggi:
  dal grafico di V  (la funzione che a x associa il volume [in cm3] della scatola realizzabile tagliando da una lamiera quadrata di lato 20 [cm] quattro quadratini di lato x e operando successive piegature e saldature: vedi figura sotto a sinistra)  riesco a capire che le soluzioni in [0,10] di  (20–2x)2x = 300  (come devo effettuare i tagli per ottenere un volume di 300 cm3?)  sono 2 e riesco a valutarle, anche senza conoscere tecniche algebriche;

   
Come devo prendere x  (0 ≤ x ≤ 10: per x = 0 non effettuo tagli, per x = 10 taglio via tutto)  per ottenere V=300? Dal grafico ricavo che x può essere circa 1 o circa 6.5. Con degli zoom posso migliorare la precisone e trovare gli arrotondamenti 0.9 e 6.6, che potrebbero essere sufficienti se le misure sono in cm.

NOTA. Graficamente potrei risolvere anche il problema: "come devo effettuare il taglio per ottenere il volume massimo?". Con successivi zoom posso trovare valori man mano più precisi: 3 cm, 3.3 cm, 3.33 cm (questa precisione, al decimo di millimetro, è sicuramente sufficiente per qualunque problema pratico).

  per trovare con più precisione e più velocemente i valori delle soluzioni posso utilizzare anche un metodo numerico; dal grafico precedente posso ottenere che le 2 soluzioni cercate sono circa 1 e circa 7; cambiando scala potrei trovare qualche cifra in più; con un metodo numerico posso invece ottenere rapidamente gli arrotondamenti 0.907103304932525 e 6.63888824584012 (posso trovare anche la x del terzo punto di intersezione che appare nella figura: 12.4540084492274);
  con questi metodi non posso, però, determinare il valore esatto delle soluzioni; e non posso essere sicuro di averle trovate tutte  (nel caso della figura precedente, se mi interessasse risolovere in astratto l'equazione (20–2x)2x = 300 senza limitazioni su x, non potrei escludere che ci sia una quarta soluzione, cioè un'ulteriore intersezione con la retta y=300, fuori dall'intervallo delle x considerato nel grafico),  se non ricorro a considerazioni teoriche  (in questo caso, al fatto che una eq. polinomiale di 3° grado ha al più 3 soluzioni);  non posso neanche essere certo che i punti in cui le curve si scavalcano siano effettivamente dei punti comuni a entrambe, se non so che si tratta di curve continue (nel nostro caso ciò accade perché x → 300 e x → (20–2x)2x sono funzioni continue);

Esercizio 1:  testo e soluzione    Esercizio 2:  testo e soluzione

#3  è opportuno cercare di capire, prima di mettersi a fare manipolazioni, se è possibile risolvere l'equazione direttamente, e, nel caso si debba procedere con manipolazioni, scegliere le trasformazioni più convenienti (non esiste un'unica ricetta per risolvere un'equazione!):
  2
 t +1 = 0
si conclude subito che non ci sono soluzioni: qualunque sia t, 0≤t2 e, quindi, t2+1>0;
  a+1
  ——— = 1
   a
si conclude subito che non ci sono soluzioni: il rapporto tra numeri differenti non è mai 1;
x(x+1) = 0 
senza sviluppare x(x+1) in x2+x si osserva: affinché il prodotto tra x e x+1 sia 0 occorre (e basta) o che x sia 0 o che x+1 sia 0 (cioè x sia –1), per cui le soluzioni sono 0 e –1.

#4  in alcuni casi il problema che viene modellizzato mediante l'equazione considerata impone delle restrizioni alla variazione della incognita; occorre tenerne conto risolvendo l'equazione:
  ad esempio se in (20–2x)2x = 300 la variabile x rappresenta la lunghezza in cm di un oggetto lungo al più 10 cm (come accadeva nel caso considerato sopra), devo limitarmi a cercare le soluzioni in [0,10]; in altre parole il problema è modellizzato da:  (20–2x)2x = 300 AND 0 ≤ x ≤ 10.

#5  l'esame preventivo del dominio dell'equazione  (se A=B, ovvero A−B=0, è un'equazione, il suo dominio è il dominio di A−B, ovvero l'intersezione dei domini delle funzioni A e B)  può far risparmiare inutili manipolazioni;
  ad esempio di fronte a √(–x) = √(x–1) posso osservare che il primo membro è definito per x≤0, il secondo per 1≤x, e quindi, poiché l'equazione non è definita per alcun x (x≤0 AND 1≤x è sempre falsa), non ha senso cercare di risolverla.

#6  una equazione vera – cioè che, comunque si sostituiscano numeri alle variabili (senza rendere indefiniti i termini che compaiono in essa), risulta vera – viene detta anche identità; una equazione falsa – cioè che, comunque si sostituiscano numeri …, risulta falsa – in qualche libro è chiamata equazione impossibile (nel senso che è impossibile trovare soluzioni perché non ne esistono, non perché non si è capaci di trovarle);
   2
 2x
 ———— = 2x
  x
  è un'identità poiché è vera per tutti gli x per cui è definita (cioè per ogni x diverso da 0); tuttavia i due membri dell'equazione non sono algebricamente equivalenti in quanto hanno domini diversi;
√(–x) = √x
è un'identità poiché è vera per tutti gli x per cui è definita (cioè per x=0);
  2
 t +1 = 0
è falsa poiché t2+1≠0 per ogni t;

#7  la quantità delle soluzioni di un'equazione può variare da caso a caso:
  le equazioni false hanno 0 soluzioni;
  le equazioni vere possono avere un numero di soluzioni infinito (come nel primo esempio del punto precedente) o finito (come nel secondo esempio);
  l'equazione |2x+1|–|x–1|–x = k, risolta rispetto a x, può avere 0, 1, 2 o infinite soluzioni a seconda del valore di k:

il grafico di x → |2x+1|–|x–1|–x, riprodotto a lato, interseca la retta orizzontale y=k:

  
    0 volte se k < –1
  1 volta se k = –1 (la soluzione è –1/2)
  2 volte se –1 < k < 2 (se k = 0 le soluzioni sono –1 e 0)
  infinite volte se k = 2 (l'insieme delle soluzioni è [1,){–2})
  1 volta se k>2

#8  dopo la risoluzione di un'equazione attraverso manipolazioni, è utile verificare se le soluzioni trovate sono effettivamente soluzioni, cioè se, sostituite alla variabile assunta come incognita, rendono vera l'equazione: nel corso delle manipolazioni potrebbero essersi verificati degli errori; ad es. se dopo la seguente risoluzione di equazione:

     2        2          2    2        2    2
12 + ——— = 3x + ——— —> 12 + ———  ——— = 3x + ———  ——— —> 12=3x —> x=4
    x-4      x-4 |      x-4  x-4      x-4  x-4 |        |
                 |                             |
                      2                        |  applico /3 e
           applico - ———           semplifico ——
                     x-4                          inverto l'eq.

verifico quanto ottenuto sostituendo 4 a x nell'equazione originale, ottengo:

     2         2         2      2
12 + ——— = 3·4 + ——— —> 12 +  = 12 + —
    4-4       4-4        0      0

che non è definita.

 
#9  Variabili, incognite e parametri

    Trovare le soluzioni di un'equazione contenente più variabili ha significati diversi a seconda di quali di esse vengono assunte come incognite:
  di fronte a x2 + y2 = 1 se scelgo y come incognita, risolvere l'equazione vuol dire trovare non valori numerici ma termini che sostituiti a y rendono l'equazione vera, cioè un'identità; in questo caso le soluzioni sono √(1–x2) e –√(1–x2); in altre parole trasformo l'equazione di partenza in una o più equazioni che esprimano y in funzione di x [si vedano anche le osservazioni in figure (1)]:
x2 + y2 = 1  →  y = √(1–x2) OR y = –√(1–x2)
  di fronte alla stessa equazione x2 + y2 = 1, se considero sia x che y come incognite, le soluzioni sono coppie di numeri (x,y) che, pensate come punti del piano, costituiscono il cerchio di centro (0,0) e raggio 1; a lato sono evidenziati alcuni punti-soluzione; 
  si chiamano terne pitagoriche le terne di numeri interi positivi (x, y, z) che sono soluzioni dell'equazione x2 + y2 = z2; anche in questo caso tutte le variabili sono considerate incognite; sono ad es. soluzioni le terne (3, 4, 5), (4, 3, 5), (5, 12, 13), (6, 8,10).
 

      se in x2+ y2= r2 considero x e y come incognite, pensando di fissare il valore di r, ricado in una situazione analoga a quella vista nel penultimo esempio: le soluzioni sono i punti (x,y) del cerchio di centro (0,0) e raggio |r|; la risoluzione di x2 + y2 = r2 non dà luogo a una particolare figura, ma a una famiglia di cerchi di centro (0,0) e raggio variabile, cioè a una figura che varia in funzione di una variabile.

    Le variabili non assunte come incognite, come x nel primo esempio e r nell'ultimo, sono chiamate parametri. Le equazioni del secondo e del terzo esempio sono senza parametri.
    L'equazione |2x+1|–|x–1|–x = k, risolta rispetto a x, considerata precedentemente, ha k come parametro.
    Analogamente, quando si usa una equazione, come y = k x, per esprimere il legame tra la variabile di input x e la variabile di output y, cioè per descrivere la funzione x → k x, la variabile k viene chiamata parametro della funzione. Nel caso della funzione x → k x + h i parametri sono due, k e h. In pratica sono le variabili pensate come costanti il cui valore caratterizza l'andamento del grafico della funzione.
    Anche nel caso di funzioni non numeriche si parla di parametri: se P → BAP è la funzione che al punto P associa l'angolo che ha le semirette AB e AP come primo e secondo lato, P è la "variabile" di input mentre A e B sono parametri (rappresentano dei punti che supponiamo fissati): al variare di P viene generato un angolo di primo lato AB e ampiezza variabile.
    Vedremo, successivamente, altri usi del termine "parametro".

#10  La quantità delle soluzioni può dipendere dai valori assunti dai parametri, come si è visto per l'equazione ora richiamata. Con il metodo grafico non posso risolvere una equazione con parametri, ma solo le particolari equazioni ottenibili da essa dando valori numerici ai parametri. Tuttavia, tracciare (quando è possibile) i grafici corrispondenti all'equazione per diversi valori dei parametri, può essere utile per studiare il numero delle soluzioni.
    Ad es. di fronte a x3–2x–q=0, cioè a x3=2x+q, osservando come al variare di q cambiano le intersezioni tra il grafico di x &rarrM x3 e quello di x → 2x+q, grafici che è facile schizzare anche a mano (vedi la figura sotto a sinistra), capisco che: 
–  c'è un valore c di poco superiore a 1 tale che per q=c e q=–c ci sono esattamente 2 soluzioni (la retta "tocca" y=x3 in un punto e la attraversa in un altro);
–  per q>c c'è una sola soluzione; lo stesso accade per q<–c;
–  per –c<q<c ci sono 3 soluzioni. 
    Per trovare il valore esatto di c occorre ricorre a metodi algebrici.

    Analogamente (vedi figura sopra a destra), di fronte a kx+1–1/x=0, cioè kx+1=1/x, osservando come cambiano le intersezioni tra il grafico di x → 1/x e quello di x → kx+1 al variare della pendenza k, capisco che: 
–  per k=0 e per un altro valore c (<0) di k c'è una sola soluzione,
–  per k che cade in (–,c), in (c, 0) e in (0,) ci sono 0 o 2 soluzioni.

#11  Nel caso delle equazioni contenenti parametri la verifica delle soluzioni è particolarmente importante: in presenza di parametri è spesso più difficile studiare il dominio dell'equazione.
    Consideriamo ad esempio l'equazione a lato, prendendo x come incognita.

  k     x
 ——— = ———
 x+k   x+k
  A denominatore in entrambi i membri abbiamo x+k. Quindi l'equazione è definita per x≠–k.
  Moltiplico entrambi i membri per x+k e semplifico, ottenendo: k = x. La soluzione sarebbe quindi x=k.
  Facciamo la verifica sostituendo k a x

   k     x        k     k
  ——— = ———  —>  ——— = ———
  x+k   x+k      k+k   k+k
  L'equazione ottenuta è vera se k≠0.
  Concludendo se k≠0 l'equazione ha come soluzione x=k. Se k=0 l'equazione non ha soluzioni (in questo caso la soluzione x=k non verifica l'equazione). 

    Se fossimo stati attenti avremmo potuto concludere che per k=0 non vi sono soluzioni anche senza la verifica: all'inizio abbiamo detto che per x=–k l'equazione non è definita; per k=0 si ha k=–k e quindi in tal caso la soluzione x=k non è accettabile.

 
#12  Manipolazioni

    Per manipolare un'equazione si possono operare diversi tipi di trasformazioni:

#13  scambiare i due membri dell'equazione: a=bb=a
  Di fronte a 12=x+1 è poco sensato fare 12=x+1 → –x=–12+1 → –x=–11 → x=11;
conviene fare: 12=x+1 → 12–1=x → 11=x → x=11

#14  trasformare termini [] che compaiono nell'equazione, tenendo presente che può cambiare il dominio dell'equazione e che, quindi, si possono trovare delle soluzioni in più o in meno rispetto all'equazione originale.
  nell'esempio già considerato discutendo della verifica delle soluzioni, 4 è soluzione di 12=3x ma non è nel dominio dell'equazione iniziale, che è stato allargato operando la "semplificazione"  2/(x-4) – 2/(x-4) → 0
    Per procedere correttamente avrei dovuto aggiungere, dopo la semplificazione, la condizione x≠4, cioè considerare, invece della sola equazione, la condizione:  equazione AND x≠4.
  anche nell'esempio considerato discutendo della verifica nel caso delle equazioni parametriche, k è soluzione di k=x ma non è nel dominio dell'equazione iniziale, che, dopo l'applicazione di "·(x+k)" ai due membri, è stato allargato operando la "semplificazione"  (x+k)/(x+k) → 1.
  nel fare √(x2) = 2 → x=2 si perde la soluzione x=–2; infatti, invece di √() → |x|, si è operata la trasformazione √(x2) → x, cioè (x2)1/4 → x2·1/4 → x1/2, che ha ristretto il dominio dell'equazione.

#15  applicare una stessa funzione a entrambi i membri dell'equazione, tenendo presente che, se la funzione non è iniettiva, si possono ottenere come soluzioni dei numeri che soluzioni non sono:

 

  nella risoluzione (rispetto ad A) di:


 A-2   1
 ——— = —
  5    4
 
applico x → x·5 ottenendo:
       5
 A-2 = —
       4
e, poi, x → x+2 ottenendo:
     5
 A = — +2 = 4.25
     4
le funzioni x → x·5 e x → x+2 sono entrambe iniettive per cui 4.25 è sicuramente una soluzione

•  se invece faccio (applicando l'elevamento al quadrato):
 (2x+5) = x+1  →  2x+5 = (x+1)2 → 2x+5 = x2+2x+1  →  x2 = 4  →  x = ±2
ho le soluzioni 2 e –2, ma –2 non è soluzione dell'equazione di partenza;  infatti facendo la verifica (sostituisco –2 a x) l'equazione diventa: √1 = –1  che è falsa;
l'applicazione dell'elevamento al quadrato ha portato a 2x+5 = (x+1)2che è vera per x=–2: 1=(–1)2.

#16  applicare una stessa funzione a entrambi i membri dell'equazione e a un termine aggiuntivo t contenente variabili (la variabile incognita o parametri), termine che si vuole introdurre per poi effettuare delle semplificazioni; in genere si tratta di applicazioni di "+t", "–t", "·t" e "/t"; abbiamo proceduto in questo modo molte volte, ad es.:
applicando "/U" (a C=N·U, con N incognita e C, U parametri),
applicando "–2/(x–4)" (in questa voce, per risolvere un'equazione rispetto a x),
applicando "·(x+k)" (in questa voce, per risolvere rispetto a x un'equazione con parametro k);

  vediamo un nuovo esempio in dettaglio: 

 
             x(x+2)  x
x(x+2)=x  —>  —————— =  —>  x+2=1  —>  x=-1
               x     x
nel primo passaggio si è applicato "/x", cioè la divisione per il termine x (vedi figura a lato); si è ottenuta una nuova equazione che ha un dominio più piccolo (non è definita per x=0); la soluzione x=–1 è l'unica soluzione di questa equazione, ma l'equazione di partenza era verificata anche per x=0.
    Nel caso del primo esempio sopra richiamato si ottiene N=C/U che non è definita per U=0: si perde il fatto che se i parametri U e C sono nummi l'equazione C=N·U è vera qualunque valore si assegni a N. Come nell'esempio precedente, si è ristretto il dominio dell'equazione e ciò ha come conseguenza la potenziale perdita di qualche soluzione.
   Negli altri esempi ( e ) non vi erano invece state restrizioni del dominio (anzi, le successive semplificazioni avevano dato luogo a un suo ampiamento, con l'introduzione di soluzioni non accettabili).

#17  Con le applicazioni per il calcolo simbolico (ad es. con Derive o con Maple o col gratuito WolframAlpha) si possono risolvere le equazioni sia automaticamente (ma solo in alcuni casi, quando esiste un procedimento simbolico per farlo), sia procedendo passo per passo, applicando funzioni e trasformando termini. Occorre tuttavia controllare i risultati che si ottengono: a volte vengono eseguite delle semplificazioni "illecite" o che cambiano il dominio, dando luogo alla perdita o alla aggiunta di soluzioni, proprio come negli esempi di "errori" che abbiamo discusso in questa voce.  Metodi numerici e simbolici per risolvere le equazioni sono presenti nel software R.
    Notiamo che, spesso, data una funzione di una variabile F, viene chiamata zero di F ogni soluzione dell'equazione F(x) = 0; si usa, equivalentemente, anche l'espressione radice di F.

#18  Per le equazioni polinomiali rimandiamo alla voce funzioni polinomiali.

#18  Così come si parla di termini equivalenti così si parla di equazioni equivalenti;  infatti le equazioni (e più in generale le condizioni) possono essere considerate dei termini se assegnamo ad esse dei valori di verità.  Come per i termini, l'equivalenza di due equazioni dipende dall'ambiente in cui ci si pone.  Ad esempio  2·x = 4  e  4·x² = 16  nell'ambito dei numeri positivi (reali o interi, non importa) sono equivalenti in quanto assumono il valore di verità "vero" entrambe solo quando x = 2, ma se ci estendiamo a tutti i numeri interi o reali, non lo sono più in quanto la seconda, e solo essa, è vera anche quando x = −2.  Poi, come nel caso dei termini, occorrerebbe distinguere l'equivalenza algebrica da quelle dal punto di vista computazionale.

Esercizi:    

 altri collegamenti     [nuova pagina]     Considerazioni Didattiche